La latinizzazione fu il processo di abbandono del culto greco in favore del rito latino, ratificato dal Concordato di Melfi nel 23 agosto 1059 a seguito del Concilio di Melfi I, e avvenuto in tutte le diocesi dei territori sottratti nella penisola italiana ai Bizantini, su spinta delle casate normanne Altavilla e Drengot Quarrel, di accordo con la Santa Sede.
Il rapporto tra i Normanni e la Chiesa di Roma
[modifica | modifica wikitesto]I Normanni ebbero sempre reverenza verso la curia ed i luoghi sacri: «I Normanni trovarono una situazione religiosa sostanzialmente confusa e una intelaiatura ecclesiastica molto complessa con il controllo di numerosi territori da parte di Bisanzio. I Normanni intervennero sensibilmente sulla struttura organizzativa ecclesiastica».[1]
Innanzitutto nei territori oggetto della latinizzazione furono ristrutturate le provincie ecclesiastiche di Capua, Salerno e Benevento e vennero create nuove diocesi e nuove provincie ecclesiastiche. Una nuova sede vescovile fu creata ad Aversa; vanno aggiunte quelle create in Puglia e soggette alle sedi metropolitane di Trani, di Brindisi e di Taranto.
«Più lento, graduale e tempista che teneva conto delle situazioni contingenti, delle disponibilità di collaborazione dei vescovi greci, della pressione delle popolazioni a maggioranza greca, delle tradizioni religiose delle singole comunità e, non ultimo, delle esigenze della conquista, fu l'intervento dei Normanni nei territori a prevalente influenza bizantina».[2]
Lo stesso autore ricorda, in Calabria, le diocesi di Reggio Calabria (con Cassano, Crotone, Nicastro, Nicotera - Tropea, Squillace, Bova, Gerace ed Oppido Mamertina), Santa Severina (con Umbriatico, Cerenzia, Belcastro, Strongoli e Isola) e poi in particolare Rossano, Bisignano, Malvito, Mileto, Cosenza e Martirano.
In una terra orientalizzata e con la popolazione legata a Costantinopoli, nel rito e nella dipendenza delle strutture religiose dal suo patriarcato, i Normanni favorirono il ritorno alla Chiesa di Roma e al culto latino.
I metodi impiegati per la latinizzazione
[modifica | modifica wikitesto]I metodi impiegati per la "latinizzazione" e per "ridurre all'obbedienza" il clero bizantino sono vari. In particolare si ricordano: la sostituzione dei vescovi ortodossi con prelati di fiducia; la sottomissione dei monasteri ortodossi all'autorità feudale di cattolici vescovi o abati legati ai baroni; la creazione di chiese e monasteri cattolici dedicati al dogma trinitario; l'esproprio di case e di campi, con i proprietari terrieri sostituiti dai baroni Normanni.
L'atteggiamento dei conquistatori Normanni nei confronti della società, segnata dall'esperienza e dalla dominazione bizantina, non sempre è stato repressivo, ma talvolta si è caratterizzato da tolleranza, che si concretizzò con una politica di conciliazione tra le due chiese: la greca e la latina.
Il ruolo dei Benedettini
[modifica | modifica wikitesto]I Benedettini svolsero un ruolo nel popolamento delle campagne, che consentì anche una ripresa dell'economia. Le fondazione monastiche esercitavano una funzione come centri di spiritualità e di irradiazione della cultura, di amministrazione delle proprietà terriere e del potere politico nei casali. Tra i metodi impiegati per la "latinizzazione" va ricordata anche la soppressione dei monasteri ortodossi e l'insediamento, nelle stesse strutture, dei benedettini di Normandia.
I Normanni favorirono l'esperienza religiosa mista italo-greca con l'istituzione dei monasteri; in particolare:
- Sant'Elia a Carbone in Basilicata;
- Santa Maria del Patir a Rossano in Calabria;
- San Nicola di Casole in Terra d'Otranto.
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Cosimo Damiano Fonseca, I Normanni popolo d'Europa, Venezia, Marsilio Editori, 1994.