Cultura altrui nel metatesto

Da Teknopedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Voce da controllare
Questa voce o sezione sull'argomento linguistica è ritenuta da controllare.
Motivo: Non si capisce di cosa parli la voce. L'incipit dà la definizione di "metatesto", non di culture altrui nel metatesto. Comunque di difficile comprensione, sembra un saggio, più che una voce da enciclopedia

Partecipa alla discussione e/o correggi la voce. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.

Peeter Torop definisce Cultura altrui nel metatesto come l'insieme di tutte le informazioni paratestuali riguardo all'autore e il contesto in cui il testo è nato, comprese introduzione, note, prefazione, postfazione, recensioni ecc.

"Cultura altrui nel metatesto" è, a volte, semplificata con la sola parola "metatesto". Metatesto è però specificatamente il testo tradotto, derivato dal prototesto, secondo le denominazioni forgiate da Anton Popovič. Questo doppio significato della stessa parola (metatesto 1 come "cultura altrui nel testo tradotto" e metatesto 2 come "testo tradotto in sé") è giustificato dal fatto che sia il metatesto 1 che il metatesto 2 sono il risultato di un processo traduttivo che punta a trasformare il prototesto originale.[1] Inoltre, dato che la traduzione metatestuale (cioè il testo tradotto in sé) è parte dei processi compresi nel concetto di “traduzione totale” (cioè tutta la cultura del testo tradotto trasposta nel metatesto), entrambi i risultati del processo possono essere definiti come metatesto. I traduttori, avendo una consapevolezza metaculturale, hanno il compito di rappresentare la cultura del confine tra la cultura altrui e la cultura ricevente perché conoscono le loro differenze. Quando traducono, possono decidere di inserire l'elemento altrui nella cultura propria così come si presenta oppure adattarlo alla loro cultura. Il primo approccio è centripeto e riconosce le differenze appartenenti all'elemento altrui e le confronta con la cultura propria portando l'attenzione sulle differenze culturali; il secondo approccio è centrifugo e proietta all'esterno dei suoi sistemi interni gli schemi di percezione usati senza interessarsi delle differenze. Lo studioso israeliano Itamar Even-Zohar ha analizzato il legame tra i vari sistemi culturali introducendo il concetto di “polisistema letterario”. Even Zohar definisce “polisistema” l'intero universo semiotico e descrive alcune norme che regolano i legami tra i sistemi interni al polisistema secondo la loro posizione centrale o periferica e il loro atteggiamento statico o dinamico. Il sistema centrale è quello che più influenza gli altri mentre i sistemi periferici sono meno autosufficienti, più dinamici e tendono a essere influenzati dai sistemi centrali. Nei sistemi centrali i testi tradotti sono marginali mentre in quelli periferici sono centrali. I legami tra centralità e marginalità culturale influenzano la strategia traduttiva. Quando la cultura emittente è centrale e la cultura ricevente è periferica l'elemento altrui viene conservato.Al contrario quando la cultura emittente è periferica e quella ricevente è centrale l'appropriazione dell'elemento altrui è più frequente.[2]Anche se difficili da capire, gli elementi appartenenti a un'altra cultura contribuiscono ad arricchire la cultura ricevente in cui vengono introdotti; al contrario, quando l'elemento esotico è adattato alla cultura ricevente, diventa invisibile per il lettore. A tale proposito il ricercatore israeliano Gideon Toury ha dato un contributo molto importante introducendo il concetto di “adeguatezza” e “accettabilità”. Nel caso dell'adeguatezza, la dominante è il mantenimento dell'integrità del prototesto, mentre nel caso dell'accettabilità, la dominante è la lettura scorrevole del prototesto tradotto nella cultura ricevente. “Se si segue il principio o norma dell'adeguatezza, il traduttore si concentra sulle caratteristiche distintive del testo originale: il suo linguaggio, il suo stile e gli elementi culturospecifici. Se invece prevale il principio dell'accettabilità, il fine del traduttore è di produrre un testo comprensibile in cui il linguaggio e lo stile sono pienamente compatibili con le convenzioni linguistiche e culturali della cultura ricevente. I due principi non si escludono a vicenda: il traduttore può seguire contemporaneamente entrambe le norme”.[3] In altre parole, Toury definisce l'adeguatezza come “la traduzione del prototesto letterario” e l'accettabilità come “la creazione di un metatesto letterario” (non è certo che i metatesti creati in questo modo siano le traduzioni dei prototesti). Scegliendo l'adeguatezza, i testi possono risultare difficili per i lettori, mentre l'accettabilità rischia di dare al lettore l'illusione che tutte le culture siano simili alla sua.[4]

  1. ^ Osimo, p. 30.
  2. ^ Osimo, p. 44.
  3. ^ van Leuven-Zwart, p. 93.
  4. ^ Osimo, p. 59.
  • K.M. van Leuven-Zwart,Translation and Original: Similarities and Dissimilarities in Target, Amsterdam, John Benjamins B.V., 1989.
  • Bruno Osimo, Manuale del traduttore, Milano, Hoepli, 2004.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]
  Portale Linguistica: accedi alle voci di Teknopedia che trattano di linguistica