Giuseppe Raffaelli

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Giuseppe Raffaelli

Giudice della Commissione feudale
Durata mandato1808 –
1º settembre 1810
MonarcaGioacchino Murat
PredecessoreIstituzione della Commissione
SuccessoreAbolizione della Commissione

Dati generali
Partito politicoMurattiani
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
UniversitàUniversità degli Studi di Napoli Federico II
ProfessioneGiurista

Giuseppe Raffaelli (Catanzaro, 20 febbraio 1750Napoli, 26 febbraio 1826) è stato un avvocato e giurista italiano.

Nomotesia penale, vol. I, 1820

Il padre, avvocato di Catanzaro, lo fece studiare a Napoli, dove si laureò in giurisprudenza. Discepolo di Antonio Genovesi, si formò anche alla scuola di Basilio Puoti.

Nel 1771, poco più che ventenne, Raffaelli acquistò fama, nel principale foro del Regno di Napoli, poiché, nel difendere una giovane donna accusata di aver svolto pratiche da fattucchiera, la sua arringa divenne celebre a tal punto che si decise di abolire il reato di stregoneria[1].

Dopo la Rivoluzione napoletana, in cui aveva presieduto il Tribunale di Stato, fu costretto ad esiliare prima in Francia, poi a Torino e in Lombardia[2]; qui divenne professore di diritto pubblico a Milano, occupando la cattedra lasciata libera da Cesare Beccaria.

Ritornato a Napoli durante il decennio francese, prese parte ai lavori di stesura del codice di procedura penale del regno italico[3]. Dal 1808 fu chiamato, assieme a David Winspeare e a Giacinto Dragonetti, a comporre la Commissione Feudale. Nello stesso anno Gioacchino Murat lo volle anche riordinatore della Corte di cassazione (insediatasi il 7 gennaio 1809)[4], della quale fu il primo procuratore generale, carica questa che mantenne sino al 1817.

Dal 1815 fece anche parte della seconda commissione reale incaricata dello studio dei nuovi codici borbonici (ultimati nel 1819), contribuendo, in particolare, alla stesura del codice penale e di quello di procedura penale[5].

Tra il 1820 e il 1826 raccolse, in 5 volumi, sotto il titolo di Nomotesia penale, la summa della scienza giuridica che, nell'intento dell'autore, doveva insegnare ai governi come dettare delle buone leggi, in particolare sui delitti e sulle relative pene, e in cui, facendo frutto della sua lunga attività di avvocato prima e di giurista poi, procedette ad una disamina dei vari tipi di reati e dei modi sia di prevenirli che di punirli[6].

  1. ^ M. Casaburi, La fattucchiera Cecilia Faragò. L'ultimo processo di stregoneria e l'appassionata memoria difensiva di Giuseppe Raffaelli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996.
  2. ^ B. Croce, Il principe di Canosa, in Idem, Uomini e cose della Vecchia Italia, s. II, Laterza, Bari 1927, p. 233.
  3. ^ E. Dezza, Il codice di procedura penale del Regno Italico (1807), Cedam, Padova 1983, p. 257.
  4. ^ Discorso del cavalier Giuseppe Raffaelli regio procurator generale presso la Gran Corte di Cassazione pronunziato a dì 7 gennaio del 1809 nell'atto dell'installazione solenne, Stamp. Simoniana, Napoli 1809.
  5. ^ R. Feola, Dall'Illuminismo alla Restaurazione. Donato Tommasi e la legislazione delle Sicilie, Jovene, Napoli 1977, pp. 295-297.
  6. ^ G. Raffaelli, Nomotesia penale, 5 voll., Tip. Cataneo, Napoli 1820-1826.
  • P. Arena, Giuseppe Raffaelli nel rinnovamento del diritto criminale, Tip. Nappa, Aversa 1926.
  • M. Casaburi, La fattucchiera Cecilia Faragò. L'ultimo processo di stregoneria e l'appassionata memoria difensiva di Giuseppe Raffaelli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996.
  • B. Croce, Uomini e cose della Vecchia Italia, s. II, Laterza, Bari 1927.
  • E. Dezza, Il codice di procedura penale del Regno Italico (1807), Cedam, Padova 1983.
  • R. Feola, Dall'Illuminismo alla Restaurazione. Donato Tommasi e la legislazione delle Sicilie, Jovene, Napoli 1977.
  • G. Raffaelli, Nomotesia penale, 5 voll., Tip. Cataneo, Napoli 1820-1826.

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