Il Maestro Espressionista di Santa Chiara (... – XIV secolo) è stato un pittore italiano della scuola di Giotto, attivo in Umbria tra la fine del Due e i primi decenni del Trecento.
La denominazione si riferisce agli affreschi frammentari nel braccio destro del transetto (Giudizio finale, Sposalizio della Vergine, Annuncio a Gioacchino, Strage degli Innocenti, Fuga in Egitto, Gesù nel Tempio, Morte ed Esequie di santa Chiara) e quelli nelle vele della crociera principale (Maria e santa Chiara, Sante Agnese vergine sorella di Chiara e Agnese martire, Sante Caterina d'Alessandria e Margherita d'Antiochia, Sante Lucia e Cecilia) della basilica di Santa Chiara ad Assisi, e non va confuso col Maestro di Santa Chiara, pittore invece pregiottesco la cui opera eponima pure si trova nella stessa basilica, una tavola con la figura di Santa Chiara e storie della sua vita.
Attività
[modifica | modifica wikitesto]Fu Thode, all'inizio del Novecento, a delineare questa personalità anonima per primo, seguito da Roberto Longhi (1963) che lo credette fiorentino e lo definì "agrodolce espressionista" circoscrivendo la sua attività ad Assisi tra il 1315 e il 1330.
Già a quell'epoca gli era riferito il Trittico con Crocifissione e santi nella cappella del Sacramento di Santa Chiara, a cui Longhi aggiunse il dittico con Crocifissione e Madonna in trono tra angeli al Louvre. Luciano Bellosi (1966 e 1974) invece riferì l'artista all'ambito umbro, e propose di fonderlo con Maestro del Crocifisso di Montefalco, estratto da Previtali (1967) da alcune opere umbre già attribuite al Maestro della Santa Cecilia. Bellosi riferì dunque alla fase giovanile del Maestro Espressionista il crocifisso della pinacoteca comunale di Montefalco e quello nel museo civico di Assisi, con datazione ai primi del Trecento. Tale data è in genere accettata anche per gli affreschi di Santa Chiara, con l'eccezione di Angelini (1988) che li riferì addirittura alla fine del Duecento, datando le Storie di san Francesco nella basilica superiore al 1292.
Boskovits (1981) gli riferì anche una parte degli affreschi della sala dei Notari nel palazzo dei Priori a Perugia (1296-1297), ipotesi non confermata da Bellosi. Più probabilmente è da registrare la sua partecipazione agli affreschi della Cappella di San Nicola nella basilica inferiore di Assisi, assieme al Maestro di San Nicola. Alcuni poi leggono un suo possibile intervento in alcune storie della vicina cappella della Maddalena, generalmente riferita a Giotto e la sua bottega.
Tra le altre opere ad esso attribuite, una croce nella collezione Stoclet di Bruxelles, una nella chiesa di Sant'Andrea a Spello, una al museo di Cleveland, una a Roma (Museo nazionale di Palazzo Venezia), quattro tavole in collezione privata pubblicate da Previtali (1967, S. Francesco, Cristo benedicente, Santa Caterina, la Maddalena che riceve le vesti, per Bellosi solo quest'ultima), un San Tommaso (Bologna, collezione privata, post 1323), e un frammento di affresco nel Duomo di Assisi. Gli sono inoltre riferite alcune opere a Gubbio: gli affreschi della cappella Sforzolini nella chiesa di San Francesco, due dipinti nella cassa di Sant'Ubaldo in Santa Maria Nuova e la Maestà della Confraternita dei Battuti Bianchi, sulla facciata di Santa Maria dei Laici.
Il quadro che emerge è quello di un artista che a partire dall'esempio diretto di Giotto, se ne distacca gradualmente verso un maggiore coinvolgimento espressivo e patetico dei personaggi, ispirandosi al gusto più smaccatamente gotico transalpino.
Tra i tentativi di assegnargli un'identità, si registra quella di Neri Lusanna (1977) che porpose il nome di Palmerino di Guido, assistente di Giotto forse originario di Gubbio, citato in documenti del 1301, 1307, 1309 e 1321, o forse suo figlio Guiduccio Palmerucci, a cui Longhi riferì la produzione tarda associata al Maestro espressionista. Un altro documento anteriore al 1299 cita ad Assisi un certo Palmerino pittor de Senis, quindi senese. Un'altra ipotesi (Marchini, 1973; Manuali, 1982) fa il nome del maestro vetraio Angioletto, citato anche come pittore.
Appare invece tramontata l'ipotesi di identificare il maestro espressionista con il Maestro delle Vele, artista a lui vicino, così come col cosiddetto Parente di Giotto.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Joseph Archer Crowe, Giovanni Battista Cavalcaselle, A New History of Painting in Italy, from the Second to the Sixteenth Century, I, London 1864, p. 423;
- Henry Thode, Franz von Assisi und die Anfänge der Kunst der Renaissance in Italien, Berlin 19042, p. 625 (1885; trad. it. Francesco d'Assisi e le origini dell'arte del Rinascimento in Italia, a cura di Luciano Bellosi, Roma 1993);
- Pietro Toesca, Trecento, 1951, p. 674 n. 196;
- Roberto Longhi, In traccia di alcuni anonimi trecentisti, Paragone 14, 1963, 167, pp. 3–16: 10-13 (rist. in id., Opere complete, VII, Giudizio sul Duecento e ricerche sul Trecento nell'Italia centrale, Firenze 1974, pp. 22–25);
- Luciano Bellosi, La pittura dell'Italia centrale nell'età gotica (I maestri del colore), Milano 1966;
- Giovanni Previtali, Giotto e la sua bottega, Milano 1967 (19742), pp. 62, 376;
- Giovanni Previtali, Giotto: gli affreschi di Assisi, Milano 1969, pp. 15, 70-71;
- Pietro Scarpellini, Di alcuni pittori giotteschi nella città e nel territorio di Assisi, in Giotto e i giotteschi in Assisi, Roma 1969, pp. 211–270: 225-238;
- Miklós Boskovits, Un pittore "espressionista" del Trecento umbro, in Storia e arte in Umbria nell'età comunale, "Atti del VI Convegno di studi umbri, Gubbio 1968", Perugia 1971, I, pp. 115–130;
- Miklós Boskovits, Nuovi studi su Giotto e Assisi, Paragone 22, 1971b, 261, pp. 34–56;
- Pietro Scarpellini, Un capolavoro del Trecento umbro, ivi, 24, 1973, 279, pp. 3–31;
- Roberto Longhi, La pittura umbra della prima metà del Trecento. Lezioni di R. Longhi nell'anno accademico 1953-1954, a cura di Mina Gregori, ivi, 281-283, pp. 4–44;
- Giuseppe Marchini, Le vetrate dell'Umbria, in CVMAe. Italia, I, Roma 1973, pp. 154–155;
- Luciano Bellosi, Buffalmacco e il Trionfo della Morte, Torino 1974, pp. 76, 101 n. 38;
- Enrica Neri Lusanna, Percorso di Guiduccio Palmerucci, Paragone 28, 1977, 325, pp. 10–39: 12;
- Filippo Todini, Bruno Zanardi, La pinacoteca comunale di Assisi. Catalogo dei dipinti, Firenze 1980, pp. 42–45;
- Miklos Boskovits, Gli affreschi della Sala dei Notari a Perugia e la pittura in Umbria alla fine del XIII secolo, BArte, s. VI, 66, 1981, 9, pp. 1–41: 6, 24-25;
- Elvio Lunghi, Affreschi del "Maestro della Santa Chiara" (e la primitiva decorazione del duomo di Giovanni da Gubbio), Paragone 32, 1981, 381, pp. 59–66: 62-63;
- Giovanni Manuali, Aspetti della pittura eugubina del Trecento. Sulle tracce di Palmerino di Guido e di Angelo di Pietro, Esercizi 5, 1982, pp. 5–19;
- Luciano Bellosi, La pecora di Giotto, Torino 1985, pp. 34 n. 26, 133;
- Filippo Todini, Pittura del Duecento e del Trecento in Umbria e il cantiere di Assisi, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, II, pp. 375–413: 391-395;
- Elvio Lunghi, Maestro Espressionista di Santa Chiara, ivi, p. 632;
- Alessandro Angelini, Espressionista di S. Chiara, in Umbri e Toscani tra Due e Trecento, a cura di Luciano Bellosi, Torino 1988, pp. 81–89;
- Filippo Todini, La pittura umbra. Dal Duecento al primo Cinquecento, Milano 1989, I, p. 139;
- Elvio Lunghi, La decorazione pittorica della chiesa, in M. Bigaroni, H.R. Meier, E. Lunghi, La basilica di S. Chiara in Assisi, Perugia 1994, pp. 137–282.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Luisa Morozzi, Maestro Espressionista di S. Chiara, in Enciclopedia dell'arte medievale, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1997.
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