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Primo Visentin
Primo Visentin, soprannominato Masaccio (Riese Pio X, 13 dicembre 1913[1] – Loria, 29 aprile 1945), è stato un partigiano italiano, medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nato nel 1913 a Poggiana di Riese Pio X da Umberto e Maria Martinello, braccianti, rimase presto orfano di padre morto sul fronte isontino durante la prima guerra mondiale a causa di un malattia febbrile. [1]
La madre si risposò con Michele Quaggiotto. Primo trascorse la sua infanzia in condizioni economiche tutt'altro che agiate. Infatti, dal matrimonio tra Maria e Michele nacquero altri sei figli per cui Michele dovette emigrare in America per sfamare la propria famiglia. Primo Visentin, come orfano di guerra, venne accolto nell'istituto per loro [1] di Vittorio Veneto, gestito da Mons. Bianchin.
Successivamente frequentò il ginnasio della città e, ritornato a Poggiana, completò gli studi acquisendo il diploma magistrale nel 1932.[1] Nel novembre dello stesso anno ricevette il suo primo incarico a Vallà di Riese: una classe terza elementare di 50 alunni. Nel 1936 accettò l'incarico di segretario del Partito Nazionale Fascista nella sezione di Loria, ruolo che lasciò l’anno dopo.
In quel periodo si iscrisse anche all'Università di Padova,[1] giungendo alla laurea (110 e lode) con la tesi: La fortuna critica di Giorgione nel 1940, anno di inizio della guerra.
I primi tre anni di guerra segnarono per Primo un cambiamento. Insegnò ad Asolo, Venezia, a Bergamo. Sua madre morì il 29 aprile 1942. Gravò allora su di lui il mantenimento dei suoi sei fratelli. A Venezia, il suo professore Agostino Zanon dal Bo lo introdusse nel PdA cittadino e lo mise in contatto con i primi nuclei antifascisti.
Richiamato alle armi nel 1943, rifiutò i privilegi conferiti dalla laurea e venne addestrato al CAR, come soldato semplice, nel 32º reggimento d'artiglieria divisionale. Immediatamente dopo l'8 settembre scavalcò il muro della caserma e si procurò delle armi, insieme con i primi amici fidati.[1] Raccolse subito molti altri renitenti alla guerra ed organizzò varie bande, da ultima la "Brigata Martiri del Grappa"[1] dopo il rastrellamento. Sempre in prima fila. Il suo nome di battaglia era Masaccio,[1] in ricordo del suo pittore preferito.
Il 17 febbraio 1945 per salvare la città di Bassano del Grappa da un minacciato bombardamento guidò un gruppo di 15 partigiani che trainavano, in bicicletta, due carretti con le pesanti bombe, [2]fino al Ponte di Bassano chiamato anche Ponte degli Alpini e lo fece saltare, sotto gli occhi dei tedeschi. Lui, travestito da ufficiale tedesco, dirigeva i movimenti dei suoi e sollecitava lo sgombero del ponte ai passanti. [3].
Il 29 aprile, ultimo giorno di guerra,[1] mentre stava intimando la resa a un reparto tedesco, fu ucciso da una raffica sparata alle spalle.[4][5]. Secondo tutte le fonti l'omicidio sarebbe da ascriversi al comandante subalterno, Antonio Andretta, il quale temeva che con la fine della guerra, per le sue malefatte sarebbe stato consegnato alla magistratura civile.
Masaccio teneva in tasca il verbale del processo partigiano che lo condannava e una testimone lo vide rovesciare il corpo del morente, estrarre, dalle sue tasche, il taccuino e strappare le pagine.[6] Secondo Sergio Bernardi ed altri autori, l'omicidio di Primo Visentin non fu un caso isolato e va inserito nella vasta e complessa trama degli intrallazzi e conflitti, tra i vari servizi segreti alleati, ma anche fascisti.[7]
Memoria e controversie
[modifica | modifica wikitesto]Antimilitarista
Contro la violenza, come Olivelli che ha ideato l’espressione "ribelli per amore”, Masaccio firmava così i manifesti contro i tedeschi che insultavano i partigiani, come “banditen”. Contro ogni guerra, ma soprattutto contro l'alleato tedesco, il nemico acerrimo della recente prima guerra mondiale che l’aveva reso orfano.
Arruolato, poco prima dell’8 settembre, rifiutò i privilegi che gli conferiva la laurea e fece la naia come soldato semplice. Fuggito immediatamente dopo l’armistizio, aveva fatto subito proseliti e si era procurato armi ed esplosivo per i sabotaggi. I primi partigiani che lo cercavano come guida, erano disertori disorientati. In maggioranza ventenni ed analfabeti, non sapevano nemmeno cosa fosse la democrazia, così pure i loro padri, troppo poveri od analfabeti per avere diritto al voto.
Semplicemente si rifiutavano di continuare ad uccidere o morire per le guerre di aggressione intraprese dal duce, senza comprenderne la motivazione morale e l'utilità, con tutta evidenza, catastroficamente organizzate e gestite. Cacciare l’alleato ed ora oppressore tedesco, era tra le sue priorità.
Intrepido e capace, come leader, anche nelle azioni militari
Trascinatore ed educatore, con la parola e con l’esempio. Contro la violenza ingiustificata, energico e coraggioso quando serviva, come narra[8] il suo braccio destro, Cocco, nell’azione più audace e celebre: l’abbattimento del ponte di Bassano, nel pieno centro, affollato e sotto gli occhi dei tedeschi.
La sua zona franca
È stata una realtà poco nota, operativa in un’area ristretta, della zona dei “prai” (località a nord di Castelfranco Veneto). I tedeschi in ritirata che non volevano più combattere, transitando nelle strade del circondario, venivano a conoscenza di un contesto sicuro, dove potersi arrendere in sicurezza. Lo garantiva la fama di Masaccio, comandante di parola.
Quando la folla dei prigionieri crebbe a dismisura, scarseggiava il cibo per tutti. Allora si decise di privarli delle armi e di ogni altro bene, perfino dei vestiti superflui, per poi lasciarli tornare a casa. In paese, per decenni, si favoleggiava di somme astronomiche accumulate, alcuni indizi (vedasi il libro "Masaccio: Il tesoro scomparso" di Roberto Monegato) lasciano pensare che ci fosse del vero. Per esempio, nel consorzio di Ramon di Loria, sede del comando della grande divisione Monte Grappa, c'era la "stanza del tino", nel quale si buttava la moneta metallica, alla rinfusa. Era denaro buono, rapinato nelle banche italiane, incontrate lungo la rotta. Hitler stesso imponeva di sopperire in questo modo alle esigenze finanziarie della Wehrmacht.
Ai bordi della zona franca avvennero l’eccidio di Castello di Godego e gli scontri di Vallà di Riese che condussero alle impiccagioni di Castelfranco Veneto. In entrambi i casi, la feroce rappresaglia venne scatenata dalle improvvide provocazioni di giovanissimi “partigiani” senza guida, talmente inesperti da non distinguere la truppa ordinaria, dai famigeratissimi criminali delle SS.
Paradossalmente, nella “zona franca” di Masaccio, il lutto più grave fu il suo omicidio.
La trattativa con Perillo a Bassano, vera capitale della RSI
Graziani, ministro della guerra, viveva nei paraggi, a Maser, nella villa di Volpi, esponente apicale dell’imprenditoria veneta e del fascismo, fin dalla prima ora. Il tenente Alfredo Perillo aveva scelto Bassano, città simbolo delle virtù combattentistiche nella prima guerra mondiale, come comunità ideale per l’arruolamento e l’addestramento degli alpini fascisti. In effetti, la grande divisione alpina Monte Rosa, fu il suo principale successo, nella fallimentare impresa, di ricostituire un esercito per la RSI. In questo contesto erano dislocati anche altri uffici ministeriali. Perillo, inquadrato nelle SS, si dimostrò il garante ineccepibile del ferreo controllo della città con i suoi dintorni. Abilissimo nell’alternare il bastone e la carota, negli ultimi mesi poté contare su l'efferato maggiore Carità, specializzato per quanto riguardava l’arma del terrore e della ferocia. In questo modo riuscì a vivere senza subire un clima particolarmente aggressivo nei suoi confronti.
Certamente Perillo voleva arrivare ad un accordo per minimizzare inutili spargimenti di sangue, ma anche per salvare la propria pelle e guadagnarsi un futuro sconto della pena prevista. Scelse Primo Visentin perché, evidentemente, lo riteneva l'interlocutore più credibile ed efficace, dato che comandava, attraverso la divisione Monte Grappa, con il comando a Ramon di Loria, tutta l’area pedemontana, dal Brenta al Piave. Dunque Masaccio era un referente autorevole e carismatico agli occhi della popolazione locale, fin da quando il CLN l’incaricò di abbattere il ponte di Bassano, trainando il carrettino con la bomba mediante le biciclette, dalla lontana Poggiana. Masaccio era uno dei pochissimi comandati partigiani che Perillo non era mai riuscito a catturare.
Il 17/4/1945 la rotta nazista è già evidente, anche se non ancora precipitosa. Perillo contatta Masaccio e gli chiede un incontro nella sua tana a Bassano. Masaccio si fida, entra in città di notte, accompagnato dal suo braccio destro Cocco; prima di parlare appoggia la pistola carica sul tavolo. Nelle memorie di Cocco[8] abbiamo il resoconto di quanto il subalterno ha memorizzato di un’intera nottata di discussioni. Si lasciano senza essere arrivati ad un accordo o ad una rottura aperta, come dimostra il fatto che siano documentati scambi scritti successivi. Fatto sta che nella vasta zona di comune giurisdizione non si registrano eccidi eclatanti e forse non è un caso.
Ucciso perché ribelle politicamente
Lo storico Corletto racconta in "Masaccio e la resistenza fra Brenta e Piave" lo scontro con il democristiano Gavino Sabadin, capo del CLN veneto, il quale si vanta di aver acquisito Masaccio alla DC ed accenna ad una elargizione di denaro, erogata dal CLN veneto, del quale è comandante. Masaccio protesta ufficialemente negando perentoriamente la sua adesione alla DC ed il collegamento con l’erogazione della somma, che gli era dovuta per le esigenze militari.
Da quel momento non beneficia più di alcun aviolancio. Una volta l'aereo sgancia bombe, invece di armi e materiale utile, un’altra ancora, invece di scaricare sul campo segnalato, fa cadere il carico a Cendrole, ad una distanza che Primo Visentin può percorrere in qualche minuto, con la sua bicicletta. Se ne rende subito conto e piomba a Cendrole, dove trova la popolazione sveglia ed agitatissima: hanno già raccolto e nascosto tutto il materiale utile per loro. I contadini non negano il furto e con audacia inusitata si rifiutano di restituirlo.
È lecito ipotizzare che il tanto decantato carisma di Masaccio sulla popolazione locale fosse volatilizzato, rimpiazzato da un garante molto più potente ed efficace. La ricerca della verità, su questo e altri eventi, non è mai iniziata.
Indizi di complicità o connivenza da parte dello stesso gruppo dirigente partigiano
Nei libri degli storici Ceccato e Gramola, oltre ad altri autori, esiste abbondante documentazione in materia, che non confligge, bensì si integra, in molti dettagli basilari aiutando a definire meglio il ruolo del CLN e del gruppo dirigente partigiano in relazione alla morte di Primo Visentin. Anche il libro “L’anima nera della balena bianca" contiene un riassunto dei precedenti, ma allarga il confronto ai casi di alcuni altri comandanti partigiani della pedemontana di tutto il nord est.
1° Andretta, manifesto esecutore dell’omicidio, suo comandante subalterno, ha un movente personale per ucciderlo
Sempre tra le carte di Cocco[9] c’è una sua lettera del 23/4/1945, dove Andrea Cocco dettaglia il contesto, minaccia ed attua il distacco da Primo, proprio perché infuriato, visto che Masaccio non provvede, seduta stante, a sollevare dal comando ed a punire Andretta, condannato da un processo partigiano per reati vari.
Masaccio, in effetti, temporeggia e replica che vuole aspettare l’imminente fine della guerra per affidare il caso alla magistratura civile. Nella ricostruzione del delitto, avvenuto durante una trattativa per la resa di un gruppo di tedeschi, non esistono testimonianze complete, sugli spostamenti dei partigiani, prima dell’attimo fatale, che si verifica mentre camminano, incontro ai tedeschi che vogliono trattare la loro resa.
Nel momento dello sparo Andretta era steso, a pancia in giù, con il mitra puntato contro i tedeschi che avanzavano, ma anche contro le spalle di Masaccio che procedeva alla destra di Hannig, l’interprete, al centro, con Crestani, comandante militare della divisione Monte Grappa, sulla sinistra. La sventagliata del suo mitra colpì Masaccio mortalmente ed Hannig, ad un piede. Tra le testimonianze utili[10] sulla scena dopo il delitto ci sono quelle di due ragazze, una dei Pioti (la famiglia che ospitava i tedeschi) e l’altra di una sua parente, le quali hanno potuto sbirciare alcune fasi successive alla sparatoria e poi hanno osato uscire ed accostarsi al cadavere. Andretta era ancora sul posto, mentre si avvicinavano. Testimoniano di averlo visto correre verso il moribondo, rovesciarne il corpo e, frugare nelle sue tasche, estrarre un taccuino e strappare alcune pagine lasciando i frammenti accanto al cadavere. Si può evincere che fosse il verbale del processo partigiano, sopra menzionato.
2° Il sabato 28/4, giorno antecedente l’omicidio, il comando di divisione della Monte Grappa, a Ramon, assolda il plotone fascista della X MAS
Andando a ritroso nel tempo, rispetto al momento dell’omicidio, bisogna ricordare che è avvenuto a 700 metri, in linea d’aria, dal comando della divisione Monte Grappa,a Ramon. Si tratta di una struttura militare molto grande, sulla carta voluta dal CLN, con fini burocratici e politici, più che altro, che ha giurisdizione su tutta la vasta area, che va dal Brenta al Piave. Il comando militare è affidato a Crestani, che ha affiancato, in questo ruolo , più che altro burocratico e di referente per il CLN, tutte le formazioni organizzate da Masaccio, il quale è conosciuto meglio, dalla gente, come comandante della brigata “Martiri del Grappa", che ha sede ad un chilometro di distanza, nella casa della sua nonna, a Poggiana.
La vicenda dell’assunzione del plotone di militi fascisti della X MAS è raccontata, con dovizia di dettagli burocratici, dallo storico Benito Gramola nel suo libro "Monte Grappa, tu sei la mia patria".
I militi fascisti sono stati assunti il sabato 28 mattina, alle 11, il giorno precedente l’omicidio di Masaccio, quando, il flusso dei nazisti, ormai in rotta ha raggiunto il suo apice. Sono costoro a vegliare il cadavere di Masaccio, ancora caldo, nel consorzio di Ramon, la notte del giorno seguente.
Il mercoledì successivo, finita la guerra, prestano servizio d'ordine al suo funerale, come si vede nella foto scattata all’uscita della bara dalla chiesa.
La piazza è deserta di partigiani, compaesani, amici: sulla sinistra, si intravede un cordone di giovani donne, appartenenti ad una congregazione religiosa, comandata a presenziare ai funerali dei più soli e reietti. Assolto anche questo ultimo compito, pattuito con tanto di contratto scritto, i militi fascisti, una volta ricevuto il compenso pattuito, se ne andranno.
3° Moro Ermenegildo succede a Primo Visentin il mattino seguente l’omicidio
A suo dire, Moro Ermenegildo è rimasto in Austria, in campo di concentramento dall’estate del 44, prima del rastrellamento del Grappa, riapparendo a Ramon, una settimana prima della fine della guerra. Racconta di essere riuscito a fuggire, camminando a piedi ed in controcorrente, rispetto alla rotta nazista. Rimane, nella sede di comando a Ramon, fino al venerdì 27/4, quando spedisce una lettera a Cocco, da Bassano, praticamente dalla sede di Perillo, il quale, nello stesso giorno, al pomeriggio, l’ha abbandonata per fuggire ed è già in Trentino.
Nell’archivio Masaccio si possono leggere i suoi scambi con Cocco al quale elenca le formazioni che deve far arrivare in città per fargli ala e seguito quando guiderà il corteo nel suo ingresso in città come liberatore. Alla stessa data, Cocco riceve un ordine scritto, che pare una fotocopia, da parte di Masaccio. Il lunedì 30/5, a cadavere di Masaccio ancora caldo, Moro gli subentra nel comando della brigata. Moro non consegna il sospetto omicida, Andretta, alla giustizia e nemmeno lo destituisce dal ruolo di comandante e partigiano. Moro mantiene alle sue dipendenze Hannig, l’interprete che era stato ferito al piede da Andretta, unico testimone utile in grado di farlo condannare. Il buio pesto avvolge la testimonianza di Crestani, comandante militare e referente del CLN.
Per quanto risulta nelle carte dell’Archivio Masaccio, la sua testimonianza è totalmente inficiata dai “non ricordo” e dalle contraddizioni tra una versione e la successiva; nessun autore ne ha fatto uso e sono scomparse le carte del processo. Hannig protesta formalmente per le vessazioni di Andretta e chiede di essere spostato in un’altra formazione. Nessuno gli dà retta: poco tempo dopo viene trovato morto, in un incidente stradale, senza testimoni.
Indizi di complicità del CLN
Come è noto, dalla fine della guerra e fino alle prime elezioni del '46, l’amministrazione dell’Italia, formalmente, è in mano al CLN, insieme con il movimento partigiano. Con Togliatti ministro della giustizia, nei numerosi processi, per i regolamenti di conto partigiani, la manipolazione è la regola puttosto che l'eccezione.
Usciti i comunisti dal governo, molti procedimenti vengono riaperti e fioccano le condanne. Non accade per i due processi paralleli, relativi all’omicidio di Primo Visentin e di Antonio Adami. A quanto pare, le carte sono misteriosamente scomparse. I due procedimenti, contemporanei, ma distinti, sono gestiti dallo stesso avvocato difensore, Alberto Mario Bossum, negli stessi mesi, primo sindaco di una giunta catto-comunista voluta da Domenico Sartor.
Il movente politico
Come in ogni guerra, ma specialmente in quelle che hanno una componente civiletra nazioni che abbia una componente civile, il confronto tra i vari servizi segreti dei vincitori e dei perdenti, diventa frenetico e senza preclusioni aprioristiche.
Anche nel contesto locale, è presumibile che il CLN tratti a tutto campo, ma possiamo solo rilevare gli indizi. Diversi autori, tra quelli citati nella bibliografia, li hanno comparati nei diversi omicidi, dei comandanti più carismatici del nord est. In particolare Bernardi Sergio, autore del libro “L’anima nera della balena bianca”.[7]
Le analogie spiccano tra Masaccio ed Adami, che hanno un profilo ideale molto simile. Entrambi laici, quindi invisi a democristiani e comunisti, si battono per il riscatto sociale degli oppressi, ma anche per la libertà di pensiero. Sono due ribelli, sono contro ogni altro tipo di sopraffazione, condannano qualsiasi tipo di scorciatoia violenta. Su Adami esistono molti libri, come le opere di Luca Nardi e Remo Bordin.
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]— Loria, 29 aprile 1945
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f g h i Del Negro 2015, p 347.
- ^ Le Rive del Muson: Ambiente e Storia, su Le Rive del Muson: Ambiente e Storia. URL consultato il 16 luglio 2024.
- ^ Lorenzo Parolin, Nel '45 la bomba dei partigiani, su Il Giornale di Vicenza, 2014.03.22. URL consultato il 23 novembre 2021.
- ^ Diritto senza castigo: la morte del partigiano “Masaccio” dal La domenica di Vicenza.
- ^ L'arme, gli amori i libri e i tormenti del "prof" Masaccio La tribuna di Treviso.
- ^ Il partigiano Masaccio e il sangue dei vincitori da Il Corriere del Veneto 23 dicembre 2009;Antonio Serena: Benedetti assassini, Milano, 2015 p. 287 sgg.
- ^ a b L'anima nera della balena bianca, su rivemuson.wordpress.com.
- ^ a b Azioni di Cocco Andrea - Archivio Storico Masaccio, su archiviomasaccio.it. URL consultato il 3 novembre 2024.
- ^ Rapporti con Cocco - Archivio Storico Masaccio, su archiviomasaccio.it. URL consultato il 3 novembre 2024.
- ^ Testimonianze sulla morte di Masaccio - Archivio Storico Masaccio, su archiviomasaccio.it. URL consultato il 3 novembre 2024.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Gianfranco Corletto: Masaccio e la resistenza fra Brenta e Piave, Vicenza, Neri Pozza, 1965
- Egidio Ceccato: Primo Visentin: Masaccio, medaglia d'oro al valor Militare, 1992
- Livio Vanzetto: Maso l'alpino, 1993
- Flavio Trentin: Primo Visentin Masaccio, Comune di Riese Pio X 2004
- Egidio Ceccato: Patrioti e Partigiani 2004
- Egidio Ceccato: La morte del comandante partigiano "Masaccio" delitto senza castigo, Centro Studi Luccini, 2009
- Monegato Roberto: Masaccio: il tesoro scomparso. Filippi Editore, Venezia 2010
- Remo Bordin: 1940-1945 : gli anni di guerra a Vidor e nel Quartier del Piave 2011
- Italo Facchinello: Storia di un uomo, di Ed. Del Noce 2013
- Piero Del Negro (a cura di), Clariores. Dizionario biografico dei docenti e degli studenti dell'Università di Padova, Padova, Padova University Press, 2015.
- Antonio Serena: Benedetti assassini, Ritter, Milano, 2015
- Luca Nardi: Storie di guerra: Valdobbiadene e dintorni dal gennaio 1944 all'eccidio del maggio 1945, 2016
- Benito Gramola: Monte Grappa, tu sei la mia patria, 2020
- Sergio Bernardi: L'anima nera della balena bianca, 2021
- Roberto Monegato: Il tesoro scomparso, 2010
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Primo Visentin
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Primo Visentin, in Donne e Uomini della Resistenza, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
- Primo Visentin (Masaccio), su poggianadiriese.it. URL consultato il 22 agosto 2018 (archiviato dall'url originale il 6 marzo 2016).
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