Closter | |
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Stato | Italia |
Fondazione | 1949 a Roma |
Chiusura | 1965 |
Sede principale | Roma |
Settore | Fotografico e cinematografico |
La Closter o Closter (Costruzioni Fotografiche S.r.L.) è stata una azienda di macchine fotografiche nata a Roma nel 1949, essa poi si trasferisce agli inizi degli anni sessanta, a Milano diventando Nuova Closter.[1]
Produzione
[modifica | modifica wikitesto]I modelli prodotti negli anni ebbero un certo successo per la qualità degli stessi, anche se non avevano novità rispetto alla produzione tedesca cui si ispiravano; erano concorrenti delle Bencini e Ferrania.
- Closter I
- Closter II 1950
- Closter IIA 1952
- Princess 1952 a telemetro
- Princess Junior 1952 a telemetro
- Closter IIb 1953
- Princess S 1957 e la Sport con rullino 135
- Princess 2 e Princess Record 1959 con rullino 135
- Closter Olimpic formato 127
- Closter Standard formato 127
Negli anni 60 seguirono i modelli:
- C60
- C61
- C62
- C63
Prodotta dalla nuova Closter a Milano:
- Optische Werk Lambron
- Sprint
- Derby
- Standard III
La Closter produsse anche apparecchi per altri marchi, tra questi gli apparecchi marcati Antopas.[2]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ La fotocamera Closter Sport | Storia della fotografia - itinerario tra fatti, personaggi, attrezzature e curiosità, su storiadellafotografia.it (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2014).
- ^ Closter - Antopas - ROMA, su mistermondo.com. URL consultato il 28 ottobre 2014 (archiviato dall'url originale il 30 aprile 2014).
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Closter | Bibliofiles, su motografando.it (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
- Closter (Costruzioni Fotografiche S.r.L.) | Storia della fotografia - itinerario tra fatti, personaggi, attrezzature e curiosità, su storiadellafotografia.it (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2014).
- FOTOGRAFIA NADIR MAGAZINE - L’INDUSTRIA FOTOGRAFICA ITALIANA, su nadir.it.
- Costruzioni Fotografiche Closter, su bencinistory.altervista.org. da Fotocamere Italiane 1946-1964, su bencinistory.altervista.org.