Girolamo Theodoli (Roma, 1677 – Roma, 17 ottobre 1766) è stato un architetto e nobile italiano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nato da famiglia patrizia originaria di Forlì, marchese di San Vito e figlio di Carlo, Gerolamo Theodoli (noto anche come Girolamo) fu nominato a più riprese Conservatore del Comune di Roma. Era fratello di Flavia Theodoli Bolognetti, animatrice della vita mondana di Roma.[1]
Autodidatta,[2] ma influenzato dalla tradizione della sua famiglia che aveva dato architetti, si interessò fin da giovane all'architettura di Giovan Battista Contini e del suo allievo Sebastiano Cipriani. Entrò nell'Accademia dell'Arcadia, con il soprannome di Audalgo Toledermio e nell'Accademia di San Luca, prima come "accademico d'onore", il 9 giugno 1720, poi come accademico "di merito" il 6 ottobre 1726.[3]
A Roma
[modifica | modifica wikitesto]Sotto il pontificato di Clemente XII Gerolamo Theodoli si occupò del restauro della Porta San Paolo e, con Alessandro Gregorio Capponi, archeologo e collezionista italiano (1683-1746), partecipò al restauro dell'Arco di Costantino.[4]
Sono riferibili ai suoi disegni il campanile e il convento di Santa Maria dei Miracoli, 1732; il monastero e il campanile di Santa Maria in Montesanto, a piazza del Popolo, nota come chiesa degli artisti; il Teatro Argentina, costruito nel 1731-1732 per volere del duca Giuseppe Sforza Cesarini (ma la facciata è posteriore); la chiesa dei Santi Marcellino e Pietro al Laterano, in via Merulana, ultimata nel 1752 e voluta da papa Benedetto XIV e, nella chiesa di San Salvatore in Lauro, i progetti per i monumenti funebri dei cardinali Prospero Marefoschi e Raniero Felice Simonetti.[1]
Disegnò apparati effimeri, come quello realizzato nella chiesa di San Marcello al Corso per una canonizzazione di S.Pellegrino Laziosi, e fu membro della Commissione per il restauro della Colonna Antonina, creata da Benedetto XIV nel 1741.[1] La colonna era stata scoperta nei pressi di Montecitorio ed era costituita da un fusto di granito rosso, alto metri 14 e 75, sopra una base di marmo bianco, decorata con la scena dell'apoteosi di Antonino e Faustina. Danneggiata da un incendio, la colonna fu tagliata in pezzi e utilizzata per il restauro dell'obelisco di Montecitorio e per altri restauri al tempo di Pio VI. La base si trova oggi nel Cortile della Pigna, in Vaticano.
In provincia di Roma
[modifica | modifica wikitesto]Il marchese Theodoli restaurò il ponte di Arci che si oltrepassa prima di arrivare a Tivoli. Nel suo feudo di Ciciliano edificò la chiesa di Santa Maria della Palla; a San Vito Romano nel 1715 realizzò il campanile della chiesa di San Biagio e nel 1735 la chiesa di San Vito e la facciata della chiesa di Santa Maria. Disegnò la chiesa parrocchiale di San Pietro a Vicovaro, realizzata nel 1755.[1]
Gerolamo Theodoli non riceveva pagamenti per la sua opera di architetto, per questo l'attribuzione delle opere ha incontrato non poche difficoltà: come autore del teatro Argentina si desume dalla caricatura che gli fece Pier Leone Ghezzi, datata 1739 e che oggi si conserva nella Biblioteca Apostolica Vaticana.[5]
Rimasto celibe, non ebbe discendenza e fu l'ultimo della sua casata. Nel suo ritratto, dipinto da Jean-François de Troy nel 1745 e conservato all'Accademia di San Luca, sono ben visibili scritti di Marco Vitruvio Pollione e di Andrea Palladio.
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- AA.VV., Il Settecento a Roma, Roma, De Luca Editore, 1959, OCLC 3309054. Catalogo mostra.
- Francesco Milizia, Memorie degli architetti antichi e moderni, Bologna, Forni, 1978, SBN VIAE000263. Ristampa anastatica.
- Marco Spesso, La cultura architettonica a Roma nel secolo XVIII: Gerolamo Theodoli, Roma, Bulzoni, 1991, ISBN 88-7119-348-2.
- Saverio Franchi, Drammaturgia romana, vol. II (1701-1750), ricerca storica, bibliografica e archivistica condotta in collaborazione con Orietta Sartori, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1997, SBN BAS0271683.
- Stefano Borsi, Roma di Benedetto 14: la pianta di Giovan Battista Nolli (1748), Roma, Officina, 1993, SBN UFI0161178.
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