Sistema Ii
Il sistema Ii è uno dei 38 sistemi di gruppi sanguigni umani; è basato su geni sul cromosoma 6.
L'antigene I si trova sulla membrana cellulare dei globuli rossi in tutti gli adulti, mentre l'antigene i si trova solo sui globuli rossi del feto in via di sviluppo e dei neonati.[1][2] Esistono rare varianti dell'antigene i: per esempio, l'antigene i1 è raro nei bianchi, e l'antigene i2 è raro tra i neri.[1]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Gli antigeni del gruppo sanguigno Ii sono stati i primi alloantigeni noti nell'umano che mostravano un cambiamento completo durante lo sviluppo.[2]
L'anti-I fu identificato per la prima volta da Wiener nel 1956.[3] Tippett nel 1960 descrisse una famiglia nera di Baltimora in cui i globuli rossi apparentemente erano di fenotipo i e il loro siero conteneva anticorpi anti-I[4], dimostrando che la presenza dell'antigene I avesse basi genetiche[2].
Sintesi ed espressione dell'antigene
[modifica | modifica wikitesto]La sintesi dell'antigene i (la forma fetale) è coadiuvata da vari enzimi, tra cui la beta-1,3-N-acetilglucosaminiltransferasi e beta-1,4-galattosilltransferasi[2]. L'antigene i risulta caratterizzato dalla presenza di catene polisaccaridiche lineari di N-acetillattosaminoglicani[2].
La formazione dell'antigene I (la forma "adulta") dall'antigene i è catalizzata da una proteina chiamata I-branching enzyme (beta-1,6-N-acetilglucosaminiltransferasi)[2] codificata dal gene GCNT2[5]: tale enzima determina il passaggio delle catene di N-acetillattosaminoglicani dalla forma lineare presente nell'antigene i a quella ramificata che compone l'antigene adulto I[6]. Nei neonati l'antigene i subisce una conversione graduale fino a raggiungere i livelli dell'antigene I dell'adulto entro 18 mesi dalla nascita.[1][2]
Rilevanza clinica
[modifica | modifica wikitesto]Gli anticorpi naturali anti-I si trovano negli adulti che possiedono l'antigene i, che è causato dalla mutazione del gene GCNT2, che codifica per l'I-branching enzyme.[1][2] Le mutazioni che eliminano tutte e 3 le varianti di GCNT2 causano il fenotipo i dell'adulto con cataratta congenita.[2]
Gli autoanticorpi anti-I sono la fonte più comune di agglutinine nell'anemia emolitica autoimmune[7] e sono associati alla malattia da agglutinine fredde; gli autoanticorpi anti-i sono stati identificati in persone con leucemie e altre malattie del sangue[1][2]; un aumento transitorio di anticorpi anti-i è relativamente comune nelle persone con mononucleosi infettiva.[1]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f (EN) Ii blood group system | biology, su Encyclopedia Britannica. URL consultato il 14 gennaio 2021.
- ^ a b c d e f g h i j OMIM Entry - # 110800 - BLOOD GROUP, I SYSTEM; Ii, su omim.org. URL consultato il 14 gennaio 2021.
- ^ A. S. Wiener, L. J. Unger e L. Cohen, Type-specific cold auto-antibodies as a cause of acquired hemolytic anemia and hemolytic transfusion reactions: biologic test with bovine red cells, in Annals of Internal Medicine, vol. 44, n. 2, 1956-02, pp. 221–240, DOI:10.7326/0003-4819-44-2-221. URL consultato il 14 gennaio 2021.
- ^ Patricia Tippett, Jean Noades e Ruth Sanger, Further Studies of the I Antigen and Antibody, in Vox Sanguinis, vol. 5, n. 2, 1960-03, pp. 107–121, DOI:10.1111/j.1423-0410.1960.tb04668.x. URL consultato il 14 gennaio 2021.
- ^ J. C. Yeh, E. Ong e M. Fukuda, Molecular cloning and expression of a novel beta-1, 6-N-acetylglucosaminyltransferase that forms core 2, core 4, and I branches, in The Journal of Biological Chemistry, vol. 274, n. 5, 29 gennaio 1999, pp. 3215–3221, DOI:10.1074/jbc.274.5.3215. URL consultato il 19 gennaio 2021.
- ^ M. F. Bierhuizen, M. G. Mattei e M. Fukuda, Expression of the developmental I antigen by a cloned human cDNA encoding a member of a beta-1,6-N-acetylglucosaminyltransferase gene family, in Genes & Development, vol. 7, n. 3, 1993-03, pp. 468–478, DOI:10.1101/gad.7.3.468. URL consultato il 19 gennaio 2021.
- ^ (EN) Marion E. Reid, Christine Lomas-Francis e Martin L. Olsson, The Blood Group Antigen FactsBook (Third Edition), collana Factsbook, Academic Press, 1º gennaio 2012, pp. 651–653, DOI:10.1016/b978-0-12-415849-8.00037-5, ISBN 978-0-12-415849-8. URL consultato il 14 gennaio 2021.