Marcello Piacentini

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Marcello Piacentini nel 1937

Marcello Piacentini (Roma, 8 dicembre 1881Roma, 18 maggio 1960) è stato un architetto e urbanista italiano. Fu protagonista sulla scena dell'architettura italiana nel trentennio 1910-1940, assumendo la figura di massimo ideologo del monumentalismo di regime soprattutto per la sua febbrile opera di regia applicata praticamente a tutta l'attività architettonica e urbanistica del ventennio fascista. Dal dopoguerra fu oggetto di forti polemiche politiche a causa del suo legame con il regime, polemiche che innescano un giudizio critico sulla sua persona, mentre sull'opera di architetto, urbanista, docente universitario, direttore di riviste, coordinatore di interventi pubblici, scrittore, critico, e maestro di giovani architetti non si è ancora intrapresa una completa e rigorosa opera critica.[1]

Gli esordi e gli anni del fascismo

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Il centro piacentiniano di Bergamo con la Torre dei Caduti
L'Aula Magna del Rettorato dell'Università di Roma "Sapienza", realizzata su progetto di Piacentini tra il 1933 e il 1935

Figlio dell'architetto Pio Piacentini e di Teresa Stefani, conobbe ben presto il successo professionale. A soli ventisei anni, nel 1907 partecipa al concorso per la risistemazione del centro cittadino di Bergamo (sul quale interverrà tra il 1922 e il 1927). Operò intensamente in tutta Italia, ma durante il periodo fascista fu soprattutto a Roma che ebbe incarichi di particolare rilevanza. Gli edifici e gli interventi urbanistici realizzati da Piacentini nella Capitale non si contano: da una parte ne consolidarono l'immagine di architetto del regime o architetto di corte del duce,[2] e dall'altra connotarono significativamente l'aspetto della città. L'architettura monumentale e le soluzioni urbanistiche di ampio respiro di Piacentini furono adottate da Mussolini nella creazione dell'immagine del suo regime e della sua visione politica riecheggiante il fasto dell'Età imperiale[3].

Di notevole qualità, anche se poco nota, è la primissima produzione di Piacentini, assai vicina al linguaggio dello Jugendstil tedesco e della secessione viennese[senza fonte]. Grazie alla sua formazione cosmopolita e ai molti viaggi in Austria e Germania che poté effettuare in gioventù, egli assorbì le novità del classicismo "protorazionalista" specie di Hoffmann e di Olbrich[senza fonte]. Tali suggestioni le espresse bene nella sistemazione del Cinema-Teatro Corso di piazza San Lorenzo in Lucina di Roma in cui non si adagiò su uno stanco repertorio rinascimentale ma volle inserire elementi moderni desunti dall'ambiente nordico (bovindi, sintesi delle arti, attenzione alle arti applicate); tuttavia l'esperimento invece di suscitare consensi destò accesissime polemiche tanto che Piacentini dovette modificare il progetto pagando di tasca propria [senza fonte].

Nel 1905 si aggiudicò, assieme a Giuseppe Quaroni, il concorso di idee indetto dalla Deputazione provinciale di Basilicata per la costruzione di un nuovo ospedale psichiatrico a Potenza[4]. Il Progetto Ophelia, costituito da 18 padiglioni e altri edifici più piccoli, ha poi mutato destinazione d'uso ma ha segnato con la sua originalità architettonica lo sviluppo del quartiere Santa Maria del capoluogo lucano[5].

Nel 1921 fondò, con Gustavo Giovannoni, e diresse la rivista "Architettura e Arti Decorative",[6] pubblicata da Emilio Bestetti e Calogero Tumminelli, Editrice d'arte, che uscì fino al 1931.[7]

Creò un neoclassicismo semplificato che voleva essere a metà strada tra il classicismo del gruppo Novecento (Giovanni Muzio, Emilio Lancia, Gio Ponti ecc.) e il razionalismo del Gruppo 7 e del MIAR di Giuseppe Terragni, Giuseppe Pagano, Adalberto Libera ecc. In realtà Piacentini fuse entrambi i movimenti, riuscendo a creare uno stile originale, con un'impronta spiccatamente eclettica pur nella ricerca della monumentalità tipica delle tendenze estetiche del tempo[senza fonte].

Nel 1928 progettò la struttura del Palazzo degli Studi di Foggia, da allora sede del Liceo Classico della città, il Liceo "Lanza-Perugini". Il complesso del Palazzo degli Studi rappresentò “uno dei più perfetti modelli di edilizia scolastica in Italia”.

Palazzo degli Studi di Foggia progettato nel 1928 (veduta della facciata situata su Piazzale Italia).

Nel 1929 Mussolini lo nominò membro dell'Accademia d'Italia, che raccoglieva i migliori intellettuali italiani. I richiami alla tradizione classica saranno, soprattutto a partire dagli anni Trenta, numerosi, contribuendo alla fissazione di quello stile littorio così caro a Mussolini e alle alte gerarchie fasciste.

La Città Universitaria di Roma in una foto del 1938

Tra i primati di quegli anni c'è la realizzazione del primo grattacielo d'Italia: si tratta del Torrione dell'ex INA - Istituto Nazionale Assicurazioni, a Brescia, creato nell'ambito della realizzazione di Piazza della Vittoria. Il Torrione, in cemento armato rivestito di mattoni rossi, stilisticamente ispirato ai grattacieli di Chicago, con i suoi 15 piani e 57,25 m d'altezza[8] è tra i primissimi grattacieli in Europa.[9]

La fontana con "il Bigio" di Arturo Dazzi in piazza della Vittoria a Brescia terminata da Piacentini nel 1932

Fra gli incarichi più prestigiosi spiccano la direzione generale dei lavori e il coordinamento urbanistico-architettonico della Città universitaria di Roma (1935) e la sovraintendenza all'architettura, parchi e giardini dell'E42, ovvero l'Esposizione Universale di Roma che si sarebbe dovuta tenere nel 1942 e che costituisce l'attuale comprensorio dell'Eur (nell'incarico fu affiancato dall'allievo Luigi Piccinato, da Giuseppe Pagano, da Luigi Vietti e da Ettore Rossi). Ma se nel caso della Città Universitaria i giovani architetti coinvolti da Piacentini nella progettazione dei singoli edifici (come Giuseppe Capponi, Giovanni Michelucci, Gio Ponti, Gaetano Rapisardi, lo stesso Giuseppe Pagano e altri) ebbero la possibilità di esprimersi con una certa libertà, in occasione dei concorsi per i fabbricati dell'E42 prevalsero le soluzioni più monumentali. Anche il piano di sviluppo del futuro quartiere espositivo redatto da Piacentini e dai suoi collaboratori risentì di pesanti compromissioni, e le reiterate revisioni dello strumento urbanistico dell'Eur intervenute nel dopoguerra, ancorché in gran parte redatte sotto la guida dello stesso Piacentini e del suo collaboratore Giorgio Calza Bini, finirono per rendere del tutto irriconoscibili le idee portanti del suo principale ispiratore.

In virtù del grande successo ottenuto con i lavori della città Universitaria del 1935, il Piacentini ebbe l'incarico, sempre nel 1935, del progetto della Città universitaria di Rio de Janeiro, in Brasile.[10]

L'impegno di urbanista

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«Io vedo la nostra architettura in una grande compostezza e in una perfetta misura. Accetterà le proporzioni nuove consentite dai nuovi materiali, ma sempre subordinandole alla divina armonia che è la essenza di tutte le nostre arti e del nostro spirito. Accetterà, sempre più, la rinunzia alle vuote formule e alle incolori ripetizioni, la assoluta semplicità e sincerità delle forme, ma non potrà sempre ripudiare per partito preso la carezza di una decorazione opportuna.»

Marcello Piacentini nel suo studio 1930

Nei piani di risanamento messi a punto per la città di Livorno seguì i principi dell'architettura razionalista italiana, pensando di lasciare nel centro solamente manufatti con funzione commerciale e governativa e attuando un diradamento delle strade per esaltare gli edifici. Altrove, tuttavia, Piacentini si attestò su posizioni urbanistiche di retroguardia[POV], propugnando idee come lo sviluppo delle città a macchia d'olio e l'apertura di vie radiali. Fra le operazioni più note, emerge la demolizione della "Spina di Borgo" per l'apertura di Via della Conciliazione a Roma, su progetto elaborato nel 1936 (ma portato a termine nel 1950) insieme all'architetto Attilio Spaccarelli.

Antecedenti, fra il 1927 e il 1936, sono gli imponenti lavori di sventramento della Contrada Nuova di Torino per realizzare il tratto di Via Roma da piazza Carlo Felice a piazza San Carlo. Inoltre a Brescia fu artefice della Piazza della Vittoria, per la quale il suo progetto vinse il concorso indetto dal Comune. In quest'ambito fu l'autore del primo grattacielo italiano, alto 57 metri. Fu membro influente di numerose commissioni, fra cui quelle per la variante generale al piano regolatore di Roma del 1909 istituita nel 1925, per il piano regolatore del 1931 e per la relativa variante generale del 1942 (quest'ultima non fu mai adottata ma nel dopoguerra fu resa praticamente operativa).

A Genova Piacentini firma il progetto per la realizzazione di Piazza della Vittoria (nell'area dove sorgeva la Piazza d'Armi di Genova antistante la stazione ferroviaria di Brignole), emblema dello stile architettonico fascista nel capoluogo ligure. La costruzione termina a metà degli anni Trenta dopo che, nella primavera del 1931, era stato inaugurato l'Arco della Vittoria, anch'esso progettato dal Piacentini, monumento che si erge al centro della piazza dedicato ai caduti della Grande Guerra. Sempre a Genova, nell'ambito della realizzazione di Piazza Dante in pieno centro cittadino, Piacentini progetta il grattacielo che ancora oggi porta il suo nome. Terminato nel 1940, è alto 108 metri ed è stato per anni l'edificio più alto d'Italia[11].

Gli anni del Dopoguerra

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Professore ordinario di Urbanistica alla facoltà di Architettura dell'Università "La Sapienza" di Roma[senza fonte], della quale fu anche preside[senza fonte], dopo la caduta del regime fascista subì un'effimera epurazione[senza fonte], ma fu riammesso ben presto all'insegnamento[senza fonte], lasciando la cattedra nel 1955 per raggiunti limiti di età[senza fonte]. I suoi non pochi progetti architettonici del dopoguerra, tra cui il Piano di Fabbricazione dell'isola mediterranea di Pantelleria[12], risentono di una certa stanchezza,[POV]. Partecipa in seguito alla seconda ristrutturazione del Teatro dell'Opera di Roma del 1960, a parere di Bruno Zevi egregiamente restaurato all'interno e poi offeso da un'"insulsa" facciata.[13]

La sua ultima opera architettonica è il Palazzo dello Sport dell'EUR, progettato nel 1957 insieme a Pier Luigi Nervi, che rappresenta il risultato finale di una sofferta successione di varianti progettuali. Il suo ultimo intervento urbanistico è costituito dal piano regolatore di Bari del 1950, firmato insieme a Giorgio e Alberto Calza Bini. Anche se fece parte di una prima commissione elaboratrice, non ebbe alcuna influenza nella redazione del piano regolatore di Roma che sarà adottato nel 1962, ma in qualità di membro della commissione urbanistica del Campidoglio dal 1956 alla morte tentò di mantenere fermi i principi cui era portabandiera fin dall'anteguerra[senza fonte]. È sepolto insieme al padre Pio Piacentini nella tomba di famiglia al Cimitero del Verano.

Via della Conciliazione a Roma

Alla sua scomparsa dopo lunga malattia, su di lui cadde l'impietoso giudizio distruttivo di Bruno Zevi, che come architetto lo definì "morto nel 1925". Il tempo e una maggiore riflessione hanno condotto a una rivalutazione di alcune opere di Piacentini successive al 1911. Di recente, è stata sottolineata[senza fonte] la riuscita di una delle numerose operazioni urbanistiche da lui realizzate: l'apertura del secondo tratto novecentesco di Via Roma a Torino del 1936.

Il suo rapporto con il regime, indubbio e ampiamente documentato, pur essendo stato duraturo e proficuo, non manca di notevoli incongruenze. Nei primi anni venti infatti, Piacentini fu aggredito dalle squadre fasciste a Genzano dove aveva una casa e dei possedimenti: la causa di tale gesto probabilmente va ricercata nelle frequentazioni e nelle amicizie del giovane Marcello Piacentini, che già grazie al peso del padre Pio, aveva potuto gravitare attorno a personaggi della massoneria e dell'anticlericalismo come Ernesto Nathan ed Ettore Ferrari,[14] poco gradite allora a Mussolini e di conseguenza al violento e intransigente fascismo rurale. Il successo di Piacentini nel ventennio poi non fu improvviso; già negli anni dieci egli si era imposto come promessa del panorama architettonico non solo romano e aveva ricevuto importanti incarichi pubblici come la costruzione di edifici provvisori per l'esposizione internazionale di Roma del 1911 e il padiglione italiano all'esposizione di San Francisco (1915).

Archivio e biblioteca personali

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La Biblioteca di Architettura dell'Università degli studi La Sapienza di Roma conserva il "Fondo Piacentini", comprendente 2.300 volumi e 60 periodici, donato dalla figlia Sofia Annesi Piacentini negli anni 1970-71[15]. Presso la sede di Architettura della Biblioteca di Scienze Tecnologiche, Università degli Studi di Firenze è conservato il "Fondo Marcello Piacentini", donato nel 1980[16]. Si tratta di 500 fascicoli relativi all'attività professionale, contenenti la documentazione relativa ai concorsi e ai progetti a cui l'architetto partecipò (studi, schizzi, esecutivi di opere realizzate, fotografie, manoscritti, carteggi, estratti) e da una serie di circa 2.500 pezzi di piccolo formato, costituiti da appunti, disegni e studi di architettura.

Citazioni e commenti

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Un commento di Marcello Piacentini su ciò che si è costruito in Italia dal 1933 al 1936 per chiarire il concetto di modernità nazionale:

«Ad un esame più completo e approfondito queste opere denunciano una fisionomia unitaria, organicamente coerente e stilisticamente definita, non soltanto in obbedienza ai canoni di gusto attuale ma in diretto rapporto con influenze nazionali. Questa impressione di nazionalità può essere messa in dubbio da quei pochissimi critici che, per partito preso, o per difetto di competenza o per incapacità di senso di osservazione, confondono in un'unica impressione generica qualsiasi opera di architettura moderna e per la estensione del movimento moderno di diversissime regioni vogliono, ad ogni costo, reagire a questo internazionalismo apparente non con una accettazione nazionale delle grandi correnti di gusto ma con una infantile negazione totalitaria.[17]»

Opere (selezione)

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La Casa madre dei mutilati a Roma (1936)
  1. ^ a b Aa. Vv., Marcello Piacentini architetto 1881-1960, Gangemi Editore, ISBN 978-88-492-5005-3. URL consultato il 10 gennaio 2016.
  2. ^ R. Hollenstein lo chiama Hofarchitekt des Duce, cfr. Roman Hollenstein, Metaphysische Bauskulptur, su nextroom.at. URL consultato il 1º marzo 2012.
  3. ^ P. Nicoloso, Mussolini architetto, Torino, Einaudi, 2008.
  4. ^ Marcello Piacentini, Il progetto premiato pel manicomio di Potenza, in "Bollettino della Società degli Ingegneri e degli Architetti Italiani", a. XIV, nn. 37-38, 23 settembre 1906.
  5. ^ Giuseppe Caporale, G. Quaroni, M. Piacentini: concorso per la costruzione del Manicomio Provinciale di Potenza. Le ragioni del concorso, il Progetto Ophelia, la mancata realizzazione, Potenza, Il Salice, 1997.
  6. ^ Fonte: Le riviste di architettura in Italia anni Venti-Trenta (PDF), I fascicolo, maggio-giugno 1921.
  7. ^ Copia archiviata, su periodici.librari.beniculturali.it. URL consultato il 9 giugno 2014 (archiviato dall'url originale il 7 febbraio 2015).
  8. ^ F. Robecchi e G. P. Treccani, Piazza della Vittoria, Brescia, Grafo, 1993.
  9. ^ Copia archiviata, su bresciacultura.org. URL consultato il 14 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 14 dicembre 2013).
  10. ^ L'incarico del progetto della Città universitaria di Rio de Janeiro all'architetto Marcello Piacentini (PDF), in Casa dell'Architettura, 1935 - XIII agosto fascicolo VIII. URL consultato il 18 luglio 2016 (archiviato dall'url originale il 17 agosto 2016).
  11. ^ Claudia Baghino, Storia di Genova: il fascismo, la guerra e gli anni 60 e 70, su Guida di Genova, 13 luglio 2013. URL consultato il 2 maggio 2024.
  12. ^ Orazio Ferrara, Pantelleria 1938-1943. Cronache dalla piazzaforte, IBN Editore.
  13. ^ Bruno Zevi: Come architetto, morì nel 1925, Cronache di architettura 316/a. Nel 1983, in un'intervista al quotidiano Il Messaggero Ludovico Quaroni arrivò a sostenere che il progetto della facciata fosse opera di un anonimo collaboratore, ma è verosimile che Piacentini avesse riesumato un suo progetto del 1932.
  14. ^ Piacentini fu massone, Vittorio Messori scrive che "in realtà, era e restò un alto grado della Massoneria" e lo definisce un "massone in orbace", Vittorio Messori, "Il Cattolicesimo, i fedeli in calo e la cura dell'entusiasmo", Corriere della Sera, 28 aprile 2014, p. 6.
  15. ^ Storia della biblioteca, su Università degli Studi di Roma La sapienza. URL consultato il 1º febbraio 2018.
  16. ^ Archivio Marcello Piacentini, su archivi.unifi.it, Università degli studi di Firenze. Fondi archivistici del Sistema bibliotecario di Ateneo. URL consultato il 22 agosto 2018.
  17. ^ Marcello Piacentini, "Prefazione", in: Agnoldomenico Pica, Nuova architettura italiana, Milano, 1936, pp. 6-7.
  18. ^ (DE) Luigi Monzo: trasformismo architettonico – Piacentinis Kirche Sacro Cuore di Cristo Re in Rom im Kontext der kirchenbaulichen Erneuerung im faschistischen Italien, in: Kunst und Politik. Jahrbuch der Guernica-Gesellschaft, 15.2013, pp. 83-100.
  19. ^ Domus
  20. ^ (DE) Hannes Obermair, "Stadt im Umbruch" – das Bozner Beispiel "revisited", in Razionalismi. Percorsi dell'abitare, Bolzano/Bozen 1930–40, Bolzano, La Fabbrica del Tempo, 2015, p. 38.
  21. ^ Tutti i documenti relativi al Museo e al Mausoleo Marconiano: http://www.fgm.it/
  22. ^ Chenis, Carlo: La Cappella dello Studium Urbis. Un dono del Papa, un segno di cultura cristiana. In: Benedetti, Sandro e Mariano Apa (a cura di): La Cappella della Divina Sapienza nella città universitaria di Roma. Roma 1998, pp. 9-56.
  23. ^ Cristiano Marchegiani, Architettura e società nel Maceratese fra Medioevo e Novecento, Macerata, Fondazione Cassa di risparmio della Provincia di Macerata (stampa: Castelraimondo, Artelito), 2022, cap. XXII, pp. 350-361, Tempo di ricostruzione: la sede della Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata.
  24. ^ Spirto Santo-Chiesa di Pescare-Penne, su diocesipescara.it, Diocesi di Pescara. URL consultato il 15 novembre 2020.
  • (DE) Monzo, Luigi, Croci e fasci - Der italienische Kirchenbau in der Zeit des Faschismus, Berlino, Monaco, 2021, pp. 233-275 (paragrafo a riguardo della Basilica del Sacro Cuore di Cristo Re a Roma).
  • PIACENTINI, Marcello, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1935. URL consultato il 7 luglio 2014.
  • (DE) Monzo, Luigi: croci e fasci – Der italienische Kirchenbau in der Zeit des Faschismus, 1919-1945. 2 voll. Karlsruhe 2017 (tesi di dottorato, Karlsruhe Institute of Technology, 2017), pp. 494-499.
  • N. Pirazzoli, Il nuovo Stile Littorio, in AA.VV., Il pensiero reazionario, Longo Editore, Ravenna, 1982.
  • B. Regni, M. Sennato, Marcello Piacentini (1881-1960): l'edilizia cittadina e l'urbanistica, Storia dell'Urbanistica nº 5, Roma 1983.
  • B. Regni, M. Sennato (a cura), La Città Universitaria di Roma. The Rome University City, Clear, Roma 1986.
  • Marcello Piacentini e Roma, Bollettino della Biblioteca della Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" n. 53, 1995.
  • F. Gastaldi, S. Soppa, Triennale di Milano-Università degli Studi di Genova, Genova. Piani 1866-1980, Libreria CLUP Milano, 2004 (con annesso CD-ROM). ISBN 88-7090-680-9.
  • Mario Lupano, Marcello Piacentini, Roma-Bari, Editori Laterza, 1991.
  • M. Piacentini, Architettura moderna, a cura di M. Pisani, Marsilio, Venezia 1996.
  • A.S. De Rose, Marcello Piacentini. Opere 1903-1923, Franco Cosimo Panini Editore, 1993.
  • Mariano Ranisi, G. Muzio e M. Piacentini. Le chiese di Cristo Re e di Santa Maria Mediatrice in Roma (PDF), in Costruire in laterizio, n. 50/51, 1996, pp. 116-123 (archiviato dall'url originale il 22 ottobre 2013).
  • U. Tramonti - L. Prati (a cura di), La città progettata: Forlì, Predappio, Castrocaro - Urbanistica e Architettura fra le due guerre, Comune di Forlì, Forlì 1999.
  • U. Tramonti e L. Prati, La città progettata: Forlì, Architettura fra le guerre - Itinerari nella città, Forlì, Comune di Forlì, 2000.
  • Mario Pisani, Architetture di Marcello Piacentini. Le opere maestre, Ed. Clear, 2004.
  • Mario Lupano, Scheda su Marcello Piacentini, in Guida agli archivi di architetti e ingegneri del Novecento in Toscana, a cura di E. Insabato, C. Ghelli, Edifir, Firenze 2007, pp. 281–288.
  • D. Iacobone, Marcello Piacentini et alii a Bergamo Bassa, in M. Docci, M.G. Turco (a cura di), L'architettura dell'”altra modernità”. Atti del XXVI Congresso di Storia dell'architettura, Roma 11-13 aprile 2007, Roma 2010, pp. 246–255.
  • (DE) Harald Bodenschatz (a cura di), Städtebau für Mussolini. Auf der Suche nach der neuen Stadt im faschistischen Italien, Berlino, DOM Publishers, 2011. ISBN 978-3-86922-186-1.
  • (DE) Luigi Monzo: trasformismo architettonico – Piacentinis Kirche Sacro Cuore di Cristo Re in Rom im Kontext der kirchenbaulichen Erneuerung im faschistischen Italien, in Kunst und Politik. Jahrbuch der Guernica-Gesellschaft, 15.2013, pp. 83–100. ISSN 1439-0205 (WC · ACNP).
  • Franco Purini, Simonetta Lux e Giorgio Ciucci (a cura di), Marcello Piacentini architetto 1881-1960. Atti del Convegno (Roma, 16-17 dicembre 2010), Roma, Gangemi Editore, 2012, ISBN 978-88-492-2501-3.
  • (DE) Christine Beese, Marcello Piacentini. Moderner Städtebau in Italien, Berlin 2016; recensione di Luigi Monzo in architectura: Zeitschrift für Geschichte der Baukunst, 45.2015/1 (pubblicato nell'ottobre 2016), pp. 88–91.
  • (ITDE) Hannes Obermair, Fabrizio Miori, Maurizio Pacchiani (a cura di), Lavori in Corso – Die Bozner Freiheitsstraße, La Fabbrica del Tempo – Die Zeitfabrik, Bolzano, 2020, ISBN 978-88-943205-2-7.
  • Paolo Nicoloso, Gli architetti di Mussolini. Scuole e sindacato, architetti e massoni, professori politici negli anni del regime, Milano, Franco Angeli, 2004, ISBN 8846413059.
  • Giuseppina De Marco, Reggio Calabria e il suo Museo. Dal Neoclassico al Razionalismo di Marcello Piacentini. Documenti di storia urbana e politica culturale, Laruffa, Reggio Calabria 2015.

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