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Postcrosser (msg) 22:02, 30 ott 2024 (CET)
Redditi da lavoro autonomo
[modifica wikitesto]Regime ordinario
[modifica wikitesto]Il regime ordinario è uno dei regimi fiscali utilizzati per il computo dei redditi da lavoro autonomo per i professionisti. All'interno del quale il reddito si determina sulla base di un criterio di calcolo analitico, fondato sulla contrapposizione tra componenti di reddito positivi e negativi. I componenti sono vari, dunque quelli citati in basso sono solo alcuni dei tanti possibili.
Componenti positivi
[modifica wikitesto]- I compensi
I compensi costituiscono la gran parte del reddito da lavoro autonomo. Come tutti gli elementi positivi, anch’essi rispondono al principio di cassa. Da ciò consegue che debbano essere computati al momento dell’effettiva percezione e che solo da quel momento vengano in essere come fiscalmente rilevanti. Bisogna però tener conto dei vari scompensi che possono venire in essere a seconda della modalità di pagamento. Infatti, se si percepisce un compenso in denaro liquido o mediante pagamento con carta di credito, questo rientrerà immediatamente all’interno della contabilità del professionista. Diversamente, se si dispone di un bonifico, questo verrà computato al momento dell’effettiva percezione del denaro sul conto dell’attività lavorativa e non invece al momento dell’esborso da parte del cliente/debitore. Per questo, con riferimento alla base imponibile non rilevano fiscalmente in quanto momenti temporalmente separati: la data valuta (salvo non vi siano interessi maturati a favore del professionista); il momento in cui si è data disposizione all’ordine di bonifico; il momento in cui l’ente ha comunicato al professionista l’avvenuto accredito [1] . Dunque, se il professionista incassa un compenso anticipato rispetto all’esecuzione della prestazione, la somma risulterà computabile alla base imponibile anche se la prestazione non è ancora stata effettuata. Similmente, se al momento della percezione del compenso l’adempimento è stato solo parziale.
Qualora il pagamento invece sia disposto in natura e dunque con l’offerta di beni e servizi, esso concorrerà alla determinazione della base imponibile dal momento in cui si avrà la possibilità di usufruirne materialmente seguendo il valore normale dei beni e dei servizi da cui sono costituiti (come da art. 9 del T.u.i.r.). Tendenzialmente si calcola nella base imponibile la cessione gratuita di beni, mentre si tende ad escludere la prestazione di servizi ricevuta. Quando invece tra professionista e cliente si sia costituito un deposito, la fatturazione delle somme conservate - purché queste non siano differenziate tra compensi e fondo spese del cliente - potrà essere ritardata fino al sessantesimo giorno successivo alla costituzione del deposito, momento in cui graveranno sul reddito del lavoratore. Il computo dei compensi avviene valutandoli al netto dei contributi previdenziali e assistenziali eventualmente percepiti dal professionista. Tuttavia, non risponde a suddetto calcolo la maggiorazione del 4% disposta dal professionista- sfornito di cassa previdenziale- sul proprio compenso che costituisce parte integrante del reddito, rendendola computabile in via ordinaria.
- Rimborsi spese sostenute in nome o per conto del cliente
Le somme ricevute a titolo di rimborso spese sono generalmente comprese nella base imponibile, ma bisogna distinguerle in due categorie:
da un lato, i rimborsi delle spese sostenute per lo svolgimento della professione sono trattati alla stregua dei compensi; dunque, vengono computati in via ordinaria nella base imponibile; dall’altro, i rimborsi delle spese anticipate in nome e per conto del cliente - purché tramite una spesa a lui intestata e adeguatamente documentata - non vengono computati nella base imponibile del reddito del lavoratore autonomo, dal momento che non hanno natura di corrispettivo per la prestazione del servizio. Ciò a condizione che non costituiscano, secondo quanto precedentemente chiarito, spese inerenti alla produzione del reddito di lavoro autonomo e a condizione che siano accuratamente conservate e separatamente annotate nei conti individuali [2] .
- Le plusvalenze relative ai beni strumentali
La plusvalenza scaturisce dalla differenza tra il corrispettivo e il costo non ammortizzato. Sono tassabili sia su beni mobili che immobili - ma sempre seguendo il principio di cassa - se provengono da una cessione a titolo oneroso. Tuttavia, il legislatore esclude le plusvalenze derivanti dalle cessioni di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione (art. 54 T.U.I.R.). Nello specifico, è necessario che la destinazione del bene strumentale sia esclusivamente dedicata all’attività professionale, a nulla rilevando la sua natura, le sue caratteristiche o la sua classificazione catastale. Essendo questi i requisiti, se ne deduce che i beni, anche qualora acquistati a titolo personale, ma con destinazione professionale, rientrano nel computo. Non rientrano invece i beni con finalità ibride (tra personali e professionali).
- I corrispettivi percepiti per la cessione della clientela o altri beni immateriali
Sono altresì computabili, purché se ne generi un corrispettivo, anche i compensi in natura, come il marchio o il diritto di sfruttamento d’immagine, e le ricompense derivanti dalla cessione di beni immateriali, come la clientela.
- Proventi e indennità percepiti in sostituzione del reddito
Concorrono alla formazione del reddito, seguendo sempre il principio di cassa, anche: i proventi conseguiti in sostituzione del reddito professionale; i proventi conseguiti per cessione di crediti per compensi professionali; le indennità risarcitorie della perdita del reddito professionale. Sono invece esclusi i risarcimenti per invalidità permanente o morte, nonché i proventi e le indennità per le cessioni aventi oggetto diverso dai compensi professionali. Infatti, le somme computabili compensano in via integrativa o sostitutiva la mancata percezione di redditi di lavoro, ossia il mancato guadagno (c.d. lucro cessante), indi per cui devono essere ricomprese nel reddito complessivo del soggetto. L’AdE all’interpello n. 27 del 6 febbraio 2020 e la Suprema Corte [3] riconoscono che vi è un diverso trattamento tra danno emergente e lucro cessante. Il primo - volto a risarcire la perdita ingiusta di un valore patrimoniale e non reddituale - non è soggetto a tassazione, considerato che in tale evenienza la somma assume carattere risarcitorio e non sostitutivo. Il secondo è invece componente della base imponibile derivante dal mancato guadagno direttamente correlato al comportamento lesivo e, di conseguenza, parte integrante del reddito. Analogamente, non sono da considerarsi imponibili le indennità percepite dal lavoratore autonomo a titolo di risarcimento del danno derivante dall’anticipata risoluzione di un rapporto di collaborazione professionale. Diversamente, sono imputabili a reddito le somme percepite dal professionista a seguito di un processo per inadempimento contrattuale, poiché costituiscono somme sostitutive.
- Interessi moratori e per dilazione di pagamento
Ai sensi dell’art. 6 del T.U.I.R. anche i proventi conseguiti per tramite di interessi moratori e per dilazione di pagamento, che derivano da un credito maturato per prestazioni di lavoro autonomo, concorrono alla formazione del reddito complessivo. --FrancescaGAbbate (msg) 17:03, 11 nov 2024 (CET)