Vittoria Michitto
Vittoria Michitto, vedova Leone (Caserta, 15 luglio 1928), è la vedova dell'ex presidente della Repubblica Italiana Giovanni Leone.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Infanzia
[modifica | modifica wikitesto]Vittoria Michitto nacque il 15 luglio 1928 a Caserta da famiglia alto borghese (il padre era un importante medico), di lontana origine inglese: il nonno materno del padre, architetto botanico, giunse nella città campana per progettare i giardini all'inglese della reggia borbonica.[1]
Matrimonio
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1945 conobbe Giovanni Leone, allora professore universitario. I due si sposarono il 15 luglio dell'anno successivo, giorno del diciottesimo compleanno di Vittoria.[1]
A Palazzo Chigi
[modifica | modifica wikitesto]Nell'estate 1963 Leone divenne Presidente del Consiglio, e in tale veste accolse con la moglie il presidente Kennedy, giunto in luglio in visita di Stato a Napoli e Roma, pochi mesi prima di venire assassinato a Dallas.[2] Il fascino di Vittoria Leone colpì anche il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy, in visita a Roma nel periodo in cui il marito Giovanni era presidente del Consiglio. Trovandosela a fianco a cena, Kennedy le disse: "Ah, è lei Vittoria Leone? Adesso capisco il successo di suo marito". La futura first lady italiana ribatté: "Thank you Mister President, ma lei forse non conosce le qualità di mio marito"[3][4].
Al Quirinale
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1971 Leone venne eletto Presidente della Repubblica Italiana. Donna Vittoria, come venne presto soprannominata dalla stampa, ricoprì il suo ruolo di consorte in modo particolarmente attivo, accompagnando il marito in ogni uscita pubblica. In ciò si discostò notevolmente dalle precedenti inquiline del Quirinale, tanto da venire considerata la prima vera first lady dell'Italia repubblicana.[1] Così la descrive la giornalista Angela Frenda: «Bella, sopracciglia sempre curate, abiti di alta sartoria, capelli neri raccolti in disciplinati chignon. Era nota per non affrontare un viaggio senza estetista e parrucchiere al seguito»[5].
Accompagnò il marito in numerose visite di Stato, incontrando, tra gli altri, Gerald Ford, Leonid Brežnev, Georges Pompidou, Juan Domingo Perón, lo scià Mohammad Reza Pahlavi, il principe Ranieri III di Monaco e il re Baldovino del Belgio.[2]
Ammirata per la sua eleganza e avvenenza, venne tuttavia fatta bersaglio di numerose illazioni in merito alla propria vita privata, nell'ambito di una più ampia campagna stampa volta a screditare il presidente Leone, che infine si dimetterà nel 1978 travolto dallo scandalo Lockheed.[6] Subì inoltre critiche da parte della sinistra, che la accusava di aver trasformato il Quirinale in una reggia.[2]
Nel caso Moro
[modifica | modifica wikitesto]In un'intervista rilasciata al Corriere della Sera e pubblicata il 5 ottobre 2019, Vittoria Michitto ha dichiarato di aver ricevuto, nei giorni del sequestro di Aldo Moro, una lettera anonima recante l'indirizzo del covo brigatista. Ne diede comunicazione al Ministero dell'interno, venendo però ignorata.[2]
Discendenza
[modifica | modifica wikitesto]Donna Vittoria Michitto e il presidente Giovanni Leone ebbero quattro figli:
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c Silvana Mazzocchi, Donna Vittoria ricorda: l'amore, i figli, il Colle, su la Repubblica, 16 luglio 1996. URL consultato il 6 ottobre 2019 (archiviato il 6 ottobre 2019).
- ^ a b c d e Aldo Cazzullo, Vittoria Leone: «Un anonimo mi scrisse dov'era il covo di Moro, la lettera fu ignorata», su Corriere della Sera, 5 ottobre 2019. URL consultato il 6 ottobre 2019 (archiviato il 6 ottobre 2019).
- ^ Bruno Vespa, Donne di cuori, Mondadori, 2009, p. 391.
- ^ Cesare Cunaccia, Le first ladies italiane, su Vogue, 12 gennaio 2011. URL consultato il 1º novembre 2017 (archiviato il 7 novembre 2017).
- ^ Biografia di Vittoria Leone, su cinquantamila.it. URL consultato il 1º novembre 2017 (archiviato il 7 novembre 2017).
- ^ Alberto Alfredo Tristano, Quando Pecorelli azzannò Leone, su Sottoosservazione's Blog. URL consultato il 6 ottobre 2019 (archiviato il 6 ottobre 2019).
- ^ Getty Images
Altri progetti
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