Open access

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Motivo: La voce non discute le criticità generate dal modello Open Access (in particolare dal Gold OA), come la crescita delle riviste predatorie o semi-predatorie, o gli article processing charges sempre più esorbitanti richiesti per pubblicare sui giornali più prestigiosi. Vedere ad esempio la voce su enwiki, dove tali problemi sono ampiamente discussi, e accennati già nell'introduzione

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(EN)

«Open Access literature is digital, online, free of charge, and mostly free of copyright and licensing restrictions»

(IT)

«La letteratura Open Access è digitale, online, gratis, e per la maggior parte libera da copyright e restrizioni legali»

Il logo Open Access, creato originalmente dalla Public Library of Science

L'accesso aperto o open access è una modalità di pubblicazione del materiale prodotto dalla ricerca scientifica (come ad esempio gli articoli pubblicati in riviste accademiche o atti di conferenze, ma anche capitoli di libri, monografie, o dati sperimentali) che ne consente accesso libero e senza restrizione[1]. Data la contrapposizione del modello di pubblicazione ad accesso aperto rispetto a quello classico, nel quale tipicamente le case editrici accademiche detengono diritti esclusivi sul materiale e ne vendono abbonamenti e licenze, l'espressione indica anche il movimento che sostiene e promuove la strategia ad accesso aperto. In un'accezione ancor più ampia, il termine esprime la libera disponibilità online di contenuti digitali in generale e riguarda l'insieme della conoscenza e della creatività liberamente utilizzabile, in quanto non coperta da restrizioni legate alla proprietà intellettuale.

Attualmente, l'accesso aperto è all'origine di molte discussioni tra universitari, bibliotecari, amministratori di università e politici, a causa delle differenze di interessi di questi diversi attori, in particolare circa la remunerazione economica da parte degli universitari e, più in generale, sui modelli di business da adottare. Sebbene alquanto diffuso, il modello non è prevalente; pertanto, a livello pratico, le modalità di pubblicazione ad accesso aperto possono differire anche grandemente, non solo nelle pratiche e nei processi di pubblicazione delle opere, ma anche nei diritti di diffusione e sfruttamento delle stesse. La maggior parte delle riviste "tradizionali" offre la scelta all'autore di pagare per l'open access o di far pagare l'accesso agli articoli agli utenti tramite abbonamenti o acquisti una tantum; al polo opposto, le riviste 100% "open access" non lasciano scelta e impongono il pagamento agli autori; in molti casi, sono previsti sconti per i paesi meno abbienti.

Si sono affermate due strategie principali per garantire pubblicazioni ad accesso aperto:[2]

  • Viene definita via verde ("green road") la pratica dell'autoarchiviazione ("self-archiving"), da parte degli autori, di copie dei loro articoli in archivi istituzionali o disciplinari, o ancora nei loro siti personali, dopo aver negoziato i diritti e averli pubblicati su riviste scientifiche anche a pagamento.
  • Viene definita via d'oro ("gold road") la pubblicazione di articoli su riviste direttamente e immediatamente accessibili ad accesso aperto, solitamente dietro il pagamento da parte dell'autore o della sua istituzione di una consistente tariffa (APC, Article Processing Charges); in alcuni casi l'istituzione acquista "pacchetti" in blocco utilizzabili entro un certo limite da tutti gli autori affiliati. L'esempio più famoso sono le riviste dell'editore Public Library of Science (PLoS)[3], PeerJ e Directory of Open Access Journals.[4]

A queste tipologie si aggiungono due soluzioni intermedie:

  • la cosiddetta "via rossa" o ibrida, una modalità di Open Access su riviste che pubblicano sia articoli ad accesso libero, sempre dietro pagamento dell'APC, che articoli consultabili a pagamento. Una seconda fonte di profitto per gli editori deriva dalle sottoscrizioni a pagamento da parte delle biblioteche universitarie, il cosiddetto double dipping. [4] I costi sono dell'ordine di centinaia di migliaia di euro per atenei di medie dimensioni, obbligate dai vincoli di bilancio a selezionare le case editrici e le tematiche della ricerca da coprire.
  • Overlay journal: selezione antologica di testi già gratuitamente disponibili online.

Diritto d'autore

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A livello internazionale, l'Open Access viene presentato con due gradi di libertà diversi: Gratis OA è l'accesso online senza costi per l'utente, mentre il Libre OA porta ulteriori libertà.[5]

Per quanto riguarda l'agevolazione dell'accesso e la rimozione di particolari restrizioni[6] solitamente si richiede al detentore dei diritti d'autore (che generalmente è l'autore del materiale ma a volte può essere la propria organizzazione ecc.)[7] di concedere più libertà agli utenti finali, rilaciando il materiale mediante una apposita licenza che ne descriva gli utilizzi consentiti. Questa operazione è semplificata da strumenti come le licenze Creative Commons.[8]

Licenze Open Access

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Dopo il 2001 organizzazioni come Creative Commons hanno favorito l'adozione di strumenti per implementare diversi modelli di apertura.[8] Le licenze Creative Commons sono diverse, comprendendo anche diversi modelli di restrizione non sempre universalmente riconosciuti dalla comunità Open Access.[9] I criteri Open Access sono stati definiti con la iniziativa di Budapest[8] e nel 2003 con la dichiarazione di Berlino. Quest'ultima al 2022 è sostenuta da più di settecento istituzioni scientifiche.[10] La definizione più recente e più sostenuta indica quindi di concedere agli utenti finali il riutilizzo ma altresì l'adattamento del materiale e senza imporre restrizioni (fra cui senza imporre restrizioni commerciali).[11][12][9]

Le seguenti tre licenze (CC0, CC BY e CC BY-SA) sono quelle maggiormente indicate per creare materiale in Open Access:[9]

Creative Commons Zero (CC0)

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Indicazione del rilascio in pubblico dominio con Creative Commons Zero.

La licenza chiamata "CC0" (più propriamente non è una licenza ma uno strumento di rilascio) nasce per rinunciare facilmente al proprio copyright e donare un materiale digitale al pubblico dominio; cosa che, normalmente, in molti stati avverrebbe solo dopo 70 anni dalla morte dell'autore.[13][14]

Lo strumento CC0 è appropriato per massimizzare la diffusione di un'opera, un fatto, un'informazione ecc. senza imporre alcuna restrizione di copyright. La CC0 non impone nemmeno un credito particolare, come uno specifico link ecc. agli utenti finali. Ad ogni modo la CC0 non significa non ricevere alcun credito. Sussistono comunque diritti morali e inoltre ci si aspetta che la comunità scientifica inserisca a prescindere dei crediti appropriati.[11]

Creative Commons Attribuzione (CC BY)

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Indicazione della licenza Creative Commons Attribuzione.

La licenza CC BY è utilizzata per richiedere agli utilizzatori finali di indicare un credito specifico (un nome, un link ecc.).[15] Questa licenza è spesso adottata per promuovere l'autore dell'opera ma in certi contesti imporre questa condizione potrebbe non essere banale da rispettare, come in certi dataset e database, o progetti collaborativi in cui non è semplice imporre un credito ad ogni contributo.[16] Alcune organizzazioni come l'Università della California consigliano comunque di non fare affidamento sulla CC BY per imporre un credito corretto, dato che ci si aspetta comunque un credito sufficiente dalle persone che operano nel campo dell'educazione e della ricerca.[17][11]

Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo (CC BY-SA)

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Indicazione della licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo.

Oltre alle caratteristiche della richiesta specifica di attribuzione, la licenza CC BY-SA persegue il concetto di copyleft. Questo concetto, originariamente diffuso nell'ambito del software libero, si manifesta imponendo che eventuali opere derivate siano rilasciate sotto la medesima licenza, e quindi mantenendo il contenuto libero.[18] Per esempio, anche la licenza CC BY-SA non ha particolari restrizioni (e permette quindi per esempio anche l'uso commerciale) ma questo diritto cessa se il materiale derivato viene integrato con materiale proprietario.[18]

Note su licenze non raccomandate

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Non tutte le licenze Creative Commons sono adatte all'Open Access.[9] Questo è stato chiarito anche dalla stessa organizzazione Creative Commons.[9] Fra le licenze non raccomandate, vi sono quelle che impongono particolari destrizioni legali come restrizioni "non commerciali" e "non opere derivate".[9][19] Queste restrizioni sono in conflitto con la definizione di opera culturale libera (che non ammette restrizioni)[9] ma anche con l'iniziativa di Budapest (che indica di non creare barriere legali, tecniche o finanziarie)[20] e la dichiarazione di Berlino (che indica di permettere opere derivate e di permettere ogni scopo responsabile, quindi senza restrizioni commerciali)[11][12]

La restrizione di creare "opere derivate" (esempi: CC BY-ND, CC BY-NC-ND) può ostacolare l'evoluzione di una ricerca, la traduzione, ecc.[9][19][11][12][20]

La restrizione per "usi commerciali" (esempio: CC BY-NC, CC BY-NC-ND) di fatto crea un monopolio commerciale che può ostacolare l'implementazione della ricerca scientifica.[9][12][20]

Dichiarazioni internazionali

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Una delle prime importanti dichiarazioni internazionali sull'Open Access (spesso chiamato per sigla OA) è il Budapest Open Access Initiative del 2001. Viene infatti riconosciuto come il primo raduno storico di fondazione dell'Open Access.

Una seconda importante iniziativa internazionale, del 2003, è la dichiarazione di Berlino sull'accesso aperto alla letteratura scientifica. Essa si costruisce e si basa sulla definizione della conferenza di Budapest. Tale dichiarazione ha fondato il movimento Open Access. Le università italiane hanno aderito alla Dichiarazione di Berlino nel novembre 2004, in occasione del convegno Gli atenei italiani per l'Open Access: verso l'accesso aperto alla letteratura di ricerca a Messina[21]: infatti per l'Italia si parla di Dichiarazione di Messina.

L'Unione europea ha definito principi e obblighi sempre più precisi in merito alla scienza aperta, in vista di FP7, Horizon 2020 e l'Agenda 2030; strutture come OpenAIRE e Zenodo sono funzionali all'obiettivo che tutta la ricerca europea sia ad accesso aperto green e libre (disponibile negli archivi istituzionali e in Creative Commons).[22]

A partire dal 2021, tutte le pubblicazioni accademiche frutto di ricerche finanziate con fondi pubblici o privati ma forniti da consigli di ricerca ed enti regionali, nazionali, o internazionali, devono essere pubblicate su riviste ad accesso aperto, depositate su piattaforme o repository ad accesso aperto, in conformità con il cosiddetto Plan S.[23]

Autoarchiviazione

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Lo stesso argomento in dettaglio: Autoarchiviazione.

L'autoarchiviazione (dall'inglese "self-archiving") è la pratica di quegli autori scientifici che caricano letteratura e altro materiale prodotto su archivi liberamente accessibili su Internet (solitamente chiamati, appunto, Archivi Open Access). Il primo a parlare di autoarchiviazione fu Steven Harnad[24], psicologo cognitivo presso l'Università di Southampton. A Southampton Harnad ha contribuito alla creazione del software E-Prints, la prima piattaforma pensata specificamente per il self-archiving in ottica Open Access.

Motivazioni e critiche

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Questa pratica, a detta dei loro promotori, consente diversi vantaggi:

  • il lavoro del ricercatore viene messo a disposizione del pubblico rapidamente, annullando le tempistiche spesso molto lunghe dell'editoria scientifica. In questo modo la "conoscenza" circola più rapidamente, e gli avanzamenti della ricerca raggiungono la comunità più rapidamente.
  • il materiale viene caricato su piattaforme aperte, ad accesso libero. In questo modo i materiali sono accessibili da chiunque, senza le restrizioni poste dagli editori scientifici.
  • gli archivi open access si fondano su tecnologie (come il protocollo OAI-PMH) che consentono il libero riuso dei dati.

I critici vedono alcuni aspetti negativi nella pratica dell'autoarchiviazione, in particolare nel fatto che la pubblicazione del materiale è effettuata dall'autore stesso, pertanto non affronta un processo di controllo della qualità. Il controllo della qualità verrebbe a mancare anche per quanto riguarda i metadati descrittivi in grado di identificare l'opera all'interno dei database e dei motori di ricerca, garantendone la diffusione e la citabilità. In generale l'autoarchiviazione incontra delle resistenze da parte degli stessi autori nel momento in cui diventa una pubblicazione alternativa e concorrente alle riviste scientifiche che invece hanno strette politiche di revisione paritaria.

Problematiche e soluzioni

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Un autore che volesse pubblicare il suo lavoro su un giornale scientifico di prestigio, archiviando ad accesso aperto lo stesso articolo può infrangere gli accordi di esclusività o copyright posti dall'editore. Quest'ultimo può rifiutare di concedere all'autore la licenza di pubblicare il suo articolo ad accesso aperto prima che questo compaia sulla rivista, spingendo l'autore stesso a tralasciare la possibilità di autoarchiviazione in favore di una pubblicazione più prestigiosa.

Le soluzioni maggiormente adottate per aggirare questo problema sono due:

  • embargo: l'autoarchiviazione in un deposito open access è consentita a partire da un determinato tempo successivo alla pubblicazione sulla rivista;
  • preprint: l'autoarchiviazione dell'articolo è consentita solo nella sua forma di preprint, ossia lo stato dell'articolo precedente la revisione da parte del comitato editoriale.

A partire dal 2006, il progetto Sherpa/Romeo raccoglie in un database tutte le politiche adottate dai diversi editori nei confronti dell'autoarchiviazione degli articoli sottoposti ai loro giornali.

«La mozione a favore del libero accesso votata dalla Faculty of Arts and Sciences [di Harvard] riguarda un principio generale di democrazia. Vuole promuovere la libertà di comunicazione del sapere. Avocando alla facoltà i diritti di diffusione il più possibile generalizzata delle attività di studio e ricerca svolte nel suo ambito, essa renderebbe accessibile ovunque nel mondo la produzione scientifica dei suoi membri, rafforzando ulteriormente il nuovo impegno della nostra università a mettere a disposizione del pubblico la sua ricchezza intellettuale.»

Autori e ricercatori

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Per gli autori, la principale motivazione di creare un articolo in libero accesso è l'impatto di quest'ultimo. Un articolo Open Access viene infatti realizzato per essere impiegato e citato. Tradizionalmente, i ricercatori danno molto per il loro lavoro. Essi vengono pagati da finanziatori di ricerca e/o dalle loro università per fare ricerche. L'articolo finale è, quindi, la prova che essi hanno effettuato un lavoro e non un guadagno commerciale. Più l'articolo è utilizzato, citato e applicato, meglio è per le ricerche e per la carriera del ricercatore[25]. Gli autori vengono sempre più invitati a rendere liberamente accessibili i loro lavori dai finanziatori di ricerca quali il NIH[26] e il WT[27], così come dalle università[28].

Gli autori che sperano di mettere il loro lavoro liberamente accessibile, hanno un certo numero di possibilità. Una delle opzioni è di pubblicare in una rivista in Open Access. Per trovare tali articoli, è possibile utilizzare la Directory of Open Access Journals[29] DOAJ. A causa del tempo necessario al processo di verifica della qualità della rivista, il DOAJ è lontano dall'essere perfetto.

A seconda dei casi, possono esistere costi di trattamento; esiste un mito secondo il quale la pubblicazione in Open Access implica che l'autore deve pagare. Tradizionalmente, molte riviste universitarie hanno fatturato costi di impaginazione ben prima che l'Open Access sia divenuto una possibilità. Recenti ricerche hanno dimostrato che i giornali in Open Access non hanno costi di trattamento e sono meno tassati di costi di autori dei tradizionali titoli ad abbonamento. Quando le riviste praticano costi di trattamento è il datore di lavoro (o il finanziatore) dell'autore a pagare gli onorari, e non l'autore. Vengono inoltre costituite provvisioni per coprire gli autori per i quali il fatto di pubblicare potrebbe causare difficoltà finanziarie.

La seconda opzione (verde) è l'autoarchiviazione da parte dell'autore. Per verificare se un editore ha dato il proprio accordo a un autore per l'autoarchiviazione, l'autore può verificare la liste e i diritti di copia dell'editore e dell'autoarchiviazione sul sito web SHERPA[30]. Un Wiki di autoarchiviazione, concepito per aiutare gli insegnanti a comprendere e lavorare a partire da tale tecnica, è stato installato da Ari Friedman[31].

Esistono inoltre importanti differenze tra i lavori universitari, scientifici o altri: L'Open Access include l'accordo generale degli autori della libera distribuzione del lavoro e della pubblicazione su un'infrastruttura (tecnica) che consente una tale distribuzione. In compenso, si presume spesso che l'idea del contenuto libero (Open Content)[32] comprenda il generale permesso di modificare un dato lavoro. Ora, l'Open Access si riferisce principalmente alla libera disponibilità senza nessun'altra implicazione. Molti progetti Open Access riguardano infatti la pubblicazione scientifica – un settore dove è del tutto ragionevole mantenere un contenuto di lavoro statico e di associarlo a un determinato autore.

L'attribuzione è molto importante nei lavori di ricerca, perché si tratta di una nozione di certificazione. Nella carriera di un ricercatore è essenziale essere considerato il primo ad avere scoperto o concepito qualcosa. Contrariamente al lavoro artistico, dove eventuali varianti influiscono solo sul favore dell'opera presso il pubblico, nei lavori scientifici le modifiche possono avere più gravi conseguenze. Ad esempio, non si devono variare le procedure di una tecnica chirurgica a meno che non si sia un chirurgo qualificato e sperimentato. Per queste due ragioni, i principi dell'attribuzione e della non-modifica possono divenire essenziali per gli articoli universitari.

Mentre l'Open Access si concentra attualmente sugli articoli di ricerca, qualunque creatore che spera di lavorare, può condividere il suo lavoro e decidere le regole che occorre stabilire per renderlo accessibile a tutti. Creative Commons fornisce agli autori dei mezzi affinché indichino facilmente delle autorizzazioni o dei permessi facilmente leggibili e comprensibili dagli umani e/o dalle macchine.

Nella maggior parte dei casi, i principali utilizzatori degli articoli di ricerca sono altri ricercatori. Il libero accesso consente ai ricercatori, in quanto lettori, di accedere ad articoli di riviste alle quali le loro biblioteche non si sono abbonate. I grandi beneficiari dell'Open Access saranno i paesi in via di sviluppo nei quali, attualmente, vi sono università non abbonate a riviste scientifiche. Tuttavia, ogni ricercatore ne beneficia, poiché nessuna biblioteca può offrire un abbonamento a tutti i periodici scientifici. Gran parte di esse non sono abbonate che ad una loro frazione[33]. Lee Van Orsdel e Kathleen Born hanno riassunto tale stato attuale da quello che le biblioteche chiamano « la crisi della pubblicazione periodica »[34].

L'Open Access estende il mondo della ricerca al di là della comunità scientifica. Un articolo in libero accesso può essere letto da chiunque, che sia professionista in un dato campo, giornalista, politico, funzionario o un semplice interessato.

Coloro che sono interessati alla ricerca scientifica possono consultare il Directory of open access journals[35], dove si può trovare un certo numero di riviste che seguono il principio della validazione degli articoli da parte di pari, interamente accessibili, o utilizzare il motore di ricerca del sito. Gli articoli possono inoltre essere trovati dai ricercatori sul Web utilizzando qualsiasi motore di ricerca o dagli specialisti in letteratura scientifica universitaria quali Open Accessister[36], Citebase[37], Citeseer[38], scirus[39], In-extenso.org[40] (in francese) e Google Scholar[41]. Impiegando tale tecnica, è importante ricordarsi che i risultati possono comprendere articoli che non sono passati per il processo di controllo di qualità delle riviste convalidate da pari. Per individuare i repository Open Access nel mondo si possono usare motori di ricerca come Openarchives.eu.

I finanziatori di ricerca e le università

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I finanziatori e le università vogliono assicurarsi che le ricerche, sulle quali depositano fondi o che sostengono in diversi modi, abbiano il miglior impatto possibile per la ricerca. Alcuni finanziatori del mondo della ricerca iniziano a chiedere se le ricerche che hanno finanziato siano accessibili in libero accesso. Ad esempio, i due più grandi finanziatori al mondo, nel campo della ricerca medica, hanno chiesto ai loro ricercatori di fornire una copia in Open Access delle ricerche che hanno sostenuto finanziariamente. Tali politiche sono nuove e vengono applicate ai nuovi accordi. I risultati appariranno così lentamente ma sicuramente. L'«U.S National Institute of Health's Public Access Policy»[42], ad esempio, è entrato in vigore nel maggio 2005. I ricercatori che sperano di ottenere sovvenzioni, vorranno far piacere ai loro finanziatori. Quando questi « chiedono » l'Open Access, è probabile che gran parte degli autori facciano i loro lavori in Open Access.

Altri finanziatori si collocano in un processo di revisione delle loro politiche in vista di massimizzare il loro impatto. Uno dei più notevoli settori nel settore è la politica proposta nel Regno Unito dal « Consiglio di Ricerca »[43] sull'accesso alle pubblicazioni di ricerche. Ciò significa che, a termine, circa la metà della ricerca prodotta nelle Università Britanniche saranno in Open Access per mezzo dei loro depositi istituzionali. In tale iniziativa è interessante il fatto che essa ingloba tutte le discipline e non soltanto, come nel caso delle agenzie sanitarie USA, la bio-medicina. Un altro esempio è il « Social Sciences and Humanities Research Council » in Canada[44]. Il Consiglio ha lanciato una consultazione su tutto il paese al fine di trasformare il consiglio cosicché possa sostenere maggiormente i ricercatori e assicurarsi che i canadesi beneficino direttamente dei loro investimenti nella ricerca e nel sapere. Ciò segna un accento più chiaro sul valore della ricerca al pubblico e non è ristretto alla comunità dei ricercatori quale è visto in altre iniziative simili.

Le università cominciano ad adattare le loro politiche esigendo che i loro ricercatori lavorino in Open Access e sviluppano i depositi istituzionali sui quali possono essere depositati articoli Open Access, come ad esempio il CNRS per mezzo del progetto HAL (Hiper articoli on-line) lanciato dal CCSD[45] e il Protocollo d'accordo per gli archivi aperti.

Pubblico e raccomandazioni

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Nel campo della ricerca, il libero accesso è importante per il pubblico, e ciò per un certo numero di ragioni. Uno dei temi che sostiene il libero accesso alla letteratura scientifica è che gran parte di tali ricerche è finanziata dai contribuenti. È una delle ragioni della creazione di gruppi di raccomandazioni quali « The Alliance for Taxpayer Access »[46]. Le persone possono sperare di leggere tale letteratura, ad esempio, quando quella stessa persona o un membro della propria famiglia ha una malattia, e più in particolare una malattia cronica non ben compresa. Vi sono inoltre persone che si impegnano in passatempi più o meno seriamente. Ad esempio, vi sono tanti appassionati astronomi alquanto seri nel mondo: se il pianeta dovesse essere colpito da una cometa, uno di loro sarebbe capace di metterci in allerta.

Anche coloro che non leggono gli articoli scientifici beneficiano indirettamente degli effetti dell'Open Access. Anche se, ad esempio, non si vogliono leggere giornali medici, è preferibile che il vostro dottore o altri professionisti sanitari ne abbiano accesso. Open Access accelera le ricerche e fa progredire la loro produttività: nel mondo, ogni ricercatore può leggere un qualsiasi articolo, e non semplicemente quelli che compaiono nei giornali specialistici (la cui biblioteca non è obbligatoriamente abbonata). Più le scoperte sono rapidamente diffuse più fruttano.

Le biblioteche

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I bibliotecari sono i più ferventi difensori dell'Open Access, perché l'accesso all'informazione si colloca al centro stesso delle preoccupazioni di tale professione. Molte associazioni di biblioteche hanno firmato dichiarazioni a favore dell'Open Access. Ad esempio, nel giugno 2004, l'associazione canadese delle biblioteche ha approvato una risoluzione sull'Open Access. Essi incoraggiano gli insegnanti, gli amministratori ed altre persone ad adottare l'Open Access e le sue virtù. L'associazione delle biblioteche di ricerche americana ha constatato il crescente bisogno di accesso all'informazione scientifica. Essa fu la principale fondatrice della coalizione della pubblicazione di ricerca: « Scholarly Publishing and Academic Ressources Coalition » (SPARC)[47]

Nell'America del Nord, la biblioteca è in molte università il centro dei depositi istituzionali, dove gli autori archiviano i loro articoli. L'associazione canadese delle biblioteche di ricerche, ad esempio, ha un progetto ambizioso per sviluppare i depositi istituzionali a tutte le biblioteche universitarie canadesi. Alcune biblioteche sono all'origine di riviste quali il Journal of Insect Science della biblioteca dell'Università dell'Arizona dove forniscono un supporto tecnico al fine di creare una rivista.

In seno alla comunità scientifica, esistono molti editori diversi (e di tipi di editori). Le reazioni degli editori di giornali all'Open Access sono in contrasto. Alcuni sono semplicemente entusiasti di scoprire un nuovo business con l'Open Access. Essi hanno cercato di fornire libero accesso, per quanto possibile. Alcuni fanno infine lobbying attivo contro le proposte del movimento Open Access. Tuttavia, nel mese di marzo 2008, è stato presentato dalla Casa Editrice Polimetrica al mondo universitario un articolato progetto denominato "Libri Gratuiti in Ateneo"; tale progetto si propone di diffondere una pratica editoriale già in atto presso alcuni Dipartimenti di Atenei e presso alcune Società Scientifiche e di sensibilizzare il mondo accademico affinché siano avviate nuove procedure con gli editori per la realizzazione di opere a stampa, a carattere scientifico ed accademico, economicamente autosostenibili e che nella versione elettronica permettano il Libero Accesso ai contenuti.

Per coloro che sperano di sviluppare un nuovo giornale Open Access, sono disponibili software per i giornali di pubblicazione. Ad esempio, Open Journal Systems (OJS)[48] ha sviluppato un progetto grazie al « Public Knowledge Project »[49], e, « HyperJournal »[50] è concepito da volontari. Lodel[51] è inoltre disponibile (in francese) il Software elettronico di edizione creato dal portale pubblico Revues.org[52]. Mentre l'OJS, Lodel e Hyperjournal sono concepiti per edizioni universitarie, essi possono essere utilizzati da tutti.

Gli editori dei paesi in via di sviluppo possono entrare in contatto con Bioline International per ricevere un ausilio gratuito al fine di stabilire una pubblicazione elettronica. La missione di Bioline International[53] è di ridurre il divario di conoscenza tra il Nord e il Sud, aiutando gli editori dei paesi in via di sviluppo a consegnare i loro lavori più accessibili grazie all'elettronica.

Nel 2012, si è avviata la terza fase del progetto SCOAP³, capitanato dal CERN di Ginevra, ambisce a creare un modello editoriale open access per la fisica delle particelle. Il modello proposto dal progetto prevede che le quote pagate dalle biblioteche accademiche e dagli altri enti per l'abbonamento alle riviste vengano invece dirottate sulla messa a disposizione ad accesso aperto dei contenuti. Fra gli editori che hanno accettato, vi sono anche American Physical Society, Elsevier, Springer[54].

Statistiche di adozione

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Uno studio pubblicato nel 2010 ha mostrato che circa il 20% dell'output totale di articoli sottoposti a revisione paritaria (peer-reviewed) pubblicati nel 2008 possono essere ritrovati ad accesso aperto[55] 8,5% della letteratura accademica può essere trovata gratis nei siti degli editori (“Gold OA”), dei quali il 62% in giornali pienamente ad accesso aperto, 14% in giornali a sottoscrizione che rendono le loro versioni elettroniche libere dopo un periodo di embargo, e il 24% come singoli articoli ad accesso aperto (senza pagamento), però in giornali a sottoscrizione. Per un ulteriore 11,9% degli articoli, si è trovato il full text libero in altri archivi (via verde), sia disciplinari (43%), che istituzionali (24%), sia nei siti personali degli autori o dei loro dipartimenti (33%). Queste copie erano ulteriormente classificate in "copie esatte dell'articolo pubblicato" (38%), "manoscritti accettati per la pubblicazione" (46%) o "manoscritti sottomessi" (15%).

Di tutte le discipline scientifiche, la chimica ha avuto la quota più bassa di OA (13%), mentre le scienze della terra hanno avuto quella più alta (33%). In medicina, biochimica e chimica la pubblicazione in riviste OA (via d'oro) è stata più comune che il metodo di lasciare all'autore la possibilità di pubblicare il manoscritto in archivi digitali (via verde). In tutte le altre discipline, invece, l'autoarchiviazione è assolutamente la preferita.

Uno studio sullo sviluppo delle riviste Open Access dal 1993 al 2009[56], pubblicato nel 2011, suggerisce che, osservando sia il numero di riviste sia dagli incrementi nel numero totale di articoli, la via d'oro dell'editoria OA ha registrato una rapida crescita, particolarmente fra gli anni 2000 e 2009. È stato stimato che v'erano intorno ai 19500 articoli pubblicati ad accesso aperto nel 2000, mentre il numero è cresciuto a 191850 articoli nel 2009. Il numero di riviste, per l'anno 2000, è stato stimato attorno alle 740, e 4769 per il 2009; numeri che mostrano una crescita considerevole, nonostante ad un tasso più moderato rispetto al livello di crescita degli articoli. Questi risultati supportano l'idea che le riviste OA abbiamo incrementato sia a livello di numeri che di output medio nel tempo.

Lo sviluppo del numero di riviste OA attive e il numero degli articoli di ricerca pubblicati nelle stesse nel periodo 1993–2009 è mostrato nel grafico sopra. Se queste curve della crescita Gold OA fossero proiettate nel prossimo ventennio, la curva di Laakso et al (Björk) arriverebbe al 60% nel 2019, mentre la curva di Springer toccherebbe il 60% nel 2025, come mostrato nel grafico sotto[57].

Autoarchiviazione

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Il Registry of Open Access Repositories (ROAR[58]) indicizza la creazione, la locazione e la crescita degli archivi istituzionali ad accesso aperto e i loro contenuti. Oltre 1500 istituzionali e cross-istituzionali hanno registrato in ROAR (vedi figura sopra):

Il Registry of Open Access Mandatory Archiving Policies(ROARMAP[59]) è un database internazionale ricercabile che visualizza la crescita dei "mandati dell'accesso aperto", adottati da università, centri e fondazioni di ricerca che richiedono ai loro ricercatori di fornire i loro articoli peer-reviewed ad accesso aperto, tramite autoarchiviazione in archivi istituzionali. Ad oggi, i mandati sono stati adottati da più di 150 università (fra cui istituzioni di prestigio come l'Università di Harvard e, nell'ottobre 2011, quella di Princeton) e oltre 50 fondazioni di ricerca nel mondo (vedi figura sotto):

I mandati OA sono il triplo della percentuale di auto-archiviazioni (vedi figura sotto)[60]. I rispettivi totali sono derivati dall'indice ISI di Thompson Reuters.

  1. ^ Peter Suber: Open Access Overview (definition, introduction), su earlham.edu. URL consultato il 19 ottobre 2011 (archiviato dall'url originale il 19 maggio 2007).
  2. ^ Filmato audio Francesca Di Donato, Maria Chiara Pievatolo e Andrea Zanni, Open Access, Il sapere libero, Scuola Normale Superiore dell'Università di Pisa, 21 marzo (archiviato il 1º gennaio 2014)., dal minuto 20:00 al min. 22:30.
  3. ^ PLoS | Leading a transformation in research communication
  4. ^ a b https://www.unive.it/pag/10537/
  5. ^ (EN) Peter Suber: Gratis and libre Open Access, su sparcopen.org. URL consultato il 2 dicembre 2022.
  6. ^ (EN) What is Open Access?, su UNESCO. URL consultato il 2 dicembre 2022.
    «Open access (OA) means free access to information and unrestricted use of electronic resources for everyone.»
  7. ^ (EN) Open Access at University of Reading: Copyright and licensing, su libguides.reading.ac.uk. URL consultato il 2 dicembre 2022.
    «Traditionally, when writing for publication the publisher usually requires the author to sign a copyright transfer agreement (CTA). Once this agreement has been signed, the copyright in the whole work (including previous versions) belongs to the publisher. Publishers often have a policy which permits the author to do certain things with the work, such as self-archive the final peer-reviewed version in an institutional repository like CentAUR. However, not all publishers permit this and you should always check the publisher's policy to see whether this is allowed»
  8. ^ a b c (EN) Open Access, su Creative Commons. URL consultato il 2 dicembre 2022.
    «Open access publishing is a solution to these problems. Open access literature is defined as “digital, online, free of charge, and free of most copyright and licensing restrictions.” The recommendations of the Budapest Open Access Declaration—including the use of liberal licensing (such as CC BY)— is widely recognized in the community as a means to make a work truly open access.»
  9. ^ a b c d e f g h i Creative Commons UK, Frequently asked questions on Creative Commons and Open Access (PDF), su fosteropenscience.eu. URL consultato il 2 dicembre 2022.
    «We recommend you avoid using a non-commercial licence. Here's why: Keep in mind the Open Access definition does not accommodate non-commercial restrictions. Accordingly, using a CC BY-NC licence will not qualify as Open Access. This view is also taken by Creative Commons, which indicates that CC licences combined with NC (non-commercial) or ND (no derivatives) conditions are not 'free culture.'»
  10. ^ (EN) Signatures, su openaccess.mpg.de. URL consultato il 2 dicembre 2022.
  11. ^ a b c d e (EN) Berlin Declaration on Open Access to Knowledge in the Sciences and Humanities, su openaccess.mpg.de, 22 October 2003. URL consultato il 2 dicembre 2022.
    «The author(s) and right holder(s) of such contributions grant(s) to all users a free, irrevocable, worldwide, right of access to, and a license to copy, use, distribute, transmit and display the work publicly and to make and distribute derivative works, in any digital medium for any responsible purpose, subject to proper attribution of authorship (community standards, will continue to provide the mechanism for enforcement of proper attribution and responsible use of the published work, as they do now) ...»
  12. ^ a b c d Accesso aperto alla letteratura scientifica (Dichiarazione di Berlino) (PDF), su openaccess.mpg.de. URL consultato il 2 dicembre 2022.
    «L'autore(i) ed il detentore(i) dei diritti relativi a tale contributo garantiscono a tutti gli utilizzatori il diritto d'accesso gratuito, irrevocabile ed universale e l'autorizzazione a riprodurlo, utilizzarlo, distribuirlo, trasmetterlo e mostrarlo pubblicamente e a produrre e distribuire lavori da esso derivati in ogni formato digitale per ogni scopo responsabile soggetto all'attribuzione autentica della paternità intellettuale (le pratiche della comunità scientifica manterranno i meccanismi in uso per imporre una corretta attribuzione ed un uso responsabile dei contributi resi pubblici come avviene attualmente) ...»
  13. ^ CC0 1.0 Universal (CC0 1.0) Donazione al Pubblico Dominio, su creativecommons.org. URL consultato il 2 dicembre 2022.
    «Puoi copiare, modificare, distribuire ed utilizzare l'opera, anche per fini commerciali, senza chiedere alcun permesso.»
  14. ^ (EN) H2020 Programme (PDF), su ec.europa.eu, 26 June 2019.
    «CC BY is a good legal tool for providing open access in its broadest sense.»
  15. ^ (EN) Can Wikidata which runs under CC-Zero incorporate CC BY content?, su opensource.stackexchange.com, 28 giugno 2016.
  16. ^ (EN) Katie Fortney, CC BY and data: Not always a good fit., su osc.universityofcalifornia.edu, 15 settembre 2022. URL consultato il 2 dicembre 2022.
    «CC licenses' attribution requirements aren't necessary because scholars have very good reasons to provide attribution that has nothing to do with copyright»
  17. ^ a b Attribuzione - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale (CC BY-SA 4.0), su creativecommons.org. URL consultato il 2 dicembre 2022.
    «Se remixi, trasformi il materiale o ti basi su di esso, devi distribuire i tuoi contributi con la stessa licenza del materiale originario.»
  18. ^ a b (EN) Why Sharing Academic Publications Under "No Derivatives" Licenses is Misguided, su creativecommons.org.
    «ND licensed publications are not Open Access»
  19. ^ a b c Budapest Open Access Initiative, su budapestopenaccessinitiative.org.
    «Per "accesso aperto" a tale letteratura intendiamo la sua disponibilità pubblica e gratuita in Internet, e la possibilità per ogni utente di leggere, scaricare, copiare, diffondere, stampare, cercare, o linkare al testo completo degli articoli, di analizzarli e indicizzarli, di trasferirne i dati in un software, o usarli per ogni altro utilizzo legale, senza ulteriori barriere (legali, tecniche o finanziarie) se non quelle relative all’accesso a Internet. L'unico vincolo riguardo la riproduzione e la distribuzione, e l’unica funzione del copyright in questo ambito, dovrebbe essere la tutela dell’integrità del lavoro degli autori e il diritto di essere debitamente riconosciuti e citati.»
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Voci correlate

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