Utente:Michele859/Sandbox33
La 70ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino si è svolta a Berlino dal 20 febbraio al 1º marzo 2020, con il Theater am Potsdamer Platz come sede principale.[1] Alla guida dal festival sono stati al loro primo anno Carlo Chatrian (direttore artistico) e Mariette Rissenbeek (direttore esecutivo).
L'Orso d'oro è stato assegnato al film Il male non esiste del regista iraniano Mohammad Rasoulof.
L'Orso d'oro alla carriera è stato assegnato all'attrice Helen Mirren, alla quale è stata dedicata la sezione "Homage",[2] mentre la Berlinale Kamera è stata assegnata alla regista e sceneggiatrice Ulrike Ottinger.[3]
A séguito della scoperta del passato di Alfred Bauer, storico del cinema e direttore della Berlinale dal 1951 al 1976, come funzionario di primo piano del Ministero della Propaganda guidato da Joseph Goebbels durante il regime nazista, in questa edizione l'assegnazione del Premio Alfred Bauer è stata sospesa dopo oltre trent'anni.[4][5]
In questa edizione è stata inaugurata la sezione "Encounters", introdotta con l'obiettivo di supportare nuove prospettive nel cinema, dare più spazio a diverse forme narrative e documentarie e promuovere le opere di registi indipendenti e innovativi. Un'apposita giuria ha assegnato alle opere di questa sezione i premi per il miglior film, il miglior regista e un premio speciale.[6]
Il festival è stato aperto dal film Un anno con Salinger di Philippe Falardeau, proiettato nella sezione "Berlinale Special Gala".[7]
La retrospettiva di questa edizione è stata dedicata al cineasta statunitense King Vidor.[8]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Numero di visitatori: | 479.365 |
Numero di addetti ai lavori: | 18.518 da 132 Paesi |
Numero di giornalisti presenti: | 3.447 da 82 Paesi |
Numero di film proiettati: | 341 |
Numero di proiezioni: | 1.103 |
Il 2020 è stato un anno di transizione che ha portato molte novità, ma che ha anche fortemente attinto alle tradizioni del festival. I due nuovi direttori, Mariette Rissenbeek e Carlo Chatrian, hanno implementato senza problemi il cambiamento ai vertici e introdotto innovazioni nel loro primo anno senza compromettere l'identità del festival. «Penso che il desiderio di una rivoluzione o di una riforma radicale», ha spiegato Chatrian in un'intervista alla radio Deutschlandfunk Kultur «fosse soprattutto il desiderio della stampa tedesca. Quando siamo stati nominati come nuovi direttori del festival, abbiamo subito e fermamente chiarito che la Berlinale è un festival ben posizionato e non richiede cambiamenti drastici». E come il loro predecessore Dieter Kosslick (entrato in carica nel 2001 alla vigilia dell'11 settembre), nel loro primo anno si sono trovati di fronte ad un mondo che non sarebbe mai più stato lo stesso. La recente diffusione del COVID-19 avrebbe modellato gli eventi globali come nessun altro fenomeno.[1]
Dal momento della loro nomina nel 2018, Rissenbeek e Chatrian avevano una chiara missione: la doppia leadership aveva lo scopo di creare chiare aree di responsabilità con le operazioni aziendali principalmente di competenza dell'amministratore delegato Mariette Rissenbeek e il programma di dominio del direttore artistico Carlo Chatrian. La richiesta di lunga data di una divisione delle competenze era stata soddisfatta.[1]
Ma prima, i nuovi direttori hanno dovuto dimostrare di essere abili nella gestione delle crisi, un compito che hanno affrontato con disinvoltura. La sala Cinestar nel Sony Center di Potsdamer Platz era stato vittima dell'aumento degli affitti a Berlino ed era stata costretta a cessare l'attività all'inizio dell'anno, facendo perdere al festival una delle sue sedi centrali. E i problemi logistici non erano finiti qui. La Potsdamer Platz Arkaden, un punto di riferimento centrale per la ristorazione per gli ospiti del festival, si stava apprestando ad una completa ristrutturazione e la sua chiusura diffuse un'atmosfera spettrale. Inoltre, la Haus der Kulturen der Welt, sede della sezione Generation, risultava inutilizzabile per lavori di ristrutturazione. Un compito organizzativo erculeo quindi, risolto ampliando la fruizione del cinema CUBIX in Alexanderplatz e riattivando il cinema Urania. Anche la vecchia sede dell'Akademie der Künste nel quartiere Hansa è stata di nuovo utilizzata. Il festival è diventato più decentrato, le distanze tra le sedi maggiori, anche se sono state trovate le migliori soluzioni possibili. Nonostante queste sfide, la direzione non ha mai perso l'entusiasmo, come ha affermato Mariette Rissenbeek sulla rivista Variety il 17 febbraio 2020: «Ho sempre immaginato che il compito di gestire la Berlinale fosse molto complesso e di ampio respiro, una grande responsabilità, e alla fine è stato proprio così... Allo stesso tempo è incredibilmente eccitante e stimolante immergersi in così tanti nuovi argomenti e conoscere persone con una grande esperienza che ti fanno sentire a tuo agio».[1]
L'invito di Jeremy Irons a presiedere la giuria internazionale si è rivelato il successivo pomo della discordia. In passato l'attore britannico aveva suscitato aspre critiche per le controverse dichiarazioni fatte sul matrimonio tra persone dello stesso sesso e sull'aborto. Anche se si era già scusato in precedenza, le accuse hanno alzato di nuovo la testa. Irons ha reagito leggendo un comunicato all'inizio della conferenza stampa della Giuria internazionale in cui ha sostenuto inequivocabilmente il diritto alla determinazione sul proprio corpo, concludendo: «Spero che questo abbia messo a tacere i miei commenti passati. Vi ringrazio per essere venuti stamattina e ora andiamo avanti con dieci giorni di domande e celebrazioni».[1]
Il festival ha reso pubblico il modo in cui stava affrontando questi risultati e le relative responsabilità in un comunicato stampa del 30 settembre 2020 e una dichiarazione dettagliata nell'estate del 2021.[1]
Il desiderio di Irons è rimasto insoddisfatto: la serata di inaugurazione è stata oscurata da un incidente avvenuto lontano dagli eventi che circondavano il festival. Tutto era pronto: piuttosto che il solito film d'apertura del concorso, la Berlinale si è aperta con Un anno con Salinger di Philippe Falardeau, proiettato nella sezione Berlinale Special. Le protagoniste Margaret Qualley e Sigourney Weaver sono scese sul tappeto rosso gremito, i cacciatori di autografi e selfie erano presenti. Ma, il giorno prima, un uomo tedesco aveva ucciso dieci persone ad Hanau per motivi razzisti. Un incidente che ha alimentato discussioni su una tendenza estremista di destra sempre più violenta in Germania. E così, con un minuto di silenzio per le vittime, è iniziata la cerimonia di apertura. E già un'altra ombra incombeva: si avvicinava sempre di più la minaccia del COVID-19 che, nelle settimane successive, avrebbe portato a un arresto quasi totale della vita economica e sociale in tutto il mondo. Alcuni addetti ai lavori provenienti dalla Cina, dove aveva avuto origine il virus, hanno annullato la loro partecipazione ma il pericolo era ancora troppo indefinito, il che fortunatamente significava che il festival poteva andare avanti come previsto.[1]
E così la 70ª Berlinale ha fatto il suo corso nel 2020 per il momento e la gente ha iniziato a concentrarsi su ciò che era effettivamente il festival: i film in programma. Carlo Chatrian era partito con una chiara visione curatoriale: per lui era solo la qualità artistica dei singoli film a contare, ponendo l'accento sulle loro caratteristiche formali più che sui contenuti, il loro soggetto. Di conseguenza, l'identificazione di un tema centrale per il programma era di secondaria importanza, anche se il Direttore artistico si è avvicinato a un'atmosfera generale: «È abbastanza difficile ridurre la diversità di un programma come questo a un denominatore comune e identificare un tema specifico. Ma è un dato di fatto che i film sono sismografi della realtà. E la nostra realtà al momento non è proprio illuminante».[1]
L'attenzione centrale non dovrebbe essere sugli organizzatori del festival e sulle loro realizzazioni, ma sulle opere e sui loro creatori. Chatrian lo ha sottolineato in tono modesto su Sight & Sound il 2 marzo 2020: «Non sono particolarmente interessato a imporre la mia visione. Sono più interessato ad espandere la mia visione e la mia selezione dei film. Da questo punto di vista, i film sono essenziali e ancor di più lo sono le mie conversazioni con i programmatori. Questi scambi aprono nuove prospettive e mi permettono di plasmare meglio il multiforme festival che mi è stato chiesto di organizzare»”. Il Direttore artistico come primus inter pares quindi, una parte di una squadra governata dalla curiosità e dall'intenzione di imparare da ogni film.[1]
La massima attenzione è stata naturalmente riservata alla prima edizione del concorso organizzata da Chatrian e dal suo nuovo comitato di selezione. Anche qui il festival ha optato per la continuità invitando molti registi degli anni precedenti, tra cui Christian Petzold, Hong Sang-soo, Sally Potter, Benoît Delépine e Gustave Kervern.[1]
Le valutazioni del concorso 2020 variavano da pura euforia, come quella di Erik Kohn del sito IndieWire(«Dopo anni di contraccolpi il Festival Internazionale del Cinema di Berlino ha una nuova leadership, e un caso di studio unico nel recupero curatoriale») a note più caute come quelle rilevate da Christiane Peitz su Der Tagesspiegel alla luce della risposta della stampa internazionale. E sotto la nuova guida sono rimasti problemi strutturali, come la data degli Oscar che, anticipata nel 2020, ha costretto la direzione a spostare il festival che si è concluso a marzo. Inoltre, c'era una diffusa preoccupazione tra i giornalisti per quanto riguarda la produzione cinematografica globale nel suo insieme: "«Nell'era dello streaming e di un'industria cinematografica in decadenza», hanno dichiarato il 1º marzo 2020 i critici Andreas Borcholte e Hannah Pilarczyk su Der Spiegel, «i film di cui i festival come la Berlinale si nutriranno si ridurrà piuttosto che crescere... il volume di film interessanti di una qualità a cui sono abituati da decenni sembra semplicemente non esistere più».[1]
La sera della cerimonia di premiazione, tutti erano uniti sulla decisione sull'Orso d'Oro. Il film iraniano Sheytān vojud nadārad di Mohammad Rasoulof aveva ricevuto una standing ovation alla sua première la sera precedente e il giorno successivo era già chiaro quale film avrebbe vinto il premio principale della Berlinale. Dopo Una separazione nel 2011 e Taxi Teheran nel 2015, il film di Rasoulof ha segnato la terza volta in un decennio in cui Berlino ha premiato un film iraniano con l'Orso d'oro. La consegna del premio ricordava anche la serata in cui vinse Taxi Teheran: come a Jafar Panahi, a Rasoulof era stato vietato dal regime iraniano di lasciare il suo Paese e così sua figlia Baran, interprete del film, ha ritirato il premio a suo nome insieme ai produttori, anche se lo stesso regista è apparso più tardi quando, durante la conferenza stampa dei vincitori del premio, sua figlia lo ha subito chiamato in video chat. La Berlinale ha protestato con grande preoccupazione quando, una settimana dopo il festival, è stato emesso un ordine di arresto contro Rasoulof. Il regista era stato condannato da tempo ma, fino ad allora, era stato risparmiato dal carcere.[1]
Pubblico e critica allo stesso modo sono stati convinti anche dalle decisioni per gli altri premi. L'acclamato Mai raramente a volte sempre di Eliza Hittman ha vinto il Premio speciale della giuria mentre Hong Sang-soo è stato premiato come miglior regista per Domangchin yeoja. Il premio come migliore attrice è andato a Paula Beer per il suo ruolo in Undine - Un amore per sempre di Christian Petzold, mentre Elio Germano ha vinto il premio come miglior attore per la sua interpretazione di Antonio Ligabue in Volevo nascondermi di Giorgio Diritti. Un secondo Orso d'argento è andato all'Italia per un film in cui recitava anche Elio Germano, con i fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo che hanno vinto il premio per la migliore sceneggiatura per Favolacce.[1]
L'unica decisione controversa è stata il premio per il miglior contributo artistico, anche se non si è trattato della qualità del lavoro del direttore della fotografia tedesco Jürgen Jürges, ma delle condizioni sul set del film DAU. Natasha per il quale ha vinto il premio. «Nel 2011, un giornalista della rivista GQ si reca nella città ucraina di Charkiv», ha scritto Viktoria Morasch su Die Tageszeitung il 22 febbraio 2020, «e lì visita un set cinematografico, o qualcosa che era diventato un set cinematografico: un mondo parallelo in cui le persone vivevano e lavoravano da anni». Il mastodontico progetto triennale dei registi Il'ja Chržanovskij e Jekaterina Oertel è stato in parte finanziato con i soldi del Medienboard Berlin-Brandenburg ma anche con il sostegno di un oligarca russo.[1]
La consegna dell'Orso d'oro alla carriera all'attrice britannica Helen Mirren non è stata invece affatto controversa. Nel loro discorso elogiativo, Chatrian e Rissenbeek l'hanno riconosciuta non solo come una delle più grandi attrici della sua generazione, ma anche come una pioniera del cambiamento nel mondo del cinema: «Sa come trasformare ruoli femminili decorativi in personaggi femminili complessi. Combina straordinarie capacità di recitazione con l'understatement britannico. Rompe le barriere sia nel suo lavoro che nella sua vita personale. Ha discusso dell'abuso di potere nel mondo del cinema venticinque anni prima di #MeToo». È stato quindi giusto che il discorso di accettazione dell'attrice davanti al pubblico del Berlinale Palast si sia rivelato in gran parte politico: «Quando ho iniziato a lavorare nel cinema, su un centinaio di persone sul set c'erano, ad essere fortunati, tre donne al massimo. Questo sta cambiando, ma non ancora abbastanza. Quando ho iniziato a lavorare nel cinema, tutte le facce sul set erano bianche. Questo sta cambiando, ma non ancora abbastanza. Quando ho iniziato a lavorare nel cinema, il linguaggio e il comportamento razzisti o sessisti erano normali, era una realtà accettata della vita. Questo sta cambiando, ma non ancora abbastanza. L'unico motivo per cui voglio continuare in questo brillante settore è assistere di più a quel cambiamento che trovo così liberatorio ed eccitante».[1]
Nel complesso, la critica ha riconosciuto in molte cose la mano di Chatrian. Marius Nobach del sito Filmdienst, ad esempio, il 1º marzo 2020 ha parlato di «un concorso con film che richiedevano una grande disponibilità a confrontarsi con forme narrative idiosincratiche, nonché concentrazione e pazienza. Inoltre, la sorprendente quantità di materiale duro, presentato senza compromessi... Al loro primo anno, il concorso ha comunque offerto un concentrato di film memorabili e non facili nemmeno per il pubblico».[1]
Questo vale anche per il vincitore del Berlinale Documentary Award che, per la prima volta è stato presentato in collaborazione con l'emittente pubblica RBB e che è andato a Irradiated di Rithy Panh, proiettato in concorso. Un tour de force cinematografico che trasforma lo schermo del cinema in un trittico e rende tangibili le distorsioni e i genocidi del XX secolo con tutta la forza che le immagini possono raccogliere.[1]
L'assegnazione dei premi ha dimostrato chiaramente che il pensiero politico è rimasto una caratteristica della Berlinale anche sotto la nuova guida. Ciò che era cambiato era la tonalità di questo pensiero e un approccio più sfumato. Ciò è diventato evidente in una serie di testi che Chatrian ha scritto sui film delle precedenti edizioni intitolati ...raccontando gli anni, in cui si è impegnato con la tradizione del festival. Piuttosto che elaborare una politica generale del cinema, i testi hanno analizzato la politica individuale dei film, mostrando come, nei loro modi unici, le immagini cambiano il rapporto dello spettatore con il visibile, e quindi con il mondo sociale. Una tale forma di politica non è scontata, è in uno stato di mutamento. «Penso che i modi in cui i film sono politici oggi siano molto diversi da quelli degli anni settanta e ottanta», ha spiegato Chatrian sulla Berliner Zeitung, «il ruolo della politica è cambiato, così come i confini tra vita privata e politica. Per me i film più politici ... sono quelli che vogliono cambiare le opinioni dello spettatore. E più sottile è il loro effetto, meglio è».[1]
La nuova sezione "Encounters" avviata da Rissenbeek e Chatrian è stata ben accolta, anche se alcuni commentatori erano preoccupati che la nuova serie non fosse abbastanza facile da distinguere dal Forum. I pilastri del Forum, come Heinz Emigholz, quest'anno hanno presentato i loro nuovi lavori in "Encounters". Ma oltre alle voci critiche, ci sono stati anche molti che attendevano con impazienza le nuove demarcazioni e trasgressioni dei confini, come Bert Rebhandl del Frankfurter Allgemeine Zeitung: «Forse l'interazione tra "Encounters" e il Forum rappresenta effettivamente una sfida produttiva da cui l'intero festival può trarre vantaggio. I primi giorni puntano sicuramente in questa direzione». Le risposte positive e persino euforiche hanno dominato: la sezione è stata definita «un viaggio selvaggio di scoperta» da Andreas Borcholte e Hannah Pilarczyk di Der Spiegel e «un grande vantaggio» da Tim Caspar Boehme del quotidiano Die Tageszeitung. Film come Gunda di Viktor Kossakovsky e The Trouble with Being Born di Sandra Wollner sono stati celebrati con entusiasmo. Chatrian potrebbe anche sentirsi giustificato nella sua selezione dal fatto che, oltre ai premi della sezione, il Premio GWFF come miglior opera prima è andato anche a un film di questa sezione: Los conductos di Camilo Restrepo. Su tutta la linea, i film sono stati facilmente in grado di soddisfare l'obiettivo della sezione di proiettare opere idiosincratiche ed esteticamente coraggiose che potrebbero essere considerate l'avanguardia del cinema.[1]
Chatrian ha anche curato una serie speciale in occasione della 70ª edizione del festival, invitando sette registi che avevano già mostrato un film alla Berlinale a invitare a loro volta un altro ospite a partecipare a una conversazione all'Akademie der Künste. Un film di uno dei realizzatori è stato proiettato prima del discorso, uno dopo l'altro. "On Transmission" ha presentato Ang Lee, Olivier Assayas, Claire Denis e molti altri. Inoltre, l'edizione dell'anniversario è stata annunciata da uno speciale conto alla rovescia in vista del festival. In collaborazione con varie istituzioni partner, è stato possibile assistere a una mostra, un concerto e altri eventi in tutta Berlino. La nuova gestione del festival ha voluto stabilire una stretta collaborazione con la città.[1]
Non è stata solo la direzione del festival ad essere nuova, c'è stato molto movimento anche all'interno delle sezioni. E anche qui la continuità è stata favorita rispetto a una dura rottura. Nella sezione Panorama, Michael Stütz ha assunto la guida esclusiva quando il suo collega, Páz Lazaro, è entrato a far parte del comitato di selezione di Chatrian. Il programma della sezione non è stato meno potente e combattivo rispetto agli anni precedenti: «In tempi come questi non possiamo dormire sugli allori», ha affermato Stütz su Der Tagesspiegel. Tradizionalmente, e ora più che mai, l'obiettivo principale è stato il cinema LGBTQI, la cui affascinante diversità Stütz era abile nel mettere in mostra. La riduzione del numero di film richiesta al Panorama dalla nuova gestione è stata accolta favorevolmente: «Il Panorama ha beneficiato soprattutto della razionalizzazione, presentando una selezione rivitalizzata», ha scritto Jessica Kiang su Sight & Sound il 4 marzo 2020.[1]
Anche la sezione Perspektive Deutsches Kino ha subito una riduzione nel 2020, da dodici a otto film. Anche qui l'attenzione più forte è stata accolta positivamente: "«Un'arma di qualità di cui la serie sta chiaramente beneficiando»", ha scritto Gunda Bartels su Der Tagesspiegel il 20 febbraio 2020. E con il suo trasferimento al Kino International, la sezione ha potuto celebrare le sue prime in un ambiente degno.[1]
Julia Fidel, socia di lunga data di Generation e Panorama, è diventata capo della sezione Berlinale Series. In occasione della sua inaugurazione ha ringraziato particolarmente il suo predecessore Solmaz Azizi che aveva fondato la sezione nel 2015 e poi l'ha sistematicamente ampliata. La Fidel si è mostrata ambiziosa nel programma del suo primo anno: «Volevo assicurarmi di mostrare un'immagine molto versatile di ciò che sta accadendo nel mondo televisivo», ha dichiarato su Screendaily.com, «non volevo attenermi ai generi a cui siamo abituati. Abbiamo cercato di far passare il messaggio che volevamo andare oltre le serie poliziesche e i drammi in costume»". Con la miniserie Sex è stata proiettata per la prima volta una produzione i cui episodi non erano conformi all'ormai convenzionale durata di 50-60 minuti, ma invece duravano poco meno di 15 minuti ciascuno. La Fidel ha programmato la serie di Amalie Næsby Fick nella sua interezza, proiettando ogni episodio. La nuova direttrice ha potuto attingere a vaste risorse perché negli ultimi anni si è assistito a una sempre maggiore diversificazione e a un crescente coraggio nel riempire nicchie specifiche nel panorama delle serie internazionali, come ha sottolineato in un'intervista a Blickpunkt Film il 21 febbraio 2020.[1]
La continuità è stata presente anche nella sezione Berlinale Shorts. La nuova caposezione Anna Henckel-Donnersmarck, da molti anni membro del comitato di selezione, è stata piena di lodi per il suo predecessore Maike Mia Höhne che si era trasferita al Kurzfilm Festival di Amburgo dopo la Berlinale 2019. «Otteniamo i grandi cinema, partecipiamo alla cerimonia di premiazione», ha dichiarato sulla rivista online Cineuropa, «e sabato i nostri registi attraversano il tappeto rosso. Quindi i cortometraggi hanno già un'ottima posizione nel festival, e questo è molto grazie a Maike. È stato molto facile per me partire dal suo lavoro».[1]
C'erano ancora altri cambiamenti. Dopo che Milena Gregor, Birgit Kohler e Stefanie Schulte Strathaus avevano assunto la guida del Forum ad interim per la 69ª Berlinale, in seguito all'uscita a sorpresa di Christoph Terhechte dalla sezione, nel maggio 2019 era stato annunciato il loro successore: la giornalista, scrittrice e programmatrice Cristina Nord. Come editore del quotidiano Die Tageszeitung, da anni seguiva e sosteneva il festival e, in un'intervista sulla Berliner Morgenpost del 20 febbraio 2020 ha rivelato di sentirsi già molto a casa. Per il suo primo programma ha identificato una pletora di film su come il passato possa essere attualizzato. Questo ha rappresentato un collegamento perfetto con l'anniversario del Forum che nel 2020 ha celebrato il suo 50º anno e ha riportato sul grande schermo le opere della sua prima edizione. È stato sorprendente vedere che i temi sono rimasti pressoché invariati e, nonostante siano stati compiuti progressi, i problemi e le disuguaglianze non sono ancora stati risolti a livello strutturale. Il razzismo e il femminismo sono stati e sono tuttora gli argomenti centrali di innumerevoli discussioni e molti film sia nel 1971 che nel 2020, proprio perché, proprio come in Hanau, nelle società di tutto il mondo si poteva osservare una tendenza all'indietro basata sulle differenze piuttosto che sull'uguaglianza. «C'è un contraccolpo, ed è palpabile in molti luoghi in tutto il mondo», ha detto la Nord su Sight & Sound, «quindi con il programma dell'anniversario arriva un'ipotesi: guardando questi film, potremmo essere in grado di riscoprire strategie che funzionavano allora e adattarle di conseguenza per aiutarci ad affrontare nuove sfide».[1]
L'unica Berlinale Kamera del 2020 è stata presentata ad una “istituzione” del Forum: Ulrike Ottinger, che dal 1984 aveva presentato molti suoi film nella sezione oltre che in concorso e nel Panorama. Alla domanda sulla nuova leadership del festival, probabilmente ha parlato per la stragrande maggioranza dei partecipanti al festival quando ha detto a Filmdienst: «Sono entrambi grandi intenditori di film e cineasti appassionati... Quello che mi piace dei nuovi direttori è che entrambi si vedono consapevolmente come ospiti ed evitano la pubblicità. Questo stile volutamente sottotono si adatta bene alla Berlinale perché in questo modo i film tornano chiaramente al centro dell'attenzione e nient'altro».[1]
Così, nonostante tutta una serie di avversità, la Berlinale 2020 ha rappresentato un inizio estremamente positivo per il nuovo duo dirigente, un fatto a cui hanno anche attestato la vendita di oltre 330.000 biglietti, più di 18.000 ospiti del settore accreditati e 3.500 rappresentanti della stampa. Un grande interesse, entusiasmo e attesa era palpabile per la prossima edizione. «La 70ª Berlinale sotto una nuova guida», ha scritto Jessica Kiang su Sight & Sound il 4 marzo 2020, «ha raccolto abbastanza scoperte e nuove idee da sembrare aperta al futuro... Il festival ha cambiato forma quest'anno: non una rivoluzione all'ingrosso ma un'evoluzione, in direzioni molto gradite».[1]
Giurie
[modifica | modifica wikitesto]Giuria internazionale
[modifica | modifica wikitesto]- Jeremy Irons, attore (Stati Uniti) - Presidente di giuria[9]
- Bérénice Bejo, attrice (Argentina)
- Bettina Brokemper, produttrice (Germania)
- Annemarie Jacir, regista, sceneggiatore e produttrice (Palestina)
- Kenneth Lonergan, attore, regista e sceneggiatore (Stati Uniti)
- Luca Marinelli, attore (Italia)
- Kleber Mendonça Filho, regista, sceneggiatore e montatore (Brasile)
Giuria "Encounters"
[modifica | modifica wikitesto]- Shōzō Ichiyama, produttore (Giappone)[9]
- Dominga Sotomayor, regista, scrittrice e produttrice (Cile)
- Eva Trobisch, regista e sceneggiatrice (Germania)
Giuria "Opera prima"
[modifica | modifica wikitesto]- Ognjen Glavonić, regista, sceneggiatore e produttore (Serbia)[9]
- Hala Lotfy, regista, sceneggiatrice e produttrice (Egitto)
- Gonzalo de Pedro Amatria, docente e scrittore (Spagna)
Giuria "Documentari"
[modifica | modifica wikitesto]- Gerd Kroske, regista e sceneggiatore (Germania)[9]
- Marie Losier, regista e curatrice (Francia, Stati Uniti)
- Alanis Obomsawin, regista, sceneggiatrice, produttrice, cantante e attivista (Canada)
Giuria "Cortometraggi"
[modifica | modifica wikitesto]- Lemohang Jeremiah Mosese, regista, sceneggiatore e produttore (Lesotho)[9]
- Réka Bucsi, regista (Ungheria)
- Fatma Çolakoğlu, curatrice editoriale (Turchia)
Giurie "Generation"
[modifica | modifica wikitesto]Kinderjury/Jugendjury
[modifica | modifica wikitesto]Gli Orsi di cristallo sono stati assegnati da due giurie nazionali, la Kinderjury per la sezione "Kplus" e la Jugendjury per la sezione "14plus", composte rispettivamente da undici membri di 11-14 anni e sette membri di 14-18 anni selezionati dalla direzione del festival attraverso questionari inviati l'anno precedente.[9]
Giurie internazionali
[modifica | modifica wikitesto]Nelle sezioni "Kplus" e "14plus", il Grand Prix e lo Special Prize sono stati assegnati da due giurie internazionali composte, rispettivamente, dalla direttrice della fotografia Marine Atlan (Francia), la filmmaker e sociologa María Novaro (Messico) e il regista e sceneggiatore Erik Schmitt (Germania), e dal regista, sceneggiatore e produttore Abbas Amini (Iran), la regista, sceneggiatrice e scrittrice Jenna Bass (Repubblica Sudafricana) e la regista, sceneggiatrice e produttrice Rima Das (India).[9]
Selezione ufficiale
[modifica | modifica wikitesto]In concorso
[modifica | modifica wikitesto]- All the Dead Ones (Todos os mortos), regia di Caetano Gotardo e Marco Dutra (Brasile, Francia)
- Berlin Alexanderplatz, regia di Burhan Qurbani (Germania, Paesi Bassi)
- DAU. Natasha, regia di Il'ja Chržanovskij e Jekaterina Oertel (Germania, Ucraina, Regno Unito, Russia)
- Domangchin yeoja, regia di Hong Sang-soo (Corea del Sud)
- Imprevisti digitali (Effacer l’historique), regia di Benoît Delépine e Gustave Kervern (Francia, Belgio)
- The Intruder (El prófugo), regia di Natalia Meta (Argentina, Messico)
- Favolacce, regia di Damiano e Fabio D'Innocenzo (Italia, Svizzera)
- First Cow, regia di Kelly Reichardt (Stati Uniti)
- Irradiated (Irradiés), regia di Rithy Panh (Francia, Cambogia)
- Mai raramente a volte sempre (Never Rarely Sometimes Always), regia di Eliza Hittman (Stati Uniti)
- Rìzi, regia di Tsai Ming-liang (Taiwan)
- The Roads Not Taken, regia di Sally Potter (Regno Unito, Stati Uniti)
- Il sale delle lacrime (Le Sel des larmes), regia di Philippe Garrel (Francia, Svizzera)
- Schwesterlein, regia di Stéphanie Chuat e Véronique Reymond (Svizzera)
- Sheytān vojud nadārad, regia di Mohammad Rasoulof (Germania, Repubblica Ceca, Iran)
- Siberia, regia di Abel Ferrara (Italia, Germania, Messico)
- Undine - Un amore per sempre (Undine), regia di Christian Petzold (Germania, Francia)
- Volevo nascondermi, regia di Giorgio Diritti (Italia)
Berlinale Special
[modifica | modifica wikitesto]- The American Sector, regia di Courtney Stephens e Pacho Velez (Stati Uniti)
- DAU. Degeneration (DAU. Degeneratsija), regia di Il'ja Chržanovskij e Il'ja Permjakov (Germania, Ucraina, Regno Unito, Russia)
- Le folli notti del dottor Jerryll (The Nutty Professor), regia di Jerry Lewis (Stati Uniti)
- Golda Maria, regia di Patrick e Hugo Sobelman (Francia)
- Hillary, regia di Nanette Burstein (Stati Uniti)
- Last and First Men, regia di Jóhann Jóhannsson (Islanda)
- Nomery, regia di Oleh Sencov (Ucraina, Polonia, Repubblica Ceca, Francia)
- Paris Calligramme, regia di Ulrike Ottinger (Germania, Francia)
- Speer Goes to Hollywood, regia di Vanessa Lapa (Israele)
- Swimming Out Till the Sea Turns Blue (Yīzhí yóu dào hǎishuǐ biàn lán), regia di Jia Zhangke (Cina)
Berlinale Special Gala
[modifica | modifica wikitesto]- Un anno con Salinger (My Salinger Year), regia di Philippe Falardeau (Canada, Irlanda)
- Il caso Minamata (Minamata), regia di Andrew Levitas (Regno Unito, Stati Uniti)
- Charlatan - Il potere dell'erborista (Šarlatán), regia di Agnieszka Holland (Repubblica Ceca, Irlanda, Polonia, Slovacchia)
- Curveball, regia di Johannes Naber (Germania)
- High Ground - Il cacciatore di taglie (High Ground), regia di Stephen Maxwell Johnson (Australia)
- Lezioni di persiano (Persian Lessons), regia di Vadim Perelman (Russia, Germania, Bielorussia)
- Onward - Oltre la magia (Onward), regia di Dan Scanlon (Stati Uniti)
- Pinocchio, regia di Matteo Garrone (Italia, Francia)
- Police, regia di Anne Fontaine (Francia)
- Sanyangeui sigan, regia di Yoon Sung-hyun (Corea del Sud)
Berlinale Series
[modifica | modifica wikitesto]- C'est comme ça que je t'aime, regia di Jean-François Rivard (Canada)[10]
- The Eddy, regia di Damien Chazelle (Francia)[10]
- Freud, regia di Marvin Kren (Austria, Germania, Repubblica Ceca)[11]
- Messaggi da Elsewhere (Dispatches from Elsewhere), regia di Jason Segel e Wendey Stanzler (Stati Uniti)[10]
- Mystery Road, regia di Warwick Thornton e Wayne Blair (Australia)[12]
- Sex, regia di Amalie Næsby Fick (Austria, Germania)[13]
- Stateless, regia di Emma Freeman (Australia)[10]
- Trigonometry, regia di Athina Rachel Tsangari (Regno Unito)[14]
Encounters
[modifica | modifica wikitesto]- Los conductos, regia di Camilo Restrepo (Francia, Colombia, Brasile)
- Funny Face, regia di Tim Sutton (Stati Uniti)
- Gunda, regia di Viktor Kossakovsky (Norvegia, Stati Uniti)
- Isabella, regia di Matías Piñeiro (Argentina, Francia)
- Kill It and Leave This Town (Zabij to i wyjedz z tego miasta), regia di Mariusz Wilczyński (Polonia)
- The Last City (Die letzte Stadt), regia di Heinz Emigholz (Germania)
- Malmkrog, regia di Cristi Puiu (Romania, Serbia, Svizzera, Svezia, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord)
- The Metamorphosis of Birds (A Metamorfose dos Pássaros), regia di Catarina Vasconcelos (Portogallo)
- Nackte Tiere, regia di Melanie Waelde (Germania)
- Orphea, regia di Alexander Kluge e KHAVN (Germania)
- Servants (Sluzobníci), regia di Ivan Ostrochovský (Slovacchia, Romania, Repubblica Ceca, Irlanda)
- The Shepherdess and the Seven Songs (Laila Aur Satt Geet), regia di Pushpendra Singh (India)
- Shirley, regia di Josephine Decker (Stati Uniti)
- The Trouble with Being Born, regia di Sandra Wollner (Austria, Germania)
- The Works and Days (of Tayoko Shiojiri in the Shiotani Basin), regia di C.W. Winter e Anders Edström (Stati Uniti, Svezia, Giappone, Hong Kong, Cina, Regno Unito)
Cortometraggi
[modifica | modifica wikitesto]- 2008, regia di Blake Williams (Canada)
- Aletsch Negative, regia di Laurence Bonvin (Svizzera)
- At the Entrance of the Night (À l'entrée de la nuit), regia di Anton Bialas (Francia)
- Cause of Death, regia di Jyoti Mistry (Sudafrica, Austria)
- Celle qui porte la pluie, regia di Marianne Métivier (Canada)
- A Demonstration, regia di Sasha Litvintseva e Beny Wagner (Germania, Paesi Bassi, Regno Unito)
- Dummy (Atkūrimas), regia di Laurynas Bareiša (Lituania)
- Foam (Écume), regia di Omar Elhamy (Canada)
- Filipiñana, regia di Rafael Manuel (Filippine, Regno Unito)
- Genius Loci, regia di Adrien Mérigeau (Francia)
- Girl and Body, regia di Charlotte Mars (Australia)
- How to Disappear - Deserting Battlefield (How to Disappear), regia di Robin Klengel, Leonhard Müllner e Michael Stumpf (Austria)
- Huntsville Station, regia di Chris Filippone e Jamie Meltzer (Stati Uniti)
- Inflorescence, regia di Nicolaas Schmidt (Germania)
- It Wasn't the Right Mountain, Mohammad, regia di Mili Pecherer (Francia)
- Listening In (HaMaazin), regia di Omer Sterenberg (Israele)
- Missing Days (Gumnaam Din), regia di Ekta Mittal (India)
- My Galactic Twin Galaction, regia di Sasha Svirsky (Russia)
- Playback (Playback. Ensayo de una despedida), regia di Agustina Comedi (Argentina)
- So We Live, regia di Rand Abou Fakher (Belgio)
- Stump the Guesser, regia di Guy Maddin, Evan e Galen Johnson (Canada)
- T, regia di Keisha Rae Witherspoon (Stati Uniti)
- Union County, regia di Adam Meeks (Stati Uniti)
Fuori concorso
[modifica | modifica wikitesto]- Veitstanz/Feixtanz, regia di Gabriele Stötzer (Germania Est)
Panorama
[modifica | modifica wikitesto]- All Hands on Deck (À l'abordage), regia di Guillaume Brac (Francia)
- The Assistant, regia di Kitty Green (Stati Uniti)
- Bloody Nose, Empty Pockets, regia di Bill Ross IV e Turner Ross (Stati Uniti)
- A Common Crime (Un crimen común), regia di Francisco Márquez (Argentina, Brasile, Svizzera)
- Digger, regia di Georgis Grīgorakīs (Grecia)
- Eeb Allay Ooo!, regia di Prateek Vats (India)
- Exil, regia di Visar Morina (Germania, Belgio, Kosovo)
- Håp, regia di Maria Sødahl (Norvegia, Svezia)
- Mare, regia di Andrea Štaka (Svizzera, Croazia)
- Minyan, regia di Eric Steel (Stati Uniti)
- Mogul Mowgli, regia di Bassam Tariq (Regno Unito)
- No Hard Feelings (Vir), regia di Faraz Shariat (Germania)
- One in a Thousand (Las mil y una), regia di Clarisa Navas (Argentina, Germania)
- One of These Days, regia di Bastian Günther (Germania, Stati Uniti)
- Otac, regia di Srdan Golubović (Serbia, Francia, Germania, Croazia, Slovenia, Bosnia ed Erzegovina)
- Pari, regia di Siamak Etemadi (Grecia, Francia, Paesi Bassi, Bulgaria)
- Schwarze Milch, regia di Uisenma Borchu (Germania, Mongolia)
- Semina il vento, regia di Danilo Caputo (Italia, Francia, Grecia)
- Shine Your Eyes, regia di Matias Mariani (Brasile, Francia)
- Surge, regia di Aneil Karia (Regno Unito)
- Vento seco, regia di Daniel Nolasco (Brasile)
- Wildland (Kød & blod), regia di Jeanette Nordahl (Danimarca)
- Zio (Suk suk), regia di Ray Yeung (Hong Kong, Cina)
Panorama Dokumente
[modifica | modifica wikitesto]- Always Amber (Alltid Amber), regia di Lia Hietala e Hannah Reinikainen (Svezia)
- Days of Cannibalism, regia di Teboho Edkins (Francia, Sudafrica, Paesi Bassi)
- The Foundation Pit, regia di Andrej Grjazev (Russia)
- I Dream of Singapore, regia di Lei Yuan Bin (Singapore)
- If It Were Love (Si c'était de l'amour), regia di Patric Chiha (Francia)
- Little Girl (Petite fille), regia di Sébastien Lifshitz (Francia)
- Nardjes A., regia di Karim Aïnouz (Algeria, Francia, Germania, Brasile, Qatar)
- Notes from the Underworld (Aufzeichnungen aus der Unterwelt), regia di Tizza Covi e Rainer Frimmel (Austria)
- O reflexo do lago, regia di Fernando Segtowick (Brasile)
- Running on Empty (Jetzt oder morgen), regia di Lisa Weber (Austria)
- Saudi Runaway, regia di Susanne Regina Meures (Svizzera)
- Schlingensief: A Voice That Shook the Silence (Schlingensief – In das Schweigen hineinschreien), regia di Bettina Böhler (Germania)
- Welcome to Chechnya, regia di David France (Stati Uniti)
Forum
[modifica | modifica wikitesto]Programma principale
[modifica | modifica wikitesto]- The Alien (Namo), regia di Nader Saeivar (Iran)
- Anne at 13,000 ft, regia di Kazik Radwanski (Canada, Stati Uniti)
- Gli appunti di Anna Azzori, regia di Constanze Ruhm (Austria, Germania, Francia)
- Art Comes from the Beak the Way It Has Grown (Kunst kommt aus dem Schnabel wie er gewachsen ist), regia di Sabine Herpich (Germania)
- As Above, So Below (Kama Fissamaa' Kathalika Ala Al-ard), regia di Sarah Francis (Libano)
- Between Dog and Wolf (Entre perro y lobo), regia di Irene Gutiérrez (Cuba, Spagna)
- The Calming, regia di Song Fang (Cina)
- La casa dell'amore, regia di Luca Ferri (Italia)
- Divinely Evil (Vil, má), regia di Gustavo Vinagre (Brasile)
- The Exit of the Trains (Ieşirea trenurilor din gară), regia di Radu Jude e Adrian Cioflâncă (Romania)
- Frem, regia di Viera Čákanyová (Repubblica Ceca, Slovacchia)
- Generations, regia di Lynne Siefert (Stati Uniti)
- In Deep Sleep (Gorod usnul), regia di Maria Ignatenko (Russia)
- Light in the Tropics (Luz nos Trópicos), regia di Paula Gaitán (Brasile)
- Maggie's Farm, regia di James Benning (Stati Uniti)
- Medium, regia di Edgardo Cozarinsky (Argentina)
- Oeconomia, regia di Carmen Losmann (Germania)
- Ouvertures, regia di The Living and the Dead Ensemble (Regno Unito, Francia)
- Petit samedi, regia di Paloma Sermon-Daï (Belgio)
- Red Moon Tide (Lúa vermella), regia di Lois Patiño (Spagna)
- Responsabilidad empresarial, regia di Jonathan Perel (Argentina)
- A Storm Was Coming (Anunciaron tormenta), regia di Javier Fernández Vázquez (Spagna)
- Strike or Die (Grève ou crève), regia di Jonathan Rescigno (Francia)
- The Tango of the Widower and Its Distorting Mirror (El Tango del Viudo y Su Espejo Deformante), regia di Raúl Ruiz e Valeria Sarmiento (Cile)
- This Is My Desire (Eyimofe), regia di Arie e Chuko Esiri (Nigeria, Stati Uniti)
- Tipografic majuscul, regia di Radu Jude (Romania)
- Traverser, regia di Joël Akafou (Francia, Burkina Faso, Belgio)
- The Twentieth Century (The 20th Century), regia di Matthew Rankin (Canada)
- The Two Sights (An Dà Shealladh), regia di Joshua Bonnetta (Canada, Regno Unito)
- Victoria, regia di Sofie Benoot, Liesbeth De Ceulaer e Isabelle Tollenaere (Belgio)
- The Viewing Booth, regia di Ra'anan Alexandrowicz (Israele, Stati Uniti)
- What remains, regia di Clarissa Thieme (Germania, Austria, Bosnia ed Erzegovina)
- Window Boy Would Also Like to Have a Submarine, regia di Alex Piperno (Uruguay, Argentina, Brasile, Paesi Bassi, Filippine)
- Zero (Seishin 0), regia di Kazuhiro Soda (Giappone, Stati Uniti)
- Zeus Machine. L'invincibile, regia di David Zamagni e Nadia Ranocchi (Italia)
Forum 50
[modifica | modifica wikitesto]- Angela Davis: Ritratto di una rivoluzionaria (Angela Davis: Portrait of a Revolutionary), regia di Yolande DuLuart (Stati Uniti, Francia)
- L'assassino di Fred Hampton (The Murder of Fred Hampton), regia di Howard Alk (Stati Uniti)
- The Big Mess (Der große Verhau), regia di Alexander Kluge (Germania Ovest)
- La cerimonia (Gishiki), regia di Nagisa Ōshima (Giappone)
- Chicago 70, regia di Kerry Feltham (Canada)
- El cuarto poder, regia di Helena Lumbreras e Mariano Lisa (Spagna)
- Eldridge Cleaver, regia di William Klein (Algeria, Francia)
- End of the Dialogue (Phela-ndaba), di registi vari (Sudafrica)
- La felicità (Sčast'e), regia di Aleksandr Medvedkin (Unione Sovietica)
- El Ghorba, regia di Annie Tresgot (Algeria)
- Mare's Tail, regia di David Larcher (Regno Unito)
- Mes voisins, regia di Med Hondo (Francia)
- Monangambé, regia di Sarah Maldoror (Algeria)
- Non è l'omosessuale ad essere perverso, ma la situazione in cui vive (Nicht der Homosexuelle ist pervers, sondern die Situation, in der er lebt), regia di Rosa von Praunheim (Germania Ovest)
- Gli occhi non vogliono in ogni tempo chiudersi (Les yeux ne veulent pas en tout temps se fermer, ou Peut-être qu'un jour Rome se permettra de choisir à son tour (Othon)), regia di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet (Germania Ovest, Italia)
- O.k., regia di Michael Verhoeven (Germania Ovest)
- On vous parle de Paris: Maspero. Les mots ont un sens, regia di Chris Marker (Francia)
- Ossessione, regia di Luchino Visconti (Italia)
- Ostia, regia di Sergio Citti (Italia)
- Eine Prämie für Irene, regia di Helke Sander (Germania Ovest)
- Remparts d'argile, regia di Jean-Louis Bertuccelli (Francia, Algeria)
- Ricostruzione di un delitto (Anaparastasī), regia di Theo Angelopoulos (Grecia)
- Eine Sache, die sich versteht, regia di Hartmut Bitomsky e Harun Farocki (Germania Ovest)
- Sochaux, 11 juin 1968, regia di Bruno Muel e del Groupe Medvedkine de Sochaux (Francia)
- Sole O (Soleil Ô), regia di Med Hondo (Francia, Mauritania)
- Les trois-quarts de la vie, regia del Groupe Medvedkine de Sochaux (Francia)
- W.R. - Misterije organizma, regia di Dušan Makavejev (Jugoslavia, Germania Ovest)
- The Woman's Film, regia di Judy Smith, Louise Alaimo e Ellen Sorrin (Stati Uniti)
Forum Expanded
[modifica | modifica wikitesto]- Abstracted/Family, regia di Koki Tanaka (Giappone)
- Akiya Finland, regia di Jonna Kina (Giappone, Stati Uniti)
- Al-Houbut, regia di Akram Zaatari (Libano, Emirati Arabi Uniti)
- Apiyemiyekî?, regia di Ana Vaz (Brasile, Francia, Paesi Bassi, Portogallo)
- Born of the *** On Zarathustra's Going Under from Cairo to Oran, regia di Ayreen Anastas e Rene Gabri (Palestina, Stati Uniti)
- Citizens of the Cosmos, regia di Anton Vidokle (Stati Uniti, Giappone, Ucraina)
- Dazed Flesh (Vaga Carne), regia di Ricardo Alves Jr. e Grace Passô (Brasile)
- Directed Games (Jogos Dirigidos), regia di Jonathas de Andrade (Brasile)
- Doublewide, regia di Jenny Perlin (Stati Uniti)
- Equinox, regia di Margaret Honda (Stati Uniti)
- Expedition Content, regia di Ernst Karel e Veronika Kusumaryati (Stati Uniti)
- Her Name Was Europa, regia di Anja Dornieden e Juan David González Monroy (Germania)
- Jíibie, regia di Laura Huertas Millán (Colombia, Francia)
- Letter to a Friend, regia di Emily Jacir (Palestina)
- Matata, regia di Petna Ndaliko Katondolo (Repubblica Democratica del Congo, Stati Uniti, Paesi Bassi)
- Most of What Follows Is True (Moazzam ma yalla haqeqy), regia di Maged Nader (Egitto)
- (Outros) Fundamentos, regia di Aline Motta (Brasile)
- The Phantom Menace, regia di Graeme Arnfield (Regno Unito)
- The Promised, regia di Ahmed Elghoneimy (Egitto)
- Purple Sea, regia di Amel Alzakout e Khaled Abdulwahed (Germania)
- Recovery, regia di Kevin Jerome Everson (Stati Uniti)
- Tatsuniya II, regia di Rahima Gambo (Nigeria)
- Télé Réalité, regia di Lucile Desamory (Belgio, Germania, Repubblica Democratica del Congo, Lussemburgo)
- Untitled Sequence of Gaps, regia di Vika Kirchenbauer (Germania)
- The Whole Shebang, regia di Ken Jacobs (Stati Uniti)
Generation
[modifica | modifica wikitesto]Generation Kplus
[modifica | modifica wikitesto]- Blue Eyes and Colorful My Dress, regia di Polina Gumiela (Germania)
- Chronicle of Space (Sthalpuran), regia di Akshay Indikar (India)
- Death of Nintendo, regia di Raya Martin (Filippine, Stati Uniti)
- Un diable dans la poche, regia di Antoine Bonnet e Mathilde Loubes (Francia)
- Donne ai primi passi (Mignonnes), regia di Maïmouna Doucouré (Francia)
- A Fool God, regia di Hiwot Admasu Getaneh (Francia)
- H is for Happiness, regia di John Sheedy (Australia)
- Mamá, mamá, mamá, regia di Sol Berruezo Pichon-Rivière (Argentina)
- Mugge and the Street Party (Mugge & vejfesten), regia di Anders Morgenthaler e Mikael Wulff (Danimarca)
- Perro, regia di Lin Sternal (Germania)
- Schoolgirls (Las niñas), regia di Pilar Palomero (Spagna)
- Sune - Best Man, regia di Jon Holmberg (Svezia)
- Sweet Thing, regia di Alexandre Rockwell (Stati Uniti)
- Veins of the World (Die Adern der Welt), regia di Byambasuren Davaa (Germania, Mongolia)
- The Wolves (Los lobos), regia di Samuel Kishi Leopo (Messico)
Cortometraggi
[modifica | modifica wikitesto]- Broken Bird, regia di Rachel Harrison Gordon (Stati Uniti)
- Elders, regia di Tony Briggs (Australia)
- En route, regia di Marit Weerheijm (Paesi Bassi)
- Frogs, regia di Ana Flavia Cavalcanti e Julia Zakia (Brasile)
- Harvest, regia di Sun Lijun (Cina)
- Hello Ahma, regia di Siyou Tan (Stati Uniti)
- The Kites (Badbadak-ha), regia di Seyed Payam Hosseini (Iran)
- Lístek, regia di Aliona Baranova (Repubblica Ceca)
- The Little Bird and the Bees, regia di Lena von Döhren (Svizzera)
- Mishou, regia di Milen Vitanov (Germania, Bulgaria)
- Miss (La Petite), regia di Amira Géhanne Khalfallah (Algeria, Francia)
- Money Honey, regia di Isaac Knights-Washbourn (Nuova Zelanda)
- The Name of the Son (El nombre del hijo), regia di Martina Matzkin (Argentina)
- The Silence of the River (El silencio del rio), regia di Francesca Canepa (Perù)
- toni_with_an_i, regia di Marco Alessi (Regno Unito)
- Under the Skin (Onderhuids), regia di Emma Branderhorst (Paesi Bassi)
Generation 14plus
[modifica | modifica wikitesto]- Alice Júnior, regia di Gil Baroni (Brasile)
- Black Sheep Boy, regia di James Molle (Francia)
- Cocoon (Kokon), regia di Leonie Krippendorff (Germania)
- The Earth Is Blue as an Orange, regia di Iryna Tsilyk (Ucraina, Lituania)
- The Flame, regia di Nick Waterman (Australia)
- Goddess of the Fireflies (La déesse des mouches à feu), regia di Anaïs Barbeau-Lavalette (Canada)
- Goodbye Golovin, regia di Mathieu Grimard (Canada)
- Hounds (Clebs), regia di Halima Ouardiri (Canada, Marocco)
- Irmã - Sisters in the End of the World (Irmã), regia di Luciana Mazeto e Vinícius Lopes (Brasile)
- Jumbo, regia di Zoé Wittock (Francia, Belgio, Lussemburgo)
- Meu nome é Bagdá, regia di Caru Alves de Souza (Brasile)
- Our Lady of the Nile (Notre-Dame du Nil), regia di Atiq Rahimi (Francia)
- Palazzo di giustizia, regia di Chiara Bellosi (Italia, Svizzera)
- Paradise Drifters, regia di Mees Peijnenburg (Paesi Bassi)
- Pompei (Pompéi), regia di Anna Falguères e John Shank (Belgio, Francia, Canada)
- Something to Remember (Något att minnas), regia di Niki Lindroth von Bahr (Svezia)
- Voices in the Wind (Kaze no Denwa), regia di Nobuhiro Suwa (Giappone)
- White Riot, regia di Rubika Shah (Regno Unito)
- Yalda, a Night for Forgiveness (Yalda), regia di Massoud Bakhshi (Francia, Germania, Svizzera, Lussemburgo, Libano, Iran)
Cortometraggi
[modifica | modifica wikitesto]- Babydyke (Babylebbe), regia di Tone Ottilie (Danimarca)
- Comrades, regia di Kanas Liu (Hong Kong, Cina)
- The Great Malaise, regia di Catherine Lepage (Canada)
- Grevillea, regia di Jordan Giusti (Australia)
- Hot Mother, regia di Lucy Knox (Nuova Zelanda)
- Panthers (Panteres), regia di Èrika Sánchez (Spagna)
- Progresso Renaissance, regia di Marta Anatra (Italia, Francia)
- White Winged Horse, regia di Mahyar Mandegar (Iran)
- Who Can Predict What Will Move You, regia di Livia Huang (Stati Uniti)
Perspektive Deutsches Kino
[modifica | modifica wikitesto]- Automotive, regia di Jonas Heldt (Germania)
- A Fish Swimming Upside Down (Ein Fisch, der auf dem Rücken schwimmt), regia di Eliza Petkova (Germania)
- Garage People (Garagenvolk), regia di Natalija Yefimkina (Germania)
- Kids Run, regia di Barbara Ott (Germania)
- Schlaf, regia di Michael Venus (Germania)
- Sisters Apart (Im Feuer), regia di Daphne Charizani (Germania, Grecia)
- Wagenknecht, regia di Sandra Kaudelka (Germania)
- Walchensee Forever, regia di Janna Ji Wonders (Germania)
Proiezioni speciali
[modifica | modifica wikitesto]- Out of Place, regia di Friederike Güssefeld (Germania)
- Sheriff Teddy, regia di Heiner Carow (Germania Est)
Retrospettiva
[modifica | modifica wikitesto]- Alleluja! (Hallelujah!), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- L'altra metà (The Other Half), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Amore sublime (Stella Dallas), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Bardelys il magnifico (Bardelys the Magnificent), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Billy the Kid, regia di King Vidor (Stati Uniti)
- La Bohème, regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Bud's Recruit, regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Il campione (The Champ), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- I cavalieri del Texas (The Texas Rangers), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- La cittadella (The Citadel), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Corrispondente X (Comrade X), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Duello al sole (Duel in the Sun), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Fascino biondo (The Patsy), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- La folla (The Crowd), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- La fonte meravigliosa (The Fountainhead), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- La grande parata (The Big Parade), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Guerra e pace (War and Peace), regia di King Vidor (Italia, Stati Uniti)
- Infedele (Cynara), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Japanese War Bride, regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Maschere di celluloide (Show People), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Il molto onorevole Mr. Pulham (H.M. Pulham, Esq.), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Nostro pane quotidiano (Our Daily Bread), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Notte di nozze (The Wedding Night), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- L'odio colpisce due volte (Lightning Strikes Twice), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Passaggio a Nord-Ovest (Northwest Passage), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Peccato (Beyond the Forest), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- La rosa del sud (So Red the Rose), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Ruby, fiore selvaggio (Ruby Gentry), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Salomone e la regina di Saba (Solomon and Sheba), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Scena di strada (Street Scene), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- The Sky Pilot, regia di King Vidor (Stati Uniti)
- L'uomo senza paura (Man Without a Star), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- L'uomo venuto da lontano (An American Romance), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- La vera avventura (The Real Adventure), regia di King Vidor (Stati Uniti)
- Il vino della giovinezza (Wine of Youth), regia di King Vidor (Stati Uniti)
Berlinale Classics
[modifica | modifica wikitesto]- Alles kaputt! (Daleká cesta), regia di Alfréd Radok (Cecoslovacchia)
- Il bidone, regia di Federico Fellini (Italia, Francia)
- Bushidô zankoku monogatari, regia di Tadashi Imai (Giappone)
- Il gabinetto delle figure di cera (Das Wachsfigurenkabinett), regia di Paul Leni (Germania)
- Un pesce di nome Wanda (A Fish Called Wanda), regia di Charles Crichton (Regno Unito, Stati Uniti)
- L'ultima tappa (Ostatni etap), regia di Wanda Jakubowska (Polonia)
Homage
[modifica | modifica wikitesto]- Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante (The Cook, the Thief, His Wife & Her Lover, regia di Peter Greenaway (Regno Unito, Francia, Paesi Bassi)
- L'inganno perfetto (The Good Liar), regia di Bill Condon (Stati Uniti)
- The Last Station, regia di Michael Hoffman (Germania, Regno Unito, Russia)
- The Queen - La regina (The Queen), regia di Stephen Frears (Regno Unito, Francia, Italia)
- Quel lungo venerdì santo (The Long Good Friday), regia di John Mackenzie (Regno Unito)
On Transmission
[modifica | modifica wikitesto]- 35 rhums, regia di Claire Denis (Francia, Germania)
- The Architect (Der Architekt), regia di Ina Weisse (Germania)
- Bath House (Simhall), regia di Niki Lindroth von Bahr (Svezia)
- The Burden (Min börda), regia di Niki Lindroth von Bahr (Svezia)
- Cesare deve morire, regia di Paolo e Vittorio Taviani (Italia)
- Corpo e anima (Testről és lélekről), regia di Ildikó Enyedi (Ungheria)
- Egy nap, regia di Zsófia Szilágyi (Ungheria)
- Guò zhāo guān, regia di Huo Meng (Cina)
- Irma Vep, regia di Olivier Assayas (Francia)
- En kärlekshistoria, regia di Roy Andersson (Svezia)
- Lucida follia (Heller Wahn), regia di Margarethe von Trotta (Germania Ovest)
- I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain), regia di Ang Lee (Stati Uniti)
- Sole, regia di Carlo Sironi (Italia, Polonia)
- Tord and Tord (Tord och Tord), regia di Niki Lindroth von Bahr (Svezia)
- Wonderful Life (Wandāfuru raifu), regia di Hirokazu Kore'eda (Giappone)
- Xiao Wu, regia di Jia Zhangke (Cina)
Premi
[modifica | modifica wikitesto][[File:MJK 74704 Mohammad and Baran Rasoulof (Golden Bear, Berlinale 2020).jpg|upright=1.1|thumb|right|Baran Rasoulof con l'Orso d'oro vinto dal padre Mohammad, collegato in video, per Sheytān vojud nadārad. [[File:Eliza Hittman-0549.jpg|upright=1.1|thumb|La regista Eliza Hittman, gran premio della giuria per Mai raramente a volte sempre. [[File:MJK 74201 Paula Beer mit dem Silbernen Bären der Berlinale 2020 (cropped).jpg|upright=1.1|thumb|Paula Beer, migliore attrice per Undine - Un amore per sempre. [[File:Damiano and Fabio D'Innozenzo-0330.jpg|upright=1.1|thumb|Damiano e Fabio D'Innocenzo, Orso d'argento per la sceneggiatura di Favolacce. [[File:Sandra Wollner-0878.jpg|upright=1.1|thumb|Sandra Wollner, premio speciale della giuria nella sezione "Encounters" per The Trouble with Being Born. [[File:Helen Mirren-2616.jpg|upright=1.1|thumb|Helen Mirren, vincitrice dell'Orso d'oro alla carriera.
Premi della giuria internazionale
[modifica | modifica wikitesto]- Orso d'oro: Sheytān vojud nadārad di Mohammad Rasoulof
- Orso d'argento, gran premio della giuria: Mai raramente a volte sempre di Eliza Hittman
- Orso d'argento 70ª Berlinale: Imprevisti digitali di Benoît Delépine e Gustave Kervern
- Orso d'argento per il miglior regista: Hong Sang-soo per Domangchin yeoja
- Orso d'argento per la migliore attrice: Paula Beer per Undine - Un amore per sempre di Christian Petzold
- Orso d'argento per il miglior attore: Elio Germano per Volevo nascondermi di Giorgio Diritti
- Orso d'argento per la migliore sceneggiatura: Damiano e Fabio D'Innocenzo per Favolacce
- Orso d'argento per il miglior contributo artistico: Jürgen Jürges, per la fotografia di DAU. Natasha di Il'ja Chržanovskij e Jekaterina Oertel
Premi della giuria "Encounters"
[modifica | modifica wikitesto]- Miglior film: The Works and Days (of Tayoko Shiojiri in the Shiotani Basin) di C.W. Winter e Anders Edström
- Premio speciale della giuria: The Trouble with Being Born di Sandra Wollner
- Menzione speciale: Isabella di Matías Piñeiro
- Miglior regista: Cristi Puiu per Malmkrog
Premi della giuria "Opera prima"
[modifica | modifica wikitesto]- Migliore opera prima: Los conductos di Camilo Restrepo
- Menzione speciale: Nackte Tiere di Melanie Waelde
Premi della giuria "Documentari"
[modifica | modifica wikitesto]- Miglior documentario: Irradiated di Rithy Panh
- Menzione speciale: Notes from the Underworld di Tizza Covi e Rainer Frimmel
Premi della giuria "Cortometraggi"
[modifica | modifica wikitesto]- Orso d'oro per il miglior cortometraggio: T di Keisha Rae Witherspoon
- Orso d'argento, premio della giuria: Filipiñana di Rafael Manuel
- Audi Short Film Award: Genius Loci di Adrien Mérigeau
- Cortometraggio candidato agli European Film Awards: It Wasn't the Right Mountain, Mohammad di Mili Pecherer
Premi onorari
[modifica | modifica wikitesto]Premi delle giurie "Generation"
[modifica | modifica wikitesto]Kinderjury Generation Kplus
[modifica | modifica wikitesto]- Orso di cristallo: Sweet Thing di Alexandre Rockwell
- Menzione speciale: H is for Happiness di John Sheedy
- Orso di cristallo per il miglior cortometraggio: The Name of the Son di Martina Matzkin
- Menzione speciale: Miss di Amira Géhanne Khalfallah
Generation Kplus International Jury
[modifica | modifica wikitesto]- Grand Prix per il miglior lungometraggio: The Wolves di Samuel Kishi Leopo
- Menzioni speciali: Donne ai primi passi di Maïmouna Doucouré e Mamá, mamá, mamá di Sol Berruezo Pichon-Rivière
- Special Prize per il miglior cortometraggio: The Name of the Son di Martina Matzkin
- Menzione speciale: The Kites di Seyed Payam Hosseini
Jugendjury Generation 14plus
[modifica | modifica wikitesto]- Orso di cristallo: Our Lady of the Nile di Atiq Rahimi
- Menzione speciale: White Riot di Rubika Shah
- Orso di cristallo per il miglior cortometraggio: Hounds di Halima Ouardiri
- Menzione speciale: Goodbye Golovin di Mathieu Grimard
Generation 14plus International Jury
[modifica | modifica wikitesto]- Grand Prix per il miglior lungometraggio: Meu nome é Bagdá di Caru Alves de Souza
- Menzione speciale: Voices in the Wind di Nobuhiro Suwa
- Special Prize per il miglior cortometraggio: Hounds di Halima Ouardiri
- Menzione speciale: White Winged Horse di Mahyar Mandegar
Premi delle giurie indipendenti
[modifica | modifica wikitesto]- Premio della giuria ecumenica
- Concorso: Sheytān vojud nadārad di Mohammad Rasoulof
- Panorama: Otac di Srdan Golubović
- Menzione speciale: Saudi Runaway di Susanne Regina Meures
- Forum: Zero di Kazuhiro Soda - Premio FIPRESCI
- Concorso: Undine - Un amore per sempre di Christian Petzold
- Encounters: The Metamorphosis of Birds di Catarina Vasconcelos
- Panorama: Mogul Mowgli di Bassam Tariq
- Menzione speciale: All Hands on Deck di Guillaume Brac
- Forum: The Twentieth Century di Matthew Rankin
- Menzione speciale: Ouvertures di The Living and the Dead Ensemble - Guild Film Prize: Sheytān vojud nadārad di Mohammad Rasoulof
- Premio CICAE Art Cinema
- Panorama: Digger di Georgis Grīgorakīs
- Forum: The Calming di Song Fang - Label Europa Cinemas: Håp di Maria Sødahl
- Premio Caligari: Victoria di Sofie Benoot, Liesbeth De Ceulaer e Isabelle Tollenaere
- Peace Film Prize: The Wolves di Samuel Kishi Leopo
- Amnesty International Film Award: Welcome to Chechnya di David France
- Premio Heiner Carow: Garage People di Natalija Yefimkina
- Premio Compass-Perspektive: Walchensee Forever di Janna Ji Wonders
- AG Kino Gilde 14plus: Jumbo di Zoé Wittock
- Teddy Award
- Miglior lungometraggio: No Hard Feelings di Faraz Shariat
- Miglior documentario: If It Were Love di Patric Chiha
- Miglior cortometraggio: Playback di Agustina Comedi
- Premio della giuria: Rìzi di Tsai Ming-liang
- Premio degli utenti del magazine Queer.de: No Hard Feelings di Faraz Shariat
- Teddy Activist Award: Welcome to Chechnya di David France
Premi del pubblico e dei lettori
[modifica | modifica wikitesto]- Panorama Audience Award
- Film: Otac di Srdan Golubović
- Documentari: Welcome to Chechnya di David France - Premio dei lettori della Berliner Morgenpost: Imprevisti digitali di Benoît Delépine e Gustave Kervern
- Premio dei lettori di Der Tagesspiegel: Window Boy Would Also Like to Have a Submarine di Alex Piperno
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac 70th Berlin International Film Festival - February 20-March 1, 2020, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 15 maggio 2023.
- ^ Dec 04, 2019 - Berlinale 2020 – Homage and Honorary Golden Bear for Helen Mirren, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
- ^ Awards 2020, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 16 marzo 2017.
- ^ The Alfred Bauer Case, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
- ^ Nell'estate del 2021, dopo che uno studio dell'Institut für Zeitgeschichte di Monaco ha confermato il ruolo sostanziale di Alfred Bauer nel Reichsfilmintendant, la direzione del festival ha pubblicato una dichiarazione con la quale ha definitivamente cancellato il riconoscimento.
- ^ May 07, 2019 - Berlinale 2020: New Directors Create Additional Competition Encounters, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
- ^ Jan 24, 2020 - The 70th Berlinale Opens With Philippe Falardeau’s My Salinger Year, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
- ^ Nov 21, 2017: Retrospective 2018 – "Weimar Cinema Revisited", su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
- ^ a b c d e f g Juries - 2020, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 23 giugno 2022.
- ^ a b c d Sono stati proiettati i primi due episodi.
- ^ Sono stati proiettati i primi tre episodi.
- ^ Sono stati proiettati i primi due episodi della seconda stagione.
- ^ Sono stati proiettati tutti i sei episodi.
- ^ Sono stati proiettati i primi cinque episodi.