Tripode

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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Tripode (disambigua).
Egeo consulta la Pizia, assisa sul bacile del tripode nell'unica raffigurazione dell'epoca. Un'iscrizione sulla coppa identifica la Pizia come Temi. Tondo di una kylix attica a figure rosse, (440-430 a.C.), del pittore Kodros. Antikensammlung (Berlin Mus. 2538) - Berlino

Il tripode (in greco antico: τρίπος?, trípos, da τρεῖς = tre e ποδ-, radice di πούς = piede) era nell'antica Grecia un recipiente a tre piedi che si poneva sul fuoco per scaldare l'acqua. I tripodi venivano offerti come dono agli dei (il "tripode sacrificale" era un particolare tipo di altare), agli ospiti e agli atleti vittoriosi. I tripodi mostravano grandi varietà di forme, ma tutti avevano la caratteristica di poggiare su tre piedi[1]. I tripodi erano in genere forniti di «orecchie», sorta di anelli che servivano da maniglie e, a volte, di una piantana centrale di sostegno che si aggiungeva alle tre gambe.

Il tripode nel mondo omerico e esiodeo

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In Omero ricorrono frequenti menzioni all'offerta del tripode in segno di ospitalità o di elogio o quale premio ai vincitori degli agoni atletici.

La funzione premiale non era limitata alle sole competizioni atletiche ma si estendeva anche agli agoni poetici. Ce lo testimonia Esiodo, in un suo famoso passo,[2] quando ci narra che, traversato l'Euripe in cerca di gloria, ottenne, grazie a un inno, la vittoria di un «tripode orecchiuto» da lui poi consacrato alle Muse elicone, sue maestre nell'arte poetica.[3] Sono costumi che, come vedremo, si trasmetteranno anche ad epoche successive. Ma sappiamo[4] anche di tripodi finemente decorati o recanti iscrizioni, destinati ad offerte dedicatorie agli dei anche autonomamente da contesti competitivi.

Il tripode delfico

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Il tripode più famoso era quello dell'oracolo di Delfi, sul quale sedeva la Pizia durante la rivelazione dei responsi oracolari. La seduta era una lastra circolare posta sulla sommità del tripode, su cui, in sua assenza, era adagiato un rametto di alloro, associato ad Apollo, a significare la consacrazione dell'oggetto al dio.

Il mito di Eracle che contende il tripode ad Apollo compare sulle pitture vascolari in epoca più antica rispetto alle prime manifestazioni letterarie scritte. Raffigurazioni vascolari con il motivo mitico della contesa del Tripode appaiono nello stile geometrico, ma la sicura identificazione dei due contendenti nella coppia Eracle-Apollo diviene certa solo a partire dal VI secolo a.C.[5].

Il tripode delfico è il simbolo della polis magno-greca di Kroton[6], in quanto la tradizione antica vuole che la città sia stata fondata da coloni Achei dopo il responso della Pizia[7], ed in quanto tale rappresentato sulle monete della zecca krotoniate[8]; ma vi è anche l'ipotesi che si tratti di un'offerta votiva dopo la vittoria sul fiume Traente su Sybaris. Dal 1903 è stato assunto come unico simbolo grafico nello stemma della città contemporanea di Crotone[6].

Il tripode di Platea

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Le vestigia del tripode di Platea.

Famoso era anche il tripode di Platea, legato alla omonima vittoriosa battaglia, realizzato con la decima parte del bottino sottratto allo sconfitto esercito persiano. Consisteva in un bacile d'oro, sostenuto da un serpente bronzeo a tre teste (o tre serpenti intrecciati), sulle cui spire era incisa una lista delle poleis che avevano avuto parte nella guerra contro i persiani. Il bacile d'oro fu trafugato dai Focesi durante la guerra sacra mentre il supporto tripodale fu rimosso dall'imperatore Costantino e traslato a Costantinopoli, dove, quantunque danneggiato e privo delle teste dei serpenti, una delle quali si trova nel museo archeologico di Istanbul, è ancora visibile nell'Atmeidan, l'Ippodromo di Costantinopoli. L'iscrizione, tuttavia, è stata recuperata nella sua quasi interezza.

Gli agoni drammatici

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Il Monumento di Lisicrate, ad Atene.

I tripodi, come detto, continuarono ad assolvere una funzione premiale nei contesti agonali, come ad esempio nelle Dionisie, gli agoni drammatici in onore di Dioniso: il corego vincente, un facoltoso cittadino ateniese che si faceva carico della spesa di scritturazione e addestramento del coro, riceveva in premio una corona e un tripode che poi, alla maniera di Esiodo, avrebbe dedicato a qualche dio o installato su una base di marmo eretta in forma di piccola tholos. Questi monumenti, in gran numero, andarono ad affollare un quartiere di Atene, chiamato per questo la strada dei tripodi.

Una di queste costruzioni, il monumento coregico eretto da Lisicrate per commemorare la vittoria in un agone drammatico nel 335 a.C., è visibile ancor oggi ma il disegno del tripode sommitale, ora mancante, è stato variamente immaginato dagli studiosi fin dal XVIII secolo.

Connessioni con pratiche oracolari e sciamaniche

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Si è sostenuto, da parte di alcuni studiosi, che l'uso del tripode dedicatorio fosse molto antico e che fosse anche associato con gli oracoli e l'oltretomba. Lo si è congetturato specialmente per via della tradizione sull'oracolo delfico, in cui la Pizia viene descritta, durante lo svelamento oracolare, come se fosse posseduta da una sorta di trance indotta da vapori provenienti da una cavità del sottosuolo.

Lo studioso Martin Litchfield West individua nella sibilla delfica molti tratti in comune con le pratiche sciamaniche, probabile retaggio di pratiche provenienti dall'Asia centrale. Cita ad esempio l'uso di profetizzare in posizione stante su un bacile retto da un tripode, lo stato di trance estatica, le espressioni inintelligibili[9].

Secondo Erodoto,[10] i tripodi di vittoria non venivano portati via dall'area del santuario ma lasciati invece sul posto per consacrazione.


Si raggruppano in questa sezione, per non appesantire il testo, le citazioni cui si riferiscono le note:

«[…] mai infatti, finora, su nave l'ampio mare percorsi / se non verso l'Eubea da Aulide, dove una volta gli Achei / aspettando la fine della tempesta, una vasta armata raccolsero, / dall'Ellade sacra contro Troia dalle belle donne; / là io per le gare in onore del forte Anfidamante / per Calcide m'imbarcai; in bando molti premi avevano posto di quel magnanimo i figli; là, io ti dico, / vincendo con un inno conquistai un tripode orecchiuto. / Lo consacrai alle Muse Eliconie / là dove dapprima mi iniziarono all'armoniosa poesia; / solo questa esperienza ho di navi molto chiodate; / ma, pur così, io ti dirò di Zeus egioco la mente, / ché le Muse m'insegnarono a cantare un inno meraviglioso.»

«92. In Grecia ci sono molti altri doni votivi di Creso, e non solo quelli che ho detto: a Tebe di Beozia un tripode d'oro, che dedicò ad Apollo Ismenio; a Efeso le vacche d'oro e la maggior parte delle colonne; nel tempio della Pronaia a Delfi un grande scudo d'oro. Questi doni votivi erano là ancora ai miei tempi; altri andarono persi.
144. Infatti, in antico nei giochi di Apollo Triopio destinarono ai vincitori tripodi di bronzo, ed era obbligo che chi li ottenesse non li portasse via dal santuario, ma li dedicasse, appunto lì, al dio.»

«59. Vidi del resto anch'io di persona lettere cadmee, nel santuario di Apollo Ismenio, in Tebe dei Beoti, incise su tre tripodi e per lo più simili a quelle ioniche. E uno dei tripodi ha una iscrizione: «Mi dedicò Anfitrione ritornando dai Teleboi».
60. Un altro tripode dice in verso esametro: «Sceo, avendo vinto gareggiando nella lotta, mi dedicò a te, al lungisaettante Apollo, come dono stupendo».
61. Un terzo tripode dice, anche questo in esametri: «Laodamante in persona, quand'era re, dedicò a te, ad Apollo che raggiungi il segno, il tripode, come dono stupendo».»

  1. ^ È il caso di notare che, per una nota proprietà d'incidenza della geometria euclidea, il supporto a tre piedi è l'unico in grado di garantire la complanarità dei punti di appoggio.
  2. ^ Le opere e i giorni, 650-662; in Esiodo, Opere, traduzione e cura di Graziano Arrighetti, Milano, Mondadori, 2007. Una traduzione inglese è disponibile in rete a questo indirizzo: (EN) Hesiod, Works and Days, su omacl.org, 2 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 2 giugno 2017).
  3. ^ L'occasione era il rito funebre di Anfidamante, re di Calcide, morto nella guerra lelantina. La circostanza, oltre a fornire uno dei pochi agganci cronologici certi nella vita del poeta, ha anche dato spunto a quella tarda tradizione che si vedrà trasfusa, in epoca tarda, nell'Agone di Omero ed Esiodo.
  4. ^ Cfr., ad es., Erodoto, Storie, V, 61; qui, su dariosoldani.interfree.it, 14 gennaio 2012 (archiviato dall'url originale il 14 gennaio 2012).
  5. ^ Walter Burkert, Homo Necans (1982) tradotto da Peter Bing (University of California Press) 1983, p. 121 e relativo apparato bibliografico.
  6. ^ a b Giuseppe Celsi, Il tripode, simbolo di Kroton e di Crotone. Interpretazioni e significati, in Gruppo Archeologico Krotoniate, 7 marzo 2021. URL consultato il 30 ottobre 2021.
  7. ^ Giuseppe Celsi, Ercole, Miscello, Apollo Pizio e la fondazione di Crotone, in Gruppo Archeologico Krotoniate, 16 marzo 2020. URL consultato il 1º settembre 2021.
  8. ^ Gruppo Archeologico Krotoniate, Il culto e i Santuari di Apollo a Kroton, in Gruppo Archeologico Krotoniate, 1º aprile 2020. URL consultato il 1º settembre 2021.
  9. ^ Martin Litchfield West, The Orphic Poems, p. 147:
    «Nella misura in cui ella comunicava con il suo dio in uno stato di trance, tanto nel suo rivolgersi agli astanti a mezzo di parole incomprensibili, la Pizia rassomiglia a uno sciamano [cfr. Mircea Eliade, Spirit language]. Colpisce poi il fatto che ella sieda su un calderone retto da un tripode. Un così eccentrico trespolo non trova facile spiegazione se non in una bollitura simbolica che, come tale, si avvicina molto a una reminiscenza della bollitura di iniziazione dello sciamano, trasferita dall'esperienza allucinatoria a termini di concretezza visiva. Era nello stesso recipiente, probabilmente, che, nella versione del mito nota a Callimaco e Euforione, i Titani bollirono Dioniso per sotterrarne i resti in quelle vicinanze».
  10. ^ Erodoto, Storie, I, 144; qui, su dariosoldani.interfree.it, 30 giugno 2007 (archiviato dall'url originale il 30 giugno 2007).

Altri progetti

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Collegamenti esterni

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  • [1] Il Monumento Coragico di Lisicrate e la strada dei tripodi ad Atene (alcune fotografie dallo stesso sito: [2]).