Palagio di Parte Guelfa | |
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Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Località | Firenze |
Coordinate | 43°46′10.34″N 11°15′13.26″E |
Informazioni generali | |
Condizioni | In uso |
Costruzione | XIV secolo |
Stile | rinascimentale |
Uso | convegni e manifestazioni artistiche, culturali e scientifiche sede dell'organizzazione del Calcio storico fiorentino, del corteo storico della Repubblica fiorentina e dell'Arciconfraternita di Parte Guelfa |
Il palazzo dei Capitani di Parte Guelfa, detto spesso anche "palagio" di Parte Guelfa[1], è un edificio storico di Firenze, situato tra l'omonima piazza di Parte Guelfa 1, il chiasso di San Biagio, via delle Terme 2B e via di Capaccio.
Il palazzo oggi fa parte di un complesso edilizio che occupa l'intero isolato e che comprende anche l'ex-chiesa di Santa Maria sopra Porta (o di San Biagio) e il palazzo dell'Arte della Seta: sebbene questi edifici contigui all'esterno siano chiaramente distinguibili, all'interno condividono i vani senza soluzione di continuità.
Oggi ospita, tra l'altro, le sedi del Calcio storico fiorentino, del corteo storico della Repubblica fiorentina, degli Sbandieratori degli Uffizi, e ospita convegni e manifestazioni artistiche e culturali promosse al Comune di Firenze. Al piano terra, su via delle Terme, ospita la sede della Sezione territoriale di zona centrale del Corpo di Polizia Municipale.
Il palazzo appare nell'elenco redatto nel 1901 dalla Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, quale edificio monumentale da considerare patrimonio artistico nazionale.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Origini
[modifica | modifica wikitesto]Dalla Cronica di Giovanni Villani sappiamo che nel 1267 la Parte Guelfa, fazione dominante in città, non possedeva ancora una propria sede e svolgeva le proprie riunioni nella chiesa di Santa Maria sopra Porta. In quell'anno, con la demolizione delle case e delle torri dei ghibellini Lamberti in un'area contigua alla chiesa, fu avviata l'edificazione di una residenza per i tre Capitani di Parte Guelfa, magistratura cittadina destinata a curare l'amministrazione dei beni confiscati e a provvedere alla manutenzione della città (fortificazioni, edifici pubblici e viabilità). La costruzione originaria era costituita da una sala di riunione al primo piano, posta su cinque botteghe al piano terra e raggiungibile con una scala esterna in pietra. Nel 1304 un incendio distrusse questo primo nucleo, venendo poi ricostruito entro il 1324 e progressivamente ampliato dal lato di via delle Terme e di via di Capaccio, andando a serrarsi al fianco della chiesa e del palazzo dell'Arte della Seta. È proprio su via delle Terme che restano le tracce di questo palazzo "vecchio", eretto su più antiche case degli Scolari e degli Spadi.
Nel Trecento sono documentate importanti decorazioni poi andate perdute, come il grande affresco sulla facciata di Gherardo Starnina e le pitture di Giotto all'interno.
Intervento di Brunelleschi e suoi seguaci
[modifica | modifica wikitesto]Sul lato di via di Capaccio, sfruttando il piano terreno trecentesco, Filippo Brunelleschi iniziò a costruire l'attuale e ulteriore corpo fino via delle Terme[2] destinato ad accogliere la nuova sala del consiglio detta "sala Grande"[3] (1418, cantiere interrotto nel 1420 e poi ripreso nel 1425[4] e sospeso durante le guerre contro Lucca e Milano del 1426-1431), proseguito da Francesco della Luna (così secondo Giorgio Vasari) nella prima metà del Quattrocento e rimasto interrotto alla metà dei grandi occhi sormontanti i finestroni.
Intorno al 1452 lo scalpellino Maso di Bartolomeo mise in opera l'interno della sala, caratterizzato da paraste in pietra serena. A quella data il corpo di fabbrica doveva quindi essere coperta sia pure, probabilmente, ad una quota più bassa dei quanto progettato.
Intervento di Vasari
[modifica | modifica wikitesto]Sul lato di via di Capaccio vi fu inoltre un'ulteriore aggiunta di completamento dovuta a Giorgio Vasari (1589 ca.), resasi necessaria nel momento in cui qui vennero trasferiti gli uffici del Monte Comune (1557).
Il Vasari, per raccondare i nuclei esistenti, completò in altezza la Sala Grande, coprendola con un soffitto ligneo a cassettoni tuttora esistente, e costruì un nuovo scalone (oggi trasformato e in parte demolito).
Deperimento e restauri
[modifica | modifica wikitesto]I Capitani risiedettero nel palazzo fino al 1769, quando la magistratura e il Monte Comune vennero soppressi, e l'edificio passato alla comunità di Firenze. Col tempo sia la chiesa di San Biagio, anche questa soppressa nel 1785, sia il 'palagio', ridotto a caserma, decaddero miseramente e ancora così li mostrano le fotografie che documentano, nel tardo Ottocento, l'adattamento del complesso a sede del Corpo dei Pompieri, con la chiesa alterata da un grande portone aperto sul suo fianco per favorire l'intervento dei 'carri di volata' che qui stazionavano. Destinati alla demolizione durante i progetti di Risanamento, furono salvati grazie alla decisa azione dell'Associazione in difesa della Firenze antica, fondata nel 1898 e forte dell'apporto di molti intellettuali stranieri.
Negli anni venti del Novecento l'intera fabbrica fu oggetto di un complesso intervento di restauro e di ricostruzione (1921-1922), ideato e voluto da Alfredo Lensi, direttore dell'Ufficio Comunale di Belle Arti, che portò al ripristino della bifora gotica e della merlatura del palazzo (chiaramente leggibili nella documentazione fotografica ottocentesca) e l'invenzione della scala esterna, ispirata all'illustrazione del Codice Rustici (del 1450 circa). Dispersi ormai irrimediabilmente la maggior parte degli arredi originali, negli interni vennero reimpiegati alcuni frammenti architettonici provenienti da edifici antichi demoliti del centro.
Al 1922 si data anche la nuova e attuale denominazione della piazza, già intitolata a San Biagio. Dal 1923 al 1940 fu qui ospitato il Gabinetto Vieusseux.
Nell'agosto del 1944 il complesso si trovò - riportando fortunatamente solo danni riparabili - al limitare della zona distrutta dalle mine poste dall'esercito tedesco in ritirata e questo fronte si trovò godibile in tutto il suo insieme, non più occultato dalla cortina di case di via Por Santa Maria[5]. Fu quindi discussa e osteggiata la proposta di ricostruire la cortina di edifici, come in realtà poi accadde, pur ricavando un piccolo slargo in corrispondenza della fabbrica. Echi di tali polemiche sopravvivono ancora nel repertorio di Bargellini e Guarnieri: «quando le mine tedesche, nel 1944, distrussero le case di Por Santa Maria ad un cumulo di macerie, anche la via di Capaccio fu cancellata e venne in piena luce la bellissima architettura brunelleschiana della parte tergale del palazzo di Parte Guelfa. Invano si sperò che al posto della via di Capaccio fosse lasciata una piazza e che all'Arnolfo del Palazzo Vecchio facesse specchio il Brunelleschi del Palazzo di Parte Guelfa. Nonostante richieste, polemiche e proteste, si volle ricostruire la brutta quinta degli edifici moderni, e via di Capaccio divenne un'insipida striscia di lastrico, dal quale si può a stento vedere, oltre alla serena architettura brunelleschiana, la loggetta costruita da Giorgio Vasari, nel Cinquecento, per conto di Cosimo I».
Dopo i restauri, il palazzo fu destinato dal Comune a sede dell'Università Popolare (fino ai primi anni ottanta), poi ad altri enti.
Descrizione
[modifica | modifica wikitesto]Esterno
[modifica | modifica wikitesto]Fermo restando il giudizio critico nei confronti di un restauro decisamente disinvolto, non si può negare che l'attuale insieme che guarda alla piazza risulti oltremodo suggestivo, così come spesso accade con le ricostruzioni ottocentesche capaci di rispondere a quella esigenza di pittoresco che il turismo internazionale richiedeva. La facciata sulla piazzetta, sebbene molto pittoresca, è il maggiore frutto dei restauri neomedievali, con il ripristino della bifora gotica, della merlatura (di tipo guelfo) e la creazione ex novo della scaletta coperta. Sotto il merli si trovano quattro stemmi: uno inquartato forse di papa Giovanni XXII, due illeggibili (alcune fonti parlano del Comune e della Parte Guelfa) e uno della Casa d'Angiò.
Sull'ingresso di via del Capaccio si trova la parte attribuita ai progetti del Brunelleschi e del Vasari. Il primo si ispirò a edifici della tradizione architettonica medievale fiorentina, come Orsanmichele, rielaborandoli però fino ad arrivare a soluzioni di inedita geometria. "In questo palazzo sono evidenti gli inconfondibili caratteri formali dell'architettura brunelleschiana: leggere trabeazioni che corrono con ininterrotta linearità, delicato risalto di piani, modinature creatrici di ombre leggere e trasparenti, proporzioni delle finestre, tondi per le terracotte invetriate; tutto il linguaggio, infine, del grande maestro usato con mirabile senso di corrispondenza al nuovo tema"[6]. La parete esterna, in origine libera su tre lati, è in pietraforte, levigata e scandita da aperture ad arco a tutto sesto, appoggiate su una cornice classicheggiante e sormontate da grandi oculi ciechi, che nei progetti originali dovevano probabilmente essere aperti sulla sala, sviluppata fino una maggior altezza. Le cornici attorno a questi elementi sono graduate prospetticamente, studiate per una vista "d'infilata", cioè inclinata per via della strada angusta.
Sempre su questo lato dell'edificio si trova la loggetta pensile su mensoloni aggiunta da Vasari, con uno stemma mediceo in pietra dipinta opera del Giambologna.
Sul prospetto dal lato di via delle Terme risultano ben leggibili le varie addizioni al nucleo più antico, da riconoscere nella porzione che fa angolo con il chiasso di San Biagio, che presenta arcate di conci al terreno e una parte superiore a filaretto di pietra, con finestre ad arco ribassato, il tutto coronato da merli. Per quanto la situazione attuale sia il risultato dell'intervento di restauro del 1921-1922, si deve quindi riconoscere qui il "Palagio Vecchio dei Capitani". Segue, alla sinistra di questa porzione, un fronte quattrocentesco, di quattro assi per tre piani, graffito a finto ammattonato e ricco di ferri da facciata (attualmente è qui l'accesso al Corpo della Polizia Municipale, zona centrale). Qui si vede tra i graffiti lo scudo di pietra con l'insegna della Parte Guelfa e vi è ricordato un tabernacolo di legno con un dipinto settecentesco raffigurante la Madonna annunciata, andato distrutto con l'alluvione del 1966 (tranne l'immagine devozionale che dopo un restauro è stata collocata nei depositi del Museo Bardini).
Il palazzo è dotato di un cortile interno, confinante a nord con la parete esterna della chiesa di San Biagio. Presenta a ovest un balcone retto da mensoloni e coperto da una loggetta, mentre a est ha un ballatoio sporgente, poi coperto e chiuso da una muratura finestrata.
Interno
[modifica | modifica wikitesto]Notevoli anche gli interni, per lo più frutto dell'intervento in stile degli anni 1920, quando vennero ristrutturati utilizzando elementi decorativi provenienti dalle demolizioni ottocentesche dell'antico centro.
Il primo ambiente, dall'altissimo soffitto con capriate lignee, è la sala del Camino che deve il suo nome al caminetto con architrave in pietra serena, proveniente da una casa distrutta in Mercato vecchio, sulla cui cappa sono state dipinte le insegne della Parte Guelfa, del Comune di Firenze e la Croce del Popolo. Qui si trova un'esposizione permanente di armi e armature dei gruppi storici del Comune.
Segue la sala dei Drappeggi, che ha dei finti parati disegnati sulle pareti, un soffitto neomedievale con motivi presi dall'arte tessile e tre porte quattrocentesche in pietra serena reintegrate, che provengono da altrettanti edifici demoliti, e sono sormontate da tondi robbiani con al scritta "Ave Maria". Due di questi portali conducono alla sala d'Udienza o dei Capitani, del primo Quattrocento, con soffitto ligneo a lacunari e sottostante fregio ad archetti quadrilobi in pietra di carattere goticheggiante. Neogotica è la teoria di scudetti araldici dipinta, così come il finto drappeggio alle pareti; originale è invece il portale marmoreo quattrocentesco con colonnine tortili, battenti di rame dorato (su questo lato) e intarsiati (sul lato della portineria) e una formella con la Trinità, attribuita a Michelozzo (1420-1440).
Il grande Salone Brunelleschi, o Sala Grande, caratterizzato da pareti bianche intonacate spartite in campiture regolari da paraste in pietra serena con capitelli; le finestre ad arco sono inquadrate da alte cornici rettangolari, che sono riproposte anche sulle aperture cieche nei lati brevi. Il soffitto ligneo a lacunari venne aggiunto dal Vasari, mentre gli stalli lignei che corrono lungo tutto il basamento sono in stile tardo-cinquecentesco. Sopra il portale che mette in comunicazione con la Sala dei Drappeggi si trova una lunetta in terracotta policroma invetriata con la Madonna con il Bambino e due angeli (1470-1475 circa), opera di Luca della Robbia proveniente dalla demolita chiesa di San Pier Buonconsiglio.
A sud si trovano altri ambienti, oggi prevalentemente usati come uffici del Comune, organizzati attorno alla corte dell'ascensore (dove si trovava il perduto scalone vasariano) e decorati in parte da altri frammenti del centro antico; una parte di quesi ambienti si sviluppa nei piani superiori del palazzo dell'Arte della Lana.
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Il cortile
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Pianta del primo piano del palazzo
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La lunetta di Luca della Robbia
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La Sala dei Drappeggi
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La Sala del Camino
Lapidi
[modifica | modifica wikitesto]Sulla scalinata esterna si trova una lapide del 1962 che ricorda che donne partigiane durante la Resistenza.
La lapide non fa alcun nome specifico, sebbene venga da pensare a figure come Teresa Mattei; ciò perché forse si volle onorare soprattutto quelle figure sfuggite alla storia, i cui nomi raramente travalicarono i confini della stretta cerchia personale o dei singoli quartieri. Un esempio ricostruito da Lorella Pellis ed Elena Giannarelli è quello della partigiana "Luana", che dopo la guerra visse ai margini della società nel quartiere di San Lorenzo[7].
All'interno, nella sala del Camino o delle Bandiere, una lapide del 2012 ricorda l'istituzione della figura del Gonfaloniere della Comunità, che divenne poi la figura del sindaco.
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Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ "Palagio" (dal latino palatium) è un nome usato principalmente nel medioevo per indicare i palazzi in genere più grandi delle case-torri, come quelli del podestà. A Firenze è il nome che è rimasto a quei palazzi di dimensioni medio-piccole edificati nel Trecento e che erano delle vie di mezzo tra le case-torri medievali e i futuri palazzi signorili.
- ^ L'unica fonte che lega il nome di Brunelleschi al Palazzo di parte Guelfa è la Vita di Filippo Brunelleschi di Antonio di Tuccio Manetti: Sara Benzi, Op. cit, 2006
- ^ Sara Benzi, Il Palagio di Parte Guelfa a Firenze, Firenze University Press, 2006
- ^ L'intervento di Brunelleschi, ed in generale tutto il cantiere dell'ampliamento della Sala Grande, potrebbe essere posticipato agli anni '30 del secolo:Sara Benzi, Op. cit, 2006
- ^ Si veda una fotografia negli Archivi Alinari scattata in quel periodo
- ^ Chierici, cit.
- ^ Nel libro Donne di Pietra. Storie al femminile «scolpite» sui muri di Firenze, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2015.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Federico Fantozzi, Nuova guida ovvero descrizione storico artistico critica della città e contorni di Firenze, Firenze, Giuseppe e fratelli Ducci, 1842, pp. 583-584;
- Federico Fantozzi, Pianta geometrica della città di Firenze alla proporzione di 1 a 4500 levata dal vero e corredata di storiche annotazioni, Firenze, Galileiana, 1843, p. 59, nn. 112-113;
- Nuova guida della città di Firenze ossia descrizione di tutte le cose che vi si trovano degne d’osservazione, con piante e vedute, ultima edizione compilata da Giuseppe François, Firenze, Vincenzo Bulli, 1850, pp. 158-159;
- Carl von Stegmann, Heinrich von Geymüller, Die Architektur der Renaissance in Toscana: dargestellt in den hervorragendsten Kirchen, Palästen, Villen und Monumenten, 11 voll., München, Bruckmann, 1885-1908, I, p. 25, tav. 5 (Brunelleschi);
- Il Palazzo di Parte Guelfa, in "Arte e Storia", XIX, 1900, 21, p. 139;
- Ministero della Pubblica Istruzione (Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti), Elenco degli Edifizi Monumentali in Italia, Roma, Tipografia ditta Ludovico Cecchini, 1902, p. 249;
- Walther Limburger, Die Gebäude von Florenz: Architekten, Strassen und Plätze in alphabetischen Verzeichnissen, Lipsia, F.A. Brockhaus, 1910, n. 541;
- Carlo Papini, Le celebrazioni del Centenario Dantesco, in "Arte e Storia", XL, 1921, 2, pp. 73-77;
- Carlo Papini, La celebrazione del Secentenario Dantesco, in "Arte e Storia", XL, 1921, 3, pp. 102-106;
- Il restauro del Palagio di Parte Guelfa, in "La Nazione", 26 ottobre 1922 (anche in Mauro Cozzi, Gabriella Carapelli, Edilizia in Toscana nel primo Novecento, Firenze, Edifir, 1993, pp. 201-203);
- Augusto Garneri, Firenze e dintorni: in giro con un artista. Guida ricordo pratica storica critica, Torino et alt., Paravia & C., s.d. ma 1924, p. 81, n. XL;
- Mario Salmi, Il palazzo della Parte Guelfa di Firenze e Filippo Brunelleschi, in "Rinascimento", II, 1951, 1, pp. 3-11;
- Gino Chierici, 00Il palazzo italiano dal secolo XI al secolo XIX00, 3 voll., Milano, Antonio Vallardi, 1952-1957, I, 1952, p. 74;
- Gunter Thiem, Christel Thiem, Toskanische Fassaden-Dekoration in Sgraffito und Fresko: 14. bis 17. Jahrhundert, München, Bruckmann, 1964, p. 136, n. 80, tav. 6;
- Walther Limburger, Le costruzioni di Firenze, traduzione, aggiornamenti bibliografici e storici a cura di Mazzino Fossi, Firenze, Soprintendenza ai Monumenti di Firenze, 1968 (dattiloscritto presso la Biblioteca della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di Firenze Pistoia e Prato, 4/166), n. 541;
- I Palazzi fiorentini. Quartiere di San Giovanni, introduzione di Piero Bargellini, schede dei palazzi di Marcello Jacorossi, Firenze, Comitato per l’Estetica Cittadina, 1972, p. 73, n. 121, p. 75, n. 125, p. 111, n. 207;
- Touring Club Italiano, Firenze e dintorni, Milano, Touring Editore, 1974, p. 302;
- Piero Bargellini, Ennio Guarnieri, Le strade di Firenze, 4 voll., Firenze, Bonechi, 1977-1978, I, 1977, p. 190; III, 1978, pp. 38-39;
- Il Monumento e il suo doppio: Firenze, a cura di Marco Dezzi Bardeschi, Firenze, Fratelli Alinari Editrice, 1981, pp. 19, 25, 67-69;
- Diane Finiello Zervas, The Parte Guelfa Palace, Brunelleschi and Antonio Manetti, in "The Burlington Magazine", 1984, 126, pp. 494-499;
- Stefano Bertocci in Firenze. Guida di Architettura, a cura del Comune di Firenze e della Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze, coordinamento editoriale di Domenico Cardini, progetto editoriale e fotografie di Lorenzo Cappellini, Torino, Umberto Allemandi & C., 1992, p. 51, n. 28; Trotta 1992, p. 31;
- Mauro Cozzi, Gabriella Carapelli, Edilizia in Toscana nel primo Novecento, Firenze, Edifir, 1993, pp. 148-150;
- Guido Zucconi, Firenze. Guida all’architettura, con un saggio di Pietro Ruschi, Verona, Arsenale Editrice, 1995, p. 53, n. 54;
- Marcello Vannucci, Splendidi palazzi di Firenze, Le Lettere, Firenze 1995.
- Carlo Francini, La scala del Palazzo di Parte Guelfa, in "Bollettino della Società di Studi Fiorentini", 1999, 4, pp. 163-164;
- Giorgio Caselli, Sulla demolizione della volta di San Biagio, in "Bollettino della Società di Studi Fiorentini", V, 1999 (2000), pp. 166-168;
- Franco Cesati, Le strade di Firenze. Storia, aneddoti, arte, segreti e curiosità della città più affascinante del mondo attraverso 2400 vie, piazze e canti, 2 voll., Roma, Newton & Compton editori, 2005, II, pp. 453-454;
- Franco Cesati, Le piazze di Firenze. Storia, arte, folclore e personaggi che hanno reso famosi i duecento palcoscenici storici della città più amata nel mondo, Roma, Newton & Compton editori, 2005, pp. 156-159;
- Touring Club Italiano, Firenze e provincia, Milano, Touring Editore, 2005, p. 244; Adsi 2009/1, pp. 32-34.
- Sara Benzi, Luca Bertuzzi, Il Palagio di Parte Guelfa a Firenze, Firenze, Firenze University Press, 2006;
- Sara Benzi, Il palagio di Parte Guelfa. Giorgio Vasari, in Ammannati e Vasari per la città dei Medici, a cura di Cristina Acidini e Giacomo Pirazzoli, Firenze, Polistampa, 2011, p. 190.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikiquote contiene citazioni di o su palagio di Parte Guelfa
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul palagio di Parte Guelfa
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Sito del Comune di Firenze da cui è tratta la versione originale della voce in GFDL (vedi autorizzazione).
- Sito ufficiale del palazzo con storia dettagliata e fotografie, su caffeina.org. URL consultato il 21 aprile 2006 (archiviato dall'url originale il 26 aprile 2006).
- Guido Pampaloni, Capitani di Parte guelfa, Enciclopedia dantesca (1970) Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani
- Claudio Paolini, schede nel Repertorio delle architetture civili di Firenze di Palazzo Spinelli (testi concessi in GFDL).
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