Ganbaru (頑張る? letteralmente "non cedere", traslitterato anche come gambaru) è un verbo giapponese molto comune che significa approssimativamente "lavorare tenacemente in tempi difficili".[1]
La parola ganbaru è spesso tradotta nel significato di "fare del proprio meglio", ma in pratica significa fare più del proprio meglio.[2] La parola enfatizza il "lavorare con perseveranza"[3] o "sopportare con coraggio le difficoltà".[4]
Ganbaru significa "impegnare tutto se stesso in un obiettivo per portarlo a termine".[5] Può essere tradotto nel significato di "persistenza", "tenacia", "risolutezza" e "duro lavoro". Il termine ha un'importanza unica nella cultura giapponese.[6]
Dopo il terremoto di Kobe del 1995 lo slogan "Gambaro Kobe" fu usato per incoraggiare le persone della zona colpita mentre lavoravano per ricostruire la loro città e le loro vite.[7] Dopo il terremoto e maremoto del Tōhoku del 2011 le espressioni più comunemente udite erano gaman ("perserverare e sopportare le difficoltà"), gambaru ("fai del tuo meglio, sii forte") e shoganai ("non ci si può far nulla").[8]
Analisi
[modifica | modifica wikitesto]Ganbaru focalizza l'attenzione sull'importanza di finire un compito e non fermarsi finché non si è raggiunto l'obiettivo. I continui sforzi per superare gli ostacoli (anche senza successo) sono un concetto importante in Giappone.
La parola ganbaru origina dal concetto corollario di gaman.[9] A differenza di gaman che è passivo, ganbaru è il processo attivo di fare qualcosa.[10][11].
Sebbene in giapponese esistano numerosi sinonimi, ci sono pochi contrari.[12]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ (EN) Nicholas D. Kristoff, Shoichi Yokoi, 82, Is Dead; Japan Soldier Hid 27 Years, in The New York Times, 26 settembre 1997. URL consultato il 17 gennaio 2016.
- ^ (EN) Sabine Frühstück, The Culture of Japan as seen through its Leisure, 1998, p. 104. URL consultato il 17 gennaio 2016.
- ^ (EN) Kangmin Zeng, Dragon gate: Competitive Examinations and Their Consequences, 1998, p. 224. URL consultato il 17 gennaio 2016.
- ^ (EN) Nicholas D. Kristoff, "A Japanese Generation Haunted by Its Past", in New York Times, 22 gennaio 1997. URL consultato il 17 gennaio 2016.
- ^ Albach, p. 388.
- ^ Allison, p. 119.
- ^ (EN) Roger J. Davies et al., The Japanese Mind: Understanding Contemporary Japanese Culture, 2001, p. 84. URL consultato il 17 gennaio 2016.
- ^ (EN) U.S. donations not rushing to Japan, su 11alive.com, 11Alive News, 17 marzo 2011. URL consultato il 18 giugno 2012 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2012).
- ^ (EN) George Hanabusa, Second Chances Gospel, 2003, p. 40. URL consultato il 17 gennaio 2016.
- ^ (EN) Haghirian, Parissa Mastering The Basics, su accjjournal.com, ACCJ, 15 febbraio 2011 (archiviato dall'url originale il 9 luglio 2011).
- ^ (EN) Haghirian, Parissa American Chamber of Commerce in Japan, su accj.or.jp, ACCJ, 15 febbraio 2011 (archiviato dall'url originale il 30 marzo 2011).
- ^ Allison, p. 120.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Horst Albach, Culture and Technical Innovation: a Cross-Cultural Analysis and Policy Recommendations, Berlin, de Gruyter, 1994, ISBN 3-11-013947-2, OCLC 231577854.
- (EN) Anne Allison, Nightwork: Sexuality, Pleasure, and Corporate Masculinity in a Tokyo Hostess Club, Chicago, University of Chicago Press, 1994, ISBN 0-226-01485-1, OCLC 243801089.