Picea brachytyla

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Peccio di Sargent
Giovane esemplare di Picea brachytyla
Stato di conservazione
Vulnerabile[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisionePinophyta
ClassePinopsida
OrdinePinales
FamigliaPinaceae
GenerePicea
SpecieP. brachytyla
Nomenclatura binomiale
Picea brachytyla
(Franch.) E.Pritz., 1900
Sinonimi

Abies brachytyla Franch.

Nomi comuni

(IT) Peccio di Sargent
(EN) Sargent's Spruce
(DE) Sargent-Fichte

Il peccio di Sargent (Picea brachytyla (Franch.) E.Pritz., 1900) è una specie di peccio, appartenente alla famiglia delle Pinaceae, endemica della Cina (Xizang, Yunnan, Gansu, Sichuan, Shaanxi, Hubei e Chongqing), dell'India (Arunachal Pradesh) e del Myanmar.[1]

Il nome generico Picea, utilizzato già dai latini, potrebbe, secondo un'interpretazione etimologica, derivare da Pix picis = pece, in riferimento all'abbondante produzione di resina.[2] Il nome specifico brachytyla deriva dalle parole greche brachy = corto e tylo = grumi sporgenti, e fa riferimento ai piccoli pulvini sui virgulti.[3]

Albero alto fino a 40 m con unico tronco monopodiale; i rami del primo ordine sono lunghi e slanciati, sviluppati orizzontalmente, quelli del secondo ordine snelli e pendenti. La chioma è larga e conica, aperta nei vecchi esemplari. I virgulti sono snelli, flessibili, inizialmente di color bianco-crema, poi marrone-chiaro o marrone-arancio, con superficie lievemente scanalata e ruvida, glabri o impercettibilmente pubescenti; i pulvini sono corti, disposti a 45°-60° rispetto all'asse del germoglio.[3]

Dettaglio degli aghi

Le foglie sono aghiformi, ricurve, lievemente appiattite, quasi disposte a pettine, di colore verde scuro nella pagina superiore, con bande bianche nella pagina inferiore, lunghe 1-2 cm; hanno una base troncata e punta acuta o mucronata. Gli stomi sono presenti solo inferiormente, disposti su due strette bande. Le gemme vegetative sono ovoidali-coniche, lunghe 5-8 mm, leggermente resinose; hanno perule triangolari, di colore nocciola, persistenti.[3]

Sono strobili maschili giallastri, ascellari, lunghi 1-2 cm.[3]

I coni femminili sono ovoidali-oblunghi o cilindrici-oblunghi, eretti, poi pendenti a maturazione, lunghi 6-10 cm e larghi 3-4 cm, inizialmente verdi o verdi-purpurei, poi marroni-scuri a maturazione, con peduncolo corto e apice ottuso. I macrosporofilli sono obovati-angolari, quasi rombici, sottili e rigidi, lunghi 16-20 mm, con superficie rugosa o striata, glabra. Le brattee sono rudimentali, ligulate, completamente nascoste. I semi, di color marrone chiaro, sono ovoidali-oblunghi e lunghi 3 mm, con parte alata lunga 10-14 mm, di colore marrone-arancione.[3]

La corteccia è ben presto rugosa, sfogliata e divisa in placche, di colore grigio scuro con le parti sottostanti esposte di colore marrone-rossastro.[3]

Distribuzione e habitat

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Vegeta in alta montagna ad altitudini comprese tra i 1300 e i 3800 m, prediligendo suoli podzolici; il clima dell'habitat è freddo e umido, con precipitazioni annue comprese tra i 1000 e i 2500 mm e caratteristiche monsoniche nella parte meridionale. È una specie tipica delle foreste miste di conifere dell'Himalaya e del Plateau cinese, in associazione con Abies densa, Abies forrestii, Picea likiangensis, Pinus wallichiana, Tsuga dumosa, Larix potaninii e Taxus wallichiana.[1]

Viene accettata una varietà:[4]

Il suo legno viene utilizzato in edilizia (pavimentazioni interne), nella costruzione di aeromobili, macchine, e nell'industria cartaria. In Cina, dopo lo sfruttamento intensivo del passato, viene coltivata per riforestazioni; in Europa e Nordamerica è spesso presente in orti e giardini botanici, per le sue caratteristiche maggiormente ornamentali rispetto ad altri pecci, e per la sua tolleranza nei confronti dei suoli poveri.[3]

Conservazione

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Sottoposta a massiccia deforestazione nel passato (e in alcune parti dell'areale anche nel presente), si stima che la popolazione abbia subito una riduzione maggiore del 30 % negli ultimi 90 anni, e pertanto viene classificata come specie vulnerabile nella Lista rossa IUCN.[1]

  1. ^ a b c d (EN) Zhang, D, Katsuki, T. & Rushforth, K. 2013, Picea brachytyla, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ Picea brachytyla, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 16 maggio 2019.
  3. ^ a b c d e f g (EN) Aljos Farjon, A Handbook of the World's Conifers (2 vols.), Brill, 2010, p. 562. URL consultato il 19 maggio 2019.
  4. ^ (EN) Picea brachytyla (Franch.) E.Pritz., in Plants of the World Online, Board of Trustees of the Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato il 02/5/2020.

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