Il termine kogal (コギャル?, kogyaru, letteralmente "piccola ragazza") indica una moda in voga tra le ragazze giapponesi adolescenti, nata negli anni novanta.
Etimologia
[modifica | modifica wikitesto]L'etimologia del termine non è chiara.[1] Gyaru (ギャル?) deriva dalla parola inglese gal, usata nello slang per definire la parola girl (ragazza),[2] mentre per quanto riguarda il prefisso ko (コ?), alcuni ritengono significhi piccola, alcuni ritengono derivi da kōtō gakkō (高等学校? scuola superiore).[1]
Caratteristiche
[modifica | modifica wikitesto]I modelli delle kogal sono le ragazze occidentali, ma anche alcune cantanti J-pop quali Namie Amuro e Ayumi Hamasaki.[1]
Le caratteristiche principali della moda kogal sono l'abbigliamento e il trucco alquanto vistosi.[1] Il corpo viene "occidentalizzato" tramite una forte abbronzatura, mentre i capelli vengono tinti con colori appariscenti quali il castano chiaro o il biondo platino.[2] A completare la moda vi è un trucco pesante che adopera degli ombretti azzurri o bianchi e un rossetto chiaro che risalta sulla pelle pesantemente abbronzata.[2] Spesso le kogal usano delle unghie finte.[1]
Per quanto riguarda l'abbigliamento, le ragazze kogal utilizzano principalmente il fuku alla marinara, la classica uniforme scolastica giapponese, ma anche minigonne, zatteroni e soprattutto i loose socks, ovvero dei calzini larghi e pendenti, prevalentemente di colore bianco, che a volte coprono parzialmente le scarpe.[2] Non esiste comunque un abbigliamento comune, dato che le kogal amano uno stile individuale[2] e si suddividono in diversi gruppi, quali le ganjiro, le ganguro e le yamanba.[1]
Stile
[modifica | modifica wikitesto]Le kogal adorano tutto ciò che concerne il divertimento[2], ne è esempio la loro mania verso il purikura (プリクラ? , contrazione dell'inglese print club), cabine capaci di offrire fototessera scambiabili ed adesive ricche di effetti speciali. Soprattutto amano lo shopping e ballare il parapara, un popolare ballo giapponese.[2][1] Molte kogal vengono sovvenzionate dai genitori, ma altre ricorrono spesso all'enjo kōsai, una forma di prostituzione, per ottenere il denaro.[1] Le kogal amano molto la tecnologia e usano telefonini dell'ultima generazione.[1]
A causa di questo stile consumistico, le kogal sono state additate come simbolo negativo della società giapponese contemporanea.[1] A questo contribuisce la loro predilezione per abbigliamento ed accessori all'estremo del kawaii, che, unito spesso ad una contraria e complementare componente provocante e sexy, trasmette un'idea di capriccioso infantilismo ed immaturità. L'implicito rifiuto della crescita non impedisce tuttavia la formazione di gruppi gyaru dall'età più avanzata: dall'età delle studentesse universitarie o lavoratrici nubili (onegyaru (お姉ギャル?), le gyaru sorelle maggiori) fino alle madri di famiglia (gyaru mama (ギャルママ?))[3].
Tra i luoghi principali dove trovare le kogal ci sono i centri commerciali del quartiere Shibuya, Ikebukuro e Shinjuku a Tokyo.[1]
Le kogal nella cultura di massa
[modifica | modifica wikitesto]- Alla moda kogal è stato dedicato un manga, intitolato Gals!, scritto e disegnato da Mihona Fujii tra il 1999 e il 2002, dal quale è stata tratta anche una serie anime intitolata Super Gals! Kotobuki Ran, trasmessa parzialmente anche in Italia.
- Inoltre tra il 1996 e il 1997 furono lanciate molte riviste ispirate alla cultura Kogyaru e dirette alle sue rappresentanti: Egg, Kawaii, Happie, Tokyo Street News, Zettai Suki Suki, sono solo le più famose.[4]
- Nel manga ed anime Nana la sorella della protagonista eponima, Nami Komatsu, segue la moda kogal sia nell'abbigliamento che nel trucco, ed è per questo vivamente criticata.
- Le kogal appaiono anche nelle serie anime Please Tell Me! Galko-chan e My First Girlfriend Is a Gal.
- Nel manga My Dress-Up Darling la protagonista Marin Kitagawa segue la moda kogal.
- Nel manga ed anime Call of the Night Seri Kikyo, uno dei personaggi principali tra i vampiri, ha uno stile e degli atteggiamenti riferibili alla moda kogal.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d e f g h i j k Stile kogal, su oradistelle.altervista.org. URL consultato il 5 agosto 2009.
- ^ a b c d e f g Kogyaru. Le ragazzine vivaci. Antropologia delle vispe ragazze delle metropoli giapponesi, su nipponico.com. URL consultato il 5 agosto 2009.
- ^ Toshio Miyake, Black is beautiful. Il boom delle ganguro-gyaru, in Alessandro Gomarasca (a cura di), La bambola e il robottone. Culture pop nel Giappone contemporaneo, Torino, Einaudi, 2001, p. 117, ISBN 978-88-06-15959-7.
- ^ Sharon Kinsella, Feticci in uniforme: il fenomeno kogyaru, in Alessandro Gomarasca (a cura di), La bambola e il robottone. Culture pop nel Giappone contemporaneo, Torino, Einaudi, 2001, p. 105, ISBN 978-88-06-15959-7.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Izumi Eyesr, Patrick Macis & Kazumi Nonaka, Japanese Schoolgirl Inferno: Tokyo Teen Fashion Subculture Handbook, San Francisco, Chronicle Books, 2007, ISBN 978-0-8118-5690-4.
- Sharon Kinsella, Feticci in uniforme: il fenomeno kogyaru, in Alessandro Gomarasca (a cura di), La bambola e il robottone. Culture pop nel Giappone contemporaneo, Torino, Einaudi, 2001, ISBN 978-88-06-15959-7.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
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