Le veneri paleolitiche sono piccole statue preistoriche raffiguranti donne con gli attributi sessuali molto pronunciati e ritratti con certo realismo (laddove il resto del corpo, a partire dal viso, è raffigurato in modo assai approssimativo).[1] Vengono dette anche "veneri steatopigie" (dalle parole greche στέαρ, στέατος, "grasso", "adipe", e πυγή, "natiche", quindi "dalle grosse natiche") o callipigie (sempre dal greco καλλιπύγος, composto di κάλλος, "bellezza", e πυγή, quindi "dalle belle natiche").
Caratteristiche generali
[modifica | modifica wikitesto]Le veneri rappresentano le prime raffigurazioni del corpo umano. Sono di dimensioni minute (alcune intorno ai 20 cm, altre di soli 4 cm).
I materiali più utilizzati sono steatite, calcite, calcare marmoso[2].
Tali "veneri" sono state rinvenute in diverse località europee, tra cui Brassempouy, Lespugue, Willendorf, Malta, Savignano sul Panaro e Balzi Rossi[1], ma sono di fatto diffuse dall'Atlantico alla Siberia[2]. Mentre la tradizione vuole che esse appartengano alla facies aurignaziana, esse per lo più sono in realtà gravettiane e solutreane: la datazione resta comunque controversa, dato che i ritrovamenti sono avvenuti spesso in condizioni che non assicurano una corretta ricostruzione scientifica[2].
Oltre alla produzione gravetto-solutreana, esistono veneri risalenti alla più recente cultura magdaleniana, come la Venere di Monruz di 11.000 anni fa. Ad oggi si conosce un solo esemplare della più antica cultura aurignaziana, la Venere di Hohle Fels, ritrovata nel 2008 in Germania e datata intorno ai 35.000 anni fa[3].
Il motivo di tali rappresentazioni resta del tutto ipotetico[2]: mentre alcuni ritengono che queste statuine vadano interpretate come raffigurazioni realistiche della femminilità dell'epoca (così la steatopigia resta una caratteristica di Ottentotti e Boscimani[1]), secondo altri tali raffigurazioni corrispondono alle prime speculazioni dell'uomo neolitico intorno al rapporto tra natura e vita: l'osservazione del ciclo delle stagioni suggerì che la vita stessa era legata ad un ciclo. Essendo la donna origine della vita del figlio, si sarebbe sviluppato un culto della Dea Madre.[4]
Statuine esemplari
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d Le veneri steatopigie, su Enciclopedia Treccani. URL consultato il 21 luglio 2022.
- ^ a b c d André Leroi-Gourhan, Dizionario di preistoria, vol. 1, Torino, Einaudi, 1991, p. 652, ISBN 88-06-12544-3.
- ^ (EN) Nicholas J. Conard, A female figurine from the basal Aurignacian of Hohle Fels Cave in southwestern Germany, in Nature, vol. 459, n. 7244, Nature Publishing Group e Springer Science+Business Media, 14 maggio 2009, pp. 248-252.
- ^ Delfino Ambaglio, Le civiltà dell'antichità 1, a cura di Daniele Foraboschi, Segrate, Ed. Scolastiche Mondadori, 1994, p. 48, ISBN 88-424-4413-8.
- ^ Alice Danti, La Venere di Frasassi, su National Geographic, 1º dicembre 2011. URL consultato il 21 luglio 2022 (archiviato dall'url originale il 10 ottobre 2016).
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- André Leroi-Gourhan, Dizionario di preistoria, Culture, vita quotidiana, metodologie, vol. 1, Torino, Einaudi, 1991, ISBN 88-06-12544-3.
- Carlo Peretto e Luciana Prati, Le più antiche tracce dell'uomo nel territorio forlivese e faentino, Presentazione di Laura Borghi e introduzione di Giovanna Bermond Montanari, Forlì, Comune di Forlì, 1983.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sulle Veneri paleolitiche
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Veneri steatopigie, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- (EN) Venus figurine, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.