Triade Capitolina dell'Inviolata | |
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Autore | sconosciuto |
Data | II o III secolo |
Materiale | marmo lunense |
Ubicazione | Museo archeologico Rodolfo Lanciani, Guidonia Montecelio |
La Triade Capitolina dell'Inviolata è un gruppo scultoreo in marmo lunense ritraente la triade divina romana composta da Giove, Giunone e Minerva.
L'opera, pressoché intatta, si ritiene essere una riproduzione in scala delle sculture originali del tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio e risulta essere l'unica scultura ritraente la Triade Capitolina sopravvissuta.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]La statua fu ritrovata nel criptoportico di una villa romana del parco naturale-archeologico dell'Inviolata, da cui prese il nome, nel 1992 durante uno scavo clandestino. I tombaroli vendettero il pezzo ad un antiquario svizzero, intenzionato a rivenderlo ad un collezionista straniero, ma esso fu ritrovato due anni dopo dai carabinieri del Comando per la tutela del patrimonio culturale e recuperato presso il passo dello Stelvio nell'ambito dell'"Operazione Giunone". I militari erano infatti entrati in possesso di un frammento della statua, una parte dell'avambraccio destro di Giunone, spezzato probabilmente durante gli scavi, che ne testimoniava la provenienza dall'Italia.[1]
Inizialmente collocata presso il Museo archeologico nazionale di Palestrina, la statua è stata poi restituita nel 2012 al comune di Guidonia Montecelio ed esposta presso il Museo civico archeologico Rodolfo Lanciani.[2]
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Il gruppo scultoreo rappresenta la Triade Capitolina, ossia le tre divinità protettrici della Roma pagana, assise su un trono comune cerimoniale. Le divinità sono ritratte con i loro attributi: l'aquila ai piedi di Giove, che al centro della scultura stringeva in una mano lo scettro e nell'altra la folgore, alla sua sinistra Giunone velata, ai cui piedi è rappresentato un pavone, e alla sua destra Minerva e la sua civetta.
Sia Minerva che Giunone hanno perso le braccia che nel primo caso reggevano un'asta e probabilmente reggevano l'elmo corinzio sul capo della dea, mentre nel secondo caso stringevano probabilmente una patera e uno scettro.[3]. Sono perdute anche le statue delle piccole Vittorie che porgevano una corona trionfale sul capo delle divinità, di cui restano le parti inferiori.
Nella cultura di massa
[modifica | modifica wikitesto]Nel racconto Gli Dei dell'Impero dello scrittore e archeologo italiano Valerio Massimo Manfredi viene raccontato il ritrovamento e trafugamento del gruppo marmoreo, sventato dal colonnello Aurelio Reggiani.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Maria Novella de Luca, La "Triade" ritrovata, in la Repubblica, 23 febbraio 1994. URL consultato il 20 maggio 2020.
- ^ Museo Civico Archeologico Rodolfo Lanciani, su beni-culturali.provincia.roma.it.
- ^ La Triade Capitolina, su tibursuperbum.it. URL consultato il 20 maggio 2020.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Eugenio Moscetti, Il rinvenimento del gruppo scultoreo della Triade Capitolina nella villa romana dell'Inviolata (Guidonia Montecelio), in Atti e Memorie della Società Tiburtina di Storia e Arte, LXVII, 1994, pp. 181-193.
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