Battaglia di Ceuta parte Guerre marocchino-portoghesi | |||
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Il principe Enrico il Navigatore durante la conquista di Ceuta. | |||
Data | 22 agosto 1415 | ||
Luogo | Ceuta, Spagna | ||
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La battaglia di Ceuta, nel 1415, è stato un conflitto tra il sultanato merinide (oramai in decadenza) e il regno del Portogallo. L'evento bellico, che si concluse con la sconfitta del sultanato, segnò l'inizio dell'espansione portoghese, ma anche l'inizio di un periodo di grandi scoperte marittime. Infatti, dalla conquista in poi, le scoperte di nuovi territori furono compiute da avventurieri che partivano da Ceuta.
Motivazioni
[modifica | modifica wikitesto]Furono molte le motivazioni che spinsero i governanti portoghesi a cercare di conquistare Ceuta: economiche, strategiche, politiche, sociali, religiose. In Portogallo la Reconquista era completata e il territorio portoghese era formato, mentre il vicino regno di Castiglia, così come il resto dell'Europa, era ancora immerso in guerre. Volendo continuare la "crociata" contro i Mori il Portogallo si guadagnò il sostegno dell'antipapa Giovanni XXIII[1], il quale il 28 luglio 1415 promulgò una bolla d’indulgenza[2].
Ceuta era il luogo ideale per intraprendere la "crociata": era un punto strategico all'ingresso dello stretto di Gibilterra, fondamentale per il controllo del traffico marittimo e per la lotta contro i genovesi e i corsari barbareschi. Era anche la città dove giungevano le carovane mercantili cariche d'oro provenienti dall'Africa subsahariana.
Conquista
[modifica | modifica wikitesto]Un esercito di circa 45.000 cavalieri e soldati portoghesi, inglesi e galiziani partì da Lisbona il 25 luglio 1415, imbarcandosi su 212 navi da trasporto e da guerra (59 galee, 33 navi medie e 120 piccole navi). La maggior parte della nobiltà portoghese prese parte alla spedizione.
Le navi portoghesi si ancorarono a Ceuta il 21 agosto, e le truppe portoghesi sbarcarono senza incontrare resistenza.
La guarnigione di Ceuta, capitanata da governatore della città, Ṣalāḥ b. Ṣalāḥ, si affrettò a chiudere le porte delle mura, ma le truppe portoghesi riuscirono a impedire in tempo ai Mori di predisporre adeguate difese. La mattina del 22 agosto Ceuta era in mano ai portoghesi. Una cronaca dell'epoca, raccolta da Gomes Eanes de Zurara, dice:
«" (...) Trascorsero sette ore e mezza dopo mezzogiorno, quando la città era libera da tutti i mori. (...) I soldati portoghesi non pensavano ad altro che al saccheggio. (...) Molti entrarono nei negozi, affondando i loro coltelli nei sacchi di spezie, e gettarono tutto sul pavimento. Grande fu il danno che vi fu fatto in quel giorno. Quelle spezie hanno molto valore all'ingrosso. Le strade erano piene di spezie, (...) che venivano calpestate della moltitudine di persone che vi passava. (...)»
Molti abitanti fuggirono dalla città con il governatore Salah b. Salaḥ. Una guarnigione di 2.700 uomini rimase a presidio della città conquistata, mentre il principe Enrico fu nominato responsabile della sua difesa. La moschea più grande fu riconvertita in chiesa mentre ai chierici fu affidato il compito della conversione al cristianesimo dei musulmani e degli ebrei. Vescovo della neocostituita diocesi di Ceuta fu nominato il francescano Aymaro (Almerico) de Aureliano[3], proveniente dalla diocesi del Marocco.
La conquista fornì ai Portoghesi un grande bottino di guerra, perché la città era ricca grazie al fiorente commercio con l'Africa e con l'Europa. Fu il primo possedimento portoghese in Africa e divenne il punto di partenza per l'esplorazione del continente africano. La vittoria dette al Portogallo fiducia e slancio per nuove conquiste, dopo tanti secoli di lotta contro i musulmani insediati nella Penisola iberica.
I marocchini attaccarono la città due volte, nel 1418 e nel 1419, per cercare di riconquistarla, ma senza successo.
In seguito alla Unione Iberica, Ceuta divenne possedimento spagnolo e con il trattato di Lisbona del 1668 i Portoghesi riconobbero l'autorità spagnola sulla città.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Jeremy Black, The Atlantic Slave Trade. Volume I (origins - 1600), Routledge, 2017.
- ^ Teobaldo Filesi, Esordi del colonialismo e azione della Chiesa, in Africa: Rivista trimestrale di studi e documentazione dell'Istituto italiano per l'Africa e l'Oriente, n. 2, giugno 1965, pp. 143-162.
- ^ «Bishop Aymar (Almeric) de Aureliano, O.F.M. †», da Catholic hierarchy.org
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Michel Vergé-Franceschi, Henri le navigateur. Un découvreur au XVe siècle, Félin, 5 juin 1998, 442 p. (ISBN 2-86645-159-7)
- Joaquim Ferreira, História de Portugal
- Antoine de la Sale, Le Réconfort de Madame de Fresne, vers 1457 Il s'agit du seul témoignage existant d'un participant à l'assaut chrétien de 1415.
- Gomes Eanes de Zurara, Crónica da Tomada de Ceuta
- Gomes Eanes de Zurara, Crónica de Dom Pedro de Meneses
- Livro da guerra de Ceuta
- Arkan Simaan, L'écuyer d'Henri le Navigateur, Harmattan
- John Derek Latham, The later 'Azafids, in Revue de l'Occident musulman et de la Méditerranée, vol. 15, n. 1, 1973, pp. 109–125, ISSN 2105-2271 .
- José Enrique López de Coca Castañer, Granada y la expansión portuguesa en el Magreb extremo, in Historia. Instituciones. Documentos, n. 25, Seville, Universidad de Sevilla, 1998, pp. 351–368, ISSN 0210-7716 .
- Miguel Ángel Manzano Rodríguez, La intervención de los Benimerines en la Península Ibérica, Madrid, Consejo Superior de Investigaciones Científicas, 1992, ISBN 84-00-07220-0.
- Malyn Newitt. A History of Portuguese Overseas Expansion 1400–1668 (2004) ISBN 9781134553044
- Kenneth Warren Chase. Firearms: a global history to 1700 (2003) ISBN 978-0-521-82274-9
- Aileen Gallagher, Prince Henry the Navigator: Pioneer of Modern Exploration, 2003, ISBN 978-0-8239-3621-2.
- Jeff Kinard. Artillery: an illustrated history of its impact (2007) ISBN 978-1-85109-556-8
- Peter O. Koch, To the ends of the earth: the age of the European explorers (2003) ISBN 978-0-7864-1565-6