Indice
Azhdarchidae
Azhdarchidae | |
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Scheletro montato di Quetzalcoatlus, il genere più grande della famiglia degli Azhdarchidae | |
Stato di conservazione | |
Fossile | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Phylum | Chordata |
Ordine | † Pterosauria |
Sottordine | † Pterodactyloidea |
Clade | † Neoazhdarchia |
Famiglia | † Azhdarchidae Nesov, 1984 |
Serie tipo | |
† Azhdarcho lancicollis Nessov, 1984 | |
Sinonimi | |
"Titanopterygiidae" | |
Generi | |
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Gli Azhdarchidae (il cui nome deriva da اژدرها (Aždarha), una parola Persiana per "drago") sono una famiglia di pterosauri pterodactyloidi vissuti nel Cretaceo superiore, circa 108-65 milioni di anni fa, sebbene una vertebra isolata, appartenente ad un azhdarchide, sia stata ritrovata in strati risalenti al Cretaceo inferiore (tardo Berriasiano, circa 140 milioni di anni fa).[1] Questa famiglia include alcuni dei più grandi animali che abbiano mai solcato i cieli. Originariamente considerata una sottofamiglia di Pteranodontidae, Nesov (1984) decise di distinguere questi animali istituendo gli Azhdarchinae, per includere gli pterosauri Azhdarcho, Quetzalcoatlus e Titanopteryx (ora conosciuto come Arambourgiania).
Gli azhdarchidi furono tra gli ultimi membri di pterosauria ad evolversi estinguendosi insieme ai dinosauri, oltre ad essere uno dei gruppi con il più vasto areale in tutto il mondo. Nonostante siano stati gli ultimi pterosauri ad apparire alla fine del Cretaceo, questi animali convissero in varie epoche e in vari luoghi con altre famiglie di pterosauri, indice di una grande ricchezza nella fauna degli pterosauri, condividendo il territorio con pteranodontidi, nyctosauridi, tapejaridi e diverse forme indeterminate.[2] Alcuni taxa, originariamente conosciuti come azharchidi, come Navajodactylus, Bakonydraco e Montanazhdarcho sono stati riclassificati in altre famiglie.[3][4][5]
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Gli azhdarchidi erano caratterizzati da lunghe gambe e colli estremamente lunghi e rigidi, formati da vertebre cervicali allungate, con una sezione trasversale rotonda. La maggior parte delle specie degli azhdarchidi sono conosciute principalmente, e talvolta unicamente, dalle loro caratteristiche vertebre cervicali e non per molto altro. I pochi azhdarchidi noti da scheletri ragionevolmente più completi includono Zhejiangopterus e Quetzalcoatlus. Gli azhdarchidi si distinguono anche per le loro teste relativamente grandi e per le lunghe mascelle simili a lance. Esistono principalmente due tipi di azhdarchidi: le forme "dal becco corto" con mandibole corte e profonde, come Hatzegopteryx, e le forme "dal becco sottile" con mandibole più lunghe e sottili, come Quetzalcoatlus e Arambourgiania.[7]
In passato si pensava che questi animali, come la maggior parte degli pterosauri, fossero ittivori e vivessero sulle coste, pescando sorvolando la superficie del mare e utilizzando il lungo becco per arpionare le prede come i moderni becchi a forbice;[8][9] recenti ricerche hanno messo in dubbio questa idea, dimostrando che agli azhdarchidi mancavano gli adattamenti necessari a questo stile di vita, e affermando che questi animali vivevano nell'entroterra, cacciavano a terra arpionando con il loro lungo becco piccoli animali e forse anche cuccioli di dinosauro, in modo molto simile alle moderne cicogne e buceri di terra.[10][11][12][13][14] La maggior parte dei grandi azhdarchidi si nutriva probabilmente di piccole prede, tra cui piccoli e cuccioli di dinosauro; grazie ad una serie di adattamenti nella sua morfologia, l'Hatzegopteryx era un azhdarchide piuttosto robusto che potrebbe aver affrontato prede ben più grandi, raggiungendo il grado di superpredatore del suo ecosistema.[15] In un altro allontanamento dal tipico stile di vita azhdarchico, la mascella di Alanqa sembrerebbe essersi adattata per nutrirsi di molluschi dal guscio duro e altri alimenti duri.[16]
Gli azhdarchidi sono generalmente pterosauri di dimensioni medio-grandi, con le più ampie aperture alari che potevano raggiungere i 10-12 metri (33-39 piedi),[17] sebbene siano state ritrovate anche specie di medie-piccole dimensioni.[18][19] Un altro azhdarchide attualmente senza nome, recentemente scoperto in Transilvania, potrebbe essere il più grande rappresentante della famiglia finora scoperto. Questo esemplare senza nome (soprannominato "Dracula" dai paleontologi), attualmente esposto all'Altmühltal Dinosaur Museum in Baviera, possiede un'apertura alare di 12-20 metri (39-66 piedi), il che lo rende potenzialmente il più grande animale volante attualmente conosciuto dalla scienza. Le sue dimensioni sono talmente eccezionali che alcuni studiosi pensano che questo animale potesse aver perso la capacità di volare in favore delle dimensioni; ciò lo renderebbe anche il primo pterosauro ad essere divenuto attero secondariamente.[20]
Classificazione
[modifica | modifica wikitesto]Gli Azhdarchidi furono inizialmente classificati come parenti stretti dello Pteranodon per via della somiglianza dei loro becchi lunghi e sdentati. Altri invece suggerirono che questi animali fossero più strettamente imparentati con i dentati Ctenochasmatidi (che includono pterosauri filtratori come Ctenochasma e Pterodaustro). Attualmente è ampiamente accettato che gli azhdarchidi siano strettamente imparentati ai Tapejaridi, come Tapejara e Tupuxuara.
Tassonomia
[modifica | modifica wikitesto]Classificazione secondo gli studi di Unwin, 2006, salvo dove diversamente indicato.[21]
- † Aerotitan
- † Alanqa[22]
- † Albadraco
- † Aralazhdarcho[23]
- † Arambourgiania
- † Azhdarcho
- † Cretornis
- † Eurazhdarcho[24]
- † Hatzegopteryx
- † Mistralazhdarcho[25]
- † Montanazhdarcho?
- † Palaeocursornis
- † Phosphatodraco
- † Quetzalcoatlus
- † Volgadraco[26]
- † Zhejiangopterus
Possibili validi generi azhdarchidi:
- Argentinadraco? (azhdarchoide, provvisoriamente classificato come un azhdarchide)[27]
- Bennettazhia
- Bogolubovia
- Navajodactylus?
Filogenesi
[modifica | modifica wikitesto]Di seguito è riportato un cladogramma che mostra la collocazione filogenetica di Azhdarchidi all'interno di Neoazhdarchia, dagli studi di Andres e Myers (2013).[4]
Dsungaripteroidea |
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Il cladogramma più completo sugli azhdarchidi è presentato da Longrich et al. (2018):
Azhdarchidae |
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Nell'analisi, Longrich et al. hanno classificato Aerotitan e Alanqa come thalassodromidi, Bennettazhia come un parente stretto dei tapejaridi, e Cretornis e Volgadraco come nyctosauridi.[28]
Paleobiologia
[modifica | modifica wikitesto]Date le loro dimensioni insolite per uno pterosauro, gli Azhdarchidi furono oggetto di studio per capire quale fosse la loro dieta. Si arrivò infine alla nota ipotesi che questi giganti alati erano dei saprofaghi; inizialmente questa ipotesi fu molto accettata dagli ambienti scientifici. Più recentemente si ipotizzò che, grazie alla forma del becco, questi animali avrebbero potuto essere dei predatori. Secondo questa ipotesi essi avrebbero potuto agguantare piccole prede col loro lungo becco appuntito; in una variante (ora completamente abbandonata) di questa teoria avrebbero potuto attaccare animali volanti, pterosauri e uccelli, in volo.
Più recenti ricerche, effettuate dai celebri paleontologi inglesi Mark P. Witton e Darren Naish, sembrano invece suggerire un differente tipo di adattamento. Secondo questo studio (che parte dall'analisi delle ossa, in particolar modo del collo, della schiena, delle zampe e del "becco", oltre che da una serie di orme rinvenute in Corea) gli Azhdarchidi sarebbero stati paragonabili per nicchia ecologica alle moderne cicogne e marabù. Ovvero avrebbero camminato per le praterie (o meglio per le distese di felci ed equiseti, oltre agli altri spazi relativamente aperti), agguantando con il becco ogni animaletto di piccola taglia, come lucertole, grossi anfibi e probabilmente anche piccoli dinosauri, che fossero transitati nei loro pressi; occasionalmente avrebbero anche contribuito a smembrare una carcassa, ma la loro struttura ossea era poco adatta a tale compito. Questa teoria si basa su alcune considerazioni: gli Azhdarchidi sono stati rinvenuti prevalentemente in terreni continentali (quindi non possono essere ittivori preferenziali), hanno zampe (sia anteriori sia soprattutto posteriori), molto più lunghe del normale, più adatte alla locomozione di ogni altro clade di Pterosauri; il sistema collo-schiena è poco flessibile, ma molto adatto a scattare rapidamente, in modo che il becco (che camminando si troverebbe ad una certa distanza da terra) sarebbe piombato su un piccolo animale, in modo preciso e letale.
Inoltre, il Cretaceo superiore conobbe una certa abbondanza di anfibi di grossa taglia (ne è la prova il rospo gigante Beelzebufo, di 5 kg), conobbe l'esplosione evolutiva dei serpenti, oltre che un revival di dinosauri di piccola taglia, cioè prede adatte a questo tipo di caccia. Darren Naish e Dave Hone suppongono che una delle possibili prede fossero i cuccioli di dinosauro. Essendo ovipari i dinosauri, a differenza dei mammiferi, producevano una quantità notevole di cuccioli (o meglio pulcini) ad ogni covata; ipoteticamente ogni femmina di sauropode titanosauro, per esempio, poteva deporre decine se non centinaia di uova, di cui una buona percentuale si sarebbe schiusa. Questo creava una grande abbondanza di prede di taglia piccola e medio piccola (che però crescevano di dimensione ogni mese), ed una sorta di nicchia adatta a animali di questo tipo. In questa ricostruzione non si riesce a comprendere però come gli Azhdarchidi sarebbero riusciti a uccidere le loro prede, perché il becco, tutto sommato, non era sufficientemente robusto per lacerare o infilzare; probabilmente, come molti uccelli attuali, le ingoiavano vive.
Un'altra caratteristica notevole degli Azhdarchidi era la capacità di decollare rapidamente, utilizzando tutti e quattro gli arti per darsi una veloce spinta; si tratta di una qualità particolarmente utile per un animale che si sarebbe potuto aggirare in una pianura abitata anche da dromeosauridi, tirannosauridi o anche solo grossi erbivori molesti.
Le ali degli Azhdarchidi sono più corte in proporzione rispetto a quelle degli pteranodontidi e degli altri cladi di pterosauridi che generalmente vengono considerati ittivori o insettivori; questo non impediva delle buone capacità di volo, ma rende improbabile che fossero superiori in velocità agli altri pterosauridi (era stato ipotizzato che li predassero in volo, teoria che però è stata completamente abbandonata) e lascia supporre che non occupassero le medesime nicchie.
Gli azhdarchidi dominarono i cieli di tutto il Maastrichtiano, tuttavia non si ha nota di animali dalle grandi dimensioni quali Quetzalcoatlus e Arambourgiania, e non vi è prova di altri pterosauri la cui apertura alare non superasse i tre metri alla fine del Cretaceo superiore, sebbene ci possano essere alcune prove molto frammentarie di nyctosauridi o pteranodontidi alla fine di quel periodo. Tuttavia nel 2016, è stata pubblicata la scoperta di un piccolo azhdarchoide, forse un azhdarchide, risalente al Cretaceo superiore (Campaniano) e proveniente dalla Formazione Northumberland, nella Columbia Britannica, Canada. Secondo i frammentari resti analizzati dai paleontologi, l'esemplare rappresenterebbe un esemplare sub-adulto di pterosauro con un'apertura alare di massimo 2,50 metri, dimostrando quindi la presenza di pterosauri di piccole dimensioni alla fine del mesozoico.[30] Nel 2018, sono stati descritti ben quattro generi di pterosauri dal Bacino Ouled Abdoun, in Marocco; i nyctosauridi Alcione, Simurghia, Barbaridactylus, e lo pteranodontide Tethydraco, dimostrando che almeno queste due famiglie resistettero fino alla fine del Cretaceo, vivendo fianco a fianco con i grandi azhdarchidi.[28]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Dyke, G., Benton, M., Posmosanu, E. and Naish, D. (2010). Early Cretaceous (Berriasian) birds and pterosaurs from the Cornet bauxite mine, Romania. Palaeontology, published online before print 15 September 2010. DOI: 10.1111/j.1475-4983.2010.00997.x
- ^ Agnolin, Federico L. e Varricchio, David, Systematic reinterpretation of Piksi barbarulna Varricchio, 2002 from the Two Medicine Formation (Upper Cretaceous) of Western USA (Montana) as a pterosaur rather than a bird (PDF), in Geodiversitas, vol. 34, n. 4, 2012, pp. 883-894, DOI:10.5252/g2012n4a10.
- ^ Carroll, N. Reassignment of Montanazhdarcho minor as a non-azhdarchid member of the Azhdarchoidea, SVP 2015.
- ^ a b B. Andres e T. S. Myers, Lone Star Pterosaurs, in Earth and Environmental Science Transactions of the Royal Society of Edinburgh, 2013, p. 1, DOI:10.1017/S1755691013000303.
- ^ Wilton, Mark P., Pterosaurs: Natural History, Evolution, Anatomy, Princeton University Press, 2013, ISBN 0-691-15061-3.
- ^ Naish D, Witton MP. Neck biomechanics indicate that giant Transylvanian azhdarchid pterosaurs were short-necked arch predators,(2017) PeerJ 5:e2908 https://doi.org/10.7717/peerj.2908
- ^ Witton, M. P. (2013). Pterosaurs: Natural History, Evolution, Anatomy. Princeton University Press.
- ^ L. A. Nesov, Upper Cretaceous pterosaurs and birds from Central Asia., in Paleontologicheskii Zhurnal, vol. 1984, n. 1, 1984, pp. 47-57 (archiviato dall'url originale il 5 gennaio 2009).
- ^ A. W. A. Kellner e W. Langston, Cranial remains of Quetzalcoatlus (Pterosauria, Azhdarchidae) from Late Cretaceous sediments of Big Bend National Park, Texas, in Journal of Vertebrate Paleontology, vol. 16, n. 2, 1996, pp. 222-231, DOI:10.1080/02724634.1996.10011310.
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- ^ Mark P. Witton, Naish, Darren e McClain, Craig R., A Reappraisal of Azhdarchid Pterosaur Functional Morphology and Paleoecology, in PLoS ONE, vol. 3, n. 5, 28 maggio 2008, pp. e2271, DOI:10.1371/journal.pone.0002271, PMC 2386974, PMID 18509539.
- ^ Pterosaurs.
- ^ D. Naish e M.P. Witton, Neck biomechanics indicate that giant Transylvanian azhdarchid pterosaurs were short-necked arch predators, in PeerJ, vol. 5, 2017, p. e2908, DOI:10.7717/peerj.2908.
- ^ D.M. Martill e N. Ibrahim, An unusual modification of the jaws in cf. Alanqa, a mid-Cretaceous azhdarchid pterosaur from the Kem Kem beds of Morocco, in Cretaceous Research, vol. 53, 2015, pp. 59-67, DOI:10.1016/j.cretres.2014.11.001.
- ^ M.P. Witton e M.B. Habib, On the Size and Flight Diversity of Giant Pterosaurs, the Use of Birds as Pterosaur Analogues and Comments on Pterosaur Flightlessness, in PLoS ONE, vol. 5, n. 11, 2010, p. e13982, DOI:10.1371/journal.pone.0013982, PMC 2981443, PMID 21085624.
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- ^ M. T. S. Vremir, A. W. A. Kellner, D. Naish e G. J. Dyke, A New Azhdarchid Pterosaur from the Late Cretaceous of the Transylvanian Basin, Romania: Implications for Azhdarchid Diversity and Distribution, in Laurent Viriot (a cura di), PLoS ONE, vol. 8, 2013, pp. e54268, DOI:10.1371/journal.pone.0054268.
- ^ Romain Vullo, Géraldine Garcia, Pascal Godefroit, Aude Cincotta e Xavier Valentin, Mistralazhdarcho maggii, gen. et sp. nov., a new azhdarchid pterosaur from the Upper Cretaceous of southeastern France, in Journal of Vertebrate Paleontology, Online edition, 2018, pp. e1502670, DOI:10.1080/02724634.2018.1502670.
- ^ A.O. Averianov, Arkhangelsky, M.S. e Pervushov, E.M., A New Late Cretaceous Azhdarchid (Pterosauria, Azhdarchidae) from the Volga Region, in Paleontological Journal, vol. 42, n. 6, 2008, pp. 634-642, DOI:10.1134/S0031030108060099.
- ^ A.W.A. Kellner e J.O. Calvo, New azhdarchoid pterosaur (Pterosauria, Pterodactyloidea) with an unusual lower jaw from the Portezuelo Formation (Upper Cretaceous), Neuquén Group, Patagonia, Argentina, in Anais da Academia Brasileira de Ciências, vol. 89, 3 suppl, 2017, pp. 2003–2012, DOI:10.1590/0001-3765201720170478, PMID 29166530.
- ^ a b Nicholas R. Longrich, David M. Martill, Brian Andres e David Penny, Late Maastrichtian pterosaurs from North Africa and mass extinction of Pterosauria at the Cretaceous-Paleogene boundary, in PLOS Biology, vol. 16, n. 3, 2018, pp. e2001663, DOI:10.1371/journal.pbio.2001663.
- ^ Witton MP, Naish D (2008). A Reappraisal of Azhdarchid Pterosaur Functional Morphology and Paleoecology. PLoS ONE 3(5): e2271. doi:10.1371/journal.pone.0002271 [1]
- ^ Elizabeth Martin-Silverstone, Mark P. Witton, Victoria M. Arbour e Philip J. Currie, A small azhdarchoid pterosaur from the latest Cretaceous, the age of flying giants, in Royal Society Open Science, vol. 3, n. 8, 2016, p. 160333, DOI:10.1098/rsos.160333.
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