Basilica di Santa Maria in Via Lata
Basilica di Santa Maria in Via Lata | |
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Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Località | Roma |
Indirizzo | Via del Corso, 278 - Roma |
Coordinate | 41°53′53.34″N 12°28′52.99″E |
Religione | cattolica |
Titolare | Maria |
Diocesi | Roma |
Architetto | Cosimo Fanzago e Pietro da Cortona |
Stile architettonico | barocco |
Inizio costruzione | XVII secolo |
La basilica di Santa Maria in Via Lata è un luogo di culto cattolico di Roma, nel rione Pigna. La chiesa è sita in via del Corso, l'antica via Lata, da cui l'attributo della chiesa.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La tradizione afferma che Paolo di Tarso sia vissuto in questo luogo agli arresti domiciliari in attesa del processo; una simile affermazione è però fatta anche per la chiesa di San Paolo alla Regola.
Gli ambienti sotterranei
[modifica | modifica wikitesto]In realtà l'edificio si fonda su un portico di I secolo che correva parallelo alla via Flaminia, sui cui resti insiste anche l'adiacente Palazzo Doria-Pamphili, e che fu considerato fino all'Ottocento (anche dal Lanciani) come facente parte dei Saepta Iulia (la cui posizione è stata invece individuata più spostata verso il Pantheon)[1]. Il portico fu comunque trasformato in spazio commerciale (horrea) attorno al V secolo, e in tale spazio si insediò una diaconia[2] con annesso oratorio, che fu il primo luogo di culto cristiano dell'area.
Tale ambiente sotterraneo si compone di diverse parti e vi misero mano anche Pietro da Cortona ed i suoi collaboratori all'epoca della ristrutturazione seicentesca. Fino a poco tempo fa nella cripta erano ubicati diversi affreschi medievali, staccati per ragioni conservative ed ora visibili presso il Museo della Crypta Balbi. In loco restano le riproduzioni di tali affreschi, alcuni marmi lavorati dai cosmati ed anche una colonna in marmo alla quale, secondo tradizioni medievali, sarebbe stato legato l'Apostolo Paolo. In una stanza della cripta è infine ubicato un rilievo marmoreo, opera di un collaboratore di Pietro da Cortona.
Tra il VII e il IX secolo vennero aggiunte le decorazioni della struttura inferiore, ora rimosse per ragioni conservative, di cui rimane il pavimento in stile cosmatesco.
La chiesa
[modifica | modifica wikitesto]La struttura superiore della chiesa fu aggiunta nel IX secolo. In occasione del suo rifacimento intorno al 1491 ad opera di Innocenzo VIII Cybo, che per memoria murò il proprio stemma nel fianco destro della chiesa, sulla via Lata, vennero rimossi i resti dell'Arcus Novus eretto da Diocleziano nel 303 e venne demolita la chiesa di San Ciriaco de Camilliano[3].
La chiesa, che per la sua posizione era molto afflitta dalle frequenti inondazioni del Tevere, fu poi demolita e ricostruita nel 1639 da Cosimo Fanzago; la facciata, con colonne corinzie che danno una forte spinta verticale, fu completata nel 1658-1660 su disegno di Pietro da Cortona. L'arco a tutto sesto al piano superiore, che interrompe la trabeazione ed entra in un timpano triangolare cita esempi antichi come il Palazzo di Diocleziano a Spalato, questo espediente architettonico ha un nome ed è serliana.
Nel 1653 vi fu sepolto il musicista Luigi Rossi.
Opere d'arte
[modifica | modifica wikitesto]La chiesa ospita un'icona della Vergine avvocata del XIII secolo, alla quale si attribuiscono dei miracoli, come pure reliquie di Sant'Agapito, diacono e martire del III secolo, custodite sotto l'icona. Il poeta Antonio Tebaldeo (1462-1537), amico di Raffaello Sanzio, fu sepolto qui nel 1537, in una tomba poi ricostruita nel 1776. Alcuni esponenti della famiglia Bonaparte ebbero provvisoria sepoltura nella chiesa. È rimasto il monumento funebre di Zenaide Bonaparte.
La prima pala d'altare è il Martirio di sant'Andrea (1685) di Giacinto Brandi, la seconda è il Santi Giuseppe, Nicola e Biagio di Giuseppe Ghezzi. Giacinto Brandi realizzò tra il 1653 e il 1654 anche la decorazione del soffitto, con tre grandi dipinti, di cui quello centrale che rappresenta l'incoronazione della Vergine è ancora visibile, mentre gli altri due, dedicati alle quattro virtù cardinali, sono stati cancellati durante il restauro della chiesa avvenuto durante il pontificato di Pio IX.[4] La cappella alla sinistra dell'abside ospita la Madonna con bambino e santi Ciriaco e Caterina di Giovanni Odazzi. Il secondo altare a sinistra ospita il San Paolo battezza Sabina e figli di Pier Leone Ghezzi e la Vergine e santi di Pietro de Pietri. Altri quadri sono di Agostino Masucci.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ La più illustre esemplificazione di questa ipotesi è nella Scenografia di Piranesi qui a fianco, dove si immagina la struttura del portico antico "liberata" dagli edifici moderni.
- ^ Per la definizione e le funzioni della diaconia nel cristianesimo delle origini si veda la voce nell' Enciclopedia cattolica, su it.cathopedia.org. URL consultato il 18 gennaio 2016..
- ^ Christian Hulsen, Le chiese di Roma nel Medio Evo, S. Cyriaci de Camiliano
- ^ Guendalina Serafinelli, Giacinto Brandi (1621-1691), Allemandi, Torino 2015, pp. 44-46.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Chiara Baglione, Alessandro VII e il cantiere di Santa Maria in via Lata a Roma (PDF), in Annali di architettura, n. 13, 2001, pp. 137-158. URL consultato il 18 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 31 marzo 2016).
- (EN) Chris Nyborg, Santa Maria in Via Lata, su romanchurches.wikia.com. URL consultato il 18 gennaio 2016.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulla basilica di Santa Maria in Via Lata
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Santa Maria in via Lata, i sotterranei e il contesto archeologico, su lazio-directory.org. URL consultato il 18 gennaio 2016 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).
- Silvio Valenti, I sotterranei di Santa Maria in via Lata e la ricognizione del pozzo, in Archeologia sotterranea, n. 5, ottobre 2001, pp. 5-20. URL consultato il 18 gennaio 2016.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 152792272 · ISNI (EN) 0000 0001 2187 5226 · LCCN (EN) nr2005002390 · GND (DE) 4199098-5 · BNF (FR) cb14563910b (data) · J9U (EN, HE) 987007418275705171 |
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