Lucio Lucrezio Tricipitino | |
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Console della Repubblica romana | |
Nome originale | Lucius Lucretius Triciptinus |
Figli | Osto Lucrezio Tricipitino Publio Lucrezio Tricipitino |
Gens | Lucretia |
Padre | Tito Lucrezio Tricipitino |
Consolato | 462 a.C. |
Lucio Lucrezio Tricipitino (... – 462 a.C.) è stato un politico e militare romano.
Console
[modifica | modifica wikitesto]Fu eletto console nell'anno 462 a.C., con Tito Veturio Gemino Cicurino[1].
Dopo la pestilenza che aveva colpito Roma l'anno precedente, la situazione in città si era andata normalizzando, così che, quando gli Ernici vennero a chiedere aiuto contro i continui sconfinamenti e saccheggi subiti dai Volsci, Roma fu in grado di approntare due eserciti da inviare in aiuto degli alleati, affidandone il comando ai due consoli.
Mentre Veturio conduceva la guerra nel territorio dei Volsci, a Lucrezio fu affidata la campagna contro gli Equi, che però preferirono non contrastare i Romani in campo aperto, restando a presidiare le città[1].
Lucrezio comandava l'esercito che sbaragliò un numeroso contingente di Volsci, che aveva compiuto numerose razzie nella zona di Gabii, in quella di Tuscolo e in quella circostante la stessa Roma, mentre tentava di rientrare nel proprio territorio con il bottino.
«Lì poco mancò che il nome dei Volsci venisse cancellato dalla faccia della terra. In alcuni annali ho trovato che tra fuga e battaglia ci furono 13.470 morti, che 1750 vennero catturati vivi e che le insegne conquistate ammontarono a 27. Anche se tali cifre risentono di una certa tendenza all'esagerazione, ciononostante si trattò indubbiamente di un grande massacro.»
Di lì a poco, gli eserciti consolari riuniti, sbaragliarono i resti dei contingenti Volsci ed Equi, anch'essi riunitisi per dare battaglia ai romani. Lucrezio lasciò per tre giorni esposto in Campo Marzio il bottino strappato ai razziatori nemici, affinché i legittimi proprietari potessero rivendicarne la proprietà. Anche per questo gli fu concesso il trionfo, mentre il collega otteneva una semplice ovazione.[2].
Nell'anno del suo consolato il tribuno della plebe Gaio Terentilio Arsa presentò la legge che dal suo nome fu chiamata, appunto, Lex Terentilia, che proponeva la formazione di un comitato di cinque cittadini al quale doveva essere affidato l'incarico di stendere definitivamente le norme che vincolassero il potere dei consoli, allora praticamente senza limiti. Complice il trionfo, per quell'anno non si parlò più di questa legge[3].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Dionigi, Antichità romane, Libro IX, 69.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita, III. 8-10.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe Condita, III. 9.
Voci correlate
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