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'Iffat al-Thunayan
ʿIffat al-Thunayān | |
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Nome completo | ʿIffat bint Muḥammad al-Thunayān |
Nascita | Istanbul, 1916 |
Morte | Riad, 17 febbraio 2000 |
Dinastia | Dinastia Saudita |
Padre | Muḥammad bin Saʿūd al-Thunayān |
Madre | Asia |
Consorte di | Faysal dell'Arabia Saudita |
Figli | Principe Muḥammad Principe Bandar Principe Saʿūd Principe Turkī Principessa Luʾluʾwa Principessa Sāra Principessa Haifa |
Religione | Musulmana sunnita |
ʿIffat al-Thunayān (in arabo عفت بنت محمد بن سعود الثنيان آل سعود?; Istanbul, 1916 – Riyad, 17 febbraio 2000) è stata una principessa saudita, moglie di re Fayṣal.[1] ʿIffat è stata la seconda e più importante consorte di re Fayṣal. È stata talvolta indicata come Regina ʿIffat, Emira ʿIffat o Principessa ʿIffat. Era nota per il suo sforzo di migliorare l'istruzione del regno. È stato la fondatrice del modello scolastico di Ṭāʾif e della prima università femminile dell'Arabia Saudita.
Origini e formazione
[modifica | modifica wikitesto]ʿIffat al-Thunayān faceva parte di un ramo cadetto degli Al Sa'ud, gli al-Thunayān.[2][3] È nata a Istanbul nel 1916.[2][4]
Il padre di ʿIffat era Muḥammad bin Saʿūd al-Thunayān,[4] ufficiale militare dell'esercito ottomano.[1] È morto in combattimento tra il 1918 e il 1923.[1] Sua madre, Āsiya, era una donna turca, di origine ungherese o circassa.[1][5] Aveva un fratello germano, Zaki, e due fratellastri, Kamal e Mozaffar.[1]
Il suo bisnonno è stato governatore di Riyad nel 1840. Suo nonno era stato portato in Turchia come prigioniero dell'Impero ottomano dopo il crollo del Primo Stato Saudita. Una delle sorellastre di ʿIffat, Layla, ha sposato il principe Sulṭān.[6] Il suo zio paterno, Ahmed al-Thunayan (1889 - 1921), è stato uno dei consiglieri di re ʿAbd al-ʿAzīz.[1][7]
ʿIffat è stata educata a Istanbul sotto la supervisione della zia Jawhara bint ʿAbd Allāh al-Thunayān.[8] La famiglia era molto povera. Andò a scuola con le scarpe piene di carta invece che con le suole. Ha poi conseguito l'abilitazione all'insegnamento. A causa della caduta dell'Impero ottomano, lei e la sua famiglia tornarono in Arabia Saudita. Nel 1925, la famiglia di ʿIffat ha chiesto assistenza finanziaria per farla andare in pellegrinaggio a La Mecca.[9]
Matrimonio di Fayṣal
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1931, il principe Fayṣal incontrò ʿIffat per la prima volta mentre stava effettuando un pellegrinaggio a La Mecca con la zia.[2] Il futuro re, che al tempo era viceré del Hijaz, la ha fatta tornare in Turchia con la zia.[3] Tuttavia, c'è un'altra versione circa il loro primo incontro. In esso si afferma che questo avvenne a Istanbul nel 1932, quando il principe Fayṣal era in visita alla città di ritorno da una visita ufficiale in Unione Sovietica.[10] In seguito la portò a Gedda[7][10] per sposarla lo stesso anno.[11] I coniugi risiedevano a La Mecca.[7]
Poiché nessuno dei due parlava la lingua dell'altro, si sono insegnati a vicenda i rispettivi. Ebbero nove figli,[4] cinque maschi e quattro femmine: Moḥammed, Bandar, Saʿūd, Turkī, ʿAbd al-Raḥmān, Luʾluʾa e Haifa.[12] Quattro figli hanno imparato il turco in famiglia. ʿIffat era diventata un'abile oratrice anche se non ha mai perso il suo accento turco.[2]
I loro figli sono tutti molto istruiti essendo ex allievi di Princeton, Harvard, Georgetown, Sandhurst e Cranwell. Ha incaricato docenti stranieri di educare le sue figlie. Queste più tardi hanno ricevuto una formazione supplementare in Svizzera. Al contrario, solo 6 su 115 figli del fratello maggiore di Fayṣal, Saʿūd hanno completato gli studi.[2][13][14]
Regina
[modifica | modifica wikitesto]Regina ʿIffat era un titolo informale datole in ragione della sua popolarità in Arabia Saudita.[8]
Nel 1967, la ha cominciato a fare apparizioni in pubblico in occasione di eventi di stato. Divenne presidente onorario della "Società del Rinascimento dell'Arabia Saudita", che si occupa di garantire l'istruzione professionale alle donne e di assistere famiglie bisognose. Nel quinto anniversario dell'organizzazione[15] ha promosso cliniche gratuite e classi letterarie per le donne.[16]
Le sue attività filantropiche globali includevano iniziative di benessere sociale per le donne. Nel corso del 1960, ha fondato le prime due agenzie sociali in Arabia Saudita: l'Associazione del welfare femminile di Gedda e l'Associazione del walfare femminile di Riyad, "al-Nahḍa" (Rinascita). Questi programmi sono disponibili ancora oggi.[17]
Educazione
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1943, il principe Fayṣal e la principessa ʿIffat hanno fondato la scuola dei principi di Ṭāʾif, in cui ragazzi e ragazze studiavano insieme.[17] Molti bambini della famiglia reale allargata, vi si sono formati. La maggior parte degli insegnanti erano egiziani o yemeniti. La sezione femminile era riservata alle figlie della famiglia reale allargata.[2]
Nel 1955 ha avviato la prima scuola privata femminile dell'Arabia Saudita a Gedda, la "Dār al-Ḥannān" (in arabo دار الحنان?, "Casa della Compassione").[17] Una delle sue figlie più giovani si è istruita qui.[17] Il nome della scuola è derivato dal Corano. La classe di partenza aveva 15 studentesse.[2] Nel 1956, ha donato denaro e terreni per costruire un orfanotrofio per ragazze in cui sarebbero anche state educate.[10] Nel 1960, ha fondato il primo collegio per ragazze a Riyad, chiamato "Kulliyat al-Banāt".[18]
Nel 1967 ha lanciato la "Nahḍa al-Saʿūdiyya", un'organizzazione per l'educazione delle donne analfabete di Riyad.[2] Nel 1970, ʿIffat ha fondato la prima scuola superiore femminile del paese.[19]
Nell'agosto 1999 pochi mesi prima della sua morte, ha fondato l'Università ʿIffat adiacente alla Dār al-Ḥannān.[2] Questo è il primo ateneo femminile privato del regno senza scopo di lucro.[20]
Ha frequentato molte cerimonie di laurea. I suoi motti erano "Educata te stessa. Siate buone madri. Perfette cittadine saudite. Costruite il vostro paese" e "La madre può essere istruita e pensare al suo bene".[21][22]
Il Premio Principessa ʿIffat al-Thunayān premia le realizzazioni delle donne.[23]
Vita personale
[modifica | modifica wikitesto]ʿIffat aveva capelli color biondo scuro e occhi luminosi.[8] Le piaceva coltivare le rose, parlava un fluente francese e amava leggere. Aveva grandi doti organizzatrici.[2][14] Quando la zia Jawhara divenne incapace, ʿIffat si prese cura di lei.[1]
È apparsa in molti funzioni di stato, ha ricevuto dignitarie femminili e ha viaggiato in lungo e in largo in tutto il regno. Il suo palazzo aveva una politica di porte aperte, per permettere a qualsiasi cittadino saudita di farle visita.[2] È stata raramente fotografata in pubblico e non è mai apparsa in televisione.[14]
Morte e funerale
[modifica | modifica wikitesto]È morta il 17 febbraio 2000 dopo un'operazione non riuscita.[9][24] È stata sepolta a Riyad dopo la preghiera del venerdì.[11]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f g Joseph A. Kechichian, Self-assurance in the face of military might, in Gulf News, 20 gennaio 2012. URL consultato il 21 luglio 2013.
- ^ a b c d e f g h i j k Joseph A. Kechichian, Pioneer who gave wings to Saudi women's dreams, in Gulf News, 7 agosto 2008. URL consultato il 30 luglio 2012 (archiviato dall'url originale l'11 ottobre 2012).
- ^ a b Jennifer S. Uglow, Frances Hinton e Maggy Hendry, The Northeastern Dictionary of Women's Biography, UPNE, 1999, p. 273, ISBN 978-1-55553-421-9. URL consultato il 21 luglio 2013.
- ^ a b c Delinda C. Hanley, Late Queen Effat of Saudi Arabia, in Washington Report on Middle East Affairs, vol. 22, n. 10, dicembre 2003. URL consultato il 29 agosto 2013 (archiviato dall'url originale il 5 novembre 2013).
- ^ Coll, Steve. (2009). The Bin Ladens: an Arabian Family in the American Century. New York: Penguin.
- ^ As'ad AbuKhalil, The Battle for Saudi Arabia. Royalty, fundamntalism and global power, New York City, Seven Stories Press, 2004, ISBN 1-58322-610-9.
- ^ a b c Rebecca Stefoff, 5, The Kingdom, in Faisal, World Leaders Past and Present, Chelsea House Publishing, 1989. URL consultato il 21 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).
- ^ a b c Effat's New Roses, su saudiaramcoworld.com, Saudi Aramco World. URL consultato il 30 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il 4 ottobre 2012).
- ^ a b Waging Peace: Baghdad: The Movie, in Wrmea. URL consultato il 30 luglio 2012.
- ^ a b c Leon Hesser, Nurture the Heart, Feed the World: The Inspiring Life Journeys of Two Vagabonds, BookPros, LLC, 1º gennaio 2004, p. 104, ISBN 978-0-9744668-8-0. URL consultato il 21 luglio 2013.
- ^ a b Ghada Talhami, Historical Dictionary of Women in the Middle East and North Africa, Rowman & Littlefield, 1º dicembre 2012, p. 170, ISBN 978-0-8108-6858-8. URL consultato il 21 luglio 2013.
- ^ Winberg Chai, Saudi Arabia: A Modern Reader, University Press, 22 settembre 2005, p. 193, ISBN 978-0-88093-859-4. URL consultato il 26 febbraio 2013.
- ^ Sabri, Sharaf. The House of Saud in Commerce: a Study of Royal Entrepreneurship in Saudi Arabia. New Delhi: I.S. Publications, 2001. Print.
- ^ a b c Mark Weston, Prophets and Princes: Saudi Arabia from Muhammad to the Present, John Wiley & Sons, 28 luglio 2008, p. 450, ISBN 978-0-470-18257-4. URL consultato il 21 luglio 2013.
- ^ "Gradual Emancipation Greets Saudi Women." St. Petersburg Times [St. Petersburg, Florida] 20 Dec. 1967: 3D. Print. [1]
- ^ A thousand and one coffee mornings: scenes from Saudi Arabia, Books. URL consultato il 30 luglio 2012.
- ^ a b c d Muhammad Younes, Women and Education (PDF), in Ahmad Kamal (a cura di), History of the Middle East[collegamento interrotto], Fairleigh Dickinson University, gennaio 2012, ISBN 978-1-4507-9087-1. URL consultato il 21 luglio 2013.
- ^ Andy Liang, Opinion: Old and new freedoms for Saudi Arabia, in The Tech, vol. 131, n. 41, 30 settembre 2011. URL consultato il 21 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 30 giugno 2016).
- ^ Kaelen Wilson, More talk, less distortion by Kaelen Wilson-Goldie, in Common Ground News, 27 marzo 2007. URL consultato il 30 luglio 2012 (archiviato dall'url originale il 18 marzo 2012).
- ^ Stig Stenslie, Power Behind the Veil: Princesses of the House of Saud, in Journal of Arabian Studies: Arabia, the Gulf, and the Red Sea, vol. 1, n. 1, 2011, pp. 69-79, DOI:10.1080/21534764.2011.576050. URL consultato il 15 aprile 2012.
- ^ Mai Yamani. Feminism and Islam: Legal and Literary Perspectives. Reading: Ithaca [u.a., 2006. 269. Print. [2]
- ^ Brooks, Geraldine. Nine Parts of Desire: the Hidden World of Islamic Women. New York: Anchor, 1995. Print. [3]
- ^ K.S. Ramkumar, Women’s empowerment stressed at Effat University function, in Arab News, Jeddah, 16 giugno 2012. URL consultato il 31 agosto 2013 (archiviato dall'url originale il 16 giugno 2012).
- ^ Saudi Arabia mourns passing away of princess, in KUNA, 17 febbraio 2000. URL consultato il 21 luglio 2013.
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