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Piero Cosmin
Piero Cosmin (Quiliano, ... – Varese, maggio 1945) è stato un politico italiano.
Durante il ventennio fascista fu un gerarca minore del suo paese natio[1]. Partecipò come volontario alla guerra civile spagnola e ricevette piccoli incarichi dal Partito Nazionale Fascista, come ad esempio quello di recarsi a Verona alla vigilia dell'8 settembre 1943 per gestire l'amministrazione controllata di un'azienda[2]. Proprio mentre si trova nel capuologo scaligero, riceve la notizia dell'armistizio; il 14 settembre, dopo aver tentato invano di contattare le gerarchie fasciste, riapre il fascio di Verona, che era stato chiuso immediatamente dopo l'armistizio[2]. Aderì alla Repubblica Sociale Italiana e fu il prefetto di Verona (settembre 1943 - maggio 1944) e di Venezia (maggio - luglio 1944) della RSI[3].
In qualità di prefetto provvide a prendere in consegna gli ex gerarchi fascisti (Galeazzo Ciano, Giovanni Marinelli, Luciano Gottardi, Carlo Pareschi, Emilio De Bono e Tullio Cianetti) che avevano votato l'ordine del giorno Grandi durante il Gran consiglio del 25 luglio 1943, i quali furono condannati a morte dal tribunale straordinario di Verona nel 1944. Accanito accusatore dei gerarchi "traditori", manifestò un antisemitismo intransigente e duro[4]. Nei primi giorni del 1945 Guido Buffarini Guidi lo impiegò presso il Ministero dell'Interno[3].
Cosmin morì di tisi[1] nel maggio 1945 a Varese, ospite della casa di cura La Quiete.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Claudio Biscarini, Il primo sangue, dellastoriadempoli.it, 15 novembre 2013.
- ^ a b Giorgio Bocca, Storia dell'Italia partigiana, Feltrinelli, Milano, 2012.
- ^ a b La fuga non era tra i progetti di Mussolini all’epilogo, italoeuropeo.com, 18 marzo 2008.
- ^ Alberto Cifelli, I prefetti del Regno nel ventennio fascista, Roma, SSAI, 1999, p. 60.