Salvatore di Arischia (Arischia, ... – Arischia, ...; fl. XV secolo) è stato uno scultore italiano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Della vita di Salvatore di Arischia non si conosce quasi nulla. È noto però che nasce ad Arischia e si forma alla scuola dello zio Silvestro dell’Aquila. L’unica data storica certa nella quale viene menzionato lo scultore è il 1505[1].
Da giovane è attivo come aiutante nel completamento del mausoleo di San Bernardino nell’omonima basilica aquilana e, secondo J. Murray e O. Blewitt, la sua mano sarebbe rintracciabile anche nel monumento funebre di Maria Pereyra Camponeschi[2].
Una delle sue opere principali è l’imponente scultura del diavolo sulla facciata del Duomo di Orvieto, la quale viene ricordata in molte opere di storia dell’arte. Sullo stesso soggetto si riporta nella Corografia dell’Italia “sulla facciata rimarcasi il bel diavolo, capo lavoro in iscultura di Salvatore di Arischia”[3].
Lo scultore è attivo anche a Napoli nella realizzazione di alcune sculture dell’Arco Trionfale del re Alfonso V a Castel Nuovo[4][5].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Archivio biografico italiano: (ABI II) : cumulativo di 124 repertori biografici fra i più importanti a partire dalla fine del sec. XIX sino alla metà del sec. XX. Nuova serie, K.G. Saur Verlag, 1992, ISBN 978-3-598-33154-1. URL consultato il 10 marzo 2023.
- ^ (EN) John Murray (Firm) e Octavian Blewitt, Handbook for Travellers in Southern Italy: Being a Guide for the Continental Portion of the Kingdom of the Two Sicilies, Including the City of Naples and Its Suburbs, Murray, 1853. URL consultato il 10 marzo 2023.
- ^ Giovanni Battista Rampoldi, Corografia dell'Italia, Fontana, 1833. URL consultato il 10 marzo 2023.
- ^ (DE) Müller, Die Künstler aller Zeiten und Völker, oder, Leben und Werke der berühmtesten Baumeister, Bildhauer, Maler, Kupferstecher, Formschneider, Lithographen etc. von den frühesten Kunstepochen bis zur Gegenwart, Verlag von Ebner & Seubert, 1864. URL consultato il 10 marzo 2023.
- ^ J. Murray e O. Blewitt, Op.cit., p. 28.