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Silent enim leges inter arma
Silent enim leges inter arma (letteralmente: «Tacciono infatti le leggi in mezzo alle armi») è una frase latina tratta dalla Pro Milone di Cicerone.[1] Viene spesso citata per constatare fatalisticamente che, quando vengono usate le armi, e quindi la violenza, il diritto cessa di avere vigore, e che in tempi di guerra non valgono né le leggi né le convenzioni di uno stato di diritto.
Va rilevato che lo stesso Cicerone è autore di un'altra più famosa massima (Cedant arma togae), che esprimerebbe il concetto opposto.
Significato originario
[modifica | modifica wikitesto]Sebbene a questa frase si assegni spesso il valore di un aforisma («In tempo di guerra, le leggi tacciono»), in realtà il senso originario è legato strumentalmente al contesto del brano e della situazione, che è la difesa di Milone dall'accusa di omicidio invocando la legge non scritta della legittima difesa: di fronte a un'aggressione armata, è inevitabile difendersi anche mediante il ricorso alla violenza.[2]
In effetti, pur considerando il realismo politico dell'autore e la circostanza che l'espressione possa essere stata ispirata sia dalla visione dello storico greco Tucidide sulla natura violenta della guerra, sia dalla situazione politico-sociale della Roma del suo tempo (I secolo a.C.), travagliata dalle guerre civili, bisogna ritenere che la fede di Cicerone sia piuttosto quella espressa dal Cedant arma togae.[3] Tanto è vero che poco prima, all'esordio dell'orazione, di fronte allo spiegamento eccezionale di truppe di fronte al tribunale (a tutela del processo, o a minaccia del suo sereno svolgimento?), Cicerone stesso aveva ribadito il primato della legge civile rispetto alle pressioni del potere militare.[4]
Letteratura
[modifica | modifica wikitesto]Inter arma silent leges è la formula sprezzante con cui Graham Hughes (in Civil Disobedience and the Political Question Doctrine, 1968) interpretò la decisione della Corte Suprema di respingere tutti i ricorsi circa la costituzionalità di decisioni governative concernenti la guerra del Vietnam (decisione che si appellava al principio di separazione dei poteri) come un'abdicazione al proprio ruolo.
Cultura di massa
[modifica | modifica wikitesto]La frase (nella forma Inter arma enim silent leges) è stata ripresa come titolo di un episodio della serie tv di fantascienza Star Trek: Deep Space Nine (7ª stagione, episodio 16), nel quale il dottor Julian Bashir viene reclutato da servizi segreti e coinvolto in un elaborato piano riguardante l'alto comando romulano. Nella stessa forma è presente nel fim The Conspirator di Robert Redford in bocca al segretario di guerra unionista Edwin McMasters Stanton.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Pro Milone, IV,10.
- ^ Pro Milone, IV, 10-11: «Così, se dovessimo subire un agguato, una violenza, magari anche armata, per opera di un brigante da strada o di un avversario politico, ogni mezzo per salvare la nostra vita sarebbe lecito. Le leggi, infatti, tacciono in mezzo alle armi e non prescrivono di affidarsi a loro, perché chi decidesse in tal senso dovrebbe comunque subire una pena immeritata prima di avere giustizia. Se vogliamo, c'è una legge che tutela la legittima difesa».
- ^ Si osservi anche, sul piano della grammatica, il diverso uso dei modi verbali: in Cedant arma togae il congiuntivo esprime un'esortazione o volizione, ossia una realtà auspicata come giusta; invece Silent leges, al modo indicativo, esprime non una visione fatalistica e rassegnata di fronte all'ineluttabilità della storia, ma la circostanza obiettiva dell'inevitabile ricorso alle armi nel caso specifico e personale della legittima difesa.
- ^ Pro Milone, I, 2: «Se sapessi che si è allestito tutto questo schieramento per contrastare Milone, mi arrenderei all'evidenza dei fatti, giudici; non reputerei che vi sia spazio per un'orazione di difesa in mezzo a così tante armi. Ma mi risolleva e mi conforta un po' il progetto di Gneo Pompeo, uomo molto saggio e giusto: egli non riterrebbe consono ai suoi principi di giustizia consegnare alle armi dei soldati l'imputato che aveva affidato alle decisioni dei giudici».