Dawlatshah Samarqandi (in persiano دولتشاه سمرقندی; 1438 – 1491) è stato uno storico persiano vissuto durante l'impero timuride. È noto principalmente per aver composto il Tadhkirat al-shu'ara ("Memoriale dei poeti"), un dizionario biografico persiano che presenta 152 poeti, considerato molto importante per le sue informazioni sulla storia culturale e politica dell'Iran e della Transoxiana in epoca timuride.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Dawlatshah era figlio di Amir Ala al-Dawla Bukhtishah, membro d'élite al servizio di Shah Rukh,[1] nonché cugino di Amir Firuzshah (morto nel 1444), la cui famiglia aveva ricevuto il governatorato di Isfahan in seguito alla morte del principe timuride Rustam Mirza.[2]
Dawlatshah aveva un fratello di nome Amir Radi al-Din Ali, che prestò servizio per il principe Abul-Qasim Babur Mirza e compose poesie in persiano e turco chagatai.[3] Anche Dawlatshah scrisse poesie e frequentò occasionalmente il sultano Husayn Bayqara, ma in seguito intraprese una vita da asceta sufi.[1][3] Nel 1487 completò il Tadhkirat al-shu'ara ("Memoriale dei poeti"), un dizionario biografico persiano che descrive 152 poeti. L'unica opera più antica di questa tuttora esistente è il Lubab al-albab di Awfi, di cui Dawlatshah non era a conoscenza.[1]
La sua data di morte è incerta. Haji Khalifa e Ismail Pasha Baghdadi riferiscono che morì nel 1507, mentre Mohammad-Ali Borhanpuri colloca la sua data di morte nel 1494.[3]
Tadhkirat al-shu'ara
[modifica | modifica wikitesto]Contenuti
[modifica | modifica wikitesto]Il Tadhkirat al-shu'ara è scritto in una fluida prosa persiana, ha una prefazione autobiografica, un'introduzione che parla di dieci poeti arabi (tra cui Labid, al-Mutanabbi e al-Ma'arri), sette capitoli o fasi che equivalgono alle sette sfere celesti, e un epilogo che elogia fortemente sette letterati contemporanei che Dawlatshah considera grandi quanto Abdallah Marvarid. Nell'epilogo l'autore dà ampio spazio alle figure di Jami e Ali-Shir Nava'i. L'opera è dedicata proprio a quest'ultimo e si conclude con un lungo omaggio al sultano Husayn Bayqara.[1]
I primi quattro capitoli si concentrano su 76 poeti persiani vissuti prima dell'era timuride, tra cui si menzionano Rudaki, Firdusi, Sa'di Shirazi e Ubayd Zakani. Gli ultimi tre capitoli si concentrano su 59 poeti dell'era timuride.[1]
Le fonti da cui Dawlatshah attinge le notizie biografiche sono il Chahar maqala di Nizami Aruzi (fl. 1157), l' Hada'iq al-sihr di Rashid al-Din Vatvat (morto nel 1182/83), il Tarikh-i Guzida di Hamdallah Mustawfi (morto dopo il 1339/40) e l'ormai perduto Manaqib al-shu'ara di Abu Tahir Khatuni (fl. XI secolo). Quest'ultimo fu la prima opera persiana di questo genere.[1]
Pubblicazioni e critica
[modifica | modifica wikitesto]Il libro è considerato inaffidabile per le biografie dei poeti precedenti all'autore,[4] tuttavia gode di una grande considerazione per via delle biografie successive, in particolare per la storia culturale e politica della Persia e della Transoxania in epoca timuride.[1] Dawlatshah si concentra maggiormente sui poeti orientali, tuttavia fornisce anche informazioni su città occidentali come Shiraz e Esfahan.[5]
A metà del XVI secolo il Tadhkirat al-shu'ara fu tradotto in turco ottomano. Nel 1818 una versione tedesca fu pubblicata da Joseph von Hammer-Purgstall a Vienna, mentre una seconda e abbreviata traduzione turca fu eseguita da Solayman Fahmi nel 1843, intitolata Safinat al-sho'ara . Nel 1977 una versione in turco moderno di quattro volumi fu pubblicata da Necati Lugal a Istanbul.[3]
Un'edizione del Tadhkirat al-shu'ara fu pubblicata da un editore sconosciuto a Bombay nel 1887, un'altra da Edward Granville Browne a Leida e a Londra nel 1901 e da Mohammad Ramazani a Teheran nel 1959.[3] L'edizione edita da Edward G. Browne era basata principalmente su tre manoscritti e sull'edizione di Bombay e rimane la versione più comunemente distribuita. Secondo lo storico Matthew Melvin-Koushki, l'edizione di Browne "manca di un apparato critico". Aggiunge che ciò è presente nell'edizione del 2006 pubblicata da Fatima Alaqa a Teheran, basata su altri nove manoscritti.[1]
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Beatrice Forbes Manz, Power, Politics and Religion in Timurid Iran, Cambridge University Press, 2007, ISBN 978-1-139-46284-6.
- (EN) Matthew Melvin-Koushki, Dawlatshāh Samarqandī, in Encyclopaedia of Islam (3rd ed.), Brill, 2017.
- (EN) Dhabih-Allah Safa, Dawlatšāh Samarqandī, in Enciclopedia Iranica, vol. 7, n. 2, 1994, pp. 149–150.
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Dawlatshah Samarqandi, in Encyclopædia Iranica, Ehsan Yarshater Center, Columbia University.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 79263034 · ISNI (EN) 0000 0000 6691 8886 · CERL cnp01095070 · LCCN (EN) n86069723 · GND (DE) 103397108 · J9U (EN, HE) 987007301289305171 |
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