Ponte Salario | |
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Localizzazione | |
Stato | Italia |
Città | Roma |
Attraversa | Aniene |
Coordinate | 41°56′23.47″N 12°30′31.04″E |
Dati tecnici | |
Tipo | ponte ad arco |
Materiale | tufo, cemento armato |
Realizzazione | |
Costruzione | ...-ricostruito nel 1930 |
Intitolato a | via Salaria |
Mappa di localizzazione | |
Ponte Salario è un ponte sopra il fiume Aniene attraversato dalla via Salaria, a Roma, nei quartieri Parioli e Trieste e nella zona Val Melaina.[1]
Si tratta dell'unico ponte sull'Aniene citato dagli antichi scrittori romani,[2] dell'ultimo ponte che l'Aniene sottopassa nel suo percorso prima di affluire nel Tevere.
«Eo certe anno Galli ad tertium lapidem Salaria uia trans pontem Anienis castra habuere.»
«In ogni caso, fu proprio in quell'anno che i Galli si accamparono a tre miglia da Roma, sulla via Salaria, al di là del ponte sull'Aniene.»
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Costruito dagli Etruschi[senza fonte], si trovava al terzo miglio della via Salaria,[3] sulla quale veniva trasportato il sale nella Sabina, vicino al villaggio di Antemnae, ricordato in relazione alle prime imprese di Romolo.
Secondo la leggenda, sul ponte Salario sarebbero passate le sabine vittime del rapimento dei romani;[senza fonte] nel 361 a.C. sarebbe avvenuto il duello tra Manlio Torquato e un gallo adornato di torques.[3]
Nel 211 a.C. Annibale, che aveva marciato contro Roma per allegerire l'assedio condotto dai romani contro Capua, si accampò con le proprie truppe dove l'Aniene quietamente si unisce al Tevere, ossia nella piana davanti al ponte Salario.[4]
Il ponte fu scelto, inoltre, come sede di accampamento di eserciti che invasero la città di Roma: nel 472 vi fece sosta il goto Ricimero; nel 537 Vitige, re dei Goti, che tuttavia non riuscì a saccheggiare l'Urbe, difesa a Porta Salaria da Belisario.
Fu quindi gravemente danneggiato nel 544 dagli Ostrogoti condotti da Totila durante l'assedio della città, conclusosi due anni dopo con la presa di Roma.[5]
Nel 728 nelle vicinanze del ponte avvenne lo scontro tra i Longobardi (giunti in difesa di papa Gregorio II) e l'esercito dell'esarca Paolo, inviato da Leone l'Isaurico, imperatore bizantino.[2]
Nel 1378 i Bretoni, ostili a papa Urbano VI, sconfissero i romani accorsi in aiuto del pontefice, uccisi e macellati come bestie[senza fonte]. Nel 1433 il ponte fu occupato dalle truppe di Nicolò Piccinino e per buona parte del 1485 fu occupato dagli Orsini.[2]
Tra il Settecento e l'Ottocento, il ponte fu distrutto diverse volte: nel 1799 i napoletani lo fecero saltare per impedire il passaggio dei francesi di Napoleone;[2] nel 1849 l'operazione fu ripetuta proprio dai francesi di Oudinot, che impedirono l'avanzata verso Roma delle truppe garibaldine. Nel 1874 il ponte fu ripristinato e restaurato.
Nel 1930, nell'ambito di lavori di allargamento della strada statale Salaria voluti dal governo fascista, il ponte venne ricostruito ex novo, cosa che comportò la perdita di ogni resto della struttura antica, ad eccezione di "due archi minori di sottorampa da una parte e dall'altra dell'arco centrale moderno".[5]
Tra la fine degli anni settanta e l'inizio degli anni ottanta, in occasione del raddoppio della Via Salaria, fu costruito un secondo ponte in cemento armato a est di quello originario per ospitare la carreggiata in direzione nord, mentre il ponte preesistente venne dedicato alla carreggiata in direzione sud.[senza fonte]
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Sulla base di analisi e ricostruzioni moderne,[6] il ponte Salario, largo 6,6 metri, presentava un grande arco centrale a tutto sesto con una campata di 24,9 metri, e due archi minori a tutto sesto con una campata di 3,4 metri. Era stato costruito in opera quadrata con tufo di Fidene e, per il grande arco centrale, con blocchi di travertino, mentre per il nucleo interno era stato adoperato il calcestruzzo.
La torre difensiva, rappresentata nell'incisione del Piranesi, e che risaliva al VII secolo, fortificata nel XV secolo, fu distrutta nel 1829.[2]
Trasporti
[modifica | modifica wikitesto]È raggiungibile dalla stazione Monte Antenne. |
È raggiungibile dalla stazione di Roma Nomentana. |
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Rendina, 1066-1067.
- ^ a b c d e Nibby, t. 2, p.593-596.
- ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VII, 9
- ^ Silio Italico, Punica, XII, 538.
- ^ a b Ponte Salario / Monumenti / Roma antica - Sovrintendenza, su sovraintendenzaroma.it. URL consultato il 7 gennaio 2023.
- ^ Quilici, pp. 108-109.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Antonio Nibby, Analisi storico-topografico-antiquaria della carta de’ dintorni di Roma, Roma, Tipografia delle belle arti, 1848, ISBN 88-541-0304-7.
- Claudio Rendina, Enciclopedia di Roma, Roma, Newton Compton Editori, 2005, ISBN 88-541-0304-7.
- Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli, Strade romane, ponti e viadotti, L'Erma di Bretschneider, 1996, ISBN 9788870629514.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Ponte Salario
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Ponte Salario, su Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. URL consultato l'11 dicembre 2019.