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Giacomo Martinetti
Giacomo Martinetti (Firenze, 1º settembre 1842 – Firenze, 30 gennaio 1910) è stato un pittore italiano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Giacomo Martinetti nacque a Firenze da Carlo e da Maddalena Maselli, originari di Barbengo. La famiglia era abbastanza agiata, in particolare il marito di una zia materna era stato in Algeria, dove aveva accumulato una notevole fortuna, e annoverava già alcuni artisti soprattutto fra gli zii paterni: Antonio e Giuseppe Martinetti erano entrambi decoratori-stuccatori, Pietro Martinetti aveva sposato Giuseppina Fontana, zia del pittore Ernesto Fontana, e infine Maria Francesca Martinetti si era maritata Pellini, altra celebre famiglia di artisti originaria dell'alto varesotto.
Il giovane compì gli studi a Firenze, luogo prediletto da una vasta comunità di artisti ticinesi, dove ebbe come maestro il pittore pure ticinese Antonio Ciseri, sotto la cui protezione si svolse gran parte della sua parabola artistica[1].
Lo studio di Ciseri, ubicato a Firenze in Palazzo Aldobrandini in Via delle Belle Donne, in ambienti in precedenza occupati prima da Jean-Auguste-Dominique Ingres e poi da Franz Adolf von Stürler, era frequentato in quegli anni da molti giovani artisti tra i quali Niccolò Cannicci, Edoardo Gelli, Egisto Sarri, Raffaello Sorbi, Pietro Senno, con quest’ultimo Martinetti fu legato da un rapporto di fraterna e profonda amicizia.
Fu in questo ambito che egli eseguì le sue prime prove pittoriche quali il bozzetto, recentemente apparso sul mercato antiquario, che reca su di un lato la copia del dipinto San Giovanni rimprovera Erode ed Erodiade (1843) e sull’altro la figura della Maddalena piangente e scarmigliata tratta dal Trasporto di Cristo al Sepolcro (1864-1870), opere entrambe di Ciseri[2].
Il suo esordio ufficiale nel mondo dell’arte avvenne in occasione della I° Esposizione Italiana, che si svolse a Firenze nel 1861 presso la ex Stazione Leopolda, dove presentò uno studio dal vero a mezza figura con il David (ubicazione ignota)[3].
A questa fase giovanile appartengono il Guglielmo Tell (ubicazione ignota) ed il Giotto che disegna osservato da Cimabue, passato recentemente in asta e del quale conosciamo lo studio preparatorio (Firenze, collezione privata), dipinto di chiara ispirazione purista nella composizione generale e nella scelta dei colori, forse da porre in relazione con un cartone di Ciseri con lo stesso soggetto, per la decorazione di un piano di tavola in mosaico, presentato alla Esposizione di Parigi del 1855[4].
Negli anni tra il 1863 ed il 1865 prese parte alle mostre indette dalla Società Promotrice delle Belle Arti di Firenze dove espose nel 1863 il Michelangelo rifiuta ad Alessandro de’ Medici di scegliere il luogo e di costruire la Fortezza (ubicazione ignota) e nel 1864 la Fanciulla dormiente (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), della quale esistono due disegni preparatori (Firenze, collezione privata), soggetto questo, il nudo femminile disteso, tipicamente accademico[5].
Nel 1866 compì un viaggio in Algeria forse in compagnia dello zio ed in tale occasione dipinse un ritratto di un giovane arabo ed un ritratto di un arabo con turbante. Il suo primo lavoro di un certo impegno fu comunque la grande pala con il San Carlo Borromeo durante la peste di Milano, eseguito nel 1871 per l’omonima Chiesa di Cernesio presso Lugano, su incarico dello zio Carlo Martinetti e della di lui moglie Francesca Maselli. Il dipinto, del quale conosciamo il bozzetto ad olio su tela dell’intera composizione ed il disegno per la figura del Santo (Firenze, collezione privata), fu inviato all’Esposizione di Vienna del 1873 a fare da pendant con il Martirio dei Maccabei di Ciseri (1852-1863). Questo quadro in cui la ricerca del vero è spinta in direzione di un notevole grado di realismo, che sembra anche recuperare memoria di certa pittura lombarda della seconda metà del XVI secolo, fu accolto con grandi riserve da parte della critica del tempo che lo accusò di essere eccessivamente convenzionale e scolastico[6]:
«Il pittore Giacomo Martinetti, avuta commissione di un quadro di altare per una chiesa di Locarno (Canton Ticino), ha glorificato in esso San Carlo Borromeo, rappresentando un episodio della vita di esso durante la pestilenza di Milano. È un quadro senza splendori, senz’angioli, senza nimbi gloriosi, tutto terreno, ove primeggia, come protagonista, la carità dell’illustre prelato. […] Siamo in una soffitta, albergo della miseria e dello squallore; sopra un lurido lettuccio giace una morta. Il cardinale, in atto di scendere i primi gradini di una scala, mezza scalcinata, stringe contro il petto un fanciullo, il figlio della morta, e lo porta seco in luogo ove gli saranno ministrati i soccorsi necessari al suo stato. La luce che piove dall’alto investe l’innanzi del quadro, la figura del santo e del fanciullo, lasciando nell’ombra e nel mistero il fondo della squallida stanza, il letto e la donna. La porpora e i cenci, il coraggio e l’abbattimento, la serenità dell’animo e lo sconforto, la salute e la infermità sono felicissimi contrapposti che valgono moralmente e materialmente a dare spicco al dipinto del nostro artista. La poesia dell’argomento, il Martinetti l’ha sentita, e l’ha resa con molta evidenza; quindi per il lato subbiettivo non merita che lodi sincere, lodi che si riversano in parte anche sulla obbiettività dell’opera ricordata. Dico in parte, perché mentre la trovata delle linee del fondo, e delle due figure principali sono bellissime; mentre alcuni pezzi sono dipinti con vigore, e di mirabile giustezza, altri rimangono appetto a quelli un po’ scadenti; come di fronte alla schietta verità di certi toni appariscono convenzionali e di scuola certi altri. Il qual difetto di convenzionalismo scolastico è da rimproverarsi in specie alle tinte del fondo, dove l’abuso del violetto, per raffreddare il bruno caldo delle ombre, manifesta più artifizio che arte. Nel tutto assieme per quanto la testa del Santo manchi d’ispirazione, il quadro è opera non volgare; e quando l’artista, col sentimento che lo distingue, non lasci di studiare analiticamente i più piccoli particolari del vero, potrà darci opere improntate di originalità, e degne di molta considerazione.»
Nel 1873 eseguì Dianora de’ Castracani rinviene Castruccio nella vigna (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), del quale esiste un disegno di studio (Firenze, collezione privata), episodio storico narrato da Machiavelli, che per l’inserimento della scena in un paesaggio naturalistico pare riecheggiare certi contemporanei dipinti di Senno. Il dipinto presenta Dianora, sorella del nobile lucchese Antonio Castracani, che rimasta vedova e senza figli, recandosi una mattina al levare del sole in una vigna fuori dalle mura cittadine, che appaiono sullo sfondo, per raccogliere erbe selvatiche, rinviene tra le frasche un infante abbandonato, che sarà da lei e dal fratello allevato e al quale sarà dato il nome di Castruccio, in memoria del loro padre defunto[7].
Negli anni 1872-1873, dovendo Ciseri eseguire quattro pale d’altare per la Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme raffiguranti rispettivamente San Pietro, San Paolo, San Francesco e Santa Margherita da Cortona, fu commissionato anche a Martinetti, grazie alla mediazione del maestro, il dipinto con la Santa Chiara (1873)[8].
Nel 1875 in occasione delle celebrazioni per il terzo centenario dalla morte di Michelangelo fu coinvolto nella pubblicazione del libro di Aurelio Gotti Vita di Michelangelo Buonarroti, per il quale eseguì il disegno per l’incisione con Michelangelo al letto di Vittoria Colonna morta, dove l’artista seduto ai piedi del letto rende omaggio all’amica ormai scomparsa[9].
Il 6 febbraio del 1876 egli sposò a Firenze Maria Altrocchi, nata negli Stati Uniti da famiglia italiana, essendo figlia del musicista Domenico Altrocchi, dalla quale avrebbe avuto sei figli, tre maschi e tre femmine, a partire dal primogenito Carlo Domenico nato nel 1878[10].
Come già il suo maestro Ciseri ampio spazio nella sua produzione pittorica ebbe la ritrattistica, eseguì infatti tra gli altri il ritratto della nonna Maria Marcellina Trolli, due ritratti della moglie, uno nel 1875 ed uno nel 1876, quelli della suocera Pauline Hemenway e della di lei madre Mary Cummings, il ritratto di gruppo in un interno con tre fanciulle, forse tre sorelle, nel 1877 (Rochester, New York, George Eastman Museum), i ritratti dell’amico Pietro Senno e della moglie nel 1882 circa (Portoferraio, Pinacoteca Comunale Foresiana)[11].
Negli anni Ottanta gli furono commissionati tre dipinti per la Chiesa di San Salvatore a Gerusalemme il San Rocco (1886), l'Ultima cena (1886), la Cena in Emmaus (1891)[12].[13]
Dopo la scomparsa di Ciseri eseguì sempre per la Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme Dopo la Crocifissione o La Madonna in casa di Giovanni (1893), del quale conosciamo due disegni preparatori per la figura della Madonna, che fu considerato uno dei suoi quadri più riusciti. Così veniva descritto con toni enfatici da Paolo Minucci del Rosso[14]:
«Scrivo sotto l’impulso di un’alta e profonda commozione che ha destata nel mio cuore la tela stupenda del Martinetti, la quale, a parer mio, dal lato degli affetti e del sentimento religioso, eguaglia, quando non superi, l’Ecce Homo del compianto prof. Ciseri di cui il Martinetti fu allievo. Siamo in casa di San Giovanni, dopo la sanguinosa tragedia del Galgota [sic]. La Madonna e la Maria Cleofe siedono su di una panchina di pietra rossiccia, la prima di faccia, vestita degli abiti tradizionali, la seconda di fianco, a sinistra in costume delle popolane ebree dell’infima classe. A destra della Madonna, tutto avvolto in candidi indumenti sta San Giovanni in piedi, col capo inchinato, col braccio destro steso lungo il fianco e la mano sinistra appoggiata al petto. Poco distante da lui scorgesi accasciata sul pavimento, in atto di supremo abbandono, Maria di Magdala cui fa velo alla bella faccia la lunga e scomposta capigliatura, non tanto però da nascondere l’onda benefica del pianto che a larga vena le scorre sulle guancie infuocate. Quanto spirito ed acutezza di analisi! Quanta conoscenza del cuore umano! Quanta novità di trovata nella esplicazione di questo dramma intimo, sublime nella sua stessa semplicità, in cui lo studio coscienzioso del vero si accoppia mirabilmente alle ragioni dell’arte! E con quanto accorgimento ed abilità seppe l'artista sfuggire al pericolo, non lieve, quello cioè della uniformità e della monotonia nella espressione degli affetti. Sulla faccia rugosa della Maria Cleofe predomina la compassione, la pietà. La pelle di capra stesa con delicato riguardo sotto ai piedi di Maria fa prova della bontà intelligente del suo cuore. Gli anni e la pratica della vita le hanno insegnato che per simili ambascie non valgono conforto, e però tace, ma tacendo, spia ansiosa con lo sguardo i moti dell’animo che si riflettono come in limpido specchio sul volto della madre del Redentore e attende il momento propizio in cui le sarà dato di prestare con qualche efficacia l’opera sua. Di ben altra natura sono i sentimenti che fanno palpitare il cuore del discepolo prediletto. Egli pure tace, ma per ragioni diverse da quelle della madre sua. L’orribile strazio del Calvario di cui fu testimone, è tuttora presente ai suoi occhi, ne prova tuttora il ribrezzo... Ricorda le ultime parole del maestro... Sa quali doveri gl’impongono... ma la piena dei diversi affetti gli fa nodo alla gola... e dinanzi allo spasimo di colei che Cristo gli affidò come madre, non può che inchinarsi muto e riverente gli occhi annebbiati dal pianto. L’immagine della Madonna è tutta un poema! Bisogna vederla per comprenderla, ed una volta veduta non la si dimentica più. In quel volto soave impietrito dal dolore, ma sempre bello di una bellezza celestiale, in quegli occhi semichiusi, in quelle labbra pallide e convulse, tu vi trovi, non solo la più perfetta illustrazione dei versi del profeta Geremia “attendite et videte si est dolor sicut dolor meus” ma insieme la purezza della Vergine, l’umiltà della ancella del Signore la virtù sublime della donna cristiana che soffre e piange, ma piangendo si rassegna e perdona.»
Sempre nel 1893 eseguì la Santa Francesca Romana per la Chiesa di San Carlo a Civezza in Liguria, quadro di essenziale composizione, dove la Santa posta di tre quarti con le mani sollevate e gli occhi rivolti a Dio, è raffigurata nell’atto di pregare davanti alle Sacre Scritture, mentre dietro di lei un angelo fanciullo con le braccia incrociate ascende al Cielo[15].
La stessa Santa fu rappresentata nel 1896 in una pala d’altare dalla ben più complessa articolazione, che fu commissionata per la Chiesa di Cernesio dove, collocata di fronte al San Carlo Borromeo eseguito venticinque anni prima, andava a completare la decorazione dell’edificio fatto costruire dagli zii paterni. Il dipinto Santa Francesca Romana che distribuisce il pane ai poverelli fu ampiamente lodato dalla critica per essere il pittore rimasto fedele alla buona tradizione della Scuola Toscana, secondo la lezione data dal maestro Ciseri, e per essersi mantenuto entro la “cerchia del vero e del naturale”, riuscendo a dare vita ad una tela di notevoli dimensioni con ben dodici figure[16]:
«Sta la pietosa donna in abito dimesso, ancor giovine di età (26 o 27 anni circa) sulla soglia della casa maritale in Roma insieme alla cognata Vannozza Pontiani, sua compagna inseparabile nelle opere di misericordia, in atto di levare da una cestella che un servo le ha testé recata, e che la cognata sorregge, le pagnotte per farne la distribuzione ad un gruppo di mendichi, di sesso e di età diversi, che in svariate attitudini e movenze gli stanno dinanzi. Notevole fra questi la figura di un vecchio pellegrino per la correttezza del disegno, la vigoria delle linee, e l’espressione caratteristica della testa. Benintesa, per verità e naturalezza di movenza, l’altra di un giovine operaio seminudo, con un berretto giallastro in capo, veduto di fianco, che aggrappato con la mano sinistra allo stipite della porta di casa della Pontiani spinge uno sguardo curioso nell'interno. Squisita per grazia e candore infantile l’immagine di una bambinella che seduta, coi piedini accavallati, sullo scalino della casa porta alle labbra il lembo della veste della Santa, intendendo dimostrare con tale atto di ossequio e di riconoscenza, non essere quella, certamente, la prima volta ch’ella riceve da lei il pane della carità. Belle pure le figure principali delle due cognate, le quali sebbene abbiano comune fra di loro l’amore del prossimo, pure non ne sono nel modo stesso, e con la stessa potenza accese e riscaldate, differenza che il Nostro seppe ben rilevare nella diversa espressione dei volti, poiché mentre in quello della Vannozza si scorge il sentimento di una persona che adempie con buona volontà ad un dovere che la conoscenza le impone, nel viso pallido e smagrito di Francesca, nella umiltà e modestia dei suoi sguardi, nell’angelico sorriso che le sfiora le labbra s’intravede un raggio dell’amor di Dio che tutto lo illumina e lo irradia di una bellezza che non è mortale.»
Nel 1898 presentò il dipinto con la Sacra Famiglia al Concorso per il miglior quadro rappresentante tale soggetto, indetto da Papa Leone XIII all’interno dell’Esposizione di Arte Sacra di Torino. Pur non risultando vincitrice del premio, la tela di Martinetti fu grandemente apprezzata, tanto da essere riprodotta in numerose serie di santini[17]:
«Anch’egli [Martinetti] si consacra alla grand’arte, fedele a quei canoni del bello che rese gloriosa l’arte antica, ch’è poi l’arte immortale. […] Nella Sacra Famiglia rifulgono i suoi pregi di disegnatore eccellente, che tutto cura, dalle linee dei volti, alle pieghe dei manti, alle estremità. La soavità e il sentimento, sentimento della famiglia e della religione, aleggiano in quest’opera delicatissima. Gesù è mesto: sembra ch’Ei senta i dolori degli uomini per la cui redenzione è destinato a morire su un patibolo. La madre gli stringe la destra, e lo guarda “con accorato affetto” come direbbe il Tommaseo: San Giuseppe lo fissa immobile come incantato, affascinato dell’espressione di quegli occhi, di quella testina che chiude l’avvenire dell’umanità.»
Sempre sul finire del secolo XIX si dovrebbe collocare il dipinto, non rintracciato, con Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù per l’Istituto Santa Maria di Bellinzona.
Nel 1901 eseguì per la Chiesa di San Leone Magno fuori Firenze Santa Margherita da Cortona davanti al crocifisso, dove la Santa vestita come una umile contadina prega davanti al Crocifisso, secondo il modello del dipinto con analogo soggetto realizzato da Ciseri per il Santo Sepolcro di Gerusalemme[18].
Martinetti fu professore all’Istituto di Belle Arti di Firenze e membro dell’Accademia delle arti del disegno, nella quale fu eletto prima Accademico Onorario (1885) e poi Accademico Corrispondente (1899). Fu tra i sostenitori del progetto di Augusto Betti per il Monumento a Vittorio Emanuele II a Roma (1871) e fece parte della giuria del Concorso Alinari per l’illustrazione della Divina Commedia (1900), insieme a Federico Andreotti, Isidoro Del Lungo, Arturo Faldi ed Augusto Passaglia[19].
La sua ultima opera nota risulta essere il ritratto della moglie eseguito nel 1907; l’anno precedente era stato lui stesso ritratto dall’amico pittore Vittorio Corcos (Firenze, Accademia delle Arti del Disegno)[20].
La morte lo colse nella sua abitazione di Firenze, in Viale Regina Margherita 21 (attuale Viale Spartaco Lavagnini), il 30 gennaio del 1910 all’età di 67 anni. Alle esequie, che ebbero luogo nella Basilica di San Lorenzo, furono presenti tra gli altri Francesco Ciseri, figlio del suo maestro, i pittori Vittorio Corcos, Arturo Faldi, Ruggero Focardi, Luigi Gioli, lo scultore Dante Sodini, il fotografo Vittorio Alinari, lo scrittore Renato Fucini, il soprintendente Giovanni Poggi, il senatore Pietro Torrigiani; fu sepolto al Cimitero delle Porte Sante[21].
Tratto da C. Cordoni, Giacomo Martinetti, un pittore ticinese nella Firenze dell’Ottocento, in "Le Antiche Dogane", a. XXII, n. 264, giugno 2021, pp. 6-7.
Opere
[modifica | modifica wikitesto]- David, ubicazione ignota, 1861;
- Guglielmo Tell, ubicazione ignota;
- Giotto che disegna osservato da Cimabue, ubicazione ignota;
- Michelangelo rifiuta ad Alessandro de’ Medici di scegliere il luogo e di costruire la Fortezza, ubicazione ignota, 1861;
- Fanciulla dormiente, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, 1864;
- San Carlo Borromeo durante la peste di Milano, Cernesio, Chiesa di San Carlo Borromeo, 1871;
- Dianora de’ Castracani rinviene Castruccio nella vigna, Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, 1873;
- Santa Chiara, Gerusalemme, Chiesa del Santo Sepolcro, 1873;
- Michelangelo al letto di Vittoria Colonna morta, 1875;
- San Rocco, Gerusalemme, Chiesa di San Salvatore, 1886;
- Ultima cena, Gerusalemme, Chiesa di San Salvatore, 1886;
- Cena in Emmaus, Gerusalemme, Chiesa di San Salvatore, 1891;
- Dopo la Crocifissione o La Madonna in casa di Giovanni, Gerusalemme, Chiesa del Santo Sepolcro, 1893;
- Santa Francesca Romana, Civezza, Chiesa di San Carlo, 1893;
- Santa Francesca Romana che distribuisce il pane ai poverelli, Cernesio, Chiesa di San Carlo Borromeo 1896;
- Sacra Famiglia, presentato al Concorso dell’Esposizione di Arte Sacra di Torino, 1898;
- Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, Bellinzona, Istituto Santa Maria di Bellinzona;
- Santa Margherita da Cortona davanti al Crocifisso, Firenze, Chiesa di San Leone Magno, 1901.
Galleria d'immagini
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Sul rapporto con il maestro Ciseri: G. Martinetti, Comm.[emorazione del] Prof. Antonio Ciseri, in Atti del Collegio dei Professori della R. Accademia di Belle Arti di Firenze. Anno 1891, Stabilimento Tipografico G. Civelli, Firenze, 1892, pp. 4-9.
- ^ Per il bozzetto, olio su cartone, cm. 25x15,3: Dipinti e sculture del XIX e XX Secolo, catalogo d’asta (Prato, Farsetti, 30 ottobre 2010), lotto 743, p. 99; Dipinti e sculture del XIX e XX Secolo, catalogo d’asta (Prato, Farsetti, 21 aprile 2012), lotto 817.
- ^ Per il David, olio su tela, cm. 120x90: Esposizione Italiana Agraria, Industriale e Artistica tenuta in Firenze nel 1861. Catalogo Officiale pubblicato per ordine della Commissione Reale, Tipografia Barbera, Firenze, 1861, p. 218; Vendita all’asta, cit., 1982, lotto 90, p. 17.
- ^ Per il Guglielmo Tell, olio su tela, cm. 71x59: Vendita all’asta, cit., 1982, lotto 93, p. 17. Per il Giotto, olio su tela, cm. 82x120: Autori del XIX e XX Secolo, catalogo d’asta (Firenze, Pananti, 15 dicembre 2017), lotto 174, p. 44.
- ^ Per la Fanciulla dormiente, olio su tela, cm. 86x115: Catalogo delle opere ammesse alla ventesima esposizione solenne della Società Promotrice delle Belle Arti in Firenze nell’anno 1864, Tipografia Mariani, Firenze, 1864; La Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Catalogo generale, a cura di C. Sisi, A. Salvadori, Sillabe, Livorno 2008, p. 1355; C. Pezzano, La Galleria d’Arte Moderna di Firenze. Il luogo, le collezioni (1784-1914), Polistampa, Firenze, 2009, p. 175..
- ^ Per il bozzetto, olio su tela, cm. 126x90: 1873 Esposizione Universale di Vienna. Catalogo delle Belle Arti Italiane, Buonoconto & Simonetti, Vienna, 1873, p. 4; C.I.C., L’Italia all’Esposizione di Vienna, in “Arte in Italia”, a. V, n. 5, maggio 1873, pp. 66-67; G. Rosadi, Uno scolaro del Ciseri: Giacomo Martinetti, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XXXVII, n. 46, 13 Novembre 1910, p. 482; Fratelli Alinari, Lombardia. Catalogo delle fotografie di opere d’arte e vedute, Giannini & Giovannelli, Firenze, 1926, p. 27; Vendita all’asta, cit., 1982, lotto 98, p. 18; S. Martinoli, Guida d’arte della Svizzera Italiana, Casagrande, Bellinzona, 2007, p. 341.
- ^ La storia è tratta da N. Machiavelli, Vita di Castruccio Castracani. Ritratti di Francia e di Lamagna. Frammenti scelti dalle Storie fiorentine, a cura di P. Donini, G.B. Paravia, Firenze, 1870. Il dipinto, olio su tela, cm. 125x93, è entrato a far parte della collezione della Galleria d’Arte Moderna di Firenze nel 1984. Vendita all’asta, cit., 1982, lotto 78, p. 16, tav. XV; Vendita all’asta, catalogo d’asta (Firenze, Pandolfini, 7 giugno 1983), Firenze, 1983, lotto 274, p. 42; Ottocento e Novecento. Acquisizioni 1974-1989, catalogo della mostra (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, 1º giugno - 30 settembre 1989) a cura di E. Spalletti, C. Sisi, Centro Di, Firenze, 1989, p. 64; The Pitti Palace museums and galleries, a cura di C. Chiarelli, Bonechi, Firenze, 1999, p. 162; Pitti Palace. All the museums, all the works, a cura di M. Chiarini, Sillabe, Livorno, 2000, p. 186; R. Carapelli, Un santino ci ricorda un importante pittore dimenticato, in “Santini et similia”, a. VIII, n. 30, ottobre-dicembre 2002, pp. 41-42; La Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, cit., p. 1355.
- ^ Catalogue général des photographies publiées par la Maison Giacomo Brogi de Florence, Stabilimento Tipografico G. Civelli, Firenze, 1878, pp. 14, 91.
- ^ Nel libro figurano anche incisioni di Ciseri e di Senno; quella di Martinetti è posta all’inizio del Capitolo XII. A. Gotti, Vita di Michelangelo Buonarroti narrata con l’aiuto di nuovi documenti, Tipografia della Gazzetta d’Italia, Firenze, 1875, tav. XII, pp. VII, 163; Vita di Michelangelo Buonarroti, in “Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia”, n. 214, 14 settembre 1875, pp. 6114-6115.
- ^ Domenico Altrocchi (Lodi, 8 maggio 1814 - Viareggio, 5 agosto 1879), musicista allievo di Gaetano Donizetti, si era trasferito a New York, dove aveva sposato la figlia di un ricco uomo di affari Pauline Hemenway (New York, 23 novembre 1832 - Firenze, 25 ottobre 1914), con la quale aveva avuto quattro figli Nicola (New York, 11 settembre 1850 - Firenze 26 ottobre 1894), Maria (New York, 23 giugno 1852 - Firenze, 5 febbraio 1940), Lucia (New York, 22 giugno 1855 - Firenze 2 aprile 1873), Giovanni (New York, 6 Novembre 1858 - Firenze 20 Settembre 1897). Rientrato in Italia con tutta la famiglia, portando con sé anche la suocera Mary Cummings (Sullivan, New Hampshire, 22 agosto 1807 - Firenze 20 febbraio 1885) si stabilì a Firenze, dove acquistò Villa La Querce già La Topaja in Via della Piazzola a Camerata. Tutti i membri della famiglia Altrocchi riposano nel Cimitero degli Allori in Via Senese fuori Firenze, fatta eccezione per Lucia che fu sepolta al Cimitero degli Inglesi in Piazzale Donatello. Cfr. G. Carocci, I dintorni di Firenze. Nuova guida-illustrazione storico-artistica, Tipografia Galletti e Cocci, Firenze, 1881, pp. 53-54.
- ^ Ritratto della nonna Maria Marcellina Trolli, olio su tela, cm. 82x62, in Vendita all’asta, cit., 1982, lotto 94, p. 17; ritratto di giovane donna [Maria Altrocchi], 1875, olio su tela, cm. 48x40, Ivi, lotto 97, p. 18, foto XX e ritratto di giovane donna seduta [Maria Altrocchi], 1876, olio su tela, cm. 25x18, Ivi, lotto 120, p. 20; due dipinti [ritratto della suocera Pauline Hemenway e della nonna Mary Cummings], olio su tela, cm. 76x60, in Vendita all’asta, catalogo d’asta (Firenze, Pandolfini, 12 ottobre 1984), Firenze, 1984, lotto 865, p. 17; tre fanciulle in un interno, 1877, olio su tela, cm. 130x96.5 (Rochester, New York, George Eastman Museum); ritratti di Pietro Senno e della moglie, 1882, olio su tela, cm. 55x28 (Portoferraio, Pinacoteca Comunale Foresiana), donati nel 1914 alla Pinacoteca Foresiana dalla figlia Marcellina Senno, in Pinacoteca Comunale Foresiana, Portoferraio, Octavo, Firenze, 1996, p. 81.
- ^ Secondo alcune fonti i tre dipinti sarebbero stati eseguiti non per la Chiesa di San Salvatore ma per quella del Santo Sepolcro. Ultima Cena di Giacomo Martinetti, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XIII, n. 51, 12 dicembre 1886, p. 442; San Rocco, quadro di Giacomo Martinetti, Ivi, a. XVIII, n. 12, 22 marzo 1891, p. 184; La Cena in Emaus [sic], quadro di Giuseppe [sic] Martinetti, Ivi, p. 185; G. Rosadi, op. cit., p. 483; Cenacolo, olio su tela, cm. 46x31, in Vendita all’asta, cit., 1982, lotto 116, p. 20.
- ^ Giacomo Martinetti auf sik-isea.anton.ch/actors (italienisch)
- ^ P. Minucci del Rosso, Dopo la Crocifissione. Quadro a olio del pittore storico Giacomo Martinetti, in “Arte e Storia”, a. XII, n. 10, 15 maggio 1893, p. 77; Dopo la Crocifissione, quadro di Giacomo Martinetti, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XXI, n. 11, 18 marzo 1894, p.; Bollettino Bibliografico, in “Bollettino Storico della Svizzera Italiana”, a. XVI, n. 3-4, marzo-aprile 1894, p. 77; G. Rosadi, op. cit., pp. 482-483.
- ^ Il dipinto fu riprodotto in una fotografia della Fratelli Alinari di Firenze. T. Domenichelli, Santa Francesca Romana. Discorso pronunziato in Civezza nella Liguria occidentale inaugurandosi la immagine di questa Santa lavoro d’arte del Prof. G. Martinetti, Tipografia Ariani, Firenze, 1893; A. Gandolfo, La provincia di Imperia. Storia, arti, tradizioni, Blu Edizioni, Torino, 2005.
- ^ P. Minucci del Rosso, Santa Francesca Romana. Quadro del Prof. Giacomo Martinetti, in “Arte e Storia”, a. XV, n. 12, 30 giugno 1896, pp. 93-94; “S. Francesca Romana” from a painting by Giacomo Martinetti, in “The Studio”, Vol. 9, 1897, p. 293; Santa Francesca Romana, quadro di Giacomo Martinetti, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XXVI, n. 51, 17 dicembre 1899, p.; Arte Sacra: Santa Francesca Romana quadro di Giacomo Martinetti, in “Illustrazione Popolare”, vol. XXXVIII, 1901, pp. 152-153; G. Rosadi, op. cit., p. 483; S. Martinoli, op. cit., p. 341.
- ^ All’Esposizione d’Arte Sacra a Torino e il Concorso di S.S. Leone XIII, in “L’Illustrazione Italiana”, a. XXV, n. 30, 24 luglio 1898, pp. 60-61; G. Rosadi, op. cit., p. 483.
- ^ Olio su tela, cm. 255x135. Margherita da Cortona. Una storia emblematica di devozione narrata per testi e immagini, a cura di L. Corti, R. Spinelli, Electa, Milano, 1998, p. 227; R. Carapelli, op. cit., pp. 41-42.
- ^ A. Betti, Progetto pel monumento da erigersi in Roma al primo Re d'Italia Vittorio Emanuele II, Stabilimento Tipografico G. Civelli, Firenze, [1871], p. 22. La commedia dipinta. I concorsi Alinari e il simbolismo in Toscana, a cura di C. Sisi, Alinari, Firenze, 2002, p. 18.
- ^ Olio su tela, cm. 60x60. G. Rosadi, op. cit., p. 483; Vendita all’asta, cit., 1982, lotto 91, p. 17.
- ^ Necrologio, in “La Nazione”, a. LII, 31 gennaio 1910, p. 5; Trasporto funebre del prof. Giacomo Martinetti, in “La Nazione”, a. LII, 2 febbraio 1910, p. 4; Commemorazione in Atti del Collegio dei Professori della R. Accademia di Belle Arti di Firenze. Anno 1913, Stabilimento Tipografico G. Civelli, Firenze, 1913, p. 81.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- C. Cordoni, Giacomo Martinetti, un pittore ticinese nella Firenze dell’Ottocento, in "Le Antiche Dogane", a. XXII, n. 264, giugno 2021, pp. 6-7.
- Giacomo Martinetti (Firenze 1842-1910). Omaggio all'allievo ticinese di Antonio Ciseri, catalogo della mostra (Rancate, Pinacoteca Giovanni Zust, 13 novembre 2021 - 25 aprile 2022), a cura di M. Agliati Ruggia, Armando Dadò Editore, Locarno, 2021.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Giacomo Martinetti
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Giacomo Martinetti, su BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.
- (IT, DE, EN, FR) Giacomo Martinetti, in SIKART Dizionario sull'arte in Svizzera.
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