Sjarhej Chamenka

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Sjarhej Chamenka

Ministro della giustizia
Durata mandato18 ottobre 2021 –
22 Aprile 2024
Capo di StatoAljaksandr Lukašėnka
Capo del governoRaman Haloŭčenka
PredecessoreAleh Sližėŭski
SuccessoreEvgenij Kovalenko

Viceministro degli affari interni
Durata mandato24 dicembre 2019 –
18 ottobre 2021
Vice diJuryj Karaeŭ
Ivan Kubrakoŭ

Dati generali
ProfessioneMilitare
Sjarhej Chamenka
NascitaJasynuvata, 21 settembre 1966
Dati militari
Paese servitoUnione Sovietica (bandiera) Unione Sovietica
Bielorussia (bandiera) Bielorussia
Forza armataTruppe interne del Ministero degli affari interni
Anni di servizio1987 - presente
GradoMaggior generale
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Sjarhej Mikalaevič Chamenka (in bielorusso Сяргей Мікалаевіч Хаменка?; Jasynuvata, 21 settembre 1966) è un politico e generale bielorusso, Ministro della giustizia dal 18 ottobre 2021 al 22 aprile 2024.

Dopo aver conseguito un diploma di scuola superiore è poi entrato nell'Istituto militare delle truppe interne della bandiera rossa a Ordžonikidze diplomandosi con lode nel 1987. Successivamente è entrato nelle Truppe interne del Ministero degli affari interni dell'Unione Sovietica, rimanendo poi nel medesimo reparto del Ministero degli affari interni bielorusso.

Tra il 1994 e il 1997 ha studiato presso l'Accademia militare "M.V. Frunze" diplomandosi con medaglia d'oro e poi tra il 2007 e il 2009 è stato allievo dell'Accademia militare della Bielorussia.

Per tre volte è stato eletto al consiglio comunale di Minsk. Dall'agosto 2014 al 24 dicembre 2019 ha diretto il Dipartimento di sicurezza del Ministero degli affari interni ed è stato poi nominato viceministro del medesimo dicastero. Il 18 ottobre 2022 è stato nominato Ministro della giustizia.[1]

Nel 2022 è risultato nella lista delle personalità sanzionate dall'Unione europea in quanto accusato di aver condotto attività di repressione e intimidazione dopo le elezioni presidenziali del 2020 con particolare riferimento ad arresti arbitrari, maltrattamenti e torture di manifestanti pacifici oltre che intimidazioni e violenze verso i giornalisti.[2]