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Loggia e Odeo Cornaro | |
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Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Veneto |
Località | Padova |
Indirizzo | Via M. Cesarotti, 37 |
Informazioni generali | |
Condizioni | In uso |
Costruzione | Prima metà XVI secolo |
Realizzazione | |
Proprietario | Comune di Padova |
Committente | Alvise Cornaro |
La Loggia e Odeo Cornaro è un complesso architettonico situato in prossimità della Basilica del Santo di Padova, prospiciente l’attuale via Cesarotti.[1] I due edifici vennero fatti edificare su commissione di Alvise Cornaro, nella prima metà del XVI secolo, con lo scopo di arricchire la corte della sua dimora.
La Loggia nacque come frons scenae di un teatro antico per potervi ospitare spettacoli teatrali, come le opere di Angelo Beolco, detto il Ruzante, che era amico di Alvise Cornaro, soprattutto perché legati dagli stessi interessi culturali. Tale struttura venne progettata dall’architetto e pittore Giovanni Maria Falconetto nel 1524.[2]
Tra gli anni trenta e quaranta del Cinquecento la corte di Alvise Cornaro fu oggetto di un ulteriore cantiere, che portò alla sopraelevazione della Loggia e alla definizione del terzo lato del cortile tramite la costruzione dell’Odeo.[3]
L’Odeo fungeva come luogo autonomo di riparo, riservato a spettacoli musicali e a conversazioni colte tra artisti, musicisti e appassionati di cultura.[3]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Alvise Cornaro nacque a Venezia in una famiglia esclusa dalla classe aristocratica lagunare; per questo motivo la sua vita fu per molto tempo orientata alla rivendicazione del titolo nobiliare. Inizialmente tentò di ottenere tale riconoscimento dal Maggior Consiglio della Repubblica di Venezia, che però non glielo concesse.[4]
Dopo la morte dello zio, avvenuta all’inizio del 1500, Cornaro entrò in possesso, per via ereditaria, di un cospicuo patrimonio comprendente appezzamenti di terreno e l’abitazione del parente. Egli vide dunque in questa casa la possibilità di costruirsi il titolo nobiliare trasformando la vecchia abitazione in una dimora capace di dichiarare alla società le sue aspirazioni aristocratiche.[4] Per questo motivo decise di intraprendere una serie di interventi mirati ad abbellire la sua corte.
Cornaro, anche se appassionato ed esperto di architettura, decise di affidarsi all’architetto Giovanni Maria Falconetto in vista di un’opera che non si limitava a una semplice applicazione delle tecniche costruttive. Vasari racconta che Cornaro e Falconetto intrapresero attorno al 1520/21 un viaggio a Roma, nel quale ebbero occasione di trarre ispirazione per il loro progetto.[5]
Nel 1524 venne edificata la Loggia, inizialmente composta dal solo piano terreno. Secondo Marcantonio Michiel, forse ospite di casa Cornaro attorno agli anni 1535/37, la struttura si presentava come una semplice sequenza di arcate, pilastri, semicolonne; si deduce dunque che nel suo primo assetto la Loggia non si presentasse ancora come un’architettura riccamente ornata.[5] La Loggia Cornaro ospitò in particolar modo le rappresentazioni teatrali di Angelo Beolco, detto Ruzante, teatrante e drammaturgo italiano.[6]
Negli anni successivi Cornaro decise di sopraelevare la Loggia aggiungendo un piano e di edificare l’Odeo. In quel periodo però Cornaro fu costretto a gestire con maggior moderazione le sue finanze a causa di difficoltà economiche; si trovò dunque a dover utilizzare materiali più umili: la pietra squadrata, ad esempio, venne sostituita dal mattone cotto e le volte non furono più di muratura ma incannucciate. Inoltre, sempre per queste motivazioni, i lavori proseguirono a rilento con continue modifiche ai progetti iniziali.[4]
Nonostante la morte di Falconetto, avvenuta nel 1535, Alvise Cornaro proseguì con l’opera grazie alle sue conoscenze e al coinvolgimento di ulteriori figure, tra cui lo scultore Tiziano Minio e il pittore Gualtiero Padovano.[7]
Dopo qualche anno Cornaro si rese conto che i sacrifici fatti per dimostrare il titolo nobiliare attraverso la realizzazione del complesso architettonico risultarono vani. Nel luglio del 1537 la figlia Chiara si unì in matrimonio con Giovanni Cornaro Piscopia, figura di alto prestigio sociale e culturale.[4] In tal modo a Cornaro venne garantita una discendenza nobiliare con il suo cognome: si liberò da questa ossessione e cambiò radicalmente la sua visione della vita. Da questo momento in poi il Cornaro vide la dimora non più come simbolo del proprio status sociale, ma come un rifugio e luogo di comodità e serenità per chi vi abita. Tali ragionamenti vennero da lui esplicitati nella sua opera Trattato de la vita sobria.[4]
Alvise Cornaro nel suo ultimo testamento, risalente al 1566, espresse la volontà che la “casa non patise separatione né più patroni né è casa da essere affitata”. [8] Nonostante ciò, con il susseguirsi delle generazioni, la dimora Cornaro venne divisa in più appartamenti e abitata da diverse famiglie. Nel 1968 il complesso della Loggia e dell’Odeo Cornaro venne acquisito dal Comune di Padova ed entrò a far parte del sistema museale civico.[9]
Loggia
[modifica | modifica wikitesto]Esterni
[modifica | modifica wikitesto]La facciata principale della Loggia (prospetto sud) si divide in due livelli. Il primo livello riprende modelli antichi, come il tema dell’arco di trionfo romano, presentando cinque arcate inquadrate da semicolonne doriche, che sorreggono un fregio con metope e triglifi. Nelle chiavi degli archi sono situati dei mascheroni e nei pennacchi dell’arco centrale delle Vittorie alate.[3] Il mascherone nell’arco centrale rappresenta una testa di donna ai cui lati sono rappresentati due aquilotti con un serpente tra gli artigli, una probabile allegoria di apoteosi risalente all’antica tradizione scultorea romana.[10]
Il particolare dinamismo di tali opere è stato attribuito dagli storici a Giovanni Maria Mosca, detto Giovanni Padovano. A confondere le idee è invece Marcantonio Michiel che, a proposito di casa Cornaro, cita un altro Giovanni Padovano: quest’ultimo risulta essere Giovanni Rubino, detto il Dentone, collaboratore di Falconetto.[10]
La Loggia Cornaro è un’opera datata e firmata, era infatti visibile l’incisione della data 1524 e la scritta "JOAN.MARIA FALCONETTUS ARCHITECTUS VERONENSIS”.[3]
Il secondo livello presenta una successione di paraste ioniche e cinque finestre rettangolari: tre di queste sono cieche con timpano triangolare, le altre due vetrate con timpano curvo. Nelle tre finestre tamponate sono presenti delle nicchie che ospitano tre sculture in stucco. La statua a sinistra rappresenta Diana in pieno atteggiamento guerriero: una lancia in mano, la veste da caccia e la posizione con il ginocchio sollevato.[10] Al centro troviamo la statua della Venere nuda, con una fiammella in mano, un delfino ai piedi e un piccolo Cupido che le cinge un ginocchio; tale rappresentazione fa riferimento alla Venere Urania, ovvero colei che nasce incontaminata dalle acque.[11] Infine Apollo che sorregge la lira, quasi completamente nudo. La paternità di tali sculture non è ancora accertata, ma alcuni studiosi la attribuiscono al Dentone, altri a Giovanni Padovano, altri a Jacopo Colonna.[10] Nel prospetto est è presente un camminamento, situato sopra due archi, che collega l’Odeo e Loggia ed è collocato alla stessa altezza della cornice del fronte della Loggia.[12]
Di fronte alla Loggia si trova un cortile, il quale veniva sfruttato come cavea attraverso l’inserimento di strutture in legno per far accomodare il pubblico.[3]
Volta interna
[modifica | modifica wikitesto]Il pianterreno è coperto da una volta a schifo, la cui ideazione è attribuita ad Alvise Cornaro, forse ispirato da una copia degli scritti di architettura dell’architetto Francesco Giorgio Martini.[12] Per quanto riguarda le decorazioni, sono rimaste leggibili delle scene ma non hanno ancora avuto un'interpretazione certa; un'ipotesi è che sia la rappresentazione del ciclo della vita terrena, un’altra è che si tratti della vita di Bacco. Nel primo dei tre compartimenti del piano orizzontale della volta si sono potute identificare due scene: la punizione di Giunone e Perseo a cavallo con la testa di Medusa. L’autore di queste pitture non è ancora certo, alcune ipotesi indicano Giovanni da Udine altre Gualtiero Padovano.[7]
Materiali
[modifica | modifica wikitesto]Il primo livello della Loggia venne realizzato con la pietra di Nanto, un calcare facilmente lavorabile e di colore giallo paglierino. Questa pietra tenera proviene dalla località di Nanto, a sud di Vicenza. È un materiale che si degrada facilmente nel tempo presentando sulla superficie delle squamature.[13] Il secondo livello è costituito da muratura di mattoni, mentre la pietra di Nanto viene qua utilizzata solo come rivestimento della facciata.[14]
Odeo
[modifica | modifica wikitesto]Esterni
[modifica | modifica wikitesto]L’Odeo Cornaro è il palazzo situato alla destra di chi entra nella corte. La funzione di tale edificio era principalmente quella di ospitare spettacoli musicali, in perfetta armonia con la funzione di spazio teatrale della Loggia.[5]
La facciata esterna è divisa in due ordini. L’ordine inferiore presenta una scansione di paraste doriche, due finestre cieche timpanate dove sono inseriti due rilievi, un’arcata d’ingresso con due Vittorie nei pennacchi e una trabeazione leggera con pochi triglifi.[10] Al centro è presente una nicchia, il cui andamento viene ripreso dai gradini della scala d’ingresso, probabilmente ispirata al nicchione del Belvedere a Roma.[15] Le due Vittorie sono state rappresentate con una precisa cura ai dettagli, la quale caratterizza anche la testa femminile, situata nella chiave dell’arco d’ingresso, dandole espressività teatrale.[10]
Le due edicole ai lati dell’ingresso ospitano due figure: a sinistra una figura maschile alata con una saetta in mano, delle fiamme che fuoriescono dalla sua testa, un serpente che gli avvolge il corpo e tre teste di animali sul suo petto; a destra una figura femminile, anch’essa avvolta da un serpente, intenta a calpestare tre teste, una di uomo, una di cavallo e una di cane.[10] La rappresentazione di queste tre teste unite riprende un’iconografia contenuta negli Hieroglyphica di Pierio Valeriano, il cui libro XLIX venne dedicato proprio ad Alvise Cornaro.[11] Il significato e l’interpretazione di tali sculture è ancora criptica, ma l’ipotesi più plausibile per ora associa al rilievo a sinistra il simbolo del Sole e alla figura a destra il simbolo della Luna.[11] In particolare, per la prima delle due sculture è molto probabile che sia stato preso come modello il rilievo marmoreo del dio orfico Phanes, presente a Modena, il quale denota delle caratteristiche formali molto simili a quelle riscontrabili nella figura posta sulla facciata dell’Odeo.[16]
Nell’ordine superiore si trova un loggiato composto da tre aperture, in chiara contrapposizione con il livello sottostante, che si presenta come una parete piena, la cui apertura è la nicchia d’ingresso.[3] Allo stesso livello si trovano poi paraste di ordine ionico, mascheroni nelle chiavi degli archi e una cornice decorata con gruppi di tre teste di leoni e fauni e bucrani e festoni.[10]
Interni
[modifica | modifica wikitesto]L’Odeo presenta esternamente una struttura a pianta rettangolare e internamente è costituito da una stanza a pianta ottagonale, circondata da altri ambienti, tutti riccamente decorati.[4] L’ingresso è coperto da una volta a botte decorata, nella quale emergono sette divinità olimpiche in stucco, Giove, Apollo, Marte, Mercurio, Saturno, Venere e Diana.[17]
Attraversato l’ingresso, si giunge nella sala centrale a pianta ottagonale che presenta quattro pareti con delle aperture, per permettere l’accesso agli altri vani, e le restanti con quattro nicchie. Probabilmente Cornaro ha voluto dare all’Odeo la struttura di una vera e propria villa antica, infatti molti studiosi affermano che la pianta di tale sala centrale possa essere stata ispirata dalla villa situata a Cassino, presumibilmente appartenente a Marco Terenzio Varrone.[7]
La sala ottagonale è coperta da una volta “a ombrello”, posta a un livello maggiore rispetto ai soffitti delle sale circostanti, creando così un senso di apertura. Essendo l’Odeo un edificio costruito per ospitare spettacoli musicali, deve essere dotato di una buona acustica; nel Cinquecento infatti si riteneva che gli spigoli arrotondati di nicchie e sale voltate aiutassero a ottenere un’acustica ottimale.[1] La volta è stata decorata con delle grottesche, una tipologia di rappresentazione molto in voga all’epoca. L’autore, secondo gli studiosi, potrebbe aver preso spunto da stampe del Cinquecento ritraenti tali figure.[15] Nelle nicchie sono rappresentate delle balaustre che invitano l’osservatore ad avvicinarsi e osservare il paesaggio dipinto, il cui autore è il pittore olandese Lambert Sustris.[18] Lo scopo di tale rappresentazione, su esempio anche di altri palazzi di quel secolo, era quello di suscitare nel visitatore un senso di serenità e distacco dalla realtà, immergendolo in un paesaggio idealizzato. [7] All’apice delle quattro porte della stanza sono posti degli ovali rappresentanti gli episodi della Nascita di Maria, dell’Adorazione dei Magi, dell’Adorazione dei Pastori e della Scena dei condannati.[17]
A sinistra della sala ottagonale si trovano due ripostigli, di cui uno presenta una volta a botte decorata con una finta pergola di uva.[7]
Nella prima sala a sinistra dell’ingresso si colloca nella volta il motivo di un rettangolo che incornicia un rombo, contenente un ovale, probabilmente un riferimento alla Villa Adriana di Tivoli. La scena centrale rappresenta Muzio Scevola davanti a Porsenna.[7]
A destra dell’ingresso si trova una sala con uno stucco, nel contorno della stanza, raffigurante la processione di un Trionfo dall’Africa con schiavi, guerrieri, elefanti e un cammello. Lo stile e la datazione, circa 1537/38, di tale decorazione hanno permesso di attribuirlo a Tiziano Minio.[7]
La sala di fronte all’ingresso, dopo la stanza ottangolare, presenta in modo chiaro il linguaggio di Minio, il quale prende ispirazione dalla Sala dei Cesari a Palazzo Te di Mantova: il diverso schema con cui sono costruite le due sale, infatti, identifica una comprensione differente di uno stesso archetipo.[7] Le cornici sono qui decorate con grottesche moderne e nei tondi troviamo due episodi della vita di Ercole: Il piccolo Ercole che uccide i serpenti ed Ercole e il gigante Caco. Il tema del tondo centrale della volta è ancora da identificare.[7] Negli angoli sono posizionati gli stemmi di Pietro Bembo, Cornaro e Della Rovere.[19] L’ultima stanza è situata a destra della sala con gli stucchi raffiguranti Ercole.
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Volta sala ottagonale dell'Odeo Cornaro
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Sala centrale ottagonale dell'Odeo Cornaro
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Stucco di un Trionfo a destra dell'ingresso dell'Odeo Cornaro
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Volta all'ingresso dell'Odeo Cornaro
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Sala d'Ercole dell'Odeo Cornaro
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Laura Moretti, "Quivi si essercitaranno le musiche": La sala della musica presso la "corte" padovana di Alvise Cornaro, in Music in Art, vol. 35, n. 1/2, 2010, pp. 135-144.
- ^ Gunter Schweikhart, Giovanni Maria Falconetto, in Paola Marini (a cura di), Palladio e Verona, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1980, pp. 89-96.
- ^ a b c d e f Paolo Carpeggiani, G. M. Falconetto. Temi ed eventi di una nuova architettura civile, in Lionello Puppi, Fulvio Zuliani (a cura di), Padova. Case e palazzi, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1977, pp. 71-99.
- ^ a b c d e f Giovanni Calendoli e Maurizio Berti, Ruzante. Tempi di Casa Cornaro, Padova, 1995, pp. 15-21.
- ^ a b c Giulio Bresciani Alvarez, Le fabbriche di Alvise Cornaro, in Lionello Puppi (a cura di), Alvise Cornaro e il suo tempo, Padova, 1980, pp. 43-57.
- ^ Ludovico Zorzi, Tra Ruzzante e Vitruvio, in Lionello Puppi (a cura di), Alvise Cornaro e il suo tempo, Padova, 1980, p. 94.
- ^ a b c d e f g h i Wolfgang Wolters, La decorazione interna della Loggia e dell'Odeo Cornaro, in Lionello Puppi (a cura di), Alvise Cornaro e il suo tempo, Padova, 1980, pp. 72-79.
- ^ Giovanni Calendoli e Maurizio Berti, Ruzante. Tempi di Casa Cornaro, Padova, 1995, p. 90.
- ^ Loggia e Odeo Cornaro | Padova Cultura, su padovacultura.padovanet.it. URL consultato il 3 maggio 2022.
- ^ a b c d e f g h Giovanni Mariacher, Scultura e decorazione plastica esterna della Loggia e dell'Odeo Cornaro, in Lionello Puppi (a cura di), Alvise Cornaro e il suo tempo, Padova, 1980, pp. 80-85.
- ^ a b c Gabriele Mino, Il primo giorno del mondo, Milano, Adelphi, 2016, pp. 62-83, ISBN 978-88-459-3128-4, OCLC 968810505.
- ^ a b Giovanni Calendoli e Maurizio Berti, Ruzante. Tempi di Casa Cornaro, Padova, 1995, pp. 30-31.
- ^ Lino Marchesini, Romano Cavaletti, La pietra di Nanto nella Loggia del Cornaro, in Lionello Puppi (a cura di), Alvise Cornaro e il suo tempo, Padova, 1980, p. 86-88.
- ^ Giovanni Calendoli e Maurizio Berti, Ruzante. Tempi di Casa Cornaro, Padova, 1995, p. 64.
- ^ a b Wolfgang Wolters, L'antico nella decorazione dell'Odeo Cornaro a Padova, in Giornate del Ruzante IV edizione, Padova, Papergraf, 1995, pp. 298-299.
- ^ Gabriele Mino, Il primo giorno del mondo, Milano, Adelphi, 2016, pp. 27-29, ISBN 978-88-459-3128-4, OCLC 968810505.
- ^ a b Anna Maria Spiazzi, La decorazione della Loggia e dell'Odeo, in Giovanni Calendoli, Maurizio Berti (a cura di), Ruzante. Tempi di Casa Cornaro, Padova, 1995, p. 51.
- ^ La loggia e Odeo Cornaro, su padovamusei.it. URL consultato il 31 maggio 2022.
- ^ Giulio Pietrobelli, Tiziano Minio e gli stucchi dell'Odeo Cornaro a Padova, in Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica, IX, n. 1, 2019, pp. 59-72.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Giovanni Calendoli e Maurizio Berti, Ruzante. Tempi di Casa Cornaro, Padova, 1995.
- Paolo Carpeggiani, G. M. Falconetto. Temi ed eventi di una nuova architettura civile, in Lionello Puppi, Fulvio Zuliani (a cura di), Padova. Case e palazzi, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1977, pp. 71-99.
- Gabriele Mino, Il primo giorno del mondo, Milano, Adelphi, 2016, ISBN 9788845931284.
- Laura Moretti, "Quivi si essercitaranno le musiche": La sala della musica presso la "corte" padovana di Alvise Cornaro, in Music in Art, vol. 35, n. 1/2, 2010, pp. 135-144.
- Giulio Pietrobelli, Tiziano Minio e gli stucchi dell'Odeo Cornaro a Padova, in Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica, IX, n. 1, 2019, pp. 59-72.
- Lionello Puppi (a cura di), Alvise Cornaro e il suo tempo, Padova, 1980.
- Gunter Schweikhart, Giovanni Maria Falconetto, in Paola Marini (a cura di), Palladio e Verona, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1980, pp. 89-96.
- Wolters Wolfgang, L'antico nella decorazione dell'Odeo Cornaro a Padova, in Giornate del Ruzante IV edizione, Padova, Papergraf, 1995, pp. 297-303.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Alvise Corner (scrittore)
- Giovanni Maria Falconetto
- Loggia
- Padova
- Teatro (architettura)
- Tiziano Minio
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- La loggia e Odeo Cornaro, su padovamusei.it.
- Loggia e Odeo Cornaro, su padovacultura.padovanet.it.
- Loggia e Odeo Cornaro, su padovanet.it.