Amanuense

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Ritratto di Jean Miélot, segretario, copista e traduttore del duca Filippo III di Borgogna.

«L'era dei copisti terminava: la stampa l'aveva chiusa.»

L'amanuense o copista era, prima della diffusione della stampa, la figura professionale di chi per mestiere ricopiava testi manoscritti al servizio di privati o in centri scrittori.

I monaci amanuensi

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Esempio di salterio diurno miniato da amanuensi del sec. XVII già presente nella Biblioteca Scarabelli di Caltanissetta, rubato nel 2010[2]

La parola amanuense deriva dal latino servus a manu, che era il termine con il quale i romani definivano gli scribi. Questi monaci vivevano molte ore della giornata nello scriptorium (una particolare stanza presente in alcune strutture religiose), in posizione tale da catturare più luce possibile, utile durante il processo di copiatura degli antichi codici e a coloro che svolgevano questo lavoro era permesso di saltare alcune ore canoniche di preghiera. All'attività degli amanuensi si lega il personaggio romano Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, che fondò a Squillace, in Calabria, il monastero di Vivario dedicato allo studio e alla scrittura. Esso fu preceduto, già nel V secolo, dalle attività del monastero di san Eugippio.

Qui istituì uno scriptorium per la raccolta e la riproduzione di manoscritti, che fu il modello a cui successivamente si ispirarono i monasteri medievali. Durante il XIV secolo e il XV secolo, l'arte della copia degli antichi testi aveva raggiunto il suo culmine: i libri, infatti, dopo essere copiati dagli amanuensi, erano controllati sul piano grammaticale e ortografico dai correctores (questo avveniva perché in quei tempi, dato l'ottimo salario degli amanuensi, molti semianalfabeti si dedicavano a questa attività) per poi essere miniati dai miniatores. Inoltre, presso le università, gli allievi copiavano, traducevano e miniavano molti codici, per potersi mantenere nei propri studi.

Allo scopo di dimezzare i tempi di produzione un codice talvolta veniva dato da trascrivere dividendolo fra due amanuensi: ciascuno ricopiava la metà affidatagli e poi le due copie venivano riunite. Questo sforzo collettivo appare ancora più evidente per i grossi codici di lusso che richiedevano anche l'intervento dei miniatori, i quali entravano in gioco solo dopo che l'opera era stata completamente ricopiata dagli amanuensi.

I libri venivano solitamente scritti utilizzando vari sistemi grafici quali:

Dopo aver terminato il processo di scrittura, gli amanuensi rilegavano le pagine e creavano una copertina mediante una tavoletta di legno, la quale poteva essere rivestita in lamina di oro o argento sbalzato, in pergamena con angoli d'argento, o semplicemente in materiale cartaceo.

  1. ^ Alfredo Cioni, Baldassarre Azzoguidi, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 4, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1962.
  2. ^ I libri scomparsi della biblioteca Scarabelli -, su storiapatriacaltanissetta.it, Società Nissena di Storia Patria - Caltanissetta, 1º febbraio 2013.

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