Lamyropappus schacaptaricus

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Lamyropappus schacaptaricus
L. schacaptaricus su francobollo dell'Uzbekistan
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Superasteridi
(clade)Asteridi
(clade)Euasteridi
(clade)Campanulidi
OrdineAsterales
FamigliaAsteraceae
SottofamigliaCarduoideae
TribùCardueae
SottotribùOnopordinae
GenereLamyropappus
Knorring & Tamamsch., 1954
SpecieL. schacaptaricus
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseAsteridae
OrdineAsterales
FamigliaAsteraceae
SottofamigliaCarduoideae
TribùCardueae
GenereLamyropappus
SpecieL. schacaptaricus
Nomenclatura binomiale
Lamyropappus schacaptaricus
(B.Fedtsch.) Knorring & Tamamsch., 1954

Lamyropappus schacaptaricus (B.Fedtsch.) Knorring & Tamamsch., 1954 è una specie di pianta della famiglia delle Asteraceae. Questa specie è anche l'unica del genere Lamyropappus Knorring & Tamamsch., 1954.[1][2][3]

Le specie di questo gruppo sono delle erbe perenni. Nelle radici sono sempre presenti dei condotti resinosi, meno frequenti nelle parti aeree; mentre solamente nelle parti aeree sono presenti delle cellule latticifere.[4][5][6]

Le foglie possono essere di due tipi radicali e caulinari (sessili). Sono spinose e quelle caulinari sono decorrenti a disposizione alterna. La lamina in genere ha una forma ellittica, intera con bordi spinoso-dentati. La superficie superiore è verde, quella inferiore è bianco-lanosa.

Le infiorescenze (composte da capolini lungamente peduncolati, solitari e molto allargati: 3 – 5 cm) sono in genere scapose. I capolini contengono solo i fiori tubulosi i quali sono ermafroditi (capolini omogami). I capolini sono formati da un involucro a forma più o meno ovoide composto da alcune brattee spinose (quelle interne sono scariose) disposte su più serie all'interno delle quali un ricettacolo alveolato fa da base ai fiori tutti tubulosi. Le squame dell'involucro, numerose, piccole e spinose, sono disposte in modo embricato. Il ricettacolo è setoloso.

I fiori sono tetra-ciclici (ossia sono presenti 4 verticilli: calicecorollaandroceogineceo) e pentameri (ogni verticillo ha 5 elementi). I fiori sono ermafroditi e actinomorfi.

  • /x K , [C (5), A (5)], G 2 (infero), achenio[7]
  • Calice: i sepali del calice sono ridotti ad una coroncina di squame.
  • Corolla: la corolla, più o meno attinomorfa, in genere è colorata di rosa con lobi lunghi dalle forme lineari.
  • Androceo: gli stami sono 5 con filamenti glabri, liberi e distinti, mentre le antere sono saldate in un manicotto (o tubo) circondante lo stilo. Le antere hanno delle brevi appendici.[8]
  • Gineceo: lo stilo è filiforme; gli stigmi dello stilo sono due divergenti. L'ovario è infero uniloculare formato da 2 carpelli.

Gli acheni, con forme obovoide-oblunghe, glabri e faccia rugosa, sono provvisti di un pappo le cui setole piumose sono decidue e alla base sono connate in un anello. Gli acheni hanno delle coste longitudinali e un marcato anello apicale. Il pappo è inserito su una piastra apicale all'interno di una anello di tessuto parenchimatico.

  • Impollinazione: l'impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama).
  • Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
  • Dispersione: i semi cadendo a terra (dopo essere stati trasportati per alcuni metri dal vento per merito del pappo – disseminazione anemocora) sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).

Distribuzione

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La specie di questa voce si trova nel Kirghizistan e Uzbekistan.[2]

La famiglia di appartenenza di questa voce (Asteraceae o Compositae, nomen conservandum) probabilmente originaria del Sud America, è la più numerosa del mondo vegetale, comprende oltre 23.000 specie distribuite su 1.535 generi[9], oppure 22.750 specie e 1.530 generi secondo altre fonti[10] (una delle checklist più aggiornata elenca fino a 1.679 generi)[11]. La famiglia attualmente (2021) è divisa in 16 sottofamiglie.[1]

La tribù Cardueae (della sottofamiglia Carduoideae) a sua volta è suddivisa in 12 sottotribù (la sottotribù Onopordinae è una di queste).[5][6][12][13]

Le specie di questa sottotribù in precedenti trattamenti erano descritte all'interno del gruppo informale (provvisorio da un punto di vista tassonomico) "Onopordum Group". Il gruppo delle Onopordinae, nell'ambito della tribù, occupa una posizione centrale tra le sottotribù Staehelininae e Carduinae. L'età di divergenza della sottotribù può essere posizionata tra i 17 e i 13 milioni di anni fa.[6]

Il genere Lamyropappus appartiene alla sottotribù Onopordinae (tribù Cardueae, sottofamiglia Carduoideae). In precedenza il genere era descritto nel gruppo informale "Onopordum Group" all'interno della sottotribù Carduinae.[5][6][12][14]

Nell'ambito della sottotribù, divisa in due cladi principali, il genere di questa voce fa parte del secondo clade e si trova vicino ai generi Syreitschikovia e Olgaea.[13]

  1. ^ a b (EN) The Angiosperm Phylogeny Group, An update of the Angiosperm Phylogeny Group classification for the ordines and families of flowering plants: APG IV, in Botanical Journal of the Linnean Society, vol. 181, n. 1, 2016, pp. 1–20.
  2. ^ a b World Checklist - Royal Botanic Gardens KEW, su powo.science.kew.org. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  3. ^ World Checklist - Royal Botanic Gardens KEW, su powo.science.kew.org. URL consultato il 1º febbraio 2021.
  4. ^ Pignatti 1982, Vol.3 pag.1.
  5. ^ a b c Kadereit & Jeffrey 2007, pag. 135.
  6. ^ a b c d Herrando et al. 2019.
  7. ^ Judd-Campbell-Kellogg-Stevens-Donoghue, Botanica Sistematica - Un approccio filogenetico, Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007, p. 520, ISBN 978-88-299-1824-9.
  8. ^ Pignatti 1982, Vol. 3 - pag. 1.
  9. ^ Judd 2007, pag. 520.
  10. ^ Strasburger 2007, pag. 858.
  11. ^ World Checklist - Royal Botanic Gardens KEW, su powo.science.kew.org. URL consultato il 18 marzo 2021.
  12. ^ a b Funk & Susanna 2009, pag. 299.
  13. ^ a b Barres et al. 2013.
  14. ^ Garcia et al. 2008.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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