Coordinate: 40°41′59.3″N 14°37′28.6″E

Chiesa di San Felice di Tenna

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Chiesa di San Felice di Tenna
La chiesa e il campanile visti dal sagrato
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneCampania
LocalitàPietre (Tramonti)
IndirizzoVia San Felice, 1, Tramonti, 84010
Coordinate40°41′59.3″N 14°37′28.6″E
ReligioneCattolica di Rito romano
TitolareFelice di Nola
DiocesiAmalfi-Cava de’ Tirreni
Stile architettonicoBarocco, Neoclassico

La Chiesa di San Felice di Tenna è una tra le chiese più antiche di Tramonti, è sita nella frazione di Pietre.

Chiamata anche San Felice della Tenda[1], la precisazione di Tenna (o della Tenda) non si riferisce al martire nolano ma alla località dove sorge, infatti, in un documento[2] del 1152 viene citato un noceto di San Felice detto anche ipsa tenda.

L’anno di fondazione della chiesa è sconosciuto, viene citata in un documento[3] del 1270 relativo ad alcune sue proprietà . Nel 1517 gli uomini di Pietre comprarono dal Rettore della chiesa di San Felice, Don Tesio De Vivo, un terreno per potervi costruire la cappella di Santa Maria delle Grazie e per fondarvi la Confraternita omonima di Santa Maria delle Grazie.[4]
Nel 1581 fu sepolto qui Agostino de Vivo.

Fondazione delle cappelle gentilizie

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Nel 1525 Roberto Romano, fratello o zio di Ambrogio Romano vescovo di Minori, fondò una cappella gentilizia in onore di Santa Lucia. In questa cappella nel 1598 fu posta una lapide che recitava:

«Violanta Romano, Santillo Romano patri optimo merito suisque omnibus ex testamento posuit. An. Domini 1598»

Alla fine del Cinquecento la famiglia Palumbo fonda la sua cappella gentilizia, dove era presente una lapide con l’iscrizione:

«Notarius Santillus Palumbus pro se et posteris suis anno 1599»

A Pietre la famiglia Palumbo possedeva un proprio palazzo, nell’odierna località Palombe.[5]
Del 1605 era la lapide che recitava:

«Gaspar Funtanella archipresbiter regiae terrae Tramonti et parochus S. Felicij FF. Ann. 1605»

La famiglia Fontanella, come la Palumbo, aveva un proprio Palazzo a Pietre, molto probabilmente lungo l’odierna Via Fontaniello.[5]

E altre due lapidi, la prima:

«ANTONIUS FUNTANELLA V. J. D. Regis Fisci patronus in provincia Principatus ultra et Clarix Belprato uxor F.F.»

La seconda:

«Qui defunctos obliviscitur, vivens Dei permissere spernetur defunctus»

Crollo della navata sinistra e della cappella della confraternita

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La chiesa originariamente a tre navate, subì il crollo della navata sinistra e della cappella della confraternita causato dell’instabilità del terreno su cui erano state costruite.[6] La chiesa fu restaurata e adattata al culto nel 1632.[7] Una relazione del parroco Don Giovanni Andrea Fontanella[8] della prima metà del Seicento, non datata ma probabilmente successiva al restauro del 1632, descrive accuratamente la chiesa, avente:

  • due navate disuguali che formavano una croce, la prima (quella verticale) lunga 38m e larga 13m, la seconda (quella orizzontale posta “sopra”) larga 22m;
  • Undici cappelle con e senza altari;
  • 16 finestre;
  • Un chiostro coperto con una grande croce sul davanti;

Il Fontanella soggiunge che nella chiesa operava anche una congregazione di monache di Santa Marta oltre alla già citata confraternita di laici di Santa Maria delle Grazie.

Dagli atti della Visita pastorale di Monsignor Angelo Pico del 1639, risultavano operanti la Confraternita del SS. Corpo di Cristo e una Schola Cantorum di sole donne guidata da Ottavia Fontanella, chiamata “abbatissa”.[9]
Dalla relazione della Visita pastorale di Monsignor Stefano Quaranta del 1663, si evince che la Confraternita di Santa Maria delle Grazie officiasse in una cappella all’interno della chiesa parrocchiale e che quindi la cappella originaria della Confraternita fosse andata distrutta.

Il terremoto del 1688

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Un terremoto nel 1688 fece crollare completamente la chiesa, fu ricostruita a una sola navata all’inizio del Settecento[7], come oggi si presenta.

La confraternita nell'Ottocento

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Negli anni Sessanta dell’Ottocento la Confraternita di Santa Maria delle Grazie era ancora attiva, infatti, tra il 1862 e il 1866 si dota di un nuovo statuto formato di 38 articoli firmato da undici confratelli.[10]. La Confraternita a differenza di altre realtà laicali di Tramonti è resistita nel tempo anche per la concessione dell’Assenso Regio che ne ha evitato la soppressione a cui andarono incontro molte confraternite di Tramonti dopo la promulgazione della legge di Ferdinando IV del 1776 che imponeva a tutte le confraternite di fornirsi dell’Assenso Regio.

Restauro del 1932

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La chiesa subì notevoli danni a causa del Terremoto dell'Irpinia e del Vulture del 1930 e fu ristrutturata nel 1932, ne fa testimonianza una lapide posta sulla facciata:

«Pius XI Pont M domum canonicam a fundamentis excitavit et una cum Gubernio Nationali templum incl Martyri Felici dicatum ingenti terrae motu pene collapsum Herculano Marini Archiep adxitente flagitante Iosepho Adamo Parocho munificentissime restauravit A D MCMXXXII / Francisco Montesanto Civitatis Praeside.»

La facciata è molto semplice e fine, è costituita da due paraste binate, coronate dal frontone con al centro un oculo. Una finestra che sormonta una lapide commemorativa del restauro del 1932. Il portale d'ingresso di colore verde è decorato da due paraste con capitelli posti ai suoi lati, al di sopra di essi vi è lo stemma pontificio di Pio XI.

L'interno è a una sola navata con cappelle laterali, conclusa dall'abside con copertura a catino, mentre la navata è coperta da una volta a botte con unghie, all'interno delle quali si aprono le otto finestre che lasciano entrare luce. Sul portale d'ingresso è posto l'organo della cantoria. Nella prima cappella a cornu epistolae è posta una tela raffigurante l'Immacolata Concezione attribuita a Silvestro Buono, dipinta tra il 1570 e il 1580[11].

Tela cinquecentesca dell'Immacolata attribuita a Silvestro Buono
  1. ^ Matteo Camera, Memorie storico-diplomatiche dell'antica città e ducato di Amalfi, vol. 2, 1881, p. 466.
  2. ^ Maria Rosaria Falcone e Giovanni Vitolo, Amalfi nei secoli XII-XIII (PDF), 2013, p. 262.
  3. ^ Maria Rosaria Falcone e Giovanni Vitolo, Amalfi nei secoli XII-XIII (PDF), 2013, p. 122.
  4. ^ Don Francesco Amatruda nel libro “Le Confraternite di Tramonti” a pag. 39 cita una Visita Pastorale di Monsignor Stefano Quaranta, arcivescovo di Amalfi, del 1663, che a sua volta cita un “pubblico istrumento” redatto dal notaio Nicola Vitagliano di Paterno, del 30 novembre 1516.
  5. ^ a b Matteo Camera, Memorie storico-diplomatiche dell'antica città e ducato di Amalfi, vol. 2, 1881, p. 470.
  6. ^ Don Francesco Amatruda, "Le confraternite di Tramonti", pag. 38
  7. ^ a b Matteo Camera, Memorie storico-diplomatiche dell' antica città e ducato di Amalfi, vol. 2, 1881, p. 440.
  8. ^ Don Francesco Amatruda, "Le confraternite di Tramonti", pag. 37
  9. ^ "Tramonti la terra operosa", Centro di cultura e storia amalfitana, 2008, pag. 556
  10. ^ Don Francesco Amatruda, "Le confraternite di Tramonti", pag. 39
  11. ^ Rosa Carafa, La cultura figurativa, in Centro di cultura e storia amalfitana, Tramonti la terra operosa, 2008, p. 612, ISBN 9788888283302.

Collegamenti esterni

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