Lucio Ebuzio Helva
Lucio Ebuzio Helva | |
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Console della Repubblica romana | |
Nome originale | Lucius Aebutius Helva |
Morte | 463 a.C. |
Padre | Tito Ebuzio Helva |
Consolato | 463 a.C. |
Lucio Ebuzio Helva (... – 463 a.C.) è stato un politico romano.
Consolato
[modifica | modifica wikitesto]Figlio del console Tito Ebuzio Helva, fu eletto console nell'anno 463 a.C. con Publio Servilio Prisco; morì nello stesso anno, colpito dall'epidemia di peste che si verificò a Roma[1][2].
Solo perché i Volsci e gli Equi erano più interessati ai saccheggi che alla conquista, Roma, duramente colpita dalla peste che ne aveva decimato la popolazione, evitò il saccheggio.
«Senza un capo e senza forze, la città spopolata fu protetta dai suoi numi tutelari e dalla sua buona stella, che ispirò a Volsci ed Equi un comportamento da predoni più che da nemici. Infatti il loro animo era così lontano dal nutrire una qualche speranza non solo di conquistare ma addirittura di avvicinarsi alle mura di Roma e la vista da lontano dei tetti e dei colli sovrastanti aveva fuorviato le loro menti tanto, che l'intero esercito cominciò a esser percorso da mormorii di disapprovazione: si domandavano perché dovessero sprecare il tempo inoperosi in un'area desolata e abbandonata, dove non c'erano opportunità di bottino, ma solo cadaveri di uomini e di bestie, mentre avrebbero potuto invadere una terra ricca di ogni ben di Dio e inviolata quale la zona di Tuscolo.»
Secondo Dionigi invece gli Equi arrivarono fin sotto le mura di Roma, ma essendo Roma ben protetta dalla natura dei luoghi e dalle opere murarie e non essendo gli Equi esperti nell'arte dell'assedio, si ritirarono, preferendo saccheggiare le campagne[3].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita, III. 6
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 67.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro IX, 68.