Contea di Shelby v. Holder Contea di Shelby contro Holder | |
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Tribunale | Corte suprema degli Stati Uniti d'America |
Caso | 570 U.S. 529 133 S. Ct. 2612; 186 L. Ed. 2d 651 |
Data | 27 febbraio 2013 |
Sentenza | 25 giugno 2013 |
Giudici | John Roberts (Presidente della Corte) · Antonin Scalia · Anthony Kennedy · Clarence Thomas · Ruth Bader Ginsburg · Stephen Breyer · Samuel Alito · Sonia Sotomayor · Elena Kagan |
Opinione del caso | |
La sezione 4 del Voting Rights Act of 1965 è incostituzionale; non esistono più motivi per sottoporre le leggi elettorali di questi stati ad un controllo preventivo | |
Leggi applicate | |
XIV e XV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d'America |
Contea di Shelby contro Holder (2013) è una sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti relativa alla costituzionalità di due disposizioni del Voting Rights Act[1], legge che mirava al rispetto dei diritti civili e allo smantellamento della segregazione razziale[2] emanata nel 1965 da Lyndon B. Johnson, il quale, all'atto della firma, la definì una delle leggi più importanti nella storia degli Stati Uniti[3].
Il 25 giugno 2013 la Corte suprema, dietro richiesta della contea di Shelby[4], ha dichiarato incostituzionale la sezione 4 del Voting Rights Act che sottoponeva alcuni stati del Sud a un controllo preventivo da parte degli organismi federali delle leggi emanate dagli Stati stessi o dalle giurisdizioni che ne fanno parte, per via della loro storia di discriminazione razziale[5] e in base alla loro storia di discriminazione nel voto; lo scopo era di evitare che nuove leggi fossero preclusive all'esercizio del diritto di voto da parte degli elettori afroamericani[2].
L'incostituzionalità sarebbe derivata dal fatto che, non sussistendo più i motivi che avevano condotto alla sezione 4, tale sezione era discriminatoria nei confronti di alcuni Stati, quindi in contrasto con l'articolo della Costituzione che sancisce la sovranità di ogni Stato.
La decisione è stata approvata con cinque voti a favore e quattro contrari[4].
Con l'abolizione della sezione 4, gli Stati hanno la possibilità di cambiare le leggi elettorali senza un preventivo controllo e di disporre nuove regole per la registrazione al voto[6][7].
Le prime elezioni in cui è stata applicata questa decisione si sono tenute nel 2016[8]. Dopo la sentenza, tuttavia, sono state decise limitazioni del diritto di voto in diversi Stati[9].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ La Corte Suprema degli Stati Uniti e il voto delle minoranze, su Il Post, 25 giugno 2013. URL consultato il 23 luglio 2019.
- ^ a b Stati Uniti – Corte Suprema: prima della pausa estiva tre rilevanti sentenze in tema di diritti, su federalismi.it. URL consultato il 24 luglio 2019.
- ^ STATI UNITI: Giulia Aravantinou Leonidi, La demolizione del Voting Rights Act 1965 e le sue implicazioni per la Presidential Election 2016 – Nomos, su nomos-leattualitaneldiritto.it. URL consultato il 24 luglio 2019.
- ^ a b (EN) Shelby County v. Holder, su oyez.org. URL consultato il 25 luglio 2019.
- ^ Usa, cancellato il 'Voting rights act': Stati del Sud potranno cambiare leggi elettorali, su Il Fatto Quotidiano, 26 giugno 2013. URL consultato il 23 luglio 2019.
- ^ (EN) Vann R. Newkirk II, How a Pivotal Voting Rights Act Case Broke America, su The Atlantic, 10 luglio 2018. URL consultato il 25 luglio 2019.
- ^ Redazione, Corte Suprema e libertà civili: le tendenze più recenti. Lezione di Chiara Bologna, di Sara D’Agati, Marta Gara, Lorenzo Carchini, Eleonora Ippoliti, Andi Shedu – C'era una volta l'«America», su ceraunavoltalamerica.it. URL consultato il 25 luglio 2019 (archiviato dall'url originale il 25 luglio 2019).
- ^ Luca Albino, Francesco Alicino e Felice Ancora, Scritti in onore di Sara Volterra, Giappichelli, 11 gennaio 2018, ISBN 9788892167995. URL consultato il 24 luglio 2019.
- ^ La demolizione del voting rights Act (PDF), su nomos-leattualitaneldiritto.it, p. 4.
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Sito ufficiale (PDF), su supremecourt.gov.
- (EN) Brian Duignan, Shelby County v. Holder, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.