Sulpicia, detta Sulpicia minore[1] per distinguerla dall'omonima poetessa del Corpus Tibullianum (... – dopo il 98 d.C.), è stata una poetessa romana.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Sulpicia fu attiva durante il regno di Domiziano (81-96 d.C.) ed è nota principalmente attraverso degli epigrammi di Marziale.
Poco si sa della sua vita: era sposata con un certo Caleno, forse un mecenate dello stesso Marziale, che la cita in due suoi epigrammi lodandone la fedeltà. Uno di questi[2] si suppone essere una consolazione per la morte di Sulpicia[3], collocandola, quindi, tra il 95 e il 98 d.C., anche se si è anche avanzata l'ipotesi che si tratti di un carme successivo al divorzio tra Sulpicia e Caleno, o anche un carme per celebrare un anniversario.
Dato che Sulpicia è anche il nome di un'altra poetessa romana (giuntaci come appartenente al Corpus Tibullianum), è stato suggerito che si possa trattare di uno pseudonimo.
Opera
[modifica | modifica wikitesto]Pare che Sulpicia abbia scritto poesie erotiche o satiriche: ciò fa di lei l'unica donna conosciuta dell'antichità ad essere associata ad un genere comico. Dalle testimonianze sopravvissute, si suppone che scrivesse apertamente del suo desiderio sessuale per suo marito, cosa estremamente insolita tra le poetesse antiche. Tuttavia, Sulpicia ritrae il suo desiderio solo nel contesto del proprio matrimonio, a differenza degli altri poeti d'amore maschili dell'antica Roma.
Due righe del trimetro giambico attribuite a Sulpicia sono citate da uno scoliaste su Giovenale: questi versi sono generalmente accettati come l'unico frammento sopravvissuto della sua poesia. Il manoscritto originale con lo scolio è oggi perduto, ma è citato da Giorgio Valla nella sua edizione di Giovenale del 1486, attribuito a Sulpicius, e fu identificato per la prima volta come frammento di Sulpicia dallo studioso del XVI secolo Pierre Pithou, sulla base della menzione di Calenoː
«si me cadurci restitutis fasciis
nudam Caleno concubantem proferat»
«Se [qualcosa] mi rivelasse nuda con Caleno, quando sarà stata restituita la cintura di lino»
Sebbene i versi probabilmente provengano da uno dei poemi erotici su Caleno menzionati da Marziale, il testo trasmesso da Valla è incerto e il significato continua a essere dibattuto.
La Sulpiciae Conquestio
[modifica | modifica wikitesto]A lungo fu attribuito a Sulpicia un poema in esametri di circa 70 versi sulla cacciata da Roma dei filosofi greci da parte di Domiziano. Il poema ci è giunto attraverso un'antologia degli inizi del V secolo, i cosiddetti Epigrammata Bobiensia[4], un'antologia conservata nell'abbazia di Bobbio, ora perduta. Il testo, tuttavia, deriva da una trascrizione del manoscritto effettuata alla fine del XV secolo, presente in quattro copie[5].
Il poema, noto come Sulpiciae Conquestio ("Il lamento di Sulpicia")[6] fu dato alle stampe per la prima volta nel 1498 e la sua attribuzione alla poetessa rimase indiscussa fino alla seconda metà del XIX secolo. Nel 1873 Emil Baehrens fu il primo a ipotizzare che si trattasse invece di un'opera tardoantica. Gli studiosi moderni generalmente ritengono che l'opera non appartenga a Sulpicia e sia stata composta nel IV o V secolo d.C.
L'unica informazione su Sulpicia che la Conquestio aggiunge a quelle trasmesse da Marziale è la menzione di tre poesie da lei scritte in endecasillabi, trimetri giambici e scazonti. Non è chiaro il motivo per cui il poema imitasse Sulpicia, considerato che la poetessa era associata dai contemporanei alla poesia amorosa, piuttosto che alla satira politica (genere cui propriamente appartiene la Conquestio).
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Talora indicata anche come Sulpicia Caleni (moglie di Caleno), l'altra Sulpicia o Sulpicia II.
- ^ Epigrammi X, 38.
- ^ Diotima, su web.archive.org, 5 aprile 2019. URL consultato il 22 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 5 aprile 2019).
- ^ Il componimento è il n. 37 della raccolta.
- ^ Diotima, su web.archive.org, 16 maggio 2017. URL consultato il 22 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 16 maggio 2017).
- ^ L’ultima edizione critica, del 2000l, a cura del filologo canadese J. L. P. Butrica, si può leggere su http://www.curculio.org/Sulpiciae/; sempre di Butrica, introduzione, riassunto, traduzione inglese e note esplicative sono su http://www.stoa.org/diotima/anthology/complaint.shtml.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Italo Lana, La satira di Sulpicia. Studio critico, testo e traduzione, Torino, Giappichelli, 1949.
- Amy Richlin, Sulpicia the Satirist, in "Classical World", 86 (1992), pp. 125-140.
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Sulpìcia, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Massimo Lenchantin De Gubernatis, SULPICIA, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1936.
- (LA) Opere di Sulpicia minore, su Musisque Deoque.
- (LA) Opere di Sulpicia minore, su PHI Latin Texts, Packard Humanities Institute.
- (EN) Opere di Sulpicia minore, su Open Library, Internet Archive.
- (EN) Opere di Sulpicia minore, su Progetto Gutenberg.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 808593 · ISNI (EN) 0000 0004 4038 626X · SBN SBLV223732 · BAV 495/42606 · CERL cnp00400673 · LCCN (EN) n88092607 · GND (DE) 118799398 · BNE (ES) XX4441641 (data) · BNF (FR) cb10256243t (data) · J9U (EN, HE) 987007268623505171 · CONOR.SI (SL) 293631075 |
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