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Utente:Hellraiser/Sandbox3
Musica popolare | |
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Origini stilistiche | generi musicali locali |
Origini culturali | La musica popolare trova le sue origini culturali nella diffusione dello spartito, nella diffusione e popolarità di forme musicali accessibili a tutti e nella nascita dell'industria musicale |
«La nostra musica preferita oggi ci raggiunge malgrado il processo industriale; e questa è precisamente la ragione per cui la musica che più amiamo è portata a sfidare le condizioni della sua stessa esistenza.»
Con il termine inglese popular music (letteralmente musica popolare[2]), si intende la musica scritta con il linguaggio del popolo e pensata per il popolo, intesa quindi come "di gradimento generale, diffuso, popolare", includendo comunemente, ma impropriamente, all'interno di questa dicitura anche la musica folclorica, ossia quella musica proveniente dal popolo (inteso non come popolo tutto, ma come gli appartenenti agli strati storicamente più disagiati della società), le cui origini si perdono nella notte dei tempi, generalmente non scritta e di tradizione orale.
La nozione di musica popolare è frequentemente legata alla distinzione che se ne fa in musicologia dalla musica colta e dalla musica folclorica (o folklorica), assieme alle quali, secondo Philip Tagg, formano un "triangolo assiomatico".[1][3][4]
Questi concetti devono a loro volta essere distinti da quello di musica pop; sebbene evidentemente "pop" sia un'abbreviazione di popular, "musica pop" indica più specificatamente la musica leggera contemporanea di matrice occidentale. Se quindi è vero che la musica pop è musica popolare, non risulta vero il suo contrario; non tutta la musica popolare coincide con la musica pop. La musica popolare comprende poi, da un lato le forme musicali delle controculture e dell'underground, dall'altro molte delle nuove interpretazioni della musica folclorica o del folk revival come la Contemporary folk music[5]. Non si possono infatti definire folk music le linee melodiche scritte in epoche più o meno recenti, che quindi rientrano nella musica popolare, e gran parte della musica che si confonde con elaborazioni di canti arcaici è invece opera di autore (come ad esempio il celeberrimo canto Signore delle cime di Bepi De Marzi o La Montanara di Toni Ortelli, armonizzata da Luigi Pigarelli), oppure ancora il canto in lingua sarda No potho reposare scritto da Salvatore "Badore" Sini nel 1915 e musicata da Giuseppe Rachel nel 1920; tutti questi esempi si possono definire "canti d'autore di ispirazione folklorica".Il termine popular music trovò una delle prime applicazioni con riferimento alla musica della statunitense Tin Pan Alley negli anni '80 del XIX secolo[6].
La "musica popolare" coincide poi con buona parte di quella viene chiamata "musica leggera", anche se quest'ultimo termine non sembra oggi idoneo ad identificare alcune forme musicali tipiche delle controculture e della musica underground, che invece vengono incluse nella definizione di musica popolare[7].
Popular music: il problema terminologico
[modifica | modifica wikitesto]Il termine popular music nacque negli anni venti ed era usato in senso molto ampio per riferirsi all'intero corpus della musica occidentale di massa, intesa come "di gradimento generale, diffuso, che fa presa sulle masse" ("having popular appeal")[8]. Questa sua natura la poneva in contrapposizione con la tradizione della musica colta.
Se è vero che la definizione di ciò che è "musica popolare" appare oggi ancora un oggetto di dibattito aperto, è anche vero che il dibattito sull'argomento ha generato una serie di termini, spesso usati erroneamente come sinonimi da studiosi ed appassionati: musica leggera, commerciale, di massa, rock, pop. Una tale proliferazione di termini, nasce probabilmente dall'esigenza di rendere al meglio nella lingua italiana la traduzione inglese di "popular music". Molti studiosi accusano infatti il termine "musica popolare" di creare confusione terminologica con le musiche caratterizzate da un processo di trasmissione orale, ossia la "musica folklorica". In molti quindi preferiscono l'uso del termine "popular music" applicato alla lingua italiana. Per un certo periodo, "popular music" fu poi tradotto in italiano con il termine "musica leggera", anche se come sottolinea Gianni Sibilla, tale traduzione sembra inaccettabile per molti generi musicali compresi nella definizione di musica popolare[9]. Dopo l'affermazione del rock and roll degli anni '50, le correnti principali che costituiscono il macroinsieme musica popolare sono il pop e il rock[1]. Questa frammentazione e specificazione del senso generale dell'espressione popular music si è prodotto all'incirca alla metà del XX secolo, nel momento in cui forme di musica ritenute tradizionalmente come meno "colte" si sono impossessate di uno statuto culturale più solido: il pop si è affermato come musica di facile ascolto e di intrattenimento su larga scala, recependo il senso originario di popular appeal e seguendo regole stilistiche ben precise, mentre il rock, ereditando il portato anche sociale dell'eversione rock & roll, si è conquistata un'identità controculturale e underground.
Il dibattito ancora in corso su che cosa sia esattamente la musica popolare porta spesso gli studiosi a formulare definizioni molto diverse, che Frans A. J. Birrer riassume in quattro categorie:
- 1) Normativo: che cataloga la musica popolare come un genere inferiore
- 2) Negativo: musica che non rientri nelle categorie di folk e "seria"
- 3) Sociologico: musica che identifica i diversi gruppi sociali
- 4) Tecnologica: musica in cui investe un ruolo importante il mercato di massa e l'industria dei mass-media
Secondo Richard Middleton invece tali categorie prese singolarmente risultano insufficienti a definire la musica popolare, proponendo come parametri sia il lato della diffusione della musica tramite i media, sia la musca prodotta dall'alto o dal basso, analizzandole poi dal punto di vista del mercato[9].
Storia della musica popolare
[modifica | modifica wikitesto]Origini e sviluppo della musica popolare
[modifica | modifica wikitesto][[File:Anna_bolena.gif|thumb|upright=0.8|Libretto dell’Anna Bolena di Gaetano Donizetti. Collezione del maestro Francesco Paolo Frontini La caratteristica distintiva nell'emergere dell'industria della musica popolare nel XVIII e XIX secolo fu la diffusione degli spartiti[10]. La facile reperibilità di spartiti a basso costo di canzoni e di musiche popolari, rese possibile la diffusione a un vasto pubblico di musicisti a livello amatoriale, che potevano così imparare e suonare le canzoni più popolari a casa propria. A questo si aggiunse poi sul finire del Settecento un notevole aumento di concerti di musica popolare nei "giardini di piacere, sale da ballo, teatri popolari e cancerti da camera"[10]. Con l'ascesa della borghesia i concerti vengono aperti ad un pubblico più ampio, diffondendo in Europa generi di musica da ballo come il valzer, la polka e la mazurca. Questi tre balli furono in quel periodo espressione diretta delle festosità e del divertimento della borghesia europea[11] e fu in seguito alla campagna d'Italia napoleonica che si diffusero anche in Italia quell'aria di modernità libertaria che permise l'introduzione dei balli di coppia cosiddetti "strusciati", che in breve tempo soppiantarono i più castigati balli "staccati" della tradizione folclorica come i saltarelli, le manfrine o i tresconi[11]. Con l'inizio dell'800 i compositori, per utilizzare un termine moderno, sono già dei "liberi professionisti", che producono composizioni anche per "uso domestico". Si era sviluppata infatti un'editoria musicale che stampava spartiti vendibili a un'élite borghese, tutelandone anche i diritti di composizione; esempi di questa tendenza si possono trovare nei lied tedeschi e nelle canzonette per pianoforte di Donizetti, in queste due forme si può spesso ritrovare una struttura comune a molti brani pop moderni. I primi esecutori di musica popolare collaborarono con l'industria dello spartito musicale per diffonderne i prodotti. Sempre più gente si trovò così coinvolta nella musica, partecipando a cori amatoriali, o all'attività delle orchestre.
Negli Stati Uniti invece, una delle prime cantanti che raggiunse una popolarità diffusa, fu la svedese Jenny Lind, anche grazie alle sue numerose esibizioni e touree.
Napoli intorno ai primi dell'Ottocento vide il fiorire di negozi e case editrici musicali come Guglielmo Cottrau, Bernardo Girard, Calcografia Calì, Fratelli Fabbricatore, Fratelli Clausetti e Francesco Azzolino,[12] che diedero l'avvio a quella che oggi viene chiamata l'epoca della Canzone classica napoletana. Nel 1839 nacque così il primo concorso canoro di Piedigrotta. Le canzoni proposte presentavano caratteristiche tipiche della musica popolare partenopea ma in forma di arrangiamenti ed esecuzioni tali da sembrare arie d'opera lirica; le canzoni più di successo venivano stampate su fogli singoli detti copielle, contenenti testo e melodia, spesso diffuse dai "posteggiatori", musici vagabondi che suonavano le canzoni o in luoghi al chiuso o lungo le vie della città[13]. Contemporaneamente, negli Stati Uniti, Stephen Foster, compositore statunitense di ispirazione musicale europea, in particolare italiana e tedesca, metteva in scena spettacoli goliardici parafrasando la musica folclorica americana nello stile dei neri, adottando un'orchestra di bianchi che facevano uso di strumenti quali violini, banjo e chitarre.
Intorno agli anni '70 dello stesso secolo, la chiusura di molte orchestre stabili di teatri italiani, anche dovuta al cambio di gusto della classe borghese che iniziava a preferire la nuova musica americana, costrinse quei musicisti a portare la loro musica fuori dai luoghi istituzionali. Nacquero così in Romagna i primi capannoni, antecedenti di quelle che divennero poi le balere di musica da ballo romagnola. Fra questi, uno dei primi fu il Capannone Brighi a Bellaria, che fu aperto con spirito imprenditoriale dal violinista Carlo Brighi[11].
La situazione statunitense tra fine '800 ed inizio'900: la Tin Pan Alley
[modifica | modifica wikitesto][[File:Tinpanalley.jpg|thumb|left|upright=1.1|Editoriali di Tin Pan Alley nei pressi di Broadway.]] Nella seconda metà dell'800, il controllo del copyright sulle melodie non era ancora così stringente, e le case editrici di spartiti, potevano liberamente pubblicare la propria versione dei brani più popolari. Fu con l'emanazione di leggi più rigide sul diritto d'autore che compagnie, autori, compositori e produttori iniziarono a collaborare per il comune interesse, concentrando i loro uffici in quello che diventerà presto il più importante centro industriale dell'editoria musicale, dislocato nella Tin Pan Alley di New York. Altri centri di produzione musicale nacquero a Chicago, New Orleans, St. Louis e Boston. Gli autori che producevano regolarmente canzoni di successo, venivano spesso assunti nello staff delle case di produzione, ed i più conosciuti, come Harry Von Tilzer e Irving Berlin, fondarono anche etichette proprie. La politica sul copyright, che si faceva sempre più vorace, culminò con la formazione della Music Publishers Association of the United States da parte di un gruppo di case di produzione della Tin Pan Alley che l'11 di giugno del 1895 si unirono nel tentativo di fare azione di lobby all'interno del governo federale in favore del Treloar Copyright Bill, che cambiava i termini del diritto d'autore portandone la protezione da 24 a 40 anni, rinnovabili per altri 20 invece che i precedenti 14.
Le industrie della Tin Pan Alley avevano sviluppato, fin dai loro esordi, un metodo di promozione dello spartito musicale basato sulla produzione continua di nuove canzoni. Molti negozi musicali assumevano cantanti e pianisti come dimostratori degli spartiti: tale figura si chiamava "Song pluggers", mentre altri "Song pluggers" venivano spinti a viaggiare dagli editori, per far familiarizzare il pubblico con i loro brani. Fra i song pluggers poi divenuti più noti vi furono George Gershwin e Harry Warren. I brani venivano poi diffusi attraverso innovativi strumenti tecnologici. Uno di questi strumenti fu il pianoforte meccanico che permetteva alla gente di ascoltare le nuove arie per piano, anche senza il suonatore[10]. Con l'ingresso del '900 diventano di gran voga i teatri di commedia musicale e le sale da ballo, oltre all'ultima novità in fatto di tecnologia: Il grammofono, che permise la rapida crescita dell'industria musicale e l'esportazione dei brani americani in tutto il mondo: "nel 1920 c'erano 80 case discografiche in Inghilterra e 200 negli USA"[10]. La diffusione della Radio negli anni '20 portò poi la produzione discografica alle orecchie di un pubblico enorme. Anche l'introduzione del sonoro nel cinema sul finire degli anni '20, contribuì alla diffusione dei brani musicali che venivano ora inseriti nei film sfruttando l'enorme visibilità che il cinema concedeva. Tra gli anni '20 ed i '30, l'industria musicale si stava già consolidando in quel sistema delle major che domineranno poi il mercato[10].
Inizialmente lo stile Tin Pan Alley era specializzato in ballate melodrammatiche e canzoni comiche. In seguito le industrie abbracciarono i nuovi stili popolari del cakewalk e ragtime. Fu sulla metà degli anni '10 che nacque la tendenza ad incorporare il Jazz ed il Blues, orientando però questi generi alla produzione di canzoni orecchiabili che cantanti amatoriali e piccole band di paese potessero eseguire da spartiti e testi stampati. Nacque così quella che oggi ricordiamo come l'età del jazz.
Innovazioni tecnologiche e dopoguerra
[modifica | modifica wikitesto]Con l'introduzione commerciale della radio (intorno agli anni venti) il copyright acquista anche il diritto di esecuzione e nascono due associazioni di editori: la ASCAP che si occupa di musica tin pan alley e la BMI che si occupa di musica nera e hillbilly. Le associazioni in sostanza richiedono un pagamento alle radio per la trasmissione dei brani, queste ultime però, salassate dalle esose richieste degli editori newyorkesi, trasmettono solo canzoni registrate dalla BMI perché molto più economiche, tin pan alley è in declino.
L'invenzione del microfono negli anni trenta porta i cantanti a sperimentare una nuova forma di canto, fino ad allora le esibizioni erano possibili solo con urli, voci molto alte e potenti o addirittura megafoni, con la nuova tecnologia invece è possibile anche solo "sussurrare", creare un'atmosfera più intima e confidenziale: nasce la figura del crooner; tra i maggiori esponenti troviamo Dean Martin, Frank Sinatra e Bing Crosby.
Dopo la seconda guerra mondiale le tecnologie prima utilizzate per lo spionaggio, soprattutto di provenienza tedesca, vengono utilizzate per migliorare la qualità delle registrazioni in studio.
la rivista billboard rinomina la categoria race records con rhythm & blues, definita così, oltre che per utilizzare un termine politicamente corretto, anche per definire un innovativo impatto ritmico, poi accresciuto ulteriormente in seguito all'introduzione del basso elettrico (1951).
Le major del tempo sono la Columbia e la RCA, la prima nel 1948 inventa e adotta il vinile 33 giri, più adatto per le registrazioni di musica colta, la seconda preferisce usare il formato 45 giri che diventa inizialmente il preferito per i brevi singoli di popular music.
Look e consumismo
[modifica | modifica wikitesto]Il termine payola deriva dalla contrazione e unione delle parole inglesi "pay" (pagare) e "victrola" (una famosa marca di riproduttori sonori), nel mondo del business musicale è una pratica che consiste nella corruzione di un dj o di un direttore radiofonico da parte di società di edizioni (es. ASCAP, BMI, SIAE ecc.) o di etichette discografiche in cambio della messa in onda dei brani da loro licenziati.[14] Questa pratica da sempre in uso fin dalla nascita della radio commerciale non è stata ritenuta illegale fino al 1960 quando Alan Freed venne incriminato (a partire da una operazione legale della ASCAP) per aver accettato $2.500 dalla BMI, somma che, stando alle dichiarazioni del disc jockey, voleva rappresentare un premio di gratitudine e che non lo avrebbe minimamente influenzato nella programmazione. Freed pagò la cauzione, ma lo scandalo distrusse tanto la sua carriera quanto quella di molti altri dj di rock & roll[15].
La nascita del bebop segna anche la presa di coscienza da parte degli afroamericani della loro centralità artistica e l'evoluzione della popular in un fenomeno culturale molto più vicino alla sociologia che alla musica. Alla fine degli anni '40, i giovani di colore che ascoltano bebop ci tengono a dare una particolare immagine di sé, immagine che riflette quella degli esecutori della loro musica preferita, indossano zoot suit cioè larghi abiti trafugati dai magazzini della marina militare e vengono chiamati zooties.
Gli anni '50 segnano l'inizio del consumismo in ogni campo industriale: gli esperti di marketing e pubblicità vedono nel fenomeno dell'emancipazione giovanile terra fertile per i nuovi prodotti e il mercato discografico non è più solo legato alla musica dell'artista ma anche alla sua immagine, grazie soprattutto all'avvento della televisione.
Nel '51 il dj statunitense Alan Freed fonda il primo programma di musica r&b, "The Moondog House".
I critici sono discordanti sulla nascita del rock & roll: c'è chi dà la paternità del genere a Ike Turner con rocket 88 (1951), chi a Chuck Berry e T-Bone Walker che fanno della chitarra elettrica lo strumento principe, ma la maggior parte per convenzione fa risalire l'origine a Bill Haley & his comets con Rock Around the Clock che divenne un grande successo nel 1955.
L'esplosione del rock & roll porta i media a congestionare questa nuova percezione della cultura giovanile nella figura di Elvis Presley che scandalizza l'America con le sue movenze sul palco; tra gli altri protagonisti del genere si possono citare Jerry Lee Lewis, Little Richard, Buddy Holly e Ritchie Valens, la morte di questi ultimi due in un incidente aereo nel 1959, l'allontanamento dalle scene di Elvis per il servizio militare, lo scandalo di incesto e bigamia in cui piombò Jerry Lee Lewis e soprattutto lo scandalo "payola" che si può interpretare come un attacco diretto e mirato alla musica rock per favorire il ritorno del perbenismo americano; tutti questi avvenimenti segnano la fine del rock & roll come fenomeno musicale e, almeno in superficie, culturale.
In Giamaica con Theophilus Beckford nasce lo ska.
Tra la fine del '50 e l'inizio dei '60 fa la sua apparizione nelle scene musicali e cinematografiche il primo personaggio costruito appositamente per soddisfare le richieste del pubblico dei teenager: Fabiano Anthony Forte detto Fabian.[16] Questo periodo vede il ritorno in auge della musica sullo stile dei crooner (Paul Anka, Al Martino), dei gruppi vocali (The Supremes, The Isley Brothers) e strumentali (The Shadows, Link Wray, Dick Dale, The Ventures). I nuovi idoli sono giovani ben educati e dall'immagine pulita, soprattutto italoamericani dalla voce impostata e cristallina, figure ben lontane da personaggi come Eddie Cochran o Gene Vincent. Si impone così un nuovo modello di successo per il mondo discografico, modello che viene prontamente adottato dal fondatore della prima etichetta discografica diretta completamente da afroamericani: la Motown Records di Berry Gordy. L'intuizione vincente di Gordy è rendere la musica r&b ampiamente accettabile e fruibile da un pubblico più numeroso, per fare ciò si occupa personalmente della supervisione in ogni fase produttiva di ogni singolo, sviluppa un proprio sound e caratterizza ogni pezzo con un certo appeal, elimina la figura del manager, assume come vicepresidente e rappresentante l'amico Barney Ales, unico bianco dello staff, in modo da facilitare i rapporti con i distributori, impone ai suoi artisti una certa immagine pubblica facendo seguire loro i corsi della International Talent Management Incorporated su come comportarsi, parlare o persino fumare una sigaretta in modo accattivante. In un ambiente a conduzione famigliare ma quasi dittatoriale per gli artisti, Gordy percepisce i gusti del pubblico bianco e i meccanismi del pop riuscendo a proiettare nella parte alta della classifica cantanti come Diana Ross, Marvin Gaye, Smokey Robinson, Stevie Wonder e i Jackson five, sperimentando una logica di "vendibilità della musica" che si paleserà negli anni a venire influenzando pesantemente le manovre commerciali delle grandi etichette discografiche[15].
Mainstream e underground musicale
[modifica | modifica wikitesto]L'impressione che si può dare della storia della musica in generale e della storia del popular in particolare è comunque molto generica, sarebbe praticamente impossibile elencare e definire con precisione ogni periodo attraversato dalla musica moderna senza che si parli di mainstream e di underground musicale.[1]
Per la musicologia infatti non è sempre facile tracciare una linea di demarcazione netta tra queste due correnti a causa di continui fraintendimenti dei termini e di accavallamenti stilistici, per esempio il termine rock inteso come "musica ribelle" e controculturale è successivo agli anni '50, poiché in questo periodo il termine pop era essenzialmente sinonimo di rock and roll, infatti questa musica, per quanto già allora rivoluzionaria e selvaggia, all'epoca ne era l'anima commerciale.
Negli anni '60, il rock & roll è ormai superato e sostituito in popolarità dal beat, in questo periodo la musica pop diventa più internazionale che mai grazie all'attenzione mediatica mondiale riservata ai Beatles e alla diffusione delle fanzine a loro dedicate.
Anche l'Italia dopo il 1955 (il primo pezzo rock and roll italiano è Coccinella di Ghigo Agosti) conosce la nuova e dilagante invasione anglosassone del beat (I Corvi, I Giganti, Equipe 84).
Il riff di You Really Got Me (1964) dei Kinks inventa virtualmente l'hard-rock.
Nella seconda metà dei '60 il pop conosce il bubblegum dei Monkees, Turtles e Ohio Express.
Il termine rock oggi può essere inteso sia come "musica alternativa" che come "caratteristica aggressiva", quest'ultima definizione ha dato origine alla denominazione di generi che con la cultura alternativa non centrano niente, per esempio all'ossimoro ideologico del genere pop/rock. È dunque in questo periodo, con l'intromissione del rock, che avviene la scissione semantica tra i termini pop e popular, in quanto la popular music assume anche un'identità culturale rilevante e l'attenzione della critica specializzata.
Se il beat inglese di metà anni '60 costituisce il lato mainstream, la musica di tendenza stimolata dai media e dall'industria discografica, in reazione al consumismo del decennio precedente e in linea con il germe anticonformista del rock & roll inizia a formarsi nella popular music anche una sottocultura che da un lato lega alla musica tematiche dal forte impatto sociale pescando dal linguaggio della musica folk (Contemporary folk music), con Bob Dylan, Pete Seeger e Woody Guthrie che fanno del "messaggio" un punto di forza, da un altro lato va incontro a una ricerca tecnica e stilistica ribelle e provocatoria o più semplicemente alternativa con gruppi e artisti come Fugs, Standells (a questi due in particolare si deve lo
sviluppo dell'ideologia controculturale, dando di fatto alla luce il rock inteso come musica ribelle[17]), Stooges, 13th Floor Elevators, Frank Zappa, Captain Beefheart, Velvet Underground, Music Machine, Electric Prunes, Tim Buckley, Soft Machine, Pink Floyd, Doors, Grateful Dead, King Crimson Bruce Springsteen
Mentre Santana e Jimi Hendrix reinventano la chitarra elettrica e la figura del chitarrista, prende piede la controcultura hippie legata alla musica psichedelica, agli allucinogeni come simboli di una nuova presa di coscienza, alla protesta e alla rivoluzione sessuale, che culminerà con la cosiddetta estate dell'amore del '69.
I Led Zeppelin sono il primo gruppo il cui successo di massa non dipende dalla programmazione radiofonica dei singoli, in più lanciano l'hard rock e definiscono l'LP come mezzo più adeguato per il rock.
I Black Sabbath, invece, si impongono come antesignani del metal e delle sue future evoluzioni.
Intanto prende forma la cultura Glam, corrente che valorizza, quasi estremizzandolo, l'impatto visivo dell'artista (T. Rex e New York Dolls).
La ricercatezza tecnica proseguirà con il già citato progressive rock, che troverà una sua età dell'oro anche in Italia.
In Germania con gruppi come Can, Kraftwerk, Tangerine Dream e poi in America con i Suicide si definisce la musica elettronica in senso moderno e l'hip hop diventa popolare grazie al dj giamaicano Clive Campbell.
In reazione al progressive e conseguentemente alla diffusione di un dilagante nichilismo nato dalle ceneri del movimento hippie, nella metà degli anni '70 esplode e si consuma il movimento punk, originato musicalmente da una estremizzazione del garage, che ritorna a fare del messaggio e del linguaggio il suo punto di forza insieme alla velocità e alla linearità delle esecuzione con gruppi come Ramones, The Clash, Sex Pistols, Pop Group, Damned e Cramps, ma poche delle band citate riusciranno poi a evolvere ulteriormente il punk verso qualcosa di veramente nuovo, cosa che avverrà invece negli Stati uniti con la new wave dei Pere Ubu, Devo, Talking Heads, Television, in Inghilterra con Ultravox, Gang of Four e Joy Division, mentre i Roxy Music insieme a Smiths e Simple Minds contribuiranno a influenzare l'onda new romantic poi portata al grande successo da Spandau Ballet e Duran Duran.
Mammagamma (1982) degli Alan Parsons Project è il primo brano suonato interamente da un computer, confermando così l'inizio dell'era della musica digitale.
Siouxsie and the Banshees fanno prendere forma al movimento dark che influenzerà gruppi come Cure e Bauhaus.
Brian Eno, ex Roxy Music, porta alla luce la no wave di Lydia Lunch e Arto Lindsay, movimento sostenuto anche dagli australiani Birthday Party di Nick Cave, derivante dal punk e caratterizzato dal rifiuto delle convenzioni imposte dalla musica pop.
Si può notare che questo periodo è ricchissimo di varie correnti musicali e band legate a etichette discografiche indipendenti, questo grazie a una rivoluzione auto-editoriale ("do it yourself") lanciata dal punk, questa tendenza in ambito musicale nei primi anni '80 crea molta confusione tra ciò che può essere definito pop e ciò che può essere definito rock (si veda anche la popolarità mainstream acquisita dal metal) si specifica infatti che questa spaccatura culturale all'interno della musica occidentale non è assolutamente netta ma generalmente individuabile, comunque la popular music conosce in definitiva le caratteristiche principali delle proprie correnti mainstream e underground, identifica cioè una corrente relativamente impopolare e ricercata che ne influenza una popolare e di tendenza con nuovi elementi tecnici, stilistici e ideologici.
Video musicale e internet
[modifica | modifica wikitesto]Il video si accosta alla musica fin dalla nascita del cinema sonoro ma l'importanza comunicativa che ha l'immagine dell'artista si comprende appieno solo negli anni '50 con le riprese dei concerti dei musicisti rock & roll. Il video musicale può essere quindi considerato un incentivo espressivo notevole per gli artisti, si pensi ad esempio alle sperimentazioni musicali/visuali degli anni '60 oppure ai Devo che li usano per diffondere la loro teoria della "devo-luzione", i Pink Floyd li hanno usati ampiamente nel corso dei loro tour e sono un elemento essenziale per il gruppo Residents.
Ma l'idea vera e propria di uno sfruttamento commerciale "di massa" arriva negli anni '80.
MTV (prima messa in onda 1981) e network simili dalla metà degli anni '80 si affermano come un ulteriore mezzo divulgativo e una grossa opportunità di acquisire visibilità e popolarità, le trasmissioni video portano anche a una suddivisione commerciale dei generi per venire incontro ai gusti di più persone, in particolare dei giovani, questo perché appunto la tv si rivolge a un pubblico sempre più vasto e per funzionare deve poter agire su più target.
Ovviamente la necessità di audience e la presenza dell'aspetto visuale porta i network a favorire un certo tipo di band o di solista piuttosto che un altro, nascono le boy band (Take That, *NSYNC) e le girl band (Spice Girls, Destiny's Child) gruppi vocali la cui immagine gioca un ruolo fondamentale.
In questo periodo le major escono dalla crisi in cui si erano trovate dopo l'esplosione delle etichette indipendenti, ma negli anni '90 si trovano ad affrontare un altro fenomeno che piegherà la curva delle vendite discografiche.
Internet è un'altra grande innovazione per quanto riguarda la diffusione della musica, ma in modo diverso rispetto alla radio o alla televisione, infatti il fruitore diventa un ascoltatore attivo, cioè gli viene data la possibilità di venire a conoscenza di un parco molto più ampio di generi musicali e soprattutto di scegliersi la "propria" musica, perché in internet non esiste necessariamente la logica del target mediatico, ogni utente può scegliere cosa ascoltare quando vuole, non deve cioè seguire una programmazione obbligata e le varie correnti musicali vengono generalizzate in minor misura. Si sviluppa anche una sorta di passaparola virtuale, simile a ciò che avveniva negli anni '60, e un ritorno dell'indie, tutto questo ha portato lo sviluppo di una nuova corrente denominata New Weird America e di fatto all'abolizione, o comunque all'attenuazione, della figura del divo, poiché vi è una sorta di ridistribuzione dei fans e divisione in più movimenti culturali.
Siti come Myspace e YouTube permettono a chiunque di diffondere la propria musica nel web gratuitamente, ciò ha fatto la fortuna di molte band, come ad esempio Arctic Monkeys, Cansei de Ser Sexy e Ok Go.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d Lucio Spaziante, Sociosemiotica del pop, Carocci editore, 2007.
- ^ I mondi della musica. Le musiche del mondo di Elisabetta Panis
- ^ Philip Tagg, "Analysing Popular Music: Theory, Method and Practice", Popular Music 2 (1982): 41.
- ^ Philip Tagg, Analysing Popular Music: Theory, Method and Practice, Popular Music 2, 1982.
- ^ Kim Ruehl, Folk Music, su folkmusic.about.com, About.com definition. URL consultato il 18 agosto 2011.
- ^ The New Grove Dictionary of Music and Musicians, volume 15
- ^ La musica leggera e la canzone italiana da oradimusica.it
- ^ Definizione da etymonline.com
- ^ a b "Rock, pop, leggera, commerciale... o Popular Music?" di Alessandro Pascale su Storiadellamusica.it
- ^ a b c d e Richard Middleton and Peter Manuel. "Popular music" in Grove Music Online.
- ^ a b c Federico Savini, "La Zèt la vò balé". Miti, paradossi e antropologia del Liscio Romagnolo", Blow Up, N. 188 gennaio 2014, Tuttle Edizioni
- ^ Paolo Ruggieri, Canzoni Italiane, Fabbri Editori, 1994, pag.2-12, Dalle origini a Piedrigrotta
- ^ Pasquale Scialo, La canzona napoletana, Newton&Compton, 1998, pag.24-28, I posteggiatori
- ^ Payola (EN)
- ^ a b Blues, jazz, rock, pop - il novecento americano, Ernesto Assante e Gino Castaldo, Einaudi editore, 2004
- ^ Gianluca Testani e Mauro Eufrosini, Enciclopedia del rock vol.4
- ^ Storia del rock, su scaruffi.com.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Umberto Eco, Apocalittici e integrati, Milano: Bompiani, 1964 (ed. modificata, 1977)
- Simon Frith e V. Ala, La sociologia del rock, Milano, Feltrinelli, 1982, ISBN 978-88-07-80970-5.
- Chiara Santoianni, Popular music e comunicazioni di massa. Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sulla musica "dei giovani", Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1993, ISBN 88-7104-632-3.
- Nicholas Cook, Music. A Very Short Introduction, Oxford, Oxford University Press, 1998, ISBN 978-0-19-285382-0.
- Paolo Scarnecchia, Musica popolare e musica colta, Jaca Book, 2000
- Jean-Jacques Nattiez, Enciclopedia della musica: il Novecento, vol. 1, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2001, ISBN 88-06-15840-6.
- Theodor W. Adorno, Sulla popular music, a cura di Marco Santoro, 1ª ed., Roma, Armando editore, 2004, ISBN 88-8358-515-5
ISBN
non valido (aiuto). - Marco Peroni, Il nostro concerto. La storia contemporanea tra musica leggera e canzone popolare., Bruno Mondadori Editore, 2005
- Marco Peroni, Il nostro concerto. La storia contemporanea tra musica leggera e canzone popolare, Milano, Mondadori Editore, 2005, ISBN 88-424-9207-8.
- Lucio Spaziante, Sociosemiotica del pop, Roma, Carocci editore, 2007, ISBN 978-88-430-3618-9.
- Ernesto Assante e Gino Castaldo, Blues, jazz, rock, pop. Il Novecento americano, 2ª ed., Torino, Giulio Einaudi Editore, 2007 [2004], ISBN 978-88-06-16711-0.
- Franco Fabbri, Around the clock. Una breve storia della popular music, Torino, UTET, 2008, ISBN 978-88-02-07925-7.
- Franco Dell'Amore, Storia della musica da ballo romagnola. 1870-1980, Savignano sul Rubicone, Pazzini Editore, 2010
- Paolo Mercurio, Amici della Musica Popolare, Milano, 2014, ISBN 978-60-50-34295-6
- Lello Savonardo, Sociologia della musica. La costruzione sociale del suono, dalle tribù al digitale, Utet Università, Torino 2010.
- Lello Savonardo, Sociologie de la musique. La construction sociale du son des "tribus" au numérique, Academia-L'Harmattan, Louvain-la-Neuve, 2014.
Voci correlate
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Collegamenti esterni
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