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EKOVA

Ekova sono stati un trio musicale di world music attivo in Francia tra la fine degli anni '90 e i primi anni del 2000.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

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Il gruppo era frutto dall'incontro nell'ambiente cosmopolita di Parigi di tre musicisti dai simili riferimenti musicali ma dalle diverse tradizioni culturali: la cantante americana Dierdre Dubois, il suonatore di oud franco-algerino Mehdi Haddab e il percussionista iraniano Arash Khalatbari.

Il nome, dato al gruppo dalla cantante Dierdre Dubois, nasceva dalla fusione della parola eco e del suffisso femminile ova «ma non ha un vero e proprio significato, è solo un bel suono, volevo usare una parola che non avevo mai udito prima.» Le originali vocalizzazioni della cantante utilizzavano spesso sillabazioni non-sense, mostrando il medesimo sperimentalismo linguistico/artistico presente nella denominazione del gruppo.

Ekova sono stati definiti "un gruppo che estende I confini della world music verso nuovi perimetri" e il loro suono come "musica folk di un futuro tecno-globale" in cui confluivano riferimenti alla musica celtica, anglossassone e persiana.

Formazione[modifica | modifica wikitesto]

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Discografia[modifica | modifica wikitesto]

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Album[modifica | modifica wikitesto]

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  • 1998 – Heaven's Dust (Sony Classical)
  • 1999 – Soft Breeze & Tsunami Breaks (Sony Music)
  • 2000 – Space Lullabies and Other Fantasmagore (Six Degrees Records)

Singoli ed EP[modifica | modifica wikitesto]

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  • 1997 – Speaking To The Brook (Atmosphériques)
  • 1998 – Starlight In Daden (Sony Classical)
  • 1999 – Soft Breeze & Tsunami Breaks (Sony Classical)
  • 2000 – Heaven's Dust (Remixes) (Six Degrees Records)
  • 2000 – Siip Siie (Sony Music Entertainment France)
  • 2001 – Dyonisos Spell (Epic)

Riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

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  1. ^ | AllMusic - Ekova
  2. ^ Six Degrees Records - Ekova, su web.archive.org, 20 febbraio 2007. URL consultato il 14 novembre 2023 (archiviato dall'url originale il 20 febbraio 2007).
  3. ^ (EN) (PDF) Nexus 0804 - new times magazine, su dokumen.tips. URL consultato il 20 novembre 2023.
  4. ^ (EN) Nielsen Business Media Inc, Billboard, Nielsen Business Media, Inc., 19 febbraio 2000. URL consultato il 20 novembre 2023.
  5. ^ Ekova, Space lullabies....and other Fantasmagore, Six Degrees, Sony, 2002, la cantante e violoncellista americana Dierdre Dubois, il suonatore di oud algerino Mehdi Haddab, il percussionista iraniano Arach Khalatbari e Hermione (deejay, sampler) si sono esibiti a Fabbrica Europa 2002, su www.scanner.it. URL consultato il 24 novembre 2023.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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  • Six Degrees Records - Ekova


https://books.google.it/books?id=BxAEAAAAMBAJ&pg=PA27&dq=%22ekova%22+%22diedre%22&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiH8pDR-uCAAxWJVPEDHd5qCZIQuwV6BAgEEAg#v=onepage&q=%22ekova%22%20%22diedre%22&f=false


http://edition.cnn.com/2000/SHOWBIZ/Music/07/25/wb.ekova/


Incontro nel 1994

https://www.google.it/books/edition/Rhythm/JbA4AQAAIAAJ?hl=it&gbpv=1&bsq=ekova&dq=ekova&printsec=frontcover

NEXUS

Ekova is one group stretching the boundaries of contemporary world music towards very new perimeters

ecc.

("un gruppo che estende I perimetri della world music verso nuovi perimetri").

https://dokumen.tips/documents/nexus-0804-new-times-magazine.html?page=80

p. 79


BILLBOARD 19/2/2000

the folk music of a techno-global future.

https://books.google.it/books?id=CQ4EAAAAMBAJ&pg=PA23&dq=Irish+and+English+folk%C2%A0%22ekova%22&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwi58fWkmeGAAxXdVvEDHU33BPgQuwV6BAgJEAg#v=onepage&q=Irish%20and%20English%20folk%C2%A0%22ekova%22&f=false





DA FARE: Sergey Zimov - LEVA FASCISTA

Emilio Filippini (Cattolica, 1 ottobre 1870Cattolica, 1938) è stato un pittore italiano verista.

Personaggio introverso ed estremamente legato alla famiglia ed al territorio di origine, dopo un iniziale coinvolgimento in eventi espositivi regionali si escluse progressivamente da ogni rapporto con la scena extra-locale, coltivando liberamente ed umilmente la sua passione artistica sino alla fine.


Partecipò alla prima Quadriennale della Promotrice delle Belle Arti di Torino del 1902, ove presentò il grande olio verista “Gli emigranti”, per il quale venne premiato con medaglia di bronzo.

Fu presente a Ravenna alle edizioni dell'Esposizione Regionale Romagnola di Belle Arti nel 1904 a Ravenna e del 1907 a Forlì (medaglia di bronzo ex aequo nella sezione pittura e scultura)[1] ed alla Esposizione nazionale di Belle Arti della Città di Rimini nel 1909.

Espose a Padova nel 1930 riscuotendo unanimi consensi poi, dopo cinque anni, fu la sua città a rendergli onore, organizzandogli la mostra a tre con il bolognese Dante Comelli e l’aquilano Carlo Patrignani.

Nel 1935, due anni prima della sua morte, la città natale organizzò una mostra cui egli partecipò assieme ad altri due artisti frequentatori della stazione balneare: il bolognese Dante Comelli e l’aquilano Carlo Patrignani.

Sue opere sono conservate presso il Museo nazionale Collezione Salce.

  1. ^ La Romagna rivista mensile di storia e di lettere diretta da Gaetano Gasperoni e da Luigi Orsini, Tip. coop. editrice, giugno-luglio 1907, p. 400. URL consultato il 20 novembre 2023.
  • G. Bresciani Alvarez, Emilio Filippini sconosciuto pittore romagnolo, in Studi Romagnoli, n.10/1967
  • P. G. Pasini - M. Zuffa, M., L'arte e il patrimonio artistico e archeologico in "Storia di Rimini dal 1800 ai nostri giorni", B. Ghigi, 1997, pp. 108-109-111
  • Comune di Cattolica - Assessorato alla cultura (a cura di), Emilio Filippini, Cattolica, 1980
  • P. G. Pasini, Emilio Filippini pittore solitario 1870-1938, Silvana, 1999
  • P. G. Pasini,(a cura di), Novecento riminese. Pittura a Rimini nella prima metà del secolo XX, Editori Riuniti Riminesi, 1997
  • P. G. Pasini, Arte in Valconca. Dal Barocco al Novecento, Silvana, 1997, pp. 105-107.
  • M. L. Denicoló, Cattolica, BCC Gradara, 2012

Collegamenti esterni

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Essenzialmente paesaggista, risente dell'influenza della pittura veneziana dell’Ottocento specie quella di Guglielmo Ciardi: una pittura molto impegnata sul piano formale e di qualità sempre molto alta, che rifiuta i grandi formati e i sontuosi cromatismi dell'olio per affidare soprattutto a piccoli fogli dipinti a pastello pensieri sereni e severi, anzi meditazioni sulla natura, sul paesaggio, sugli uomini e sugli animali.

Dopo aver trascorso parte dell‘infanzia in Friuli presso lo zio paterno, frequenta l’Accademia di Belle Arti a Venezia poi quella di Roma ed infine quella di Urbino dove completa gli studi.Nel 1898 ritorna a Cattolica, lavorando pressoché isolato nell’ambiente artistico riminese, schivo di mondanità e di clamori.

A Cattolica ha dipinto in solitudine per una quarantina d'anni esponendo poche volte e a malincuore la sua produzione: che è frutto di una meditazione solitaria sulla natura, sugli effetti della luce, sull'incanto del colore.




BIBLIOGRAFIA

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Cimitero di guerra di Gradara
TipoMilitare
Stato attualeIn Uso
Ubicazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Città[[Gradara]]
Costruzione
Data apertura1947
Architetto[[Louis de Soissons]]

Il Cimitero di guerra di Gradara è un cimitero militare dei caduti alleati durante la seconda guerra mondiale, situato a circa 1 km dal centro storico di Gradara nel territorio del Comune di Pesaro[1].

Storia e descrizione

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Nel cimitero sono seppelliti i soldati appartenenti alle forze armate di alcuni paesi del Commonwealth costituenti l' Ottava Armata britannica, caduti nel corso della Campagna d'Italia nella seconda guerra mondiale durante l'attacco alla Linea Gotica germanica nel settembre 1944.

Il terreno su cui sorge è stato donato in uso perpetuo dallo Stato italiano ed è affidata alla britannica "Commonwealth War Graves Commission", alla quale è affidata ancora oggi la custodia e la manutenzione dell'impianto cimiteriale.

Il cimitero, progettato dall'architetto paesaggista Louis de Soissons, è situata a ridosso dell'asse stradale che originariamente collegava la via Flaminia e la locale stazione ferroviaria al borgo storico di Gradara. Pur gravitando nel territorio della città di Gradara, l'area in cui sorge l'area recintata fa parte del territorio del comune di Pesaro.

Posto a quota inferiore rispetto al piano stradale, vi si accede tramite una scala monumentale a due rampe simmetriche rivestita in travertino e arenaria gialla. Il sottoscala accoglie al suo interno un'edicola, non visibile dall'ingresso, aperta in direzione del cimitero.

L'area sepolcrale si estende in piano fino all'argine dell'Arno e ospita nelle fasce laterali i cippi bianchi raggruppati in settori di varie dimensioni. Vi sono sepolti ............... caduti della Ottava Armata Commonwealth di cui .................. ignoti.

In asse con l'ingresso si trovano una croce di marmo bianco eretta su un piedistallo a pianta ottagonale, .....

Collegamenti esterni

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  1. ^ Originariamente l'ingresso del cimitero era posto lungo la principale strada di collegamento tra la via Flaminia e Gradara, a cavallo del confine tra il territorio dei Comuni di Pesaro e Gradara. A seguito della costruzione della vicinissima autostrada A14 è stato realizzato un ponte che ha deviato il tratto stradale, rendendo a fondo cieco la strada di accesso, ed ha intaccato il valore paesaggistico del cimitero. Anche la piccola stazione ferroviaria di Gradara, posta a poche centinaia di metri, è stata abbandonata negli anni '80, marginalizzando ulteriormente il sito.

Alberto Bardi nasce a Reggello (Firenze) l’8 ottobre del 1918. Poco dopo la famiglia si trasferisce nell’Appenino tosco-romagnolo, quindi definitivamente a Mezzano, frazione di Ravenna, dove il padre, tecnico agrario, dirige una grande azienda agricola: è qui che Bardi inizia a dipingere, fin dall’adolescenza. Completate le scuole medie superiori, si trasferisce a Roma, dove frequenta il biennio presso la facoltà di Ingegneria. Nella Capitale, a contatto con un ambiente più vasto e stimolante, rafforza la sua inclinazione per la pittura ed affina i suoi mezzi tecnici. Lo scoppio della seconda guerra mondiale lo costringe a interrompere gli studi. È inviato sul fronte russo, come sottotenente di artiglieria. Mentre è a Ravenna in licenza, l’8 settembre 1943 viene dichiarato l’armistizio: Bardi, come molti altri giovani, si unisce alle formazioni partigiane che operano sul Monte Falco, nell’Appennino tosco-romagnolo, e diviene comandante di formazione della 8a Brigata Garibaldi, col nome di battaglia di Falco. Quando la lotta partigiana si sposta in pianura, Bardi è comandante della 28a brigata GAP "Mario Gordini”, a fianco di Arrigo Boldrini (Bulow): la stessa formazione che il 4 dicembre del ‘44, dopo un’aspra battaglia, libererà Ravenna. Sempre in questo periodo è esponente del Comitato di Liberazione Nazionale (di cui fa parte, tra gli altri, anche Benigno Zaccagnini) che si riunisce clandestinamente a casa Bardi, e cura i collegamenti con il comando Alleato. Queste esperienze consolidano alcune caratteristiche della personalità di Bardi, che si ritroveranno nel suo appassionato lavoro di operatore culturale quando si trasferirà nella Capitale. Nel primo dopoguerra riprende a dipingere. Frequenta lo studio del pittore Teodoro Orselli - allora direttore dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna -dove Bardi stesso è uno degli insegnanti. Qualche influenza cézanniana e cubista si ritrova nei suoi lavori di allora. Le istanze di una tematica sociale dell’arte, molto diffuse in quegli anni, pur se così lontane dalla sua concezione della pittura, lo condizionano in alcuni quadri che rappresentano soprattutto operai, fabbriche e paesaggi industriali. Bardi affronta anche questa tematica con originalità e personalità: i suoi quadri sono fortemente strutturati, emergono gli elementi portanti, quelli dinamici, la linea e il gesto essenziali. Lascia nuovamente Ravenna per riprendere gli studi universitari, questa volta presso la facoltà di Architettura, prima a Bologna e poi a Firenze. Ma ragioni di lavoro e di impegno politico lo costringono ad abbandonare di nuovo gli studi ed a spostarsi in diverse città: Roma, Ravenna, Terni, Faenza ed infine Venezia, dove resterà per sei anni. A Venezia conosce Pizzinato, Vedova, Santomaso, e frequenta l’ambiente artistico. Riprende a dipingere intensamente: è a questo periodo, la seconda metà degli anni ’50, che risalgono numerose mostre, personali e collettive. A Venezia Bardi dipinge ritratti, nature morte e, soprattutto, paesaggi. Lavora in studio ricostruendo e modificando l’immagine, secondo esigenze interne all’immagine stessa, che non si propone come rappresentazione. Qualsiasi soggetto, qualsiasi forma sono assunti nel loro valore compositivo e nella loro struttura. Sono gli stessi anni in cui Bardi, per conto del P.C. I., guida la protesta operaia della Breda a Porto Marghera. Nel 1961 Bardi si trasferisce a Roma. Dal ’64 inizia ad occuparsi della Casa della Cultura, di cui diviene il direttore dal ’67 fino alla morte, avvenuta nel luglio del 1984. La svolta nella sua opera di artista, iniziata nel 1964, coincide, forse non a caso, col nuovo impegno, più congeniale alle sue inclinazioni. Alla guida della Casa della Cultura Bardi esprime le sue migliori qualità, giovandosi delle molteplici esperienze che hanno contrassegnato la sua vita. Non è uomo di potere, non ama la retorica né gli schemi precostituiti, rifiuta ogni posizione angusta e preconcetta, sollecita e organizza il confronto tra tesi ed esperienze diverse, tra correnti di pensiero differenti, tra opinioni politiche distanti. Per anni la Casa della Cultura è luogo assai vivace d’incontro tra i più noti letterati e intellettuali, centro di importanti iniziative in ogni campo, compreso quello delle istituzioni culturali cittadine, a cominciare dalla Quadriennale. Il trasferimento nella capitale, inoltre, mette Bardi in contatto con le varie tendenze dell’ambiente artistico romano: in particolare guarda con interesse al lavoro di Gastone Novelli, Giulio Turcato e Achille Perilli. Si occupa anche del Sindacato artisti e stringe amicizia con numerosi giovani, allora emergenti. Nel 1961/62 chiude definitivamente le precedenti esperienze pittoriche, con una mostra alla Galleria Tornabuoni di Firenze. Dal 1964 alterna opere astratte ad altre ancora figurative. Quest’alternanza si protrae fino al 1966: è allora che, abbandonato l’olio per altre tecniche (tempere, acrilici, ecc.), inaugura una prima mostra romana presso la Galleria “Il Girasole”, nel febbraio del 1967. Qui Bardi espone un’ultima serie di opere in cui la figura è ancora presente, se pure costruita e cancellata da gesti e da segni che poi si ritrovano nelle opere astratte successive. Il suo percorso di artista è ormai libero da schemi e condizionamenti esterni. Ciò gli consente di seguire i propri convincimenti senza legarsi a particolari scuole e modelli. Pur nella continuità delle idee che sono alla base del suo operare, nel corso degli anni ricerca nuove tecniche e mezzi che gli consentano di realizzare l’esigenza di rinnovamento continuo del proprio linguaggio, che ha inizio nel 1964 e le cui tappe fondamentali possono individuarsi negli anni dal ’67 al ’73, dal ’74 al ’78, dal ’79 fino alla morte. Un contributo non secondario alla piena esplicitazione del lavoro di artista di Bardi si deve al rapporto di stima e di amicizia con Nello Ponente e al lungo sodalizio con Achille Perilli nelle attività del gruppo teatrale sperimentale “Altro/Lavoro intercodice”, attivo a Roma negli anni ’70. Nel mentre, nel 1969, Ugo Gregoretti lo sceglie per interpretare un personaggio del film Apollon, la fabbrica occupata, dedicata alla lotta dei lavoratori della tipografia romana. Nel 1980 Bardi è il protagonista del documentario RAI di Florestano Vancini “Fragheto, una strage: perché”, dove insieme ad altri due ex partigiani affronta di persona, sul posto, lo scomodo confronto coi superstiti dell’eccidio nazifascista, a distanza di 36 anni