Tito Larcio
Tito Larcio | |
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Console e dittatore della Repubblica romana | |
Nome originale | Titus Larcius |
Gens | Larcia |
Consolato | 501 a.C., 498 a.C. |
Dittatura | 501 a.C. |
Tito Larcio Flavo (in latino Titus Larcius; fl. VI-V secolo a.C.) è stato un politico e generale romano del VI e del V secolo a.C., membro di una famiglia etrusca, la gens Larcia, insediata a Roma da molto tempo.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Fratello di Spurio Larcio, che fu accanto ad Orazio Coclite nella difesa del pons Sublicius contro gli Etruschi di Porsenna, due volte console, fu scelto come primo dittatore della storia romana.
Quando era console nel 501 a.C.[1] fu scelto come dittatore (si trattava della prima volta che fu attribuita la carica) per comandare l'esercito contro le trenta città latine che avevano giurato di reintegrare Tarquinio il Superbo a Roma, cui si temeva si sarebbero alleati i Sabini, mentre come magister equitum fu scelto Spurio Cassio Vecellino.[2] Nonostante i preparativi per la guerra, e i tentativi del console dittatore di recuperare qualche città latina alla causa romana, questa non avrebbe avuto inizio che nel 499 a.C.
«Creato dictatore primum Romae, postquam praeferri secures viderunt, magnus plebem metus incessit, ut intentiores essent ad dicto parendum; neque enim ut in consulibus qui pari potestate essent, alterius auxilium neque provocatio erat neque ullum usquam nisi in cura parendi auxilium.»
«... Dopo la nomina del primo dittatore della storia di Roma, quando la gente lo vide preceduto dalle scuri, provò una paura tale da obbedire con più zelo alla sua parola. Infatti non era più possibile, come nel caso dei consoli, i quali dividevano equamente il potere, ricorrere o appellarsi al collega, né esisteva altra forma di comportamento che l'obbedienza scrupolosa.»
Fu eletto console di nuovo tre anni più tardi, nel 498 a.C. con il collega Quinto Clelio Siculo; mentre il console collega curava la politica in città, Larcio condusse le forze romane contro Fidenae, riuscendo a ottenerne la resa dopo averla cinta d'assedio[3], e nel 494 a.C. gli fu affidato il controllo della città mentre le dieci legioni romane in armi ne uscivano per affrontare i Volsci, i Sabini e gli Equi[4].
Contrastò le misure dure contro i Latini ed inoltre si interessò al miglioramento della sorte dei plebei.[5]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro V, 50.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, II.18.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro V, 59.
- ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libro VI, 42.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, II.29.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Livio, Ab Urbe condita libri, Libro II.
- Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, Libri V e VI.
- Cicerone, De Re Publica, II. 32.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Antichità romane, Libri IV - VII
- (LA) Ab Urbe condita libri, Libro II, su thelatinlibrary.com.