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Utente:Zanekost/Sandbox/Chiesa di San Nicolò della Lattuga
Chiesa di San Nicolò della Lattuga | |
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La posizione della chiesa di "San Nicoletto", alle spalle di quella di San Rocco e dei chiostri dei Frari, nella mappa di Lodovico Ughi (1729). | |
Stato | Italia |
Regione | Veneto |
Località | Venezia |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | Nicola di Bari |
Ordine | Francescano |
Consacrazione | 1582 |
Sconsacrazione | 1806 |
Fondatore | Nicolò Lion |
Inizio costruzione | 1346 |
Demolizione | prima del 1815 |
La chiesa di San Nicolò della Lattuga, detta anche di San Nicoletto dei Frari, era un luogo di culto cattolico annesso ad un picolo convento della città di Venezia, ubicato nel sestiere di San Polo, dietro ai chiostri del grande convento dei Frari e dietro la chiesa di San Rocco ed un tempo celebrata per la qualità dell'apparato pittorico che la decorava. La chiesa, ormai spogliata completamente in seguito alla soppressione del 1806, fu demolita prima del 1815[1]. Ne sopravvive la memoria nei toponimi di calle e ramo san Nicoleto. Il piccolo convento residuo oggi ospita i frati francescani della basilica dei Frari, un tempo insediati nel grande complesso ora occupato dall'Archivio di Stato.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La chiesa ed il convento furono creati in seguito al lascito del patrizio veneziano Nicolò Lion e intitolati al al santo eponimo del donatore. xxxMOTIVAZIONE in ricordo della "miracolosa" guarigione da una lunga malattia ottenuta repentinamente nel 1332 nutrendosi della lattuga coltivata nell'orto dei Frari. Il Lion godeva di un notevole prestigio tanto da essere nominato ambasciatore presso il Papa ad Avignone nel 1354. Tornato a in patria e nominato Procuratore di San Marco nel 1355 ebbe un notevole ruolo nello sventare la congiura di Marin Falier[2]. Morì nel 1356 e fu sepolto nella chiesetta da lui voluta; all'epoca della demolizione della chiesa l'arca fu traslata nella cappella dei santi francescani ai Frari. Il nobile procuratore aveva rimesso il complesso al giuspatronato perpetuo dei Procuratori de Ultra nel 1332, poi nel testamento redatto prima della partenza per la Francia (13 febbraio 1753) aveva precisato la destinazione della chiesa e del convento ai frati minori[3].
Secondo le volontà del fondatore il complesso era destinato ad ospitare una dozzina di anziani frati francescani meritevoli provenienti anche dal circondario. Il giuspatronato dei procuratori, oltre a operare un controllo sulle le spese del convento, conferiva il potere esclusivo di nominare, tra gli anziani ivi ospitati, il guardian del piccolo convento (cioè il priore) sottraendo tale scelta all'autorità ecclesiastica[4]; i procuratori mantennero tali poteri di supervisione fino alla caduta della Repubblica[5].
Lion aveva anche disposto la costruzione di un altro piccolo convento per i domenicani di Murano. Tuttavia sembra che il patrizio avesse sovrastimato le potenzialità dei suoi lasciti tanto che i domenicani pensarono di dirottare i fondi alla costruzione della cappella di San Domenico nella loro chiesa dei Santi Giovanni e Paolo[6].
Il convento fu un apprezzato centro di studi biblici aperto alla divulgazione verso i laici e fin dal XIV secolo i frati avevano raccolto una vasta raccolta libraria che divenne una delle più rinomate biblioteche di Venezia[7]. Infatti nella chiesa si tenevano lezioni sulle sacra scritture, sulla logica e sulla filosofia aperte a giovani studiosi, nobili o cittadini «a beneficio publico di ridur quel luoco in forma di collegio, dove li auditori se habbino ad esercitare in dispute, lettioni et altri atti soliti a farsi nelle buone Accademie»[8].
Turravia affinché i frati del convento maggiore potessero tenere sotto controllo le visite a chiesa e convento fino al 1594 l'ingresso era limitato all'obbligatorio passaggio attraverso i chiostri della Ca' Granda. Dopo l'istituzione del clausura ai Frari divenne necessaria la realizzazione di un accesso indipendente. Questo fatto assieme alla concessione papale dell'indulgenza per le anime del purgatorio all'altare della Pietà si tradusse in una moltiplicazione delle visite dei fedeli comprese le donne, fino ad allora escluse[9].
xxx All'inizio del Cinquecento la chiesa venne ricostruita ma, con il protrarsi dei lavori, venne riconsacrata soltanto nel 1582.
Dopo la nuova costruzione l'unica decorazione della chiesa rimase per alcuni decenni soltanto la grande pala di Tiziano, sia nella sua prima esecuzione del 1514-1515 sia in quella definitiva del 1522-1526. Oltre a questa pala si può solo immaginare la presenza di alcuni tradizionali polittici residuati dalla prima edificazione, di cui però non rimane alcuna traccia[10]. Verso le fine degli anni '70 del secolo, con la commissaria Lion ormai quasi esausta, il guardian Andrea Michieli era riuscito a raccogliere donazioni per l'ingente somma di 900 ducati che aveva affidato a fra' Perin Michieli, un apprezzato e richiesto predicatore. Fra' Perin, caldamente raccomandato ai procuratori da fra' Andrea, venne nominato suo successore dopo la morte. E proprio a questi due è da attribuire la concezione del programma iconografico volto ad illustrare alcune novità introdotte dal concilio di Trento del vasto ciclo pittorico che pervase l'intera chiesa. L'incarico fu affidato nel 1578 a Paolo Veronese che vi lavorò fino ad oltre la consacrazione con l'aiuto di suoi usuali collaboratori si bottega, il fratello Benedetto ed il nipote Alvise, ma anche con Paolo Fiammingo, che poi entrerà nell'orbita del Tintoretto, e con Palma il Giovane. Immediatamente successivi alla morte del maestro furono gli interventi del figlio Carletto.
Nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 1746, un furioso incendio distrusse gran parte del convento incenerendo anche l'antico archivio, la ricca biblioteca, il refettorio con i dipinti che l'ornavano e intaccando anche la cappella dei Basadonna, un edificio indipendente dalla chiesa ma accostato al convento. Fortuntamente si salvò la chiesa con la sagrestia e l'altra cappella separata intitolata a San Francesco, probabilmente più distanti dalle fiamme[11].
Come si verificherà poi con la confisca francese i frati riuscirono a ricostituire la biblioteca abbastanza rapidamente.
xxx costruzione 2 nuovi altari
bla bla
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1777, senza modificare la cassa lignea e la cantoria cinquecentesca, fu installato un nuovo organo, costruito dal sacerdote e organaro Francesco Merlini (notizie dal 1771, †1818), in sostituzione di quello cinquecentesco[12]-
Con la proclamazione dei "decreti napoleonici" nel 1806 il convento fu chiuso, passando nelle disponibilità del Demanio, ed i frati furono temporaneamente concentrati, assieme a quelli provenienti dai conventi di Treviso ed Este, nel contiguo convento dei Frari[13]. Qui pochi anni dopo (1810) furono colpiti dalla soppressione degli ordini religiosi che li costrinse a dismettere l'abito monacale, abbandonare il convento e presentarsi nelle diocesi di provenienza per servire nelle parrocchie[14].
La biblioteca, che era già stata posta sotto sigilli[15], fu esaminata nel 1808 dal bibliografo Giovanni Rossi[16] che provvide a scegliere i volumi più interessanti che racolse in nove casse poi inviate all'università di Padova. Dai materiali residui l'abate Morelli bibliotecario della Marciana , nel 1812, chiese ed ottenne dal Demanio alcune mappe sciolte «scompagne ed imperfette» per per riparare un mappamondo del Coronelli[17].
Gli stalli intagliati da Girolamo da Feltre[18], assieme alla cantoria e gli armadi della sagrestia erano già stati venduti il 10 marzo 1809 per 94,16 lire[19].
Descrizione
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[modifica | modifica wikitesto]Restano poche notizie sull'edificio gotico originario sormontato da un piccolo campanile a vela, oltre a quel poco che è visibile nella pianta del de' Barbari[20]. Si può solo immaginare che in origine fosse costituita da un unica navata, breve e stretta, chiusa da un'abside poligonale secondo l'uso del periodo. Dai documenti rimasti sappiamo anche che furono fatti alcuni lavori di manutenzione nel 1407 e nel 1410 e che verso, la metà del Quattrocento, sui tre altari erano presenti alcuni dipinti, forse dei polittici, poi scomparsi[10].
La mappa catastale del 1808 ci fornisce soltanto il preciso ingombro nel tessuto urbano e registra un edificio leggermente trapezoidale da cui si estendeva un presbiterio rettangolare[21].
Dalla fine del Cinqucento l'accesso alla chiesa era possibile dal Ramo San Nicoletto, una calle ancora esistente che continua a perpetuarne il nome, che introduceva ad una corticella e poi ad un atrio coperto.
1 - Ingresso principale
2 - Cantoria e organo; portelle dell'organo: Paolo Fiammingo,Adamo e Eva; Caino e Abele
3 - Benedetto Caliari, Flagellazione di Gesù (perduto)
4 - Altare della Pietà: Paolo Fiammingo, Pietà con i santi Andrea e Nicolò
5 - Carletto Caliari, Deposizione (sopra la pala; perduto)
6 - Carletto Caliari, Orazione nell'orto (perduto)
7 - Presbiterio
8 - Paolo Veronese, Battesimo e tentazione di Cristo (in basso);
Benedetto Caliari, Ultima cena e lavanda dei piedi (in alto)
9 - Paolo Veronese, Isaia profeta (al centro), Sibilla (in basso, perduto); Carletto Caliari, Angeli con gli strumenti della Passione (in alto)
10 - Altare maggiore: Tiziano, Madonna col Bambino in gloria e sei santi
11 - Paolo Veronese,Ezechiele profeta (al centro), Sibilla (in basso, perduto); Carletto Caliari, Angeli con gli strumenti della Passione (in alto)
12. Palma il Giovane, Discesa nel Limbo (in basso);
Carletto Caliari, Resurrezione (perduto; in alto)
13 - Benedetto Caliari, Cristo davanti a Pilato
14 - Paolo Veronese, Crocifissione (sopra la pala)
15. Altare di San Giovanni Battista: Paolo Fiammingo, Predicazione di Giovanni Battista
16. Alvise dal Friso, Salita al Calvario
17. Marco Vecellio, Vergine Annunciata; Un Profeta (perduto)
Parete sinistra (3-6)
[modifica | modifica wikitesto]Benedetto Caliari, Flagellazione di Gesù (perduto)
Altare della Pietà: Paolo Fiammingo, Pietà con i santi Andrea e Nicolò (Gallerie dell'Accademia)
Carletto Caliari, Deposizione (sopra la pala; perduto)
Carletto Caliari, Orazione nell'orto (perduto)
xxx aggiunto altare dopo la metà del Settecento
Presbiterio (7-12)
[modifica | modifica wikitesto]Sul fondo della chiesa era il presbiterio rettangolare, elevato da due gradini e separato dall'aula da una balaustrata.
L'altar maggiore si elevava sopra altri quattro gradini ed era ornato da due colonne con capitelli corinzi , Questa struttura incorniciava la pala di Tiziano con la Madonna col Bambino in gloria e i santi Caterina d’Alessandria, Nicola di Bari, Pietro, Antonio da Padova, Francesco d’Assisi e Sebastiano fino al 1770 quando dopo l'acquisto da parte del console inglese John Hudny venne rimossa e poi definitivamente acquistata dal papa Clemente XIV e trasferita a Roma. Della pala sostitutiva commissionata a Giuseppe Angeli non è rimasta traccia e non risulta elencata nella relazione delle confische napoleoniche.
I fianchi dell'altare sulla parete di fondo erano quattro coppie quadri bislunghi, l'una sovrapposta all'altra.
Sotto, a sinistra era una coppia di monocromi a rappresentare le finte statue di Isaia profeta e di una Sibilla.
Sul lato opposto erano di nuovo i monocromi di Ezechiele profeta e un'altra Sibilla.
Tutte opere Veronese + la sibille perdut
Sopra ciascuno dei monocromi era no disposte altrettante tele bislunghe rapprentanti degli angioletti con gli strumenti della Passione, unanimemente attribuite al figlio del Veronese Carletto. Certamente vennero realizzate più tardi rispetto all'impostazione del complesso dipinto dal padre e dallo zio in quanto al momento della banedizione della chiesa, data ante quem per la reaòizzazione del resto della decorazione, Carletto aveva soltanto 14 anni. Si considerano comunque opere piuttosto giovanili non confrontabili con le altre opere in questa chiesa, ora perdute, che fonti ci tramandano come realizzate dallo stesso o altri lavori noti sicuramente più maturi.
xxx Veggenti
[modifica | modifica wikitesto]Sibille [22]promessa di un Salvatore ai pagani
Elia profeta dell'Annunciazione della nascita di Cristo[23]
Ezechiele profeta dell'esilio e associato al culto mariano come Isaia (maternità virginale)[24]
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Paolo Veronese e aiuti, Isaia Profeta, s.d., olio su tela, 256 x 66 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia, inv. 204
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Carletto Caliari, Angelo con gli Strumenti della Passione, 1588 circa, olio su tela, 294x66 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia, inv. 254
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Carletto Caliari, Angelo con gli Strumenti della Passione, 1588 circa, olio su tela, 294x66 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia, inv. 257
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Carletto Caliari, Angelo con gli Strumenti della Passione, 1588 circa, olio su tela, 294x66 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia, inv. 329
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Carletto Caliari, Angelo con gli Strumenti della Passione, 1588 circa, olio su tela, 294x66 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia, inv. 338
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Paolo Veronese e aiuti, Ezechiele Profeta, s.d., olio su tela, 253 x 67 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia, inv. 266
Le pareti laterali del presbiteri, sopra gli stalli,o erano interamente coperte da tele prodotte dalla stessa compagine: a sinistra il Battesimo e Tentazioni di Cristo del capo bottega, in basso, e l'Ultima Cena e Lavanda dei piedi del fratello Benedetto; a destra era la Discesa di Cristo al Limbo sopra al quale era un'altra opera di Carletto Caliari, la Resurrezione oggi perduta. +++ Palma "rifatto" e citazioni vv
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Paolo Veronese, Battesimo e Tentazioni di Cristo, 1582 circa, olio su tela, 248x450 cm Milano, Pinacoteca di Brera
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Benedetto Caliari, Ultima Cena e Lavanda dei piedi, 1578- 1580 circa, olio su tela, 282x366 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia
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Palma il Giovane, Discesa di Cristo al Limbo, 1577/1589, olio si tela, 235x445 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia in deposito alla chiesa arcipretale di Quero
Parete destra (13-16)
[modifica | modifica wikitesto]Benedetto Caliari, Cristo davanti a Pilato
Paolo Veronese, Crocifissione (sopra la pala)
Altare di San Giovanni Battista: Paolo Fiammingo, Predicazione di Giovanni Battista (fino al 1990 risultava molto rovinato ma pubblicato nel 2015 restaurato)
Alvise dal Friso, Salita al Calvario
xxx aggiunto altare dopo la metà del Settecento
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Benedetto Caliari, Cristo davanti a Pilato
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Paolo veronese, Crocifissione
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Alvise dal Friso, Salita al Calvario
Cantoria (2, 17)
[modifica | modifica wikitesto]Sostenuta da quattro pilastri, una cantoria era addossata alla parete di ingresso che reggeva al centro l'organo consegnato nel 1777 di Francesco Merlini (notizie dal 1771, †1818) in sostituzione del precedente cinquecentesco[25]. Non venne per questo modiifcata la cassa mantenedo Le portelle di Paolo Fiammingo dipinte probabilmente nel 1580. Presentavano all'esterno Adamo ed Eva e all'Interno Caino e Abele (oggi le tele sono di proprietà delle Gallerie dell'Accademia ma sono conservate nella sede della prefettura di Venezia a ca' Corner)[26]. ++ Nello spazio sottostante la piattaforma le fonti ricorcdano un Profeta dipinto da Marco Vecellio, ora perduto.
Il soffitto
[modifica | modifica wikitesto]La tipica Incorniciatura intagliata e dorata, perduta con le demolizioni, è oggi solo immaginabile. Si trattava di un controsoffitto a lacunari disposto irregolarmente rispetto alle travature di sostegno. Come d'uso, veniva creata in anticipo rispetto all'esecuzione dei dipinti e non risultano documenti che attestino una consulenza al progetto da parte del Veronese.
I dipinti, assegnati alle Gallerie dell'Accademia, subirono alcune mutilazioni e, nel 1929, il gruppo centrale fu destinato alla ricostruzione del soffitto del soffito della cappella del Rosario ai Santi Giovanni e Paolo.
Juergen Schulz pubblicò il primo studio su questo soffitto nel 1961 e lo riprese nel testo più esteso sui Venetian painted ceilings of the Renaissance, del 1968. Schlz riconobbe che l'unica disposizione plausibile degli evangelisti fosse a corona del quadrilobo centrale. La una nuova ricerca di Adriana Ruggeri Augusti e Giovanna Nepi Sciré del 1988 precisò l'orientamento delle tele con il San Nicola rivolto verso gli officianti nel presbiterio e il San Francesco rivolt ad accogliere i fedeli verso l'ingresso. Segnalarono anche l'esistenza di una copi dipinta del San Nicola in un collezione privata francese che con il disegno scoperto da Schulz riusciva a rendere comprensibile l'originaria composizione.
San Nicola
[modifica | modifica wikitesto]A est del sofitto dell'aula, cioè più vicino all'altar maggiore era, rivolto verso l'officiante, il telero della Consacrazione di san Nicola
+++L'altra delle due tele all'estremità est/ovest solo la Sigmatizzazione di san Francesco conserva la forma original quadrilobata
Questa forma ci può solo far immaginare la conformazione originaria dell'altra, la c,
Edwards lo aveva proposto per la decorazione di u'aula del tribunale d'appello suggerendo già che il formato potesse essere adattato in quanto si trattava di una pittura che aveva subito «gravissimi danni»[28]
L'opera giunse invece alle gallerie dove nel 1817 venne ritagliata eliminando gli estesi lobi laterali per ottenere un tondo da esporre sul soffitto della prima sala delle Gallerie dell'Accademia. Lì rimase fino alla fine dell'Ottocento qundo Cantalamessa la fece rimuovere confidando che le parti mancanti fossero ripiegate dietro il telaio e ma fu solo possibile ripulirla ed esporla in modo più consono[29]
La composizione originale ci viene tramandata da un disegno conservato ad Haarlem nel museo Teylers e trova anche conferma in una copia dipinta di una collezione privata francese.
A differenza della precedente (1562) Consacrazione di san Nicola di Veronese per l'abbazia di San Benedetto???, ora a Londra, i tempi della XXx vengono fusi in un unica rappresentazione[30]
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Paolo Veronese, Consacrazione di san Nicola, olio su tela, Ø 200 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia
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Anonimo da Paolo Veronese, Consacrazione di san Nicola a San Nicolò della lattuga, ante 1817, inchiostro nero e lumeggiature su carta, 13,4x20,4 cm, Haarlem, Museo Teylers
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Paolo Veronese, Consacrazione di san Nicola, 1562, olo su tela, 286,5 × 175,3 cm, Londra, National Gallery, gia nell'abbazia di
Adorazione dei Magi
[modifica | modifica wikitesto]+++Alternativa formati Fiocco
Il dipinto nel 1826 fu montato sul soffitto nella sala della Quarantia Civil del Palazzo Ducale adibita allora a biblioteca[31] Dopo il rovinoso incendio xxx1876???xxx che distrusse la Scuola del Rosario con tutte le opere originarie che l'adornavano, e anche alcune opere ivi depositate in attesa di restauaro, fu convenuto di rimediare ornando le mura e il nuovo soffitto di quella che divenne l'attuale cappella del Rosario con varie opere provenienti da chiese soppresse. Nel 1929 la parte centrale del soffitto di San Nicoletto con l'Adorazione dei Magi e I quattro evangelisti furono trasferite dalle Gallerie ed inserite in un nuovo controsoffitto baroccheggiante. Disgraziatamente la disposizione di questo gruppo proprio sopra il ciborio che contiene la statua della Madonna ne rende insoddisfacente l'illuminazione l'osservazione. +++Il resto del soffitto proviene dalla chiesa dell'Umiltà
Evangelisti
[modifica | modifica wikitesto]Con l'arrivo alle Gallerie nel 1834 i quattro dipinti vennero uniti a coppie integrando le porzioni assenti in modo di ottenere du pnnalli rettangolari, vennero nuovamente separati nel 1929 con la sistemazione nella cappella del rosario
ai quattro angoli sono disposti simmatricamente le effigi dei quattro evangelisti nel primo periodo di conservazione alle Gallerie erano stati cuciti a coppie
nelaanuova collocazione vennero ridotti in altezza
e i troppi passaggi delle riproduzioni in incisione non possono essere d'aiuto
San Francesco
[modifica | modifica wikitesto]Anche questo dipinto fu incamerato dagli asburgici nel 1838 e inviato a Vienna; fece ritorno alle Gallerie con le riparazioni del 1919[32]
Sagrestia
[modifica | modifica wikitesto]Donato Veneziano ++ commenti
Santi francescani
Cappelle esterne
[modifica | modifica wikitesto]Le testimonianza storiche ci avvisano delle presenza di due cappelle
Non è invece chiara la collocazione di due cappelle esterne alla chiesa ma ravvicinata, le fonti ci tramandano che una era dedicata a San Francesco e una, di proprietà della famiglia Basadonna, alla Beata Vergine della Pietà[33]. La prima secondo Boschini era «tutta dipinta dal Palma [il Giovane]» con San Francesco che riceve le stigmate sull'altare affiancato dall'Annunciazione oltre a «sette meze Lune concernenti la vita di S. Francesco», autore confermato anche da Zanetti che però omette di descrivere le singole opere[34]. Di queste opere ci è pervenuta la paletta ora nei depositi delle gallerie veneziane, le altre risultano perdute fuorché una lunette con San Francesco penitente e due angeli prestato dalla Pinacoteca di Brera alla procura generale della Repubblica di Milano[35].
La cappella Basadonna godeva di una dignità particolare in quanto Gregorio XIII vi concesse l'indulgenza plenaria per i defunti[36]; l'ambiente, danneggiata dall'incendio del1746, conteneva un'Assunta «con molti Angeli à basso. San Nicola, e Santa Chiara da Monte Falco» di Odoardo Fialetti a questa si aggiunsero poi «varj quadri moderni»: la Santssìma Trinità è di Girolamo Brusaferro, l'Angelo Rafaele di Giambattista Pittoni «e gl'altri d'altri autori»[37].
Convento
[modifica | modifica wikitesto]Nel refettorio le fonti storiche segnalano l presenza di due dipinti, entrambi inceneriti dall'incendio: l'Ultima Cena di Alvise dal Friso e la Stigmatizzazione di san Francesco di Donato Veneziano. La Crofissione coni santi citata da Boschini e Zanetti nel convento fu spostata nella sagrestia probabilmente prima dell'incendio.
Ciclo della redenzione
[modifica | modifica wikitesto]Il Concilio di Trento è quindi il primo luogo in cui trova discussione e istituzione ufficiale il sacramento della Penitenza, o Riconciliazione --> sitituzione della confessione come sacramento VS pensiero luterano (Bergamo)
ma iconografia della penitenza senza precedenti del nuovo dettame conciliare
storicizzazione e liturgia Battesimo-Tentazioni, Lavanda-Eucarestia
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ La chiesa viene incidentalmente citata come già «atterrata» in Giannantonio Moschini, Guida per la cittò di Venezia, vol. 2, Venezia, 1815, p. 507.
- ^ Tassini, p. 446.
- ^ Corner 1758, p. 368.
- ^ Erboso 2013, p. 74.
- ^ Humfrey-Sherman 2015, p. 252.
- ^ Humfrey-Sherman 2015, p. 248.
- ^ Hunfrey-Sherman 2015, pp. 248-249.
- ^ Citazione in Erboso 2013, p. 79.
- ^ Erboso 2013, pp. 74-75.
- ^ a b Humfrey-Sherman 2015, p. 250.
- ^ Hunfrey-Sherman 2015, p. 252.
- ^ Bisson 2012, p. 280.
- ^ Decreto riguardante le Corporazioni religiose ne' dipartimenti Veneti riuniti al Regno (n. 160 - 28 luglio 1806), su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, parte II, dal 1 maggio al 31 agosto 1806, pp. 809-820. URL consultato il 22 giugno 2019. che estende a Venezia il precedente Decreto sull’organizzazione del Clero secolare, regolare, e delle Monache (n. 45 - 8 giugno 1805), su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, parte I, dal 1 Gennajo al 30 Giugno 1805, pp. 123-140. URL consultato il 22 giugno 2019.
- ^ Decreto portante la soppressione delle compagnie, congregazioni , comunie ed associazioni ecclesiastiche (n. 77 - 25 aprile 1810), su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, parte I, dal 1 Gennajo al 30 Giugno 1810, pp. 264-276. URL consultato il 22 giugno 2019.
- ^ Decreto riguardante i manoscritti e libri de’ Conventi soppressi negli Stati ex Veneti aggregati al Regno (n. 100 - 10 giugno 1810), su Bollettino delle leggi del Regno d'Italia, parte I, dal 1 Gennajo al 30 Aprile 1806, pp. 609-611. URL consultato il 22 giugno 2019.
- ^ Si tratta dell'avvocato Giovanni Rossi (Venezia 1776-1852), attivo per qualche tempo come delegato del Regno Italico per la raccolta dei documenti nei conventi soppressi; cfr. Susy Marcon, Donate alcune opere manoscritte di Giovanni Rossi, su Biblioteca Marciana newsletter, estate 2001. URL consultato il 25 novembre 2024.
- ^ Zorzi 1984/2, pp. 254-255
- ^ Su Girolamo da Feltre non risultano molte notizie se non la lettera dell'ambasciatore di Mantova al duca Vincenzo I Gonzga che suggerisce di metterlo alla prova e lo definisce «ingeniero et intagliatore» che «s'offerisce di venir a dar prova all'altezza sua» Humfrey-Sherman 2015, pp. 279-280, n. 53; cfr: ID scheda 1554, su Archivio corrispondenza Gonzaga.
- ^ Zorzi 1984/2, p. 61.
- ^ Franzoi-Di Stefano, p. 47
- ^ Humfrey-Sherman 2015, p. 252.
- ^ Louis Reau, iconographie de l'art chretienne, vol. 2. URL consultato il 5 dicembre 2024.
- ^ Template:CCita lbro
- ^ Template:Cita lbro
- ^ Bisson 2012, pp. 278-279.
- ^ Gaggiato 2019, p. 190.
- ^ La ricosturzione è basta sulle proposte di Schulz 1961, fig. 66, con le rettifiche di Ruggeri Augusti-Nepi Scire 1988, fig.145 e Hunfrey-Sherman 2015, fig. 25.
- ^ Giovanna Nepi Sciré in Veronese 1988, p. 151.
- ^ Giovanna Nepi Sciré in Veronese 1988, pp. 151, 153, 161 n. 6.
- ^ Erboso 2013, pp, 82, 85.
- ^ Giovanna Nepi Sciré in Veronese 1988, pp. 154, 161 n. 7.
- ^ Giovanna Nepi Sciré in Veronese 1988, p. 153.
- ^ Corner 1758, p. 368; Zorzi 1984/2, p. 254; Gaggiato 2019, p. 189.
- ^ Boschini 1658, Sastier di S. Polo p. 57; Zanetti 1733., p. 309.
- ^ Gaggiato 2019, pp. 192-193.
- ^ Corner 1758, p. 368.
- ^ Boschini 1658, Sastier di S. Polo p. 57; Zanetti 1733, pp. 309-310.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Francesco Sansovino e Giustiniano Martinioni [con aggiunta di], Venetia città nobilissima et singolare descritta in XIIII libri da M. Francesco Sansovino, Venezia, Steffano Curti, 1663.
- Marco Boschini, Le ricche miniere della pittura veneziana, Venezia, Francesco Nicolini, 1674, pp. San Polo 54-57.
- Antonio Maria Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture della citta' di Venezia e isole circonvicine: o sia Rinnovazione delle Ricche minere di Marco Boschini, colla aggiunta di tutte le opere, che uscirono dal 1674. sino al presente 1733., Venezia, Pietro Bassaglia al segno della Salamandra, 1733, pp. 307-310.
- Flaminio Corner, Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello …, Padova, Giovanni Manfrè, 1758, p. 368.
- Antonio Maria Zanetti (1706-1778), Della pittura veneziana e delle opere pubbliche de' veneziani maestri libri V, Venezia, Albrizzi, 1771.
- Giuseppe Tassini, Curiosità veneziane, Venezia, Filippi, 1979, p. 448. Giulio Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1963, p. 577.
- Giuseppe Tassini, Edifici di Venezia distrutti o volti ad uso diverso da quello a cui furono in origine destinati, Venezia, Cecchini, 1885, p. 65.
- Veronese's Ceiling at San Nicolò ai Frari, Juergen Schulz, in The Burlington Magazine, vol. 103, n. 699, Londra, giugno 1961.
- Sandra Moschini Marconi (a cura di), Gallerie dell'Accademia di Venezia, 2 - Opere d'arte del secolo 16º, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato - Libreria dello Stato, 1982.
- Alvise Zorzi, Venezia scomparsa, 2ª ed., Milano, Electa, 1984 [1972].
- Umberto Franzoi e Dina Di Stefano, Le chiese di Venezia, Venezia, Alfieri, 1976.
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