Kōkichi Tsuburaya, nella gara di maratona valida per le Olimpiadi disputate a Tokyo nel 1964, giunse terzo al traguardo, venendo superato negli ultimi 100 metri del percorso dall'atleta britannico Basil Heatley.
Poco tempo dopo la sua partecipazione ai Giochi olimpici iniziò a soffrire di lombalgia, una patologia che lo limitava nella corsa. Il 9 gennaio 1968 si suicidò tagliandosi i polsi mentre si trovava nel dormitorio dove alloggiava durante gli allenamenti per poter partecipare ai Giochi olimpici di Città del Messico 1968.[2] Nella sua lettera di addio si trovano i ringraziamenti per il sostegno che gli hanno dato i genitori, i fratelli e gli istruttori e un incitamento a dare il massimo agli altri corridori. Il messaggio si conclude con una nota nella quale l'atleta dice di essere troppo stanco per poter continuare a correre, che si rende conto di causare pena e dolore ai suoi parenti ma che per lui il suicidio è la soluzione migliore e chiede di essere perdonato.[3]
^Alcune fonti riportano come data di morte l'8 gennaio 1968; l'atleta si suicidò nella notte fra l'8 e il 9 gennaio.
^(EN) Tim Larimer, The Agony of Defeat, su Time.com, 2 ottobre 2000. URL consultato il 13 marzo 2014.
^(JA) La lettera di addio di Tsuburaya, su npo-kazokusou.net, 9 gennaio 1968. URL consultato il 30 marzo 2016 (archiviato dall'url originale il 3 dicembre 2013).