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Zecca di San Pietroburgo
StatoRussia (bandiera) Russia
Fondazione1724
Fondata daPietro il Grande
Sede principaleSan Pietroburgo
Settoremetallurgico
Prodottimonete, medaglie
Sito webspmd.goznak.ru/

La Zecca di San Pietroburgo (in russo Санкт-Петербу́ргский моне́тный двор?) è una delle più grandi zecche del mondo. Fu fondata da Pietro il Grande nel 1724, quindi è una delle più antiche imprese industriali di San Pietroburgo.

È situata nell'area della Fortezza di Pietro e Paolo; fa parte del gruppo statale Goznak.

Altri progetti

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When Gabriel of Melitene and his Armenian garrison came under attack from the Danishmend state to their north, Bohemond marched to their relief with a Frankish force.

Malik Ghazi's Danishmends ambushed the expedition and

Battaglia di Köse Dağ
I Mongoli inseguono i Selgiuchidi. Miniatura del XIV secolo.
Data26 giugno 1243
LuogoKöse Dağ, attuale Turchia
CausaInvasione mongola dell'Anatolia
EsitoVittoria mongola
Modifiche territorialiDominio mongolo sulla regione
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
30 000[1]80 000[1]
Perdite
Sconosciute
(probabilmente tra le 15 000 e le 20 000 unità)
Sconosciute
(molto maggiori di quelle mongole)
Voci di battaglie presenti su Teknopedia

La battaglia di Köse Dağ (scritto anche Kösedağ, Köse Daği, Köse Dagh, Kösedagh; in turco significa Monte pelato - Montagna nuda.)[2] ebbe luogo il 26 giugno 1243[3] tra i selgiuchidi del Sultanato di Rum e l'Impero mongolo e terminò con la vittoria di questi ultimi.

Le prime incursioni mongole nel territorio del Sultanato di Rum risalgono al 1231-1232, quando singoli distaccamenti dell'esercito di Chormagan raggiunsero Sivas e Malatya. Nel 1236 i mongoli chiesero regolari ambasciate con tributi al sultano selgiuchide Kayqubad I, questi concluse un trattato di pace con il Gran Khan dell'Impero Mongolo Ögödei riuscendo così per qualche tempo a garantire la sicurezza del suo paese.

Durante il regno di Ögedei Khan, il Sultanato di Rum offrì amicizia e un modesto tributo a Chormagan, uno dei più grandi generali mongoli, già un membro del kheshig[4].

Dopo l'ascesa al potere di Kaykhusraw II, tuttavia, i mongoli iniziarono a fare pressioni sul sultano affinché andasse di persona in Mongolia, desse ostaggi e accettasse un darughachi mongolo.

Nel 1242, il noyan Bayju fu nominato governatore della Persia al servizio dell'imperatore Ögödei, in sostituzione di Chormagan colpito da mutismo (forse dovuto a una paralisi)[5].

Nell'inverno del 1242–1243, comandati da Bayju, i mongoli invasero il Sultanato di Rum, governato da Kaykhusraw II all'apogeo del suo regno; Bayju, dopo aver saccheggiato la città di Erzurum, affrontò l'esercito della coalizione selgiuchide.

Kaykhusraw aveva radunato il suo esercito e ingaggiato mercenari ifranj (europei occidentali), inoltre aveva chiesto rinforzi ai suoi vicini per contribuire a resistere all'invasione: Manuele I rispose inviando un distaccamento dall'Impero di Trebisonda[6].

Invece re Aitone I della Cilicia armena, a causa di disaccordi interni sulla guerra, ritardò l'adesione all'esercito di Kaykhusraw, che partì senza di lui[7].

Anche alcuni nobili Georgiani, come Pharadavla dif Akhaltsikhe e Dardin Shervashidze si unirono al sultano, ma il grosso delle forze georgiane fu costretto a schierarsi al fianco dei loro signori mongoli, giacché la regina Rusudan di Georgia si era dichiarata vassalla dei Mongoli in quello stesso anno, il contingente georgiano-armeno all'interno dell'esercito mongolo includeva Hasan-Jalal I, sovrano del Khachen[7].

Riguardo le dimensioni degli eserciti avversari le fonti primarie forniscono varie cifre, ma tutte concordano circa la superiorità numerica dei selgiuchidi[8]: 160.000 o 200.000 per l'esercito del sultano (che sono certamente esagerazioni) e 30.000 o 10.000 per le forze mongole[7], oppure, più verosimilmente, 80.000[1] selgiuchidi contro 30.000 mongoli[7].

All'inizio degli anni 1240, sotto il nuovo sultano selgiuchide di Rum, Kaykhusraw II, lo stato, indebolito da conflitti interni (in particolare dalla rivolta di Baba Iskhak), subì un'invasione mongola su larga scala. Alla fine del 1242, il comandante dell'esercito mongolo, Bayju, dopo un assedio di due mesi, prese la città di Erzurum. Dopo aver appreso della caduta di Erzerum, il Sultano iniziò urgentemente a radunare truppe. I rinforzi furono inviati dai vassalli e alleati di Kaykhusraw, il sovrano di Aleppo e l'imperatore di Trebisonda; a lui si unirono il principe abkhazo Dardin[4] Shervashidze e il principe armeno Van [5] ; inoltre, nell'esercito del Sultano c'erano circa 2.000 mercenari Ifranj al comando di Giovanni da Cipro e Bonifacio da Genova [6] , oltre a un millesimo distaccamento mercenario ausiliario dell'Impero di Nicea [7] .

Le fonti forniscono vari dati sul numero delle truppe di Kay-Khosrov: 400mila (cronache georgiane) [5] , "200mila, tutti a cavallo" ( Rubruk ) [8] , 160mila ( Grigor Aknertsi ) [9] . La più vicina alla realtà è probabilmente la cifra data da Ibn Bibi - 70mila soldati [1] . La dimensione dell'esercito mongolo, che partì nella primavera del 1243 per affrontare il nemico, è stimata essere la metà (30-40 mila) [1]

La battaglia decisiva fu combattuta a Köse Dağ il 26 giugno 1243. Baiju mise da parte il preoccupato allarme del suo ufficiale georgiano per le dimensioni dell'esercito selgiuchide affermando che non contava nulla il numero dei nemici: "più sono, più è glorioso vincere e più bottino ci assicureremo"[9].

Kaykhusraw respinse la proposta dei suoi comandanti più esperti di aspettare l'attacco mongolo, invece, inviò contro il nemico un contingente di 20.000 uomini guidato da comandanti inesperti[10], l'esercito mongolo finse una ritirata per poi tornare indietro e circondare le forze dei selgiuchidi che furono sconfitte[11].

Quando il resto delle forze selgiuchidi assistette alla sconfitta molti comandanti e i loro soldati, incluso Kaykhusraw, iniziarono ad abbandonare il campo di battaglia[10], alla fine, l'esercito selgiuchide rimase senza comandanti e la maggior parte dei soldati disertò senza prender parte ad alcun combattimento[10][11].

Così, pur essendo molto inferiore numericamente, l'esercito mongolo riuscì a sconfiggere il sultano e i suoi alleati[1].

Le conseguenze

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Dopo la battaglia, Kaykhusraw II cercò l'aiuto del suo nemico, l'imperatore bizantino Giovanni III Vatatze, siglando con lui un trattato di alleanza.[12] Bayju occupò in seguito Sivas, che si arrese senza combattere e che venne saccheggiata. Le città di Tokat e di Kayseri tentarono invece di resistergli, e vennero distrutte. Questa campagna estese il controllo mongolo fino ai confini dell'impero bizantino.[13].

Frattanto, l'imperatore di Trebisonda preferì sottomettersi ai Mongoli, pagandogli un tributo, e fu a quel punto che Kaykhusraw si vide costretto a seguire la stessa strategia.[12] Stessa sorte toccò al regno della Piccola Armenia di Aitone I, assicurando così la sicurezza anche degli Armeni che vivevano fuori della Cilicia, in altre regioni anatoliche. Questa politica, seguita anche da suoi successori, protesse il piccolo regno sia dai Selgiuchidi sia dai Mamelucchi[13].

Il Sultanato di Rum si frantumò, lasciando un vuoto che fu occupato da una serie di piccoli regni autonomi, detti beilikati. In seguito questi regni sarebbero stati inglobati nell'impero ottomano.

  1. ^ a b c d The Cambridge History of Islam
  2. ^ La localizzazione è controversa:
    • a nord-ovest di Sivas secondo i Sourdel, p. 486
    • sulla strada da Sivas a Erzinjan, quindi ad est di Sivas secondo Branning (EN) Katharine Branning, History of the Anatolian Seljuks, su The Seljuk Han in Anatolia (archiviato dall'url originale il 9 novembre 2005).
    • vicino ad Erzinjan secondo Grousset, p. 437
    • tra Erzinjan e Gümüşhane, quindi ancora più ad est secondo Anthony Bryer e Richard Winfield, The Byzantine Monuments and Topography of the Pontos, Vol. 1, (Washington D.C.: Dumbarton Oaks, 1985) 172, 353 ed anche secondo Köy Köy Türkiye Yol Atlası (Istanbul: Mapmedya, 2006), cartina 61.
    Vi sono almeno cinque picchi o massicci chiamati Köse Daği nell'Anatolia orientale secondo GeoNames:
  3. ^ 6 muharram 641 AH
  4. ^ Atwood, p. 555
  5. ^ Grousset, p. 437
  6. ^ Cahen, 1968, p. 137.
  7. ^ a b c d Dashdondog, pp. 61–63, 76.
  8. ^ Cahen, 2007.
  9. ^ Martin, pp. 46–85
  10. ^ a b c Sevim, p. 472
  11. ^ a b {Cita|Ünlü|p. 492}}
  12. ^ a b Nicol, p. 43
  13. ^ a b Grousset, p. 332
  • (EN) Claude Cahen, Pre-Ottoman Turkey: a general survey of the material and spiritual culture and history, traduzione di J. Jones-Williams, New York, Taplinger, 1968.
  • Nuri Ünlü, İslâm tarihi 1, Marmara Üniversitesi, İlâhiyat Fakültesi Vakfı, 1992, ISBN 9755480072.
  • (FR) Janine & Dominique Sourdel, Kösedağ (bataille de), juin 1243, in Dictionnaire historique de l'islam, collana Quadrige, PUF, 2004, pp. p.486, ISBN 978-2-13-054536-1.
  • (EN) Bayarsaikhan Dashdondog, The Mongols and the Armenians (1220–1335), Leida e Boston, Brill, 2011, ISBN 978-90-04-18635-4.
  • (EN) Claude Cahen, Köse Dagh, in P. Bearman et al. (a cura di), Encyclopaedia of Islam, Brill, 2007.
  • (TR) Ali Sevim e Erdoğan Merçil, Selçuklu devletleri tarihi: siyaset, teşkilât ve kültür, Ankara, Türk Tarih Kurumu Basımevi, 1995, ISBN 9789751606907.

Collegamenti esterni

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La Recueil des historiens des croisades (Compilazione di storici delle Crociate), spesso abbreviata in RHC o R.H.C., è una un'importante raccolta di varie migliaia di documenti medievali scritti durante le Crociate. I documenti in latino, greco, arabo, francese antico e armeno furono raccolti e pubblicati a Parigi nel tardo XIX secolo. I documenti coprono l'intero periodo delle Crociate e sono spesso citati in opere accademiche, come un modo di localizzare un testo specifico. Nelle citazioni la raccolta è spesso abbreviata in RHC o R.H.C..

La Bibliothèque Nationale de France, attraverso il progetto Gallica, ha reso disponibile on-line il testo integrale in lingua originale e tradotto in francese, in formato PDF che può essere scaricato o visualizzato pagina per pagina. La ristampa integrale del 1967 della Gregg Press può essere reperita nelle principali librerie.

I testi raccolti sono divisi in cinque gruppi:

  • Lois o RHC Lois: le Assise di Gerusalemme;
  • Historiens occidentaux o RHC Oc o RHC Occ: testi dell'Europa occidentale in latino e francese antico;
  • Historiens orientaux o RHC Or: testi arabi;
  • Historiens grecs o RHC Grec: testi greci;
  • Historiens arméniens o RHC Arm: testi armeni.

Titolo completo: Assises de Jérusalem o Recueil des ouvrages de jurisprudence composés pendant le XIIIe siècle dans les royaumes de Jérusalem et de Chypre , par m. le Comte Beugnot

Volume 1 - Assises de la Haute Cour - (1841)

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  • Introduction aux Assises de la Haute Cour (Beugnot)
Assises de la Haute Cour

Volume 2 - Assises de la Cour des Bourgeois - (1843)

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  • Introduction aux Assises de la Cour des Bourgeois (Beugnot)
Assises de la Cour des Bourgeois
  • I. Livre des Assises de la Cour des Bourgeois
  • II. Abrégé du Livre des Assises de la Cour des Bourgeois
  • III. Bans et Ordonnances des rois de Chypre
  • IV. Formules
Appendice
  • I. Documents relatifs à la successibilité au trône et à la régence
  • II. Document relatif au service militaire
  • III. Les Lignages d'Outremer
  • IV. Chartes
Glossaire
Table des matières.

Historiens occidentaux (1844–1895)

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Volume 1 - (1844)

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  • Report on the publication of the Recueil des historiens des croisades
  • Preface
  • Notice sur la carte generale du theatre des croisades
(Guglielmo di Tiro)
  • Variantes Lectiones
  • Index Generalis

Volume 2 - (1859)

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  • Preface
  • Description des manuscrits
  • Table des matières
  • Corrections et additions
  • L’estoire de eracles émpereur (in francese antico, libri dal 23 al 34)
  • Continuation of William of Tyre from the so-called "Rothelin manuscript"
  • Analyse chronologique de Guillaume de Tyr et de ses continuateurs
  • Glossaire
  • Table

Volume 3 (1866)

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  • Preface
  • I. Petri Tudebodi seu Tudebovis, sacerdotis Sivracensis, historia de Hierosolymitano itinere
  • II. Gesta Francorum et aliorum Hierosolymitanorum, seu Tudebodus abbreviatus
  • III. Tudebodus imitatus et continuatus, ex codice bibliothecae casinensis qui inscribitur, Historia peregrinorum euntium Jerusolymam ad liberandum Sanctum Sepulcrum de potestate ethnicorum, et a cl. Viro Mabillone editus est in Musaeo italico
  • IV. Raimundi de Aguilers, canonici Podiensis, historia Francorum qui ceperunt Iherusalem
  • V. Historia Iherosolymitana. Gesta Francorum Iherusalem peregrinantium, ab anno Domini MXCV usque ad annum MCXXVII, auctore domno Fulcherio Carnotensi
  • VI. Gesta Francorum expugnantium Iherusalem
  • VII. Secunda pars historiae Iherosolimitanae
  • VIII. Gesta Tancredi in expeditione Hierosolymitana, auctore Rudolfo Cadomensi, ejus familiari
  • IX. Roberti Monachi historia Iherosolimitana
  • X. Stephani, comitis Carnotensis, atque Anselmi de Ribodi Monte epistolae
  • Index generalis quo nomina quae ad res, locos et homines pertinent, comprehenduntur

Volume 4 (1879)

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  • Preface
  • I. Baldrici, episcopi Dolensis, Historia Jerosolimitana
  • II. Historia quae dicitur Gesta Dei per Francos, edita a venerabili Domno Guiberto, abbate monasterii Sanctae Mariae Novigenti
  • III. Alberti Aquensis Historia Hierosolymitana
  • Index generalis quo nomina quae ad res locos, homines, pertinent, comprehenduntur

Volume 5 (1895)

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Historiens orientaux (1872–1906)

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Volume 1 (1872)

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  • Introduction
  • Résumé of the history of the crusades taken from the annals of abou ‘L-Feda (Arabic/French)
  • Autobiography of Abu-l-Feda, extract from his chronicle
  • Extract from the Kamel-Altevarykh by Ibn-Alatyr (Arabic/French)
  • Appendix
  • Notes and corrections
  • Index

Volume 2, part 1 (1887)

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  • Advertisement
  • Extract from the Kamel-Altevarykh by Ibn-Alatyr (continuation) (Arabic/French)
  • Extracts from The Necklace of Pearls by Badr al-Din al-Ayni (Arabic/French)
  • List of chapters from the extract of the Kamel-Altevarykh by Ibn-Alatyr
  • Index

Volume 2, part 2 (1876)

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  • History of the Atabegs of Mosul by Ibn El-Athir (Arabic/French)
  • List of chapters
  • Index

Volume 3 (1884)

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Volume 4 (1898)

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  • The Book of the Two Gardens, History of the Two Kingdoms, that of Nur ad-Din and that of Saladin (13 June 1146 – 29 January 1191), by Abu Shama (Arabic/French)
  • Tables des Matières
  • Publications

Volume 5 (1906)

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  • The Book of the Two Gardens, History of the Two Kingdoms, that of Nur ad-Din and that of Saladin (continuation)
  • Index

Historiens grecs (1875–1881)

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Volume 1 (1875)

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  • Preface
  • Variantes lectiones e codice Florentino
  • I. Scriptores Graeci Bellorum a Francis dei signa sequentibus in Syria susceptorum (Michael Attaliata, Psellus), Annotationes Historiae et philologicae ad partem primam
  • I. Scriptores Graeci Bellorum a Francis dei signa sequentibus in Syria Susceptorum. Pars secunda (Anna Comnena)
  • III. Scriptores Graeci Bellorum a Francis dei signa sequentibus in Syria Susceptorum. Pars tertia. Transitio. (Cinnamus, Nicetas)
  • IV. Scriptores Graeci Bellorum a Francis dei signa sequentibus in Syria Susceptorum. Pars quarta (Nicetas)
  • V. Scriptores Graeci Bellorum a Francis dei signa sequentibus in Syria Susceptorum. Pars quinta. (Nicephorus Gregoras, Ioannes Phocas, Neophytus, Georgius Agropolita De Syria Expugnata. (Ephraemius)
  • Addenda et corrigenda

Volume 2 (1881)

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  • Preface
  • Scriptores Graeci Bellorum a Francis dei signa sequentibus in Syria Susceptorum. Adnotationes Historicae et philologicae ad partem secundum.
  • Scriptores Graeci Bellorum a Francis dei signa sequentibus in Syria Susceptorum. Adnotationes Historicae et philologicae ad partem tertiam.
  • Scriptores Graeci Bellorum a Francis dei signa sequentibus in Syria Susceptorum. Adnotationes Historicae et philologicae ad partem
  • Scriptores Graeci Bellorum a Francis dei signa sequentibus in Syria Susceptorum. Adnotationes Historicae et philologicae ad partem quintam.
  • Scriptores Graeci Bellorum a Francis dei signa sequentibus in Syria Susceptorum. Appendix (Theodorus Prodromius)
  • Index Graecitatis
  • Addenda et corrigenda

Documents arméniens (1869–1906)

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Volume 1 (1869)

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Volume 2 (1906)

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Preface
  • I. Chronicle of Armenia (Jean Dardel)
  • II. La Flor des Estoires des parties d’Orient. Livre I.-IV. (Hayton)
Flos historiarum terre Orientis. Liber I.-IV. (Haytonus)

Collegamenti esterni

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Il frammento conferma la variante testuale del Codice Sinaitico di Matteo 6,28[1] ου ξαινουσιν (non si preoccupano). La variante è stata cancellata da un correttore successivo ed è visibile solo sotto una lampada a raggi ultravioletti. Altri manoscritti del Nuovo Testamento usano la variante αυξανουσιν (crescita) [1].

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P. Oxy. XV 1786
manoscritto
P. Oxy. XV 1786: Inno di ossirinco.
Altre denominazioniSM Inv. 4367
OperaInno cristiano con notazione musicale
Epocafine del III secolo
Linguagreco
Supportopapiro
Pagine1
UbicazioneSackler Library

Il Papiro di Ossirinco 1786 (P. Oxy. XV 1786) o Inno di Ossirinco è il più antico manoscritto conosciuto di un inno cristiano contenente sia il testo che la notazione musicale.

Si trova sul Papiro 1786 dei Papiri di Ossirinco, oggi conservato presso la Papyrology Rooms della Sackler Library, a Oxford. Il manoscritto è stato scoperto nel 1918 e pubblicato nel 1922.[2] L'inno è stato scritto attorno alla fine del III secolo.[3]

Il papiro misura 29,6 × 5 cm; sul recto si trova una fattura per del grano della prima metà del III secolo; sul retro ci sono gli ultimi cinque versi di un inno della fine del III secolo. È impossibile scoprire quanto fosse lungo originariamente l'inno e se seguissero versi aggiuntivi, la prima riga contiene un ampio spazio vuoto, le note associate sono scritte sopra il testo.

Il testo dell'Inno di Ossirinco fu scritto in greco e invoca poeticamente il silenzio per la lode della Santissima Trinità.

La musica è scritta in notazione vocale greca;[4] è interamente diatonica, con un ambitus di un'ottava esatta da fa a fa di un'ottava superiore e un finale nominalmente sul sol (assumendo un'armatura di chiave senza diesis o bemolle). La la notazione utilizza i simboli ritmici macron, limma+macron, punto, trattino e due punti.[5] Il testo è in gran parte impostato sillabicamente, con qualche breve melisma. Il metro dell'inno è essenzialmente anapestico, anche se ci sono alcune irregolarità.[6]

Questo inno è l'unico frammento sopravvisuto di notazione musicale cristiana dei primi quattrocento anni del periodo cristiano,[7] anche se lo storico e musicista Kenneth Levy[8] ha sostenuto che la melodia del Santo meglio conservata nel Requiem occidentale medievale, risale attorno al quarto secolo.[4] È simile all'inno nella sua struttura in gran parte sillabica e nella melodia diatonica, con lievi differenze.[non chiaro]

Registrazioni moderne dell'inno sono incluse in varie raccolte di musica greca antica.

Il Phos Hilaron e l'Inno Ossirinco costituiscono i più antichi testi di inni greci cristiani ancora esistenti che, con ragionevole certezza, sono stati utilizzati nel culto cristiano, ma non sono tratti dalla Bibbia né ricalcano passi biblici.[9]


(EL)

«

  1. [Lacuna 31 lettere] ομου πσαι τε θεου λογιμοι α.[…].[…]αρ [....
  2. [Lacuna 28 lettere] (?) πρ]υτανηω σιγατω μηδ᾽ αστρα φαεσφορα λ[ειπ]ε
  3. [σ]θον[.].λει[.....]ρ[.............]ποταμων ροθιων πασαι υμνουν των δ᾽ ημων
  4. [π]ατερα Χ᾽ υιον Χ᾽ αγιον πνευμα πασαι δυναμεις επιφοωνουντον αμην αμην κρατος αινος
  5. [...............]δ[ωτ]η[ρι] μονω παντων αγαθον αμην αμην»
(IT)

«TESTO TRADUZIONE»

Traduzione inglese (e completamento) secondo Tripp 1989:

(enTripp & Wheeler, pp. 94-104 )

«[Sing in one song together all peoples] and all God's wondrous works;
[Earth take your part, ] nor let the bright-glitt'ring stars be silent;
[Mountains shout forth your praise and] all the rivers' resounding torrents.
And while we sing [in joy] to Father, Son and Holy Spirit,
Let all the Pow'rs answer and shout aloud: Amen, Amen:
Might and worship [and majesty belong always to God,]
The Giver alone of all that is good. Amen, Amen.»

(IT)

«TESTO TRADUZIONE»


  1. . . . together all the eminent ones of God. . .
  2. . . . night] nor day (?) Let it/them be silent. fa' che le stelle lucenti non [si oscurino],
  3. . . . [Let the rushings of winds, the sources] of all surging rivers [cease]. e mentre noi inneggiamo
  4. al Padre, al Figlio e alla Spirito Santo , fa' che ogni cosa dica, "Amen, amen, Strength, praise,
  5. [and glory forever to God], il solo che offre ogni bene. Amen, amen."[10]
Salmo ebraico vagamente simile
  1. Per te, Padre dell'universo, Padre del tempo, cantiamo insieme a tutti i benedetti del mondo
  2. ... fa' che, di sera o mattina, [i benedetti di Dio] non siano fermati;
  3. fa' che le stelle lucenti non si oscurino;
  4. fa' che [i flutti] dei fiumi impetuosi non si fermino
  5. e mentre noi inneggiamo al Padre, al Figlio e alla Spirito Santo
  6. fa' che ogni cosa dica: amen amen.
  7. Eterno potere, elogi e gloria a Dio,
  8. il solo che offre ogni bene. Amen amen.[11][12]
  1. ^ Mt 6,28, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  2. ^ Hunt e Jones
  3. ^ Pöhlmann e West, p. 192
  4. ^ a b McKinnon
  5. ^ Pöhlmann e West, pp. 190-91 e 192
  6. ^ Pöhlmann e West, pp. 192-193
  7. ^ Smith 2011, 28.
  8. ^ Levy
  9. ^ Smith 2011, 211.
  10. ^ Cosgrove, p. 37
  11. ^ Marguccio, Praeludium
  12. ^ [TSM TSM].

Voci correlate

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  • (EN) Kenneth Levy, The Byzantine Sanctus and its Modal Tradition in East and West, in Annales Musicologiques, vol. 6, 1958-62, pp. 7-67.

Collegamenti esterni

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Waddesdon Manor, Buckinghamshire, Inghilterra; costruito tra il 1874 e il 1889.

Il Goût Rothschild, (in italiano Gusto Rothschild) è un elaborato stile di decorazione d'interni che ebbe origine in Francia, Gran Bretagna e Germania durante il diciannovesimo secolo, quando la ricca, famosa e potente famiglia Rothschild era al suo apice. L'estetica e lo stile di vita dei Rothschild, in seguito, influenzarono altre famiglie ricche e potenti, come i Vanderbilt, gli Astor e i Rockefeller e divennero segni distintivi della Gilded Age americana. Aspetti de le goût Rothschild continuarono nel ventesimo secolo, influenzando stilisti come Yves Saint Laurent e designer come Robert Denning.


Voci correlate

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Predecessore Signore di Cesarea Successore
Eustachio 1123 - 1154 Ugo de Grenier

Predecessore Signoria di Sidone Successore
Reginaldo 1202 - 1239 Giuliano

Predecessore Connestabile di Gerusalemme Successore
Eustachio I 1123 - 1123 Guglielmo I di Bures

Predecessore Reggente del regno di Gerusalemme Successore
Tommaso di Calan 1229 - 1239 Giovanni di Ibelin
con Ugo di Montbeliard

Collegamenti esterni

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Il Passo della Siria, conosciuto anche come Passo di Belen, è un valico di montagna presso la città di Belen, Provincia di Hatay, nel centro-sud della Turchia.

Lo stretto passaggio attraverso i Monti Nur, si dice che sia largo 300 passi, è la via più importante tra la regione costiera della Cilicia e l'entroterra della Siria.

Il passo è forse meglio conosciuto come il punto attraverso il quale Alessandro Magno inseguì le forze di Dario III di Persia dopo la battaglia di Isso.

Inoltre, vicino all'estremità occidentale del passo si trova il Pillastro di Giona, dove il profeta Giona su presumibilmente rigettato dalla balena che lo aveva inghiottito.

  • (EN) "Progress of the Baghdad Railway" in The Geographic Journal, Vol. 41, No. 3.

Voci correlate

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{{coord|36|28|0|N|36|13|60|E|display=title}}


(EN) Leslie Collier, Albert Balows e Max Sussman, Virology, in Brian H Mahy e Leslie Collier (a cura di), Topley and Wilson's Microbiology and Microbial Infections, vol. 1, 9ª ed., Arnold, 1998, ISBN 0-340-66316-2.

Gli Aguarales de Valpalmas, conosciuti anche come Aguarales de Valdemiraz, sono una formazione geologica interessante, dinamica e fragile prodotto dall'erosione dell'acqua su materiale poco resistente. Gli Aguarales, fenomeno noto anche come camini delle fate, si trova vicino alla cittdina di Valpalmas, nella comarca delle Cinco Villas, provincia di Saragozza, Aragona (Spagna).