Valerie Solanas

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Valerie Jean Solanas (Ventnor City, 9 aprile 1936San Francisco, 25 aprile 1988) è stata una scrittrice, attrice e attivista statunitense.

Solanas nacque a Ventnor City[1][2][3][4], nel New Jersey, nel 1936, figlia di Louis Solanas, un barista canadese nato a Montréal (nel Québec) da genitori spagnoli, e di Dorothy Marie Biondo, assistente odontoiatrica statunitense nativa di Filadelfia (in Pennsylvania) e d'origini Italiane (nella fattispecie siciliane e genovesi)[3][5]. Aveva una sorella minore, Judith Arlene Solanas Martinez[6]. Valerie racconta di come fu vittima di abusi sessuali da parte di suo padre per tutta l'infanzia[7]. I genitori divorziarono negli anni quaranta, e a 15 anni Valerie iniziò a vivere per strada, ma terminò gli studi liceali e si iscrisse alla facoltà di psicologia dell'University of Maryland, College Park. Dopo la laurea in psicologia lavorò per un anno nell'Università del Minnesota, e nel 1953 nacque suo figlio David (adottato dalla famiglia Blackwell[8]). Altri dettagli della sua vita dal 1953 al 1966 sono poco chiari: Valerie vagabondò per il paese sostenendosi con l'elemosina e prostituendosi.

SCUM Manifesto

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(EN)

«Life in this society being, at best, an utter bore and no aspect of society being at all relevant to women, there remains to civic-minded, responsible, thrill-seeking females only to overthrow the government, eliminate the money system, institute complete automation and destroy the male sex.»

(IT)

«In questa società la vita, nel migliore dei casi, è una noia sconfinata e nulla riguarda le donne: dunque, alle donne responsabili, civilmente impegnate e in cerca di emozioni sconvolgenti, non resta che rovesciare il governo, eliminare il sistema monetario, istituire l'automazione globale e distruggere il sesso maschile.»

Nel 1967 Valerie Solanas pubblicò in proprio la prima edizione dello SCUM Manifesto, dopo due anni di lavoro e di minuziosi controlli ortografici, che attacca in maniera feroce il patriarcato e la figura maschile. Valerie vendeva il manifesto per strada, solitamente vicino al Greenwich Village a New York, a 25 centesimi alle donne e a un dollaro agli uomini. La parola SCUM, in inglese significa scarto, feccia, negletto, e Solanas la utilizzò come base stessa delle affermazioni del suo manifesto, per rappresentare lo stato delle donne in un sistema sociale definito dagli uomini e dalla loro morale. Dopo l'attacco a Andy Warhol Valerie passò tre anni in carcere, durante i quali L'Olympia press, casa editrice fondata da Maurice Girodias, acquisì i diritti sul manifesto e ne pubblicò una versione completamente alterata sotto il titolo S.C.U.M (Society for Cutting Up Men) acronimo raramente utilizzato da Solanas e mai nominato nel libro, tanto che l'autrice negò l'autenticità del titolo e cercò in tutti i modi di rivendicare i diritti sull'opera [9]. Dieci anni dopo la prima edizione, nel 1977, L'Olympia fallì e Valerie riacquisì il possesso del Manifesto, apportando modifiche e correzioni alla versione mutilata di Girodias. Una nuova versione, corretta e rivista dall'autrice stessa, fu pubblicata e tradotta in diversi paesi, ma non ricevette la stessa attenzione.

New York e la Factory

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Nei pressi del Greenwich Village newyorkese, il luogo in cui 2 anni dopo si sarebbe ritrovata a distribuire copie del manifesto, Valerie scrisse la sua opera teatrale Up Your Ass ("Su per il culo"), che vede come protagonista Bongi Perez, una lesbica butch. L'unica copia dattilografata dell'atto, posseduta da Valerie, conteneva al suo interno scene considerate tabù, sconcertanti per l'epoca, e Solanas dovette pubblicizzare la sua opera da sola, sulla stampa alternativa e distribuendo volantini nel Chelsea Hotel, luogo in cui abitava prima di essere sfrattata.

Tra il 1965 e il 1968 Valerie frequentò la Factory di Andy Warhol, lo studio dell'artista e regista che ospitava attrici, donne e uomini facenti parte dei circoli d'arte. Sebbene la figura di Andy avesse punti in comune con quella della Solanas, le offese nei confronti della donna non mancavano: Paul Morrissey la definì "una patetica pezzente, deficiente mentale" e lo stesso Andy Warhol finì per chiamarla "lesbica schifosa" (disgusting dyke) come riportato nella sua biografia scritta da Victor Bockris.

Nonostante i rapporti altalenanti, Valerie Solanas consegnò ad Andy l'unica copia del dramma Up Your Ass, chiedendogli di poterla pubblicare e approvare, affinché quell'atto potesse diventare realtà. Dopo un'analisi del testo, Andy Warhol si offrì inizialmente di pubblicarlo, dicendo a Valerie che avrebbe dovuto lavorare come dattilografa alla Factory, ma cambiò idea, considerando l'opera così scabrosa da non poter essere rappresentata. Quando Valerie chiese che la copia le venisse restituita, lui ammise di averla persa, per evitare un'eventuale insistenza sulla pubblicazione. La Solanas gli chiese dei soldi come risarcimento ma Warhol la ignorò e le offrì il ruolo di comparsa in I, A Man (1968-1969), in cui avrebbe dovuto interpretare una donna lesbica che rifiuta un uomo - pochi minuti di pellicola. In quel film lei e l'uomo del titolo (interpretato da Tom Baker) discutono in un corridoio sulla possibilità di andare nel suo appartamento. Solanas domina la conversazione improvvisando e conducendo lo sconcertato attore ad un dialogo costellato da oscenità nonsense come squishy asses ("culi appiccicatici"), men's tits ("tette d'uomini") e lesbian instinct ("istinto lesbico"). Warhol utilizzò varie frasi della stessa Solanas senza mai citarla in una serie di film da lui prodotti (in particolare Women in Revolt) nonostante lei gli avesse chiesto diverse volte di non farlo.

Nel suo libro Popism: The Warhol Sixties, Warhol scrisse che prima che lei gli sparasse pensava che Valerie Solanas fosse interessante e divertente. Comunque, il suo assillarlo continuamente (ai limiti del pedinamento) rese difficile un qualunque tipo di rapporto e non fece altro che allontanarlo.

Il tentato assassinio di Andy Warhol

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Il 3 giugno 1968 Valerie Solanas attentò alla vita dell'artista Andy Warhol, del suo critico d'arte, e del suo curatore e compagno di allora Mario Amaya, nell'atrio dello studio dell'artista, denominato la Factory, sparando diversi colpi di pistola[10]. Quando l'artista arrivò in compagnia degli altri due, Solanas sparò tre colpi di pistola a Warhol, e puntò contro gli altri due; colpì Mario Amaya, tentando anche di sparare al manager di Warhol, Fred Hughes, ma la sua pistola si inceppò. Fuggì subito dopo dalla scena del crimine.[11] Amaya riportò solo ferite lievi e fu dimesso dall'ospedale il giorno stesso. Andy Warhol, invece, fu ferito gravemente e sopravvisse a malapena; i chirurghi dovettero aprirgli il petto e praticargli diversi massaggi cardiaci per riattivargli il cuore. Soffrì di postumi permanenti, e la vicenda ebbe un effetto profondo sulla vita e sull'arte dell'artista.[12][13]

Quella sera Solanas si costituì alla polizia e fu arrestata per il tentato omicidio ed altri crimini. Solanas giustificò il fatto e si difese dalle accuse con l'ufficiale di polizia asserendo che Warhol aveva "troppo controllo" su di lei e che Warhol stava progettando di rubarle il lavoro. Giudicata colpevole, ricevette una sentenza che la condannava a tre anni. Warhol rifiutò di testimoniare negativamente contro di lei. L'attacco di Solanas ebbe un impatto profondo su Warhol e sulla sua arte, e l'ambiente della Factory divenne molto più controllato ed "ermetico". Per il resto della sua vita, Warhol visse temendo che Solanas l'attaccasse di nuovo. "Era la sagoma di Andy, non l'Andy che si potesse amare", disse l'amico e collaboratore Billy Name. "Fu tanto scosso da quell'evento che non gli si poteva mettere la mano sulla sua spalla senza che lui saltasse".[14]

Mentre i suoi amici si mostravano attivamente ostili nei confronti di Solanas, Warhol stesso preferì non discuterne più. Una delle poche pronunce pubbliche a suo favore fu rilasciata da Ben Morea, di Up Against the Wall Motherfuckers / Black Mask[15]. Le dichiarazioni furono poi ripubblicate più tardi come un'appendice nell'edizione della Olympia Press del manifesto SCUM. Valerie Solanas fu giudicata sofferente di schizofrenia paranoide al tempo del tentato omicidio a Warhol[16][17], e difatti fu portata prima al Bellevue Hospital Psychiatric per una valutazione psichiatrica e, successivamente alla dichiarazione di incapacità, al Ward Island Hospital[18]. Lo psichiatra che la valutò concluse che la sua era stata una reazione schizofrenica di tipo paranoide con una marcata depressione e potenzialmente pericolosa.[19].

SCUM e Valerie Solanas nella cinematografia

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A seguito di questi eventi, Warhol produsse un film, Women in Revolt del 1971, in cui inserì richiami satirici allo SCUM Manifesto: le vicende narrate ruotano attorno agli appartenenti ad un gruppo femminista chiamato provocatoriamente P.I.G. (acronimo di Politically Involved Girlies). Scum Manifesto è, inoltre, anche il titolo di un film del 1976 scritto dalla stessa Solanas e diretto da Carole Roussopoulos e Delphine Seyrig[20]. Ho sparato a Andy Warhol (I Shot Andy Warhol) è un film del 1996 diretto da Mary Harron, biografia di Valerie Solanas. Nel film Solanas, appena arrestata e durante l'interrogatorio, motiva l'attentato a Warhol ai giornalisti e alla polizia con il voler far conoscere al grande pubblico proprio lo SCUM Manifesto. Il settimo episodio della settima stagione di American Horror Story è intitolato Valerie Solanas Died for Your Sins: Scumbag e riporta molte vicende legate alla vita di Solanas, in parte realmente accadute ed in parte romanzate.

Fuori dalla prigione

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La femminista Robin Morgan (più tardi editrice di Ms. magazine) manifestò per la scarcerazione di Solanas. Ti-Grace Atkinson, la presidente del National Organization for Women (NOW)[21], descrisse Solanas come "la più grande difenditrice dei diritti delle donne[22]". Un altro membro, Florynce Kennedy, la definì "una delle più importanti portavoce del movimento femminista[22]".

Dopo il suo rilascio dalla prigione nel 1971, continuò a perpetrare atti persecutori e stalking, sia di persona sia per telefono, a danno di Warhol, e fu arrestata di nuovo. In un'intervista sul Village Voice nel 1977, negò che avesse mai voluto che il Manifesto SCUM fosse preso seriamente[23]. Valerie Solanas finì nell'oblio continuando a entrare e uscire dagli ospedali psichiatrici.

Nel 1988, a 52 anni, Solanas morì di enfisema e polmonite nel "Bristol Hotel" di San Francisco[24].

La figura di Valerie Solanas è controversa; se la stampa "mainstream" ha concordato pressoché all'unanimità sulla sua pazzia, il femminismo di "seconda ondata" ha dovuto fare i conti con questo personaggio scomodo, che ha prodotto uno dei testi più iconoclasti, incendiari e parodistici[25] del femminismo stesso. Di fatto la sua figura è stata a lungo pressoché cancellata in quanto facilmente strumentalizzabile come stereotipo della "lesbica pazza", della femminista "che odia gli uomini".[25] "Il nome di Valerie Solanas, ancora oggi, segna il limite di rispettabilità e ragionevolezza che il femminismo deve osservare per essere tollerato, e pertanto la lettura delle sue opere è tuttora un atto eversivo".[26]

Citazioni e omaggi

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  • Nel 1976 gli Area, gruppo di prog italiano fra i più attenti ai temi sociali e alternativi degli anni settanta, pubblicò l'album Maledetti. Uno dei brani ha come titolo SCUM e il testo, recitato da Demetrio Stratos, è il manifesto della Solanas: "In questa società, per bene che vi vada, la vita è una noia sconfinata..."
  • Nel 1970 la musicista sperimentale statunitense Pauline Oliveros (1932-2016) compone To Valerie Solanas and Marilyn Monroe. In Recognition of their Desperation ("A Valerie Solanas e a Marilyn Monroe, come riconoscimento della loro disperazione").[27]
  • Nel 1996 è uscito il film Ho sparato a Andy Warhol, basato sulla vita di Valerie Solanas, interpretata da Lili Taylor. Jared Harris interpreta Andy Warhol.
  • Lou Reed, amico di Warhol, non ha mai perdonato Solanas per ciò che ha fatto e fece una canzone su di lei, I Believe, con John Cale per l'album commemorativo a Andy Warhol Songs for Drella, cantando I believe/I would've pulled the switch on her myself.
  • Nell'album dei Matmos del 2006 The Rose Has Teeth in the Mouth of a Beast, una canzone si intitola Tract for Valerie Solanas ed estrae frammenti dello S.C.U.M. Manifesto[28].
  • Sara Stridsberg ha scritto la biografia semi-romanzesca della vita di Valerie Solanas chiamata The Dream Faculty, per la quale nel 2007 ha ricevuto il Nordic Council's Literature Prize.
  • La band new wave di Liverpool Big in Japan pubblicò una canzone intitolata S.C.U.M, la quale racconta di Andy Warhol che spara su di loro: "da X a Y e mai più" ("From X to Y and never again").
  • Nell'episodio Viva Los Muertos! dei The Venture Bros. (un cartone americano per adulti) appare un personaggio di nome Val che cita direttamente il Manifesto SCUM durante tutto l'episodio.
  • Nel 2017 Lena Dunham presta il volto a Valerie Solanas nel settimo episodio della serie televisiva American Horror Story: "Cult". Evan Peters interpreta Andy Warhol.
  1. ^ State of California. California Death Index, 1940–1997. Sacramento, CA: State of California Department of Health Services, Center for Health Statistics.
  2. ^ Violet, Ultra (1990). Famous for 15 Minutes: My Years with Andy Warhol. New York: Avon Books. ISBN 978-0-380-70843-7.; pag. 184
  3. ^ a b Lord, Catherine (2010). "Wonder waif meets super neuter". October. 132 (132): 135–136. doi:10.1162/octo.2010.132.1.135. S2CID 57566909.
  4. ^ Harron, Mary (1996). "Introduction: on Valerie Solanas". In Harron, Mary; Minahan, Daniel (eds.). I Shot Andy Warhol. New York: Grove Press. pp. vii–xxxi. ISBN 978-0-8021-3491-2.
  5. ^ Fahs, Breanne (2014). Valerie Solanas: The Defiant Life of the Woman Who Wrote SCUM (and Shot Andy Warhol). New York: The Feminist Press. ISBN 978-1558618480; pag. 3
  6. ^ Jansen, Sharon L. (2011). Reading Women's Worlds from Christine de Pizan to Doris Lessing: A Guide to Six Centuries of Women Writers Imagining Rooms of Their Own. New York: Palgrave Macmillan. ISBN 978-0-230-11066-3.
  7. ^ "About Valerie Solanas" di Freddie Baer, in "Scum Manifesto", 1997 AK press , pag 48, ISBN 978-1-873176-44-3
  8. ^ Steven Watson, Factory made: Warhol and the sixties, Pantheon Books, 2003.,a pg 36, ISBN 0-679-42372-9, ISBN 978-0-679-42372-0
  9. ^ Avital Ronell "Deviant payback: the aims of Valerie solanas", introduzione all'edizione del 2004 di SCUM per Verso Books, Londra, ISBN 1-85984-553-3, a pagina 6
  10. ^ Ingrid Schaffner, The Essential Andy Warhol, New York City, Harry N. Abrams, 1999, pp. 79, ISBN 0-8109-5806-6.
  11. ^ Jobey, Liz, "Solanas and Son," The Guardian (Manchester, England) August 24, 1996: page T10 and following.
  12. ^ James Harding, The Simplest Surrealist Act: Valerie Solanas and the (Re)Assertion of Avantgarde Priorities, in TDR/The Drama Review, vol. 45, n. 4, Winter 2001, pp. 142–162, DOI:10.1162/105420401772990388.
  13. ^ Andy Warhol, Pat Hacket, POPism: the Warhol '60s, New York City, Harcourt Brace Jovanovich, 1980, pp. 287–295, ISBN 0-15-173095-4, OCLC 5673923.
  14. ^ Making the Scene: Factory Made: Warhol and the Sixties by Steven Watson (archiviato dall'url originale il 3 aprile 2007)., Dennis Drabelle, Washington Post book review, November 16, 2003.
  15. ^ "Up Against The Wall Motherfucker! - Interview with Ben Morea".
  16. ^ Valerie Jean Solanas (1936-88). The Guardian
  17. ^ Bockris, Victor. Warhol: The Biography. Da Capo Press (2003) ISBN 0-306-81272-X
  18. ^ Alan Kaufman, Barney Rosset; "The outlaw bible of American literature", 2004 Thunder's Mouth Press, alla pagina 204, ISBN 1-56025-550-1
  19. ^ Harron and Minahan. I Shot Andy Warhol. Grove Press (1996) ISBN 0-8021-3491-2
  20. ^ (EN) Scum Manifesto, su IMDb, IMDb.com.
  21. ^ Articolo sul NOW (National Organization for Women) da DWpress, su mclink.it. URL consultato il 25 agosto 2008 (archiviato dall'url originale il 30 settembre 2007).
  22. ^ a b Valerie Solanas, SCUM Manifesto (2nd edition), AK Press, agosto 1996, ISBN 1-873176-44-9.
  23. ^ (EN) Howard Smith, Valerie Solanas Interview, in Village Voice, 25 luglio 1977, pp. 32.
  24. ^ Steven Watson, Factory Made: Warhol and the Sixties, Pantheon Books, 21 ottobre 2003, pp. 425, ISBN 0-679-42372-9.
  25. ^ a b Amanda Third, 'Shooting from the hip': Valerie Solanas, SCUM and the apocalyptic politics of radical feminism, Hecate, 2006-10. rintracciabile qui. o qui., URL visitato il 3 giugno 2011
  26. ^ Stefania Arcara, "Chi ha paura di Valerie Solanas?", Introduzione a Trilogia SCUM. Scritti di Valerie Solanas, a cura di S. Arcara e D. Ardilli, Vanda/Morellini, Milano 2018, p. 12.
  27. ^ "Valerie Lives! Tributi, riscritture e opere ispirate a Valerie Solanas", in Trilogia SCUM. Scritti di Valerie Solanas, a cura di Stefania Arcara e Deborah Ardilli, Vanda/Morellini, Milano 2018, p. 195.
  28. ^ Matmos - Tract for Valerie Solanas, su brainwashed.com. URL consultato il Aug 5.

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