Juan de Mena (Cordova, 1411 – Torrelaguna, maggio-giugno 1456[1]) è stato un poeta e umanista spagnolo, tra i principali esponenti del dantismo in terra spagnola.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nato da una famiglia di non elevata condizione sociale[2], Compì i primi studi all'Università di Salamanca nel 1435[2] e in un secondo momento a Firenze[1] e a Roma dove prese contatto con la cultura rinascimentale[3]. Entrato al servizio del re Juan II e del suo potente consigliere Álvaro de Luna con mansioni di cronista e segretario, tradusse dal latino un compendio dell'Iliade (in spagnolo Homero romanceado), commentò la Coronación en honor de su amigo el marqués de Santillana (1438[1]) e fece la prefazione del Libro de las claras y virtuosas mujeres (Libro delle donne famose e virtuose) di Álvaro de Luna[3], divenuto nel frattempo suo protettore[1]. Si occupò di impreziosire la lingua spagnola di neologismi presi dalla lingua latina e di riformarne la lingua poetica, tanto da essere definito come «il più grande innovatore della lingua poetica quattrocentesca»[4]. Infatti, «la sua poesia mai abbandona l'erudizione, un'alta sensibilità per il linguaggio e un profondo intellettualismo»[5].
La sua opera maggiore è El Laberinto de Fortuna o Las Trescientas (Il labirinto della fortuna o Le trecento, 1444[1]), poema allegorico di trecento ottave in dodecasillabi che trarrebbe influenza dalla Divina Commedia di Dante Alighieri. Secondo Joaquín Arce, curatore della voce biografica di Juan de Mena nell'Enciclopedia dantesca, El Labirinto de Fortuna ha sì delle immagini prese a prestito dalla Commedia, ma nel complesso l'opera non risulta un'immediata imitazione del capolavoro dantesco a causa della complessità stilistica e retorica del poeta spagnolo. Per cui, secondo le parole di Arce:
«Innegabile dunque la conoscenza e persino l'ammirazione verso D[ante] da parte di M[ena], il quale, pur non solendo citare le sue fonti, lo nomina in due liriche e lo cita ancor più nel suddetto commento a La Coronación. Ma non si può asserire che nel suo sistema espressivo e compositivo ci sia, come in altri poeti castigliani quattrocenteschi, il riflesso immediato della creazione dantesca.»
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Joaquín Arce, Mena, Juan de, a cura di Umberto Bosco, collana Enciclopedia dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970, SBN LI30012137. URL consultato il 12 agosto 2018.
- (ES) E. Michael Gerli (a cura di), Poesía cancioneril castellana, Madrid, Ediciones Alkal, 1994, ISBN 84-460-0268-X. URL consultato il 12 agosto 2018.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Juan de Mena
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (ES) Juan de Mena, su biografiasyvidas.com, Biografías y Vidas. URL consultato il 12 agosto 2018.
- (ES) Ángel Gómez Moreno, Juan de Mena, su dbe.rah.es, Real Academia de la Historia. URL consultato il 12 agosto 2018.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 9862287 · ISNI (EN) 0000 0001 2120 1483 · SBN CFIV104720 · BAV 495/161245 · CERL cnp01322244 · LCCN (EN) n79018499 · GND (DE) 118783149 · BNE (ES) XX956076 (data) · BNF (FR) cb12030957h (data) · J9U (EN, HE) 987007276077905171 · CONOR.SI (SL) 270393443 |
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