Tebe | |
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Rovine della città antica | |
Nome originale | Θῆβαι |
Cronologia | |
Fondazione | Primi secoli dell'età del bronzo (circa III millennio a.C.)[senza fonte] |
Fine | 335 a.C. |
Causa | Conquista e distruzione di Alessandro il Grande |
Rifondazione | 316 a.C. |
Fine | 87 a.C. |
Causa | Repressione della ribellione da parte di Silla |
Rifondazione | 315 |
Territorio e popolazione | |
Nome abitanti | Tebani |
Lingua | Dialetto eolico |
Localizzazione | |
Stato attuale | Grecia |
Località | Tebe |
Coordinate | 38°19′22.82″N 23°19′13.46″E |
Cartografia | |
Tebe (in greco antico: Θῆβαι?, Thḕbai) fu una polis beotica, situata a nord del monte Citerone, che divide la Beozia dall'Attica, ai limiti meridionali della pianura della Beozia. Svolse un ruolo importante nella mitologia greca, luogo delle storie di Cadmo, Edipo, Dioniso e altri personaggi mitici.
Nel periodo miceneo attirò l'attenzione degli invasori dorici. La sua posizione centrale nella piana beotica fece diventare Tebe la polis dominante della Beozia, e sin dall'età arcaica i suoi abitanti cercarono di stabilire la supremazia completa sulle altre città che circondavano o erano nei pressi di Tebe.
Fu quindi la più grande città della Beozia e fu a capo della Lega beotica. Fu una grande rivale di Atene, e si schierò con l'Impero persiano durante la seconda guerra persiana. Con la vittoria nella battaglia di Leuttra nel 371 a.C., Tebe, sotto il comando di Epaminonda, divenne la città egemone greca, riuscendo a sconfiggere Sparta e la Lega peloponnesiaca, ma l'età d'oro della polis beotica non durò più di un decennio. Il battaglione sacro di Tebe, un'unità militare d'élite, è noto per esser caduto a Cheronea nel 338 a.C. contro Filippo II e Alessandro di Macedonia. Tre anni dopo, la città si ribellò ad Alessandro, che per punizione la rase al suolo, venendo rifondata dopo la morte del sovrano macedone.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Mito fondativo
[modifica | modifica wikitesto]Secondo il mito, che non ha conservato memoria delle età precedenti quella micenea, Tebe sarebbe stata fondata da Cadmo, giunto dalla Fenicia[1]. La notizia della venuta di Cadmo fu suggerita forse dall'esistenza della "Cadmea". A Tebe regnarono in successione, dopo Cadmo e i suoi discendenti, re di dinastia beota: Penteo e Polidoro, Nitteo e Laddamo, Nitteo e Laio, Lico e Laio, Anfione, Laio II, Creonte, Edipo, Eteocle, Creonte tutore di Laodamante, Tersandro, forse Autesione, poi Tisamene, Damasittone, Tolomeo e Xanto[2].
Origini
[modifica | modifica wikitesto]Sui più antichi abitanti della Beozia, e quindi anche di Tebe, non si hanno dati sicuri. I reperti archeologici mostrano che l'acropoli della Tebe antica, la cosiddetta "Cadmea", era abitata già nell'età elladica (III-II millennio a.C.). Sono stati rinvenuti manufatti del XVI secolo a.C., perfino affreschi, che mostrano contatti di Tebe con la Creta minoica. In seguito Tebe fu un potente centro miceneo fino a quando il palazzo e le mura non furono distrutti poco tempo prima della guerra di Troia (ca. 1200 a.C.)[3].
Più tardi in Beozia fu costituita, probabilmente per difesa dalle mire espansionistiche di Orcomeno, la Lega beotica, una confederazione che comprendeva inizialmente 13 o 14 città, nessuna delle quali predominava sulle altre[4]. A Tebe la monetazione è documentata a partire dal VII secolo a.C. Attorno al VI secolo a.C. Tebe divenne, all'interno della Lega beotica, la città egemone, ossia la città a cui spettava il comando in caso di guerra. L'egemonia tebana minacciava l'uguaglianza effettiva dei membri della lega, suscitando i tentativi separatistici di alcune importanti città della Beozia, in particolar modo di Platea, che cercò fin dal 519 a.C. l'appoggio di Atene[5].
V secolo a.C.
[modifica | modifica wikitesto]Alla fine del VI secolo a.C., i Tebani ebbero il primo contatto con gli Ateniesi, che aiutarono il piccolo villaggio di Platea a mantenere la sua indipendenza contro Tebe, mentre sempre gli Ateniesi nel 506 a.C. respinsero un'incursione nell'Attica. L'avversione e la rivalità con Atene spiega l'atteggiamento antipatriottico che Tebe adottò durante la seconda guerra persiana (480-479 a.C.).
Anche se un contingente di 300 uomini fu inviato alle Termopili, l'aristocrazia tebana, subito dopo, unì le forze con Serse I di Persia e con grande forza e zelo combatté al fianco dei persiani nella battaglia di Platea nel 479 a.C. I Greci vittoriosi in seguito punirono Tebe privandola dell'egemonia sulla Lega beotica. Gli Spartani volevano addirittura espellere Tebe dall'anfizionia delfica ma questa proposta non fu attuata per intercessione di Atene; Pausania, dopo un assedio, la conquistò instaurandovi un governo democratico. Ma i tentativi di instaurare la democrazia a Tebe fallirono in quanto l'ordinamento democratico presupponeva una base sociale che non esisteva in Beozia: l'economia in questa regione era essenzialmente agricola e il potere era nelle mani di aristocratici latifondisti; l'artigianato e il commercio non erano sviluppati, le più grandi città in realtà non erano altro che grossi borghi privi di plebi urbane.
Nel 457 a.C. Sparta, nel cercare una polis che ostacolasse Atene nella sua avanzata nella Grecia centrale, cambiò la sua politica e Tebe divenne nuovamente la potenza dominante in Beozia. Gli Ateniesi occuparono la rocca Cadmea tra il 457 e il 447 a.C. Anche quando Atene tentò invano di occupare l'intera Beozia nel 431 a.C., incontrando una fiera resistenza tebana.
Tebe non riconobbe mai l'egemonia ateniese in Beozia e, dopo le sconfitte di Atene a Coronea (447 a.C.) e soprattutto a Delio (424 a.C.), la classe aristocratica riprese il potere a Tebe, che riconquistò il ruolo egemonico in seno alla Lega beotica[6].
Nella guerra del Peloponneso i Tebani, poiché Atene frustrava ogni loro tentativo di espansione in Beozia, furono fermi alleati di Sparta, che a sua volta li aiutò ad assediare Platea, città alleata di Atene, e permise loro di distruggere la città dopo la sua cattura nel 427 a.C. Nel 424 a.C., i Tebani inflissero una severa sconfitta su una forza d'invasione ateniese nella battaglia di Delio, e per la prima volta mostrò la sua forza militare, dovuta alla tattica della falange obliqua, che l'avrebbe elevata a potenza predominante in Grecia.
Alleanza con Atene
[modifica | modifica wikitesto]Dopo la caduta di Atene e la fine della guerra del Peloponneso, i Tebani, avendo saputo che gli Spartani non avevano intenzione di proteggere le città loro alleate, ruppero l'alleanza. Tebe, che aveva sollecitato Sparta a radere al suolo Atene, nel 403 a.C. aveva segretamente sostenuto il restauro della democrazia nella città dell'Attica, al fine di trovare in essa una buona alleata contro Sparta. Il mutamento nella politica estera può essere attribuito a un governo democratico moderato subentrato a Tebe a quello aristocratico.
Nel 395 a.C., forse influenzati in parte dall'oro inviato dai Persiani, formarono una lega contro Sparta: la città partecipò al fianco di Atene, Argo e Corinto alla guerra di Corinto e vinse la battaglia di Aliarto (395 a.C.). La successiva pace comune di Antalcida (386 a.C.), espressione dell'egemonia spartana, negava però a Tebe l'egemonia sulla Beozia e ordinava lo scioglimento della Lega beotica.
Nel 382 a.C. lo spartano Febida occupò la rocca Cadmea con un colpo di mano, sostituì i governanti democratici con aristocratici filo-spartani e pose quindi Tebe sotto il diretto controllo spartano; il re di Sparta Agesilao II avallò queste gesta permettendo che Ismenia, il principale democratico popolare tebano, fosse messo a morte[7]. L'opposizione democratica in esilio ad Atene, guidata da Pelopida, si alleò con i moderati rimasti a Tebe, guidati da Epaminonda, e con una impresa audace riuscì a ripristinare lo Stato tebano (379 a.C.). L'episodio segnò l'inizio di una serie di eventi che culminarono addirittura con l'egemonia di Tebe, sia pure di breve durata, sul resto della Grecia.
Egemonia tebana
[modifica | modifica wikitesto]Nelle guerre seguenti con Sparta, l'esercito tebano, addestrato e guidato da Epaminonda e Pelopida, si dimostrò il migliore della Grecia. Tebe stabilì il suo potere su tutta la Beozia, e nel 371 a.C. riportò una notevole vittoria sugli Spartani a Leuttra e i vincitori furono salutati in tutta la Grecia come liberatori. Alla testa di una grande coalizione e della Lega beotica, Tebe paralizzò l'economia spartana liberando da Sparta molti Iloti, la base dell'economia di Sparta.
Nel 362 a.C. i Tebani sconfissero nuovamente gli Spartani nella battaglia di Mantinea, dove però Epaminonda morì. Poiché anche Pelopida era morto due anni prima, Tebe rimase senza i due personaggi artefici del successo militare e in poco tempo il dominio tebano si sgretolò (tra l'altro la Beozia era una delle regioni più povere della Grecia), anche sotto la pressione del Regno di Macedonia.
Distruzione di Tebe
[modifica | modifica wikitesto]Nella terza guerra sacra (356-346 a.C.) Tebe, non riuscendo nemmeno a mantenere il suo predominio sulla Grecia centrale, chiese l'aiuto di Filippo II di Macedonia, che sconfisse i Focesi ma nello stesso tempo s'intromise negli affari del mondo greco. Il pericolo macedone spinse Tebe ad allearsi con Atene, ma le forze greche furono sconfitte nella battaglia di Cheronea: la Lega beotica venne sciolta, e Tebe dovette versare alla Macedonia enormi riparazioni di guerra e accettare un presidio macedone nella città.
Nel 335 a.C. i Tebani e gli Ateniesi si ribellarono ancora una volta contro i Macedoni, ma il successore di Filippo, Alessandro Magno, creduto dall'ateniese Demostene (il principale fautore della politica antimacedone) un ragazzino sciocco (tra l'altro si era diffusa in Grecia la notizia della morte di Alessandro in una sua spedizione) reagì immediatamente; mentre le altre città si arresero, Tebe decise di resistere energicamente. Tuttavia questa resistenza fu inutile: la città fu rasa al suolo, con l'eccezione, secondo la tradizione, della casa del poeta Pindaro e dei templi dell'acropoli e il suo territorio fu diviso tra le altre città della Beozia. Inoltre, gli stessi Tebani furono venduti come schiavi. Alessandro risparmiò solo i sacerdoti, i generali favorevoli al dominio macedone e i discendenti di Pindaro. La distruzione di Tebe intimorì Atene, che si sottomise ad Alessandro.
Periodo ellenistico e romano
[modifica | modifica wikitesto]Cassandro I permise ai Tebani di ricostruire la loro città nel 316 a.C. Tebe fu assediata e presa da Demetrio Poliorcete nel 293 a.C. La città riprese la sua autonomia nel 287 a.C. e divenne alleata di Lisimaco e della Lega etolica.
Nel 146 a.C. Tebe fu conquistata da Roma[8]. Fece parte della provincia di Acaia. Tentò di ribellarsi ai Romani all'epoca delle guerre mitridatiche, per cui nell'87 a.C. venne occupata da Silla, che le tolse metà del territorio. Da allora la decadenza fu irreversibile.
Nel II secolo d.C., Pausania il Periegeta riferisce che Tebe e il territorio circostante erano ormai disabitati e che solo poche persone abitavano nella rocca Cadmea[9]. La città fu rifondata nel 315, ma da quel momento non fu più parte importante della scena politica della Grecia.
Nel Medioevo
[modifica | modifica wikitesto]Nell'XI secolo vi fiorì l'industria della seta e delle tintorie di porpora: il centro riacquistò l'aspetto di una città e attrasse mercanti stranieri (la vivacità economica che ne derivò favorì l'insediamento di una notevole comunità ebraica romaniota[senza fonte]). Nel 1147 fu saccheggiata dai Normanni di Sicilia. Divenne poi capitale del Ducato di Atene, costituito nel 1205 sotto la signoria dei de la Roche, conoscendo un periodo di prosperità. A partire dal 1311 fu sotto il dominio catalano-aragonese. Nel 1388 il ducato passò alla famiglia fiorentina degli Acciaiuoli e per Tebe fu una nuova fase di floridezza. Nel 1460 fu conquistata dai Turchi, vi cessò il commercio e tornò a decadere.[10]
La città moderna
[modifica | modifica wikitesto]Architettura
[modifica | modifica wikitesto]Sette vie della città di Tebe sono illusionisticamente rappresentate nel Teatro Olimpico di Vicenza (1580).
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Pausania, Descrizione della Grecia op. cit. IX, V, pp. 220-221 (on-line).
- ^ Louis Mayeul Chaudon, Nuovo dizionario istorico: ovvero, Istoria in compendio di tutti gli uomini, che si sono renduti celebri per talenti, virtù, sceleratezze, errori, &c. dal principio del mondo sino a nostri giorni. Napoli: M. Morelli, 1794, pp. 189-190 (on-line).
- ^ Andrew Robert Burn, Storia dell'antica Grecia; traduzione di Filippo Gentili. Milano: A. Mondadori, 1991, Oscar saggi n. 458, ISBN 88-04-41149-X, pp. 51-54
- ^ Cinzia Bearzot, Federalismo e autonomia nelle Elleniche di Senofonte. Milano: Vita e Pensiero, 2004, ISBN 88-343-1113-2
- ^ Marta Sordi, "Mitologia e propaganda nella Beozia arcaica" in Scritti di storia greca in Marta Sordi, Scritti di storia greca, Milano: Vita e Pensiero, 2002, pp. 271-82, ISBN 88-343-0683-X, ISBN 978-88-343-0683-3
- ^ M.A. Levi, "XIV, Le istituzioni della polis" in Peter Levi et al., La Grecia e il mondo ellenistico, op. cit., pp. 306-357
- ^ Senofonte, Elleniche, V, 2, 35-37.
- ^ Uberto Pedroli, La Beozia dalla restaurazione di Tebe alla riduzione a provincia romana. Pistoia: Giuseppe Fiori, 1899
- ^ Pausania, Descrizione della Grecia op. cit., Libro IX, VII, pp. 226-8 (on-line)
- ^ Tebe, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Tebe
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Tebe, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Pietro Vannicelli, TEBE, in Enciclopedia Italiana, V Appendice, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1995.
- Aldo Sestini, Arnaldo Momigliano, Angelo Pernice, TEBE, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1937.
- Tebe, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.