Il bestiarius (pl. bestiarii) era, nell'antica Roma, colui che si presentava nell'arena contrapposto alle bestie feroci. Di solito con questo termine venivano indicate due diverse categorie di persone: la prima comprendeva i condannati a morte destinati ad essere sbranati dalle fiere, la seconda includeva uomini liberi che, divenuti auctorati,[1] le affrontavano volontariamente per ricavarne denaro[2] oppure gloria ed ammirazione.[3] Questi ultimi vengono, a volte, chiamati erroneamente gladiatori, ma a quel tempo con questo appellativo si indicavano solo coloro che combattevano contro altri uomini. Il termine usuale per indicare coloro che partecipavano alle cacce nell'arena è, invece, venatores.
Condanna a morte
[modifica | modifica wikitesto]Adottata come forma di tortura e di pena capitale, la condanna a morte per sbranamento, chiamata damnatio ad bestias, veniva inflitta ai nemici dello stato, tra i quali erano compresi i prigionieri e gli schiavi riconosciuti colpevoli di un reato grave. Costoro venivano inviati a morire nudi, con minime possibilità di difesa contro le fiere.[4] Anche se fossero riusciti ad abbatterne qualcuna, altri animali venivano continuamente introdotti nell'arena, fino a che i bestiarii non fossero tutti morti.
Tigri e leoni erano gli animali più utilizzati per questo macabro spettacolo, insieme a orsi, leopardi e lupi. A volte, invece, venivano usate belve più piccole, come i cinghiali e le iene, per prolungare l'agonia.
Privi di addestramento e di difesa, i condannati talvolta preferivano suicidarsi piuttosto che cadere vittime nell'arena. Ce lo attesta Seneca, che riferisce di un prigioniero che preferì la morte per soffocamento, ingoiando volontariamente una spugna,[5] e di un altro che si ruppe il collo infilando la testa in una ruota del carro che lo conduceva nell'anfiteatro,[6] e anche Simmaco, che racconta di ventinove prigionieri sassoni i quali preferirono strangolarsi vicendevolmente nelle loro celle piuttosto che affrontare il supplizio.[7]
Combattimento volontario
[modifica | modifica wikitesto]Secondo Seneca, questi altri bestiarii erano, invece, dei giovani animosi che, per diventare esperti nell'esercizio delle armi, combattevano talvolta contro le bestie e talvolta contro altri uomini,[8] al fine di mostrare il proprio coraggio e la propria destrezza. L'imperatore Augusto incoraggiava questa pratica nei giovani di alto rango; Nerone ci si esponeva di persona, e fu per l'aver ucciso delle bestie nell'anfiteatro che Commodo assunse il titolo di Ercole romano.[9]
Nel XVI secolo, il francese de Vigenère identificò altri due tipi di "bestiarii": i primi erano coloro che dello scontro con le fiere avevano fatto un mestiere e combattevano, quindi, per denaro[9]; un secondo tipo era rappresentato da combattimenti di gruppo che vedevano scontrarsi parecchi bestiarii armati contro un numero altrettanto folto di belve.[9]
Come riportato da Tertulliano, sembra che ci fosse anche una scuola a Roma (bestiarum scholae o bestiariorum), dove le persone erano addestrate al combattimento con le fiere.[10] Si tratta probabilmente del Ludus Matutinus, che Domiziano fece erigere non lontano dal Colosseo per l'addestramento dei bestiarii, così chiamato perché i combattimenti si svolgevano al mattino.[11]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Erano definiti auctorati i liberi cittadini che, stringendo un patto (auctoramentum) col lanista, si subordinavano al suo potere ricavando una remunerazione in cambio dell'esibizione nell'arena.
- ^ Smith, p. 202.
- ^ (EN) Bestiarii su Roman Colosseum, su roman-colosseum.info. URL consultato l'8 agosto 2010 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2010).
- ^ Seneca, De Beneficiis, II.19
- ^ (LA, EN) Seneca, Ad Lucilium epistulae morales, LXX.20, su archive.org. URL consultato l'8 agosto 2010.
- ^ (LA, EN) Seneca, Ad Lucilium epistulae morales, LXX.23, su archive.org. URL consultato l'8 agosto 2010.
- ^ (LA) , Simmaco, Epistulae, Liber II, XXXXVI, 2, su daten.digitale-sammlungen.de. URL consultato l'8 agosto 2010.
- ^ (LA, EN) Seneca, Ad Lucilium epistulae morales, LXXXVII.10, su archive.org. URL consultato l'8 agosto 2010.
- ^ a b c Bestiarii su Cyclopædia, su digicoll.library.wisc.edu. URL consultato l'8 agosto 2010.
- ^ Tertulliano, Apologeticum, Cap. XXXV
- ^ (EN) Bestiarii, su penelope.uchicago.edu. URL consultato il 6 agosto 2010.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]Fonti primarie
[modifica | modifica wikitesto]- Cicerone, Pro Sestio
- Seneca, De Beneficiis
- Seneca, Ad Lucilium epistulae morales
- Simmaco, Epistulae
- Tertulliano, Apologeticum
Fonti secondarie
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) William Smith, A dictionary of Greek and Roman antiquities, Boston, Little, Brown & Company, 1859.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su bestiarius
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Bestiarii nel Dizionario di biografia e mitologia greco-romana di William Smith
- (LA) Le Epistulae di Simmaco, su daten.digitale-sammlungen.de.