Vincenzo Grasso

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«"Nel nostro paese si vive sotto una cappa di paura e io denuncio per costruire un cambiamento, una vita migliore non tanto per me ma per i miei figli."»

Vincenzo Grasso (... – Locri, 20 marzo 1989) è stato un imprenditore italiano, vittima della 'Ndrangheta.[1]

Sposato, tre figli, aveva cominciato la sua attività lavorativa aprendo un'officina ad Ardore poi si trasferisce a Locri con la sua famiglia dove apre una concessionaria di automobili ma subito dopo arriva la 'Ndrangheta con le sue richieste estorsive che diventano sempre più pressanti fino a sfociare in minacce, intimidazioni e danneggiamenti. Grasso però non cede e denuncia sempre tutto alle autorità preposte, amava il suo lavoro, l'onestà, la dignità e anche la sua terra e non voleva abbandonarla neanche dinanzi alla tracotanza mafiosa.

Le angherie vanno avanti per sette anni dal 1982 al 1989 finché la criminalità organizzata decide di ucciderlo. È la sera del 20 marzo 1989: Grasso si trova dinanzi alla sua concessionaria quando all'improvviso arrivano due killer e gli sparano contro diversi colpi d'arma da fuoco assassinandolo[2].

Partono subito le indagini (anche in base alle denunce presentate da Grasso negli anni precedenti) ma sfortunatamente non portano a nulla e il tutto si concluderà con un'archiviazione[3].

Nel 2009 a Vincenzo Grasso è stata intitolata l'agenzia d'inclusione sociale a Locri per il reinserimento lavorativo e sociale dei soggetti provenienti dai percorsi penali[4].

La figlia di Grasso, Stefania Grasso, continua la battaglia civile di suo padre a Locri in collaborazione con Libera di Don Luigi Ciotti.

Medaglia d'oro al merito civile - nastrino per uniforme ordinaria
«"Commerciante impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata, benché consapevole del rischio cui si esponeva, si opponeva tenacemente a una lunga serie di intimidazioni e di pressanti richieste estorsive. Per tale coraggioso atteggiamento e inflessibile rigore morale rimaneva vittima di un vile attentato. Nobile esempio di ribellione alla violenza criminale, nonché di elette virtù civiche, spinte sino all'estremo sacrificio. Locri (RC), 20 marzo 1989."[5]»
— 04/03/1997

Voci correlate

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